I compensi previsti per l’ausiliario medico legale non possono aggiungersi ai compensi previsti per il consulente tecnico

Nel caso di svolgimento di consulenza tecnica d’ufficio medico-legale nell’ambito di un giudizio civile, la liquidazione del compenso del professionista deve comprendere unicamente i compensi di cui all’art. 21 d.m. 30 maggio 2002 e non anche quelli del precedente art. 20 del medesimo provvedimento, correlati invece all’attività istruttoria di cui all’art. 220 c.p.p

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 2210/20 depositata il 30 gennaio. Il caso. In seguito all’espletamento di una consulenza tecnica preventiva ex art. 696- bis c.p.c. volta, nel caso di specie, ad accertare il danno biologico subito dal ricorrente in seguito a sinistro stradale , il ricorrente oppose ai sensi dell’art. 170 d.P.R. n. 115/2002 il decreto di liquidazione del compenso riconosciuto al consulente tecnico. Il Tribunale accoglieva l’opposizione per mancanza di motivazione ma confermava la statuizione circa la liquidazione del compenso e delle spese presenti nel decreto opposto. Il ricorrente, pertanto, propose impugnazione per cassazione avverso l’ordinanza emessa a definizione dell’opposizione. La decisione della Corte di Cassazione. Il ricorrente, tra l’altro, aveva denunciato violazione della norma portata nell’art. 20 d.m. 30 maggio 2002, posto che il Giudice di prime cure aveva riconosciuto al consulente tecnico anche il compenso previsto in detta norma, nonostante il compenso applicabile era esclusivamente quello stabilito dall’art. 21 del citato decreto, poiché specifico per l’ausiliario medico-legale. Il ricorso viene parzialmente accolto e la Cassazione dà ragione al ricorrente. Il Tribunale, infatti, aveva riconosciuto cumulativamente al consulente sia il compenso previsto dall’art. 20 d.m. 30 maggio 2002 sia quello previsto dall’art. 21, ritenendo cumulabili gli stessi, posto che il professionista, oltre ad effettuare la visita medico-legale, aveva anche redatto relazione scritta illustrativa delle risposte ai quesiti diagnostici posti. La Corte, tuttavia, ha ritenuto non condivisibile questa impostazione in quanto contraria alla lettera della norma ed alla sua finalità invero, si precisa, l’art. 20 d.m. 30 maggio 2002 letteralmente disciplina la perizia in materia medico legale mentre la successiva norma ex art. 21 regolamenta il compenso per la consulenza tecnica , tuttavia entrambe le norme dettano la disciplina del compenso per lo svolgimento delle medesime attività professionali, ossia la visita medico legale e relativo parere tecnico afferente l’accertamento diagnostico chiesto dal Giudice inoltre, si evidenzia come l’art. 20 del citato decreto appaia correlato all’attività istruttoria dell’art. 220 c.p.p. mentre il riferimento alla consulenza tecnica dell’art. 20 appaia correlato alla figura dell’ausiliario di cui agli artt. 61 e 191 c.p.c.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 28 novembre 2019 – 30 gennaio 2020, n. 2210 Presidente/Relatore Gorjan Fatti di causa A.E. ebbe ad opporre, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, avanti il Giudice delegato del Tribunale di Udine il decreto di liquidazione del compenso riconosciuto al Dott. D.M.A. per l’attività svolta, quale consulente tecnico, nell’ambito del procedimento, ex art. 696 bis c.p.c., avviato dall’A. nei riguardi della Cattolica Ass.ni per l’indennizzo di danni da sinistro stradale. L’A. lamentava che il decreto di liquidazione del compenso al consulente non era motivato adeguatamente e comunque la tassazione del dovuto eccessiva rispetto ai parametri posti dalla normativa in tema. Resistettero ed il professionista Dott. D.M.A. e la spa Cattolica Ass.ni, contestando la fondatezza dell’avversaria opposizione, ed, all’esito del procedimento, il Giudice delegato dal Presidente del Tribunale friulano rilevò l’assenza di motivazione ma confermò le statuizioni