Il terzo che assume essere vero creditore non può proporre opposizione tardiva dopo l’ordinanza di assegnazione del credito

Non è proponibile l'opposizione tardiva del terzo, per colui che assume di essere l'effettivo titolare di un credito pignorato e non di una proprietà o diritto reale su beni, perché nel pignoramento presso terzi l'ordinanza di assegnazione del credito conclude la procedura esecutiva.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2868/20, depositata il 6 febbraio. Il fatto. Un avvocato promuoveva l’esecuzione nei confronti del proprio debitore, nelle forme del pignoramento presso terzi, andando ad aggredire i crediti maturati dall'uomo nei confronti del condominio presso cui svolgeva attività di amministratore. Nominato un nuovo amministratore dello stabile, questo rendeva nel processo dichiarazione positiva ed il giudice dell'esecuzione procedeva all'assegnazione del credito. Non avendo ricevuto però il pagamento, il legale notificava il precetto sulla base della ordinanza di assegnazione nei confronti del condominio. Nella more, però, il nuovo amministratore dello stabile ‘terzo pignorato’ era divenuto curatore del fallimento della società costruttrice del cespite, pertanto, proponeva in questa qualità opposizione tardiva di terzo all'esecuzione presso terzi ex art. 620 c.p.c., sostenendo che, in verità, della somma assegnata il precedente amministratore non ne era creditore in proprio ma nella qualità di legale rappresentante del condominio e per le attività di amministrazione condominiale svolte, riconducibili alla società poi fallita. Integrato così il contraddittorio nei confronti del precedente amministratore, il tribunale rigettava l'opposizione dichiarando la legittimità dell'ordinanza di assegnazione a suo tempo emessa a favore dell'avvocato creditore. Tuttavia, successivamente la Corte d’Appello, puntualmente adita a seguito della sentenza di primo grado, accoglieva in modo inaspettato l'impugnazione e, in totale riforma della sentenza, accoglieva l'opposizione di terzo proposto dalla curatela, dichiarando illegittima la procedura esecutiva e nullo il provvedimento di assegnazione delle somme a favore del primo avvocato. A questo punto al legale non rimaneva che proporre ricorso per cassazione, a cui la curatela resisteva con controricorso. Il ricorso dinanzi alla Suprema Corte veniva affidato a ben 10 motivi tra cui 1 omissione di pronuncia da parte del tribunale sulla eccezione di giudicato formatosi sulla sentenza di prime cure sollevata in appello, atteso che la curatela non aveva -per la tesi difensiva impugnato completamente la sentenza e che su alcune affermazioni dirimenti della stessa, come l'esistenza in bilancio di una voce di credito in favore del precedente amministratore come persona fisica, si sarebbe formato il giudicato interno che non avrebbe mai consentito la contrastante affermazione contenuta nella sentenza di appello che di quel credito l'uomo sarebbe stato creditore non in proprio ma per le attività di amministrazione svolte e riconducibili alla suddetta società poi fallita 2 omessa pronuncia circa la genericità dell'appello e la sua mancata coincidenza con le rationes decidendi della sentenza di primo grado 3 violazione di norme di legge per aver ritenuto fondata l'opposizione tardiva di terzo nonostante la carenza di prova e per aver invertito l'onere probatorio, ponendolo a carico dell' opposto 4 violazione di norme di legge per difetto assoluto di motivazione sulle risultanze documentali, coperte da giudicato interno, portanti il riconoscimento di debito in favore del debitore esecutato e ritenute apoditticamente frutto di un mero errore di trascrizione 5 travisamento del contenuto della sentenza di primo grado, del contenuto delle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio formale dal curatore oltre a quelle rese a suo tempo dal legale rappresentante del condominio quale terzo pignorato. La analisi della Corte di Cassazione. La Suprema Corte prescinde dall'esame dei motivi di ricorso per dedicarsi alla spiegazione dell'esistenza di una questione pregiudiziale ritenuta dirimente, in quanto idonea a definire la causa. In primo luogo, infatti, per gli Ermellini è necessario verificare se sia ammissibile l'utilizzazione dello strumento della opposizione di terzo all'esecuzione qualora il terzo agisca non a tutela della proprietà o di un diritto reale sul bene sottoposto alla esecuzione, bensì a tutela di un proprio credito, ovvero se, estraneo alla esecuzione, agisca assumendo di essere l'effettivo titolare del credito espropriato. A questo riguardo la Suprema Corte conferma rispondendo affermativamente, perché -spiega l'opposizione di terzo è l'unico strumento di tutela del terzo creditore verso l'esecuzione non essendo quest'ultimo assoggettato direttamente all'esecuzione, non può proporre