La Cassazione sul principio dell’ultrattività del mandato alla lite

In caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, da questi non dichiarata in udienza né notificata alle altre parti, la notificazione della sentenza al predetto procuratore è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale di quella incapace.

Così la Corte di Cassazione sentenza n. 1633/20 depositata il 24 gennaio pronunciandosi in merito ad una controversia in tema di successioni nella quale era emersa la questione dell’individuazione delle modalità di notifica dell’atto di impugnazione in caso di decesso della parte costituita nel precedente grado di giudizio a mezzo difensore, laddove il decesso non fosse stato comunicato dal difensore. La Corte d’Appello aveva infatti dichiarato l’inammissibilità del gravame per violazione dell’art. 331 c.p.c. per l’invalidità della notifica dell’appello effettuata alla parte, deceduta nel corso del giudizio di primo grado, presso il difensore anziché presso gli eredi. Ultrattività del mandato. Tale affermazione viene contestata dinanzi alla Corte di Cassazione che ritiene fondato il ricorso. Richiamando un recente arresto giurisprudenziale delle Sezioni Unite n. 15295/14 , il Collegio afferma che la morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, da questi non dichiarata in udienza né notificata alle altre parti, comportano, in virtù della regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che la notificazione della sentenza fatta al predetto procuratore ex art. 285 c.p.c. è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale di quella incapace. Il medesimo procuratore, inoltre, se originariamente munito di procura alle liti valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione ad esclusione del ricorso per cassazione per il quale è necessaria procura speciale in rappresentanza della parte. In conclusione, la notificazione dell’impugnazione presso il procuratore è ammissibile ai sensi dell’art. 330, comma 1, c.p.c. senza che rilevi la conoscenza aliunde di uno degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c. da parte del notificante. La sentenza impugnata viene quindi annullata con rinvio alla Corte territoriale.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 13 novembre 2019 – 24 gennaio 2020, n. 1633 Presidente Manna – Relatore Criscuolo Ragioni in fatto ed in diritto della decisione 1. M.L. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Latina M.S. , P.L. , M.G. , Ma.Se. , M.A. , Ma.Si. , M.E. e S.S. per procedere allo scioglimento della comunione ereditaria di R.L. . Nella resistenza dei convenuti, alcuni dei quali spiegavano domanda riconvenzionale di usucapione per alcuni dei beni caduti in successione, il Tribunale rigettava sia la domanda attorea, in mancanza di prova della tempestiva accettazione dell’eredità, sia la domanda riconvenzionale. Avverso tale sentenza proponeva appello M.L. e si costituivano M.S. , P.L. , M.G. , Ma.Se. e M.A. , che spiegavano a loro volta appello incidentale. Il difensore di M.E. dichiarava all’udienza del 1 luglio 2009 la morte del proprio assistito intervenuta già nel corso del giudizio di primo grado. Depositato ricorso per la riassunzione del giudizio, si ordinava la notifica di ricorso e decreto di fissazione d’udienza entro la data del 15/12/2009. Si costituivano, quali eredi di M.E. , M.G. El. , R. , L. , s. , S. e C.P. i quali deducevano che tra gli eredi vi era anche Ma.Lu. alla quale il ricorso non era stato notificato. La Corte all’udienza del 31/3/2010 concedeva termine per la notifica dell’appello principale agli eredi mancanti di M.E. nonché per la notifica dell’appello incidentale a S.S. . Alla successiva udienza del 7 luglio 2010 la Corte ordinava l’integrazione del contraddittorio nei confronti di M.A. n. nel 1942 e di Ma.Lu. , ed alla successiva udienza del 9 febbraio 2011, l’appellante chiedeva concedersi nuovo termine per la rinotifica a Ma.Lu. , richiesta che però era disattesa. Quindi, la Corte d’Appello di Roma con la sentenza n. 6161 del 19/11/2013 dichiarava l’appello inammissibile statuendo altresì l’inefficacia dell’appello incidentale tardivo. In tal senso richiamava i contrastanti orientamenti che si erano succeduti nella giurisprudenza di legittimità quanto all’individuazione delle modalità con le quali procedere alla notifica dell’atto di impugnazione nel caso di decesso della parte costituita nel precedente grado di giudizio a mezzo difensore, laddove il decesso, sempre intervenuto nel corso del precedente grado di giudizio, non fosse stato comunicato dallo stesso difensore. Richiamati gli vari sviluppi giurisprudenziali intervenuti sul punto, reputava di aderire a quello espresso da Cass. S.U. n. 26279/2009, secondo cui, in presenza di eventi idonei a determinare l’interruzione del processo nel corso del giudizio di primo grado, ed in assenza di dichiarazione da parte del difensore, il giudizio di appello deve essere instaurato da e contro i soggetti effettivamente legittimati, e nel caso di specie quindi contro gli eredi, essendo esclusa la persistente legittimazione del difensore. Nella fattispecie, M.E. era deceduto tre anni prima della definizione del giudizio in primo grado e quindi erroneamente l’appello