circa la liquidazione del compenso e spese presenti nel decreto opposto. Osservava il Giudice udinese che, emendato il vizio di carenza di motivazione, effettivamente esistente, tuttavia la liquidazione e del compenso proprio del consulente e della spesa riconosciuta per l’opera dell’ausiliario - il cardiologo Dott. P. - appariva corretta poiché ragguagliata alla difficoltà dell’opera, alla pluralità dei quesiti sottoposti dal Giudice e la tassazione rientrante nei limiti di tariffa ex D.M. 30 maggio 2002. Avverso l’ordinanza emessa dl Giudice friulano ha proposto impugnazione per cassazione l’A. articolata su nove motivi. Il D.M. ha resistito con controricorso, proponendo anche impugnazione incidentale articolata su unico motivo. Anche la soc. Cattolica di Ass.ni ha resistito con controricorso. Ragioni della decisione L’impugnazione principale proposta dall’A. ha fondamento giuridico limitatamente al primo motivo di ricorso ed in tale misura va accolta, ed un tanto comporta l’assorbimento del nono motivo di ricorso e dell’impugnazione incidentale - afferenti la statuizione sulle spese di lite, mentre i restanti motivi proposti con il ricorso s’appalesano privi di fondamento. Con il primo mezzo d’impugnazione l’A. denunzia violazione della norma portata nel D.P.R. n. 820 del 1983, art. 20 tabella allegata, aggiornata con il D.M. 30 maggio 2002, posto che il Giudice udinese ha riconosciuto al consulente tecnico anche il compenso previsto in detta norma, benché nella specie il compenso applicabile era esclusivamente quello stabilito citato D.P.R. ex art. 21, poiché specifico per l’ausiliario medico legale che opera nell’ambito di procedimento civile. La doglianza colpisce la testa del chiodo, posto che il Tribunale ha riconosciuto cumulativamente al Dott. D.M. ed il compenso previsto D.M. 30 maggio 2002, ex art. 20, e quello previsto dall’art. 21 per un importo globale di Euro 435,00, ritenendo cumulabili gli stessi posto che il professionista, oltre ad effettuare la visita medico - legale, ebbe anche a redigere relazione scritta illustrativa delle risposte ai quesiti diagnostici posti. Questa Corte non condivide detta statuizione poiché contraria alla lettera della norma ed alla sua finalità. Invero la disposizione in D.M. 30 maggio 2002, art. 20, - che ebbe a sostituire i provvedimenti regolamentari assunti L. n. 319 del 1980, ex art. 4, erroneamente evocati - letteralmente disciplina la perizia in materia medico legale , mentre la successiva norma ex art. 21 regolamenta il compenso per la consulenza tecnica . Inoltre, esaminando il contenuto precettivo di dette norme, appare come le stesse dettino la disciplina del compenso per lo svolgimento delle medesime attività professionali, ossia la visita medico legale e relativo parere tecnico afferente l’accertamento diagnostico chiesto dal Giudice. Erra, ad opinione di questa Corte, il Tribunale a ritenere che la prima disposizione si limiti a prevedere la rimunerazione per la sola attività di visita medico legale, mentre la seconda compensi la redazione per iscritto della risposta ai quesiti formulati al professionista dal Giudice, poiché in entrambe le disposizioni normative è contemplata l’attività professionale tesa alla risposta ai quesiti posti dal Giudice, compresa la visita del paziente quando necessaria. Infine va evidenziato come, letteralmente, il riferimento alla perizia - art. 20 cit. DM - appare correlato all’attività istruttoria disciplinata dall’art. 220 c.p.p., mentre il riferimento alla consulenza tecnica - art. 21 cit. DM - appare correlato alla figura d’ausiliario, di cui agli artt. 61 e 191 c.p.c Dunque non può cumularsi il compenso previsto dai due citati articoli del D.M. 30 maggio 2002 poiché tesi alla rimunerazione della medesima tipologia d’attività professionale, svolta però - art. 20 nel procedimento penale ed art. 21 nel procedimento civile - in procedimenti di natura diversa. Pertanto, nella