opposizione agli atti esecutivi per far valere l'invalidità o la irregolarità di singoli atti del processo, come è esclusa la legittimazione attiva a proporre l'opposizione agli atti esecutivi in capo al terzo che pretende di avere la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati e che, perciò, è legittimato a proporre opposizione di terzo alla espropriazione mobiliare o immobiliare. Inoltre, viene rammentato che la posizione del terzo che assume di essere l'effettivo titolare del credito assoggettato al pignoramento appare pienamente assimilabile a quella di chi assume di essere l'effettivo titolare del diritto reale sulla cosa assoggettata alla esecuzione. In questo senso gli Ermellini ricordano di essersi già espressi quando, malgrado il tenore letterale della norma, hanno affermato che il detto rimedio va riconosciuto anche al terzo diverso ovviamente dal terzo pignorato pregiudicato dall'espropriazione del credito ex art 543 e ss. c.p.c Tuttavia, viene riconosciuto altresì che, laddove sul punto non si evidenziano contrasti nella giustizia di legittimità, sussiste invece contrasto giurisprudenziale sulla differente questione del momento entro il quale, in caso di espropriazione presso terzi, debba essere proposta l'opposizione di terzo all'esecuzione, essendosi affermato, in alcuni precedenti, che il limite ultimo sarebbe segnato dalla pronuncia dell'ordinanza di assegnazione mentre, in altri, che l'opposizione di terzo sarebbe consentita anche dopo l'assegnazione. In conclusione -aggiunge la Suprema Corte si tratta di verificare se il terzo creditore possa accedere anche allo strumento della opposizione tardiva che prevede che, se in seguito all'opposizione il giudice non sospende la vendita o se l'opposizione è proposta dopo la vendita stessa, i diritti del terzo si fanno valere sulla somma ricavata. È questo uno strumento di tutela utilizzabile in sede di espropriazione mobiliare ed immobiliare, in cui alla fase di vendita segue la fase di distribuzione del ricavato e, quindi, laddove il terzo non sia riuscito ad evitare la vendita, per propria intempestività o per la scelta del giudice di non sospendere l'esecuzione, ha ancora la possibilità di far valere i suoi diritti benché non più sul bene ma sulla somma ricavata dalla vendita del bene. Tuttavia -continua la Suprema Corte l'opposizione tardiva di terzo all’esecuzione non appare compatibile con la struttura del pignoramento dei crediti, in cui l’ordinanza di assegnazione del credito termina la procedura esecutiva. Ciò che rileva ai fini della proponibilità della domanda, non è il profilo della legittimazione ma il principio della scansione procedimentale in fasi ed il principio generale di tendenziale stabilità dei provvedimenti conclusivi del processo esecutivo. Il principio di diritto. Sulla scorta di tutte queste precisazioni, la Suprema Corte afferma il seguente principio di diritto lo strumento dell’opposizione tardiva di terzo all'esecuzione, disciplinato dall'art. 620 c.p.c., non è utilizzabile dal terzo che assuma di essere l'effettivo titolare del credito pignorato, non essendo l'opposizione tardiva all'esecuzione compatibile con la struttura del pignoramento presso terzi in cui la procedura esecutiva termina proprio con l’adozione della ordinanza di assegnazione. Applicando tali principi al caso di specie, gli Ermellini in conclusione cassano la sentenza impugnata senza rinvio perché l'opposizione tardiva del terzo, che assume di essere il vero creditore, non avrebbe potuto essere proposta dopo l'emissione dell'ordinanza di assegnazione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 1 ottobre 2019 – 6 febbraio 2020, n. 2868 Presidente De Stefano – Relatore Rubino I fatti di causa L’avv. B.G. , ricorrente, espone che - promuoveva esecuzione nel 2001 nei confronti del suo debitore Ba.Fr. , nelle forme del pignoramento presso terzi, pignorando i crediti di questi nei confronti del Condominio- omissis per l’attività di amministratore svolta - il nuovo amministratore del condominio, avv. C. , rendeva dichiarazione positiva e il g.e. procedeva all’assegnazione del credito - non avendo ricevuto il pagamento, il B. notificava precetto, sulla base della ordinanza di assegnazione, nei confronti del Condominio - nel 2005 il Fallimento della omissis s.r.l., nella persona del medesimo avv. C. , divenuto nelle more curatore del Fallimento omissis , proponeva opposizione tardiva di terzo all’esecuzione presso terzi, ex art. 620 c.p.c., sostenendo che della somma assegnata il Ba. non fosse creditore in proprio, ma nella qualità di legale rappresentante della omissis . Integrato il contraddittorio nei confronti del debitore Ba. , il Tribunale di Lamezia Terme nel 2015 rigettava l’opposizione dichiarando la legittimità della ordinanza di assegnazione a suo tempo emessa in favore del B. . La Curatela del