era stato indirizzato nei confronti del difensore, occorrendo invece procedere alla notifica direttamente nei confronti degli eredi. La notifica dell’atto di appello effettuata nei confronti di Ma.Lu. presso il suo indirizzo doveva ritenersi meramente tentata, in quanto non era stata depositata la cartolina postale attestante l’effettiva consegna dell’atto, emergendo quindi che in realtà l’atto stesso era stato solo passato per la notifica. Inoltre la parte non si era costituita, con la conseguenza che non poteva reputarsi valida la notifica effettuata presso lo studio dei difensori ai quali Ma.Lu. aveva rilasciato procura, senza però appunto costituirsi in giudizio. La Corte all’udienza del 31 marzo 2010 aveva assegnato termine per tale notifica, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., con la conseguenza che la sua inosservanza determinava, sempre ai sensi di tale norma, l’inammissibilità del gravame. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso M.L. sulla base di cinque motivi. Gli intimati non hanno svolto difese in questa fase. Con ordinanza interlocutoria del 7/11/2018 era disposta la rinnovazione della notifica nei confronti di A.A. e venivano chiesti chiarimenti quanto al perfezionamento della notifica nei confronti di S.S. , e con successiva ordinanza interlocutoria del 22/3/2019 si invitava parte ricorrente a documentare l’avvenuto perfezionamento della notifica nei confronti di A.A. . Adempiuto a quanto richiesto la causa è stata chiamata alla pubblica udienza del 13/11/2019. In prossimità dell’udienza la ricorrente ha depositato memoria. 2. Il primo motivo di ricorso denuncia la nullità del procedimento e della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4, per effetto della violazione o erronea applicazione degli artt. 301 e 331 c.p.c. e degli artt. 159 e 162 c.p.c Assume la ricorrente che, ove si ritenga che al giudizio di appello debbano partecipare tutte le parti presenti nel giudizio di primo grado, stante la necessità di notificare l’impugnazione direttamente nei confronti degli eredi della parte deceduta nel corso del precedente grado di giudizio, a seguito del decesso di M.E. , la Corte d’Appello non avrebbe potuto dichiarare l’interruzione del giudizio di appello, ma avrebbe dovuto disporre l’integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 301 e 331 c.p.c., art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c Rileva la ricorrente che la sentenza gravata ha dichiarato l’appello inammissibile per la mancata ottemperanza all’ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti di Ma.Lu. , erede di M.E. . Tuttavia, nel disporre tale integrazione il giudice di appello si è attenuto unicamente alla dichiarazione resa dal difensore degli altri eredi della parte deceduta, nei cui confronti erano stati effettivamente notificati il ricorso in riassunzione ed il decreto di fissazione di udienza, intervenuti dopo l’interruzione del processo. Manca però qualsiasi prova che Ma.Lu. sia effettivamente una delle coeredi di M.E. , non risultando il suo nominativo dalla certificazione anagrafica della quale la ricorrente si era servita allorquando aveva notificato il ricorso in riassunzione. Nemmeno poi poteva reputarsi corretto, in assenza di prova di tale qualità, sostenere che la stessa fosse stata non contestata, non ricorrendo le condizioni per il maturare della non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c Il terzo motivo di ricorso denuncia la nullità della sentenza e del procedimento in conseguenza della violazione e falsa applicazione degli artt. 301, 331, 121, 132, 156 e 160 c.p.c Si rileva che erroneamente si è affermato che Ma.Lu. non si sarebbe mai costituita in appello, laddove a contrario si ricava che la sua costituzione era avvenuta all’atto del deposito della comparsa conclusionale del 29/4/2013. Ciò comporta che per effetto di tale tardiva costituzione non poteva pervenirsi alla declaratoria d’inammissibilità dell’appello, anche alla luce del tenore delle difese spiegate nella comparsa conclusionale, laddove gli eredi di M.E. si lamentavano solo della tardiva notifica dell’atto di impugnazione. Inoltre non poteva omettersi di considerare che a seguito dell’ordine di notifica adottato dalla Corte distrettuale, l’atto de quo era stato notificato a Ma.Lu. presso il difensore, al quale aveva rilasciato procura, eleggendo altresì domicilio presso il suo studio, sebbene questi non si fosse inizialmente costituito anche nel suo interesse. Tale notifica deve ritenersi valida, o al più affetta da nullità suscettibile in ogni caso di sanatoria a seguito della successiva costituzione avvenuta con il deposito della comparsa conclusionale. Il quarto motivo di ricorso denuncia la nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione degli artt. 139, 141, 149, 331, 291, 156, 157, 160, 162 e 184 bis c.p.c Si deduce che erroneamente la notifica effettuata personalmente a Ma.Lu. è stata ritenuta inesistente in quanto meramente tentata, non avendo la ricorrente depositato anche la cartolina postale attestante la ricezione dell’atto. Oltre a richiamarsi la necessità di tenere conto della notifica effettuata presso il difensore domiciliatario, si richiama il principio della scissione