specie, va applicato il solo compenso previsto dal D.M. 30 maggio 2002, art. 21, stante che l’incarico professionale fu svolto nell’ambito di consulenza preventiva ex art. 696 bis c.p.c Con il secondo mezzo d’impugnazione l’A. deduce violazione della norma L. n. 319 del 1980, ex art. 4, e correlati articoli del DM 30.5.2002, poiché il Giudice friulano ha errato nel ritenere che al consulente fossero stati formulati plurimi quesiti, posto che lo scopo della consulenza era diretto esclusivamente ad individuare i postumi reliquati dalle lesioni patite in dipendenza di sinistro stradale. La censura si compendia nella formulazione di mera opzione interpretativa circa l’unicità dell’accertamento affidato al consulente tecnico contrapposta alla statuizione adottata sul punto dal Tribunale, il quale ebbe a ritenere la concorrenza di più accertamenti aventi carattere di autonomia ed indipendenza tra loro. Il Giudice friulano ha puntualmente dato atto che al Dott. D.M. furono affidati più quesiti correlati ad attività autonome, specificando come il consulente era incaricato e di tentare la conciliazione tra le parti e dell’attività d’analisi della regolamento contrattuale di polizza al fine d’individuare la pattuita modalità di liquidazione dei postumi rilevanti, oltre che dell’accertamento medico - legale vero e proprio, afferente l’individuazione dei postumi psico - somatici relitti dalle lesioni patite nel sinistro stradale. Il ricorrente in effetti non si confronta con detto puntuale accertamento, limitandosi a considerazioni generiche, fondate su arresti di legittimità, il principio desumibile dai quali poi nemmeno viene applicato nell’esaminare il caso di specie. Con la terza doglianza il ricorrente rileva nullità dell’ordinanza impugnata poiché assente motivazione circa la ragione del riconoscimento di otto vacazioni per l’attività tesa alla conciliazione delle parti. La censura appare inammissibile posto che non s’attaglia alla motivazione espressa in ordinanza circa le ragioni del riconoscimento delle contestate otto vacazioni. Difatti non solo il Giudice udinese, appositamente, motiva la sua statuizione di riconoscere al Dott. D.M. le vacazioni in quanto rimunerative di attività afferente a quesito autonomo - come dianzi illustrato nell’esame del precedente motivo di ricorso -,ma le correla non già alla sola attività tesa alla conciliazione delle parti - come pare ritenere il ricorrente - ma anche all’esame delle condizioni di polizza - quarta proposizione a pag. 3. Dunque non solo la motivazione risulta puntuale e presente in ordinanza, ma pure la svolta censura non si confronta con la completa argomentazione illustrata dal Tribunale. Con il quarto mezzo d’impugnazione l’A. denunzia vizio di nullità per omessa motivazione - art. 132 c.p.c., n. 4, - poiché il Tribunale non ha illustrato le ragioni in forza delle quali ha ritenuto di riconoscere il raddoppio del compenso, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 52. La censura è priva di fondamento posto che puntualmente il Giudice friulano ha esaminata la questione - seconda proposizione a pag. 4 - e messo in evidenza la complessità dell’opera professionale richiesta, abbisognevole anche di intervento di specialista cardiologo, sollecitato dallo stesso consulente dell’A. . Dunque la motivazione sussiste ed il suo non gradimento da parte del ricorrente non sostanzia il dedotto vizio di nullità. Con la quinta doglianza l’A. lamenta nullità dell’ordinanza per violazione del canone ex art. 112 c.p.c., poiché il Tribunale ha articolato il compenso riconosciuto al consulente secondo le voci proprie della tabella ministeriale, mentre il Dott. D.M. ebbe a chiedere compenso professionale unitario senza dettagliarlo ovvero ancorarlo alla tariffa legale. La censura si manifesta priva di fondamento alla sola considerazione che la norma ex art. 112 c.p.c., attiene alla modifica del bene della vita chiesto dalla