Fallimento omissis impugnava la decisione. La Corte d’Appello di Catanzaro, con la decisione qui impugnata, accoglieva il gravame e, in totale riforma della sentenza di primo grado, accoglieva l’opposizione di terzo proposta dalla Curatela dichiarando illegittima la procedura esecutiva e nullo il provvedimento di assegnazione delle somme in favore dell’avv. B.G. pur dichiarando l’inammissibilità della produzione documentale effettuata dalla curatela in appello e compensando le spese di entrambi i gradi . L’avv. B.G. propone ricorso per cassazione, articolato in dieci motivi, nei confronti della Curatela del Fallimento omissis s.r.l., di Ba.Fr. e del Condominio- omissis , per la cassazione della sentenza n. 644/2015, pubblicata il 13 maggio 2015 dalla Corte di Appello di Catanzaro. Resiste la Curatela del Fallimento con controricorso. Sia il B. che la Curatela hanno depositato memoria. Il ricorrente, in memoria, introduce l’argomento relativo al difetto di legittimazione attiva della curatela, originaria opponente, perché la sua posizione non è quella di un terzo che faccia valere un diritto reale sui beni pignorati, che possa essere prevalente rispetto al diritto del creditore procedente. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede. I motivi della decisione In sintesi, il contenuto dei dieci motivi di ricorso articolati dal ricorrente è il seguente Con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 112, 324, 329, 346 e 2909 c.c., art. 132 c.p.c., comma 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., per aver omesso di pronunciare sulla eccezione di giudicato formatosi sulla sentenza di prime cure sollevata in appello dal B. . Sostiene il ricorrente che la curatela non avrebbe impugnato in toto la sentenza di primo grado, e che su alcune affermazioni dirimenti della sentenza di primo grado, quale l’esistenza in bilancio di una voce di credito in favore del Ba. come persona fisica, si sarebbe formato il giudicato interno, che non avrebbe consentito la contrastante affermazione, contenuta nella sentenza di appello, che di quel credito il Ba. sarebbe stato creditore non in proprio ma per le attività di amministrazione condominiale svolte riconducibili alla società poi fallita. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 342 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4, per non aver colto la genericità dell’appello e la sua mancata coincidenza con le rationes decidendi della sentenza di primo grado. Con il terzo deduce nuovamente la violazione degli artt. 324, 329, 346 c.p.c. e art. 2909 c.c. per aver pronunciato su aspetti della sentenza di primo grado coperti dal giudicato interno. Con il quarto, deduce la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 4, c.p.c., art. 118 disp. att., artt. 116 e 210 c.p.c., per aver illogicamente interpretato e travisato l’ordine di esibizione documentale impartito dal giudice. Con il quinto, lamenta ancora la violazione e falsa applicazione degli articoli citati, per aver riesaminato le risultanze documentali prodotte dalla curatela opponente, nonostante l’inammissibilità dell’appello per i motivi sopra indicati. Con il sesto, lamenta la violazione dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., per aver ritenuto fondata l’opposizione tardiva di terzo nonostante la carenza di prova e per aver invertito l’onere probatorio, ponendolo a carico dell’opposto. Con il settimo motivo denuncia il travisamento della prova, con l’ottavo la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 4 e art. 118 disp. att., per difetto assoluto di motivazione sulle risultanze documentali, coperte da giudicato interno, portanti il riconoscimento di debito in favore del debitore esecutato, ritenute apoditticamente frutto di un mero errore di trascrizione. Con il nono motivo, il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 116 e 228 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., per aver travisato il contenuto della sentenza di primo grado, il contenuto delle dichiarazioni del curatore rese in sede di interrogatorio formale e il contenuto della dichiarazione resa a suo tempo dal legale rappresentante del condominio quale terzo pignorato. Infine, con il decimo motivo si impugna la compensazione delle spese. Tuttavia, si prescinde dall’esame dei motivi per l’esistenza di una questione pregiudiziale, dirimente in quanto idonea a definire la causa. Occorre, in primo luogo, verificare se sia ammissibile l’utilizzazione dello strumento della opposizione di terzo all’esecuzione qualora il terzo agisca non a tutela della proprietà o di un diritto reale sul bene sottoposto all’esecuzione, ma a tutela di un proprio credito, ovvero se, estraneo alla esecuzione, agisca assumendo di essere l’effettivo titolare del credito espropriato. A questo riguardo, la Corte ha avuto già modo di rispondere