degli effetti della notifica, sostenendosi che alla parte non possono essere addebitati gli errori ed i ritardi dell’ufficiale postale addetto alla notifica. Si imponeva quindi la concessione di un nuovo termine ai sensi degli artt. 291 o 331 c.p.c., ricorrendo in ogni caso i presupposti per la rimessione in termini ex art. 184 bis c.p.c Il quinto motivo, infine, denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 300 c.p.c. e art. 1722 c.c., invitandosi la Corte a rivedere l’orientamento fatto proprio dal giudice di appello in ordine alle modalità di notifica dell’atto di impugnazione, in caso di evento interruttivo, non dichiarato, che abbia colpito la parte nel corso del precedente grado di giudizio, auspicandosi quindi un ritorno alla tesi sostenuta in passato dell’ultrattività del mandato al difensore, con la conseguenza che sarebbe legittima la notifica dell’atto di appello effettuata al difensore di M.E. , sebbene già deceduto a quella data. 3. Ritiene il Collegio che rivesta portata del tutto preliminare la disamina del quinto motivo di ricorso, con il quale si contesta la correttezza della declaratoria di inammissibilità dell’appello per la riscontrata violazione dell’art. 331 c.p.c., declaratoria che appare fondata sul presupposto che la notifica dell’appello indirizzata a M.E. fosse invalida in quanto compiuta, nonostante il suo decesso già nel corso del giudizio di primo grado, preso il difensore, anziché personalmente agli eredi. Il motivo è fondato. Puntualmente i giudici di appello nella loro motivazione hanno riepilogato i termini della controversa questione giuridica sottesa alla vicenda in esame, richiamando le oscillazioni avutesi all’interno della stessa giurisprudenza delle Sezioni Unite, mostrando tuttavia di aderire a quello, che all’epoca di deposito della sentenza gravata, risultava essere l’orientamento più recente ed apparentemente prevalente. Per l’effetto, ravvisata l’inoperatività della regola dell’ultrattività del mandato rispetto alle vicende interruttive che abbiano colpito la parte assistita dal difensore nel corso del precedente grado di giudizio, hanno sostenuto che la notifica dell’appello dovesse essere compiuta direttamente nei confronti dei singoli eredi. Da tale premessa hanno poi tratto la conclusione secondo cui l’appello non risultava notificato a tutte le parti necessarie ed in particolare a Ma.Lu. , ritenuta essere una delle eredi di M.E. , e quindi, ricondotta l’assegnazione del termine per la notifica dell’appello di cui all’udienza del 31/3/2010 alla previsione dell’art. 331 c.p.c. e riscontrata l’assenza di notifica, hanno dichiarato l’appello inammissibile. Ritiene tuttavia la Corte che debba invece darsi seguito al più recente intervento risolutore delle Sezioni Unite che, condividendo quelli che erano gli auspici della stessa ricorrente di cui al motivo in esame, hanno invece affermato che Cass. S.U. n. 15295/2014 la morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che a la notificazionedella sentenza fatta a detto procuratore, ex art. 285 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale di quella divenuta incapace b il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione - ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura speciale - in rappresentanza della parte che, deceduta o divenuta incapace, va considerata, nell’ambito del processo, tuttora in vita e capace c è ammissibile la notificazione dell’impugnazione presso di lui, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., comma 1, senza che rilevi la conoscenza aliunde di uno degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c., da parte del notificante. Ne discende quindi che la notifica dell’atto di appello effettuata nei confronti di M.E. , presso il suo procuratore in primo grado, è valida e consentiva la corretta instaurazione del contraddittorio, palesandosi pertanto erronea la declaratoria di inammissibilità dell’appello. La sentenza impugnata deve quindi essere cassata e l’accoglimento del motivo in esame determina altresì l’assorbimento degli altri motivi. Va altresì precisato che il giudice del rinvio dovrà quindi procedere alla disamina nel merito dell’appello proposto, dovendosi ritenere preclusa, in quanto non oggetto di deduzione in questa sede, ogni valutazione in merito ai diversi effetti scaturenti, ancorché ai diversi fini dell’estinzione del giudizio ex art. 307 c.p.c. per la quale si imponeva comunque la formulazione di tempestiva eccezione alla luce della normativa di rito applicabile ratione temporis , dalla non corretta evocazione in giudizio di Ma.Lu. , all’esito della riassunzione, specificandosi altresì che la riassunzione dovrà avvenire anche nei confronti di quest’ultima, che ha in ogni caso assunto la qualità di parte in quanto destinataria dell’ordine di rinnovazione della notifica del ricorso in riassunzione in grado di appello. Va pertanto disposto il rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma che provvederà anche sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il quinto motivo, ed assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata con rinvio a diversa Sezione della Corte d’Appello di Roma che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.