parte con bene non ricompreso, nemmeno virtualmente, nella domanda. Nella specie risulta essere stata chiesta la liquidazione di compenso per l’attività professionale di consulente tecnico espletata nell’ambito di procedimento civile, necessariamente liquidabile secondo parametri legali - Cass. sez. 2 n 3604/95, Cass. sez. 3 n. 906/18. Nella specie la liquidazione riconosciuta dal Giudice, per come illustrato nello stesso ricorso, è stata inferiore a quanto chiesto dal Dott. D.M. , sicché non concorre il vizio denunziato. Con la sesta ragione di doglianza l’A. attinge il riconoscimento del rimborso al consulente per la spesa afferente l’opera del suo ausiliario - il cardiologo Dott. P. - posto che il compenso per la detta attività risulta tassato a vacazioni, invece che secondo il criterio posto dal D.M. 30 maggio 2002. Con il settimo mezzo d’impugnazione il ricorrente rileva nullità dell’ordinanza impugnata poiché assente la motivazione afferente la tassazione del numero di vacazioni - 61 - utilizzate per rimunerare lo specialista ausiliario del consulente. Le due censure, attinendo alla medesima questione, possono esser esaminate unitariamente e s’appalesano prive di pregio. In effetti il ricorrente non si confronta con la motivazione sul punto esposta dal Tribunale, ossia che il Dott. P. , non già, ebbe a visitare il paziente bensì ebbe a redigere parere specialistico sulla scorta delle informazioni e documentazione rimessagli dal consulente e dalle parti - parere ritenuto necessario dalla stesso tecnico di parte dell’odierno ricorrente - anche al fine di consentire l’apprezzamento dell’incidenza sulla liquidazione delle condizioni di polizza e che la prestazione appariva di particolare importanza. Dunque non concorre violazione della norma D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 56, poiché la liquidazione effettuata nei limiti di tariffa e nemmeno la nullità dedotta, posto che il Giudice udinese ha puntualmente motivata la sua statuizione al riguardo. Con l’ottava doglianza l’A. rileva nullità dell’ordinanza impugnata poiché assente la motivazione circa il riconoscimento, anche in relazione all’opera dello specialista cardiologo, dell’aumento D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 52. Anche detta censura s’appalesa priva di pregio posto che, come già evidenziato in ordine alla medesima doglianza portata all’aumento disposto sul compenso del consulente, il Tribunale ebbe a esporre le ragioni ala base della ritenuta particolare complessità del parere medico richiesto dai quesiti posti dal Giudice nell’ambito del procedimento ex art. 696 bis c.p.c., che valgono anche in relazione all’opera dello specialista. Con il nono mezzo d’impugnazione il ricorrente lamenta violazione del disposto ex artt. 91 e 92 c.p.c., posto che, erroneamente, il Giudice ha ritenuto di compensare le spese del procedimento. Tale censura rimane assorbita dall’accoglimento del primo motivo, posto che il Giudice del rinvio dovrà provvedere a regolare le spese per l’intero procedimento. Con l’impugnazione incidentale D.M.A. denunzia violazione degli artt. 1, 3 e 35 Cost., nonché artt. 91 e 92 c.p.c., poiché ingiustamente compensate le spese della lite. Anche detta questione rimane assorbita in dipendenza dell’accoglimento parziale del ricorso principale, come dianzi illustrato. In definitiva limitatamente al motivo accolto la causa va rinviata al Tribunale di Udine, in persona di altro Magistrato, che provvederà anche - ex art. 385 c.p.c., comma 3, - a disciplinare le spese di questo procedimento di legittimità. P.Q.M. Accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti il nono motivo del ricorso principale e l’impugnazione incidentale, rigetta gli altri motivi, cassa, limitatamente al motivo accolto, il provvedimento impugnato e rinvia al Tribunale di Udine in persona di diverso Magistrato, che anche provvederà sulle spese di questo giudizi di legittimità.