Docente di storia studioso delle foibe: additarlo come “fascista” vale una condanna

Confermato il diritto del professore a percepire 20mila euro a titolo di risarcimento dall’autore dell’e-mail in cui è stato additato come fascista e difensore delle cosiddette vittime delle foibe . Evidente il danno all’immagine subito dal docente, alla luce della lesività dello scritto inviato tramite posta elettronica a quattro persone.

E-mail contro il professore universitario che da anni si occupa del delicato tema delle foibe. I contenuti dello scritto, inviato elettronicamente a quattro persone, sono eccessivi, non catalogabili come semplice critica, e valgono una condanna per diffamazione . Evidenti per i giudici la gravità dei concetti espressi nell’email e l’offesa arrecata al docente di Storia, additato come fascista Cassazione, ordinanza n. 4007/20, sez. III Civile, depositata il 18 febbraio . E-mail. Passaggio decisivo per la vicenda giudiziaria è quello in appello lì i magistrati accolgono il ricorso proposto dal docente di Storia, ritenendo evidente la diffamazione subita a seguito di un’e-mail inviata a quattro persone e in cui lui era additato come fascista solo perché impegnato ad approfondire il delicato tema delle foibe. In particolare, in secondo grado, vengono riconosciuti il danno morale e il danno all’immagine , frutto del contenuto diffamatorio della email concernente la persona del professore universitario, che si vede riconosciuto il diritto a percepire 20mila euro come risarcimento dall’autore del messaggio di posta elettronica. Immagine. A chiudere la delicata vicenda provvede la Cassazione, confermando il risarcimento in favore del docente e respingendo le obiezioni proposte dall’autore dell’e-mail. Quest’ultimo, in particolare, contesta la tesi secondo cui una volta accertato il carattere ingiurioso della condotta, si deve presumere che essa abbia determinato la lesione dell’onore della persona offesa. Tale critica non convince i Giudici del Palazzaccio’, i quali ribattono che in secondo grado si è affermato che il ristoro consegue automaticamente al gesto diffamatorio rivolto alla persona offesa proprio in quanto professione universitario e professionista dedicatosi alla nota vicenda delle foibe . In questa ottica è ritenuto corretto il ragionamento portato avanti dai giudici d’Appello che hanno considerato provato il danno conseguente alla diffusione a terze persone di notizie diffamatorie, danno realizzatosi per mezzo di una email inviata a quattro persone, ritenuta intrinsecamente lesiva del decoro professionale e personale del professore e ciò in considerazione della sua posizione professionale di studioso, dedicatosi alla nota vicenda delle foibe e definito nella email, per questo motivo, come fascista ignorante e maleducato difensore dei regimi militari latinoamericani, dei torturatori, nonché delle cosiddette vittime delle foibe’ . Evidente per i Giudici il danno all’immagine subito dal docente alla luce della lesività delle affermazioni contenute nella email riguardanti il valore sociale della persona . Confermato perciò il risarcimento in favore del professore, risarcimento quantificato in 20mila euro.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 4 novembre 2019 18 febbraio 2020, n. 4007 Presidente Spirito Relatore Fiecconi Rilevato che 1. Con ricorso notificato il 21 maggio 2018 Gi. Sc. ricorre per la cassazione della sentenza emessa dalla Corte d'appello di Roma, pubblicata il 23 novembre 2017, con cui è stato accolto il gravame di Au. Si. avverso la sentenza del Tribunale di Roma che, in data 11 aprile 2013, aveva rigettato la richiesta di danni per diffamazione avanzata da Au. Si., indicati nella misura complessiva di Euro 50.000, per danno morale e danno all'immagine subiti in conseguenza del contenuto diffamatorio di una e-mail, inviata a terzi dal convenuto Gi. Sc., concernente la persona e la professione del Prof. Au. Si., docente di storia. 2. La sentenza della Corte d'appello riformava la sentenza del Tribunale rilevando, da un lato, che si era formato un giudicato interno sulla sussistenza dell'illecito di diffamazione, in quanto il convenuto appellato non aveva proposto gravame incidentale sul punto dall'altro, richiamando il consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di risarcimento del danno non patrimoniale che incida su diritti inviolabili della persona, riteneva che per quanto il danno morale soggettivo, inteso quale perturbamento psichico, non debba ritenersi in re ipsa, ma come conseguenza normale, ancorché non automatica e necessaria, della violazione del diritto, esonerando il danneggiato non già dall'onere di specifica deduzione del danno, ma da quello di concreta di dimostrazione dello stesso , tuttavia in tale caso l' allegazione della parte appellante valevano a fondare una liquidazione del danno in via equitativa, dovendosi ritenere che il contenuto della e.mail inviata a terzi incidesse sul complesso delle condizioni da cui dipende il valore sociale dell'attore. Valutava, pertanto, il danno nella misura di Euro 20.000,00. 3. Il ricorso è affidato a due motivi. Parte resistente ha notificato controricorso in data 27 giugno 2018. Considerato che 1. Con il primo motivo, ex articolo 360 1 comma , n. 3 cod. proc. civ., si deduce violazione ed errata interpretazione dell'articolo 2059 cod.civ., laddove la Corte di merito ha ritenuto che, una volta accertato il carattere ingiurioso della condotta, è indubbio che sii debba presumere che essa abbia determinato la lesione dell'onore. Ritiene il ricorrente che dall'atto di citazione si evince che l'attore abbia voluto intendere il danno in re ipsa, proponendo una interpretazione superata dalla giurisprudenza, ma accolta dalla Corte d'appello. 2. Il motivo è infondato. 2.1. La Corte d'appello, in realtà, ha ritenuto che il ristoro %& lt %& lt consegue al= automaticamente= diffamatorio= gesto= & gt & gt rivolto all'attore %& lt %& lt proprio alla= dedicatosi= delle= e= foibe= in= nota= professionista= professore= quanto= universitario= vicenda= & gt & gt . Ed invero, in tema di responsabilità civile, il danno all'immagine e alla reputazione, in quanto costituente danno conseguenza , non può ritenersi sussistente in re ipsa , dovendo essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento. Sicché la sua liquidazione deve essere compiuta dal giudice sulla base, non di valutazioni astratte, ma del concreto pregiudizio presumibilmente patito dalla vittima, per come da questa dedotto e provato cfr. Sez. 3 -, Ordinanza n. 31537 del 06/12/2018 Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 7594 del 28/03/2018 Cass.Sez. 3 - , Ordinanza n. 25420 del 26/10/2017 . La sussistenza del pregiudizio non patrimoniale, tuttavia, può essere oggetto di allegazione e prova anche attraverso presunzioni, assumendo a tal fine rilevanza, quali parametri di riferimento, la diffusione dello scritto, la rilevanza dell'offesa e la posizione sociale della vittima cfr. Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 25420 del 26/10/2017 . 2.2. A tal fine il giudice può avvalersi anche di presunzioni gravi, precise e concordanti sulla base di elementi indiziari diversi dal fatto in sé considerato Cass.Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 19434 del 18/07/2019 . Pertanto, una volta applicato il suddetto principio, lo stabilire se una espressione, uno scritto, un documento, siano o non siano lesivi dell'onore e della reputazione altrui, costituisce un accertamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità, ove congruamente motivato ex multis, in tal senso, Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 6133 del 14/03/2018, Rv. 648418 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 80 del 10/01/2012, Rv. 621133 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 17395 del 08/08/2007, Rv. 598662 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 15510 del 07/07/2006, Rv. 593558 -01 . 2.3. La Corte d'appello, nella fattispecie in esame, ha svolto il suo scrutinio alla luce dei suddetti criteri, ritenendo allegato e provato il danno conseguente alla diffusione a terzi di notizie diffamatorie, realizzatosi per mezzo di una e.mail inviata a quattro persone, ritenuta intrinsecamente lesiva del decoro professionale e personale del professore, qui resistente, e ciò in considerazione della sua posizione professionale di studioso, dedicatosi alla nota vicenda delle foibe , e per questo motivo definito nella e.mail come un fascista ignorante e maleducato, tra l'altro difensore dei regimi militari latinoamericani, dei torturatori, nonché delle cosidette vittime delle foibe . La statuizione, oggetto di censura, è che il danno all'immagine che ne è derivato, per il grado di lesività delle affermazioni contenute nella e.mail, debba ritenersi provato in quanto %& lt %& lt conseguenza a= al= allegazioni= asserzioni= attore= automatica= che= complesso= concreta= condizioni= contenuto= corte= cui= da= dal= danneggiato= deduzione= del= della= delle= dello= desunto= detto= di= diffamatorie= dimostrazione= dipende= disdoro= e= effetto= equitativa dovendosi= esonerando= fondare= ha= il= immagine= in= incidenti= la= le= liquidazione= ma= medesima= necessariamente= non= onere= ordine= particolare= per= persona= quello= recato= ritenere= sociale= specifica= stesso= sul= una= valgano= valore= violazione= & gt & gt . 2.4. In tale caso, quindi, la valutazione è stata fatta in concreto, con argomenti presuntivi, in riferimento all'effetto dannoso del fatto oggettivamente illecito, perché non rispettoso del principio di continenza e di pertinenza nel muovere una critica all'operato altrui, riverberatosi pertanto sulla sua persona, con valutazione in fatto insindacabile, perché condotta alla stregua dei criteri sopra menzionati. 3. Con il secondo motivo si denuncia, ex art. 360 numero 3 cod. proc.civ., violazione ed errata interpretazione dell' art. 324 cod.proc.civ., laddove la Corte d'appello ha ritenuto che si sia formato un giudicato sulla commissione dell'illecito, in relazione alla e.mail di cui il ricorrente ha eccepito non essere certa la provenienza, mancandone la certificazione circa la provenienza, con argomenti ed eccezioni reiterati nella comparsa di costituzione in appello. 3.1. Il motivo è infondato. Il giudicato interno non si determina in relazione a un fatto, ma a una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza fatto, norma ed effetto , suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell'ambito della controversia, rinvenibile nella locuzione utilizzata dal giudice Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 10760 del 17/04/2019 Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 12202 del 16/05/2017. . L'accertamento della sussistenza dell'illecito deve, pertanto, intendersi passato in giudicato, laddove esso assume il connotato di una minima unità suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno , e dunque di decisione, con efficacia autonoma, non espressamente impugnata dall'appellato, anche solo in via incidentale. L'accertamento della commissione dell'illecito in discussione, difatti, non è stato reso oggetto di autonoma impugnazione, e la mera reiterazione dell'eccezione, collegata al mero fatto della mancata prova della ricezione della e.mail, non è in grado di scalfire la statuizione circa l’ oggettiva commissione dell'illecito. 4. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato, con ogni conseguenza in ordine alle spese, che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 a favore della parte resistente. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso e, per l'effetto, condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 5.200,00, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del/la ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.