affermativamente, adottando una soluzione pienamente condivisibile, in quanto l’opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. è l’unico strumento di tutela del terzo creditore verso l’esecuzione non essendo questi assoggettato direttamente all’esecuzione, non può proporre opposizione agli atti esecutivi per fare valere l’invalidità o l’irregolarità di singoli atti del processo, così come è esclusa la legittimazione attiva a proporre l’opposizione agli atti esecutivi in capo al terzo che pretenda di avere la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati e che perciò sia legittimato a proporre opposizione di terzo all’espropriazione mobiliare o immobiliare. Inoltre, la posizione del terzo che assume di essere l’effettivo titolare del credito assoggettato al pignoramento appare pienamente assimilabile a quella di chi assume di essere l’effettivo titolare del diritto reale sulla cosa assoggettata all’esecuzione. In questo senso si è già espressa Cass. n. 14639 del 2014, affermando che, malgrado il tenore letterale della norma, questo rimedio va riconosciuto anche al terzo diverso, ovviamente, dal terzo pignorato pregiudicato dall’espropriazione del credito ai sensi degli artt. 543 c.p.c. e segg La stessa pronuncia segnala che laddove sul punto non si evidenziano contrasti nella giurisprudenza di legittimità, sussiste invece contrasto giurisprudenziale sulla differente questione del momento entro il quale, in caso di espropriazione presso terzi, debba essere proposta l’opposizione di terzo all’esecuzione, essendosi affermato, in alcuni precedenti, che il limite ultimo sarebbe segnato dalla pronuncia dell’ordinanza di assegnazione così Cass. n. 4703/84, n. 10028/98 , in altri, che l’opposizione di terzo sarebbe consentita anche dopo l’assegnazione cfr. Cass. n. 7413/97, n. 10878/12 . Si tratta in definitiva di verificare se il terzo creditore possa accedere anche allo strumento della opposizione tardiva, disciplinato dall’art. 620 c.p.c., che prevede che se in seguito all’opposizione il giudice non sospende la vendita o se l’opposizione è proposta dopo la vendita stessa, i diritti del terzo si fanno valere sulla somma ricavata. È questo uno strumento di tutela utilizzabile in sede di espropriazione mobiliare o immobiliare, in cui alla fase di vendita segue la fase di distribuzione del ricavato, e quindi, laddove il terzo non sia riuscito ad evitare la vendita, per propria intempestività o per la scelta del giudice di non sospendere l’esecuzione, ha ancora la possibilità di far valere i suoi diritti, benché non più sul bene ma sulla somma ricavata dalla vendita del bene. L’opposizione tardiva di terzo alla esecuzione non appare invece compatibile con la struttura del pignoramento dei crediti, in cui con l’ordinanza di assegnazione del credito termina la procedura esecutiva. Ciò che rileva, ai fini della proponibilità della domanda, non è il profilo della legittimazione, ma il principio della scansione procedimentale in fasi e il principio generale di tendenziale stabilità dei provvedimenti conclusivi del processo esecutivo. Deve pertanto affermarsi il principio per cui Lo strumento della opposizione tardiva di terzo all’esecuzione, disciplinato dall’art. 620 c.p.c., non è utilizzabile dal terzo che assuma di essere l’effettivo titolare del credito pignorato, non essendo l’opposizione tardiva all’esecuzione compatibile con la struttura del pignoramento presso terzi in cui con l’adozione della ordinanza di assegnazione la procedura esecutiva è terminata . Applicando i principi enunciati al caso di specie, la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio, perché l’opposizione tardiva del terzo che assume di essere il vero creditore all’esecuzione non avrebbe potuto essere proposta dopo l’emissione della ordinanza di assegnazione affermazione non in contrasto con quanto affermato da Cass. n. 10878 del 2012 in relazione alla diversa posizione del terzo pignorato . Atteso che si tratta di una questione nuova, rilevata d’ufficio, ma in rito, non è necessario sollecitare il contraddittorio delle parti sul punto, ex art. 384 c.p.c., comma 3. I dati di fatto rilevanti relativi al tempo della proposizione della opposizione, successivo alla emissione della ordinanza di assegnazione, al diritto fatto valere in giudizio, che è un diritto di credito non precedentemente accertato, e non un diritto reale vantato da un terzo sono del resto incontroversi. Atteso che il profilo che porta al risultato utile perseguito dal ricorrente porre nel nulla la sentenza di accoglimento della opposizione avviene per un motivo che non è mai stato evidenziato dallo stesso e non è mai stato neppure sottoposto al contraddittorio delle parti, le spese di giudizio sono compensate. P.Q.M. Cassa senza rinvio la sentenza impugnata. Compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti.