Discriminatorio negare il parcheggio personale al disabile solo perché non munito di patente e veicolo

Il motivo di diversità di trattamento tra disabili muniti di patente e veicolo, e disabili costretti a ricorrere all’ausilio di familiari per spostarsi, previsto dal regolamento comunale, non può risiedere nell’intento di impedire abusi nell’impiego del permesso speciale da parte dei familiari medesimi nonostante il descritto pericolo sussista, non può essere affrontato negando un diritto, bensì predisponendo un adeguato e severo sistema di verifiche e sanzioni. Il Comune, in tale contesto, ha posto in essere una condotta discriminatoria, come prevista dall’art. 2 l. n. 67/2006.

Lo ha stabilito la I Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, nell’ordinanza depositata il 7 ottobre, n. 24936/19. La vicenda. La Corte d’appello aveva rigettato il gravame proposto da un’associazione avente come scopo la tutela delle persone con disabilità intellettiva, unitamente a una donna, così confermando l’ordinanza emanata dal Tribunale ex art. 702- ter c.p.c Il provvedimento, dopo la dichiarazione di cessazione della materia del contendere, relativamente all’istanza finalizzata alla concessione dello spazio auto di sosta personale, aveva rigettato le ulteriori domande inerenti l’omessa previsione, da parte del Regolamento comunale, per i disabili non provvisti di patente e di auto, di usufruire del permesso gratuito di sosta nei parcheggi blu, ove non fossero risultati disponibili gli spazi che il medesimo Comune aveva riservato ai disabili. Il pronunciamento. La questione approda in Cassazione che, annullando la pronuncia, ha disposto il rinvio alla Corte d’Appello, in diversa composizione, incaricandola di rimuovere gli effetti della condotta discriminatoria accertata, di modo che il beneficio, già concesso ai disabili muniti di patente di guida ed autovettura, venga esteso anche all’ulteriore categoria di disabili, e senza le delimitazioni statuite dal regolamento incriminato, e quindi di valutare le ulteriori domande svolte dai due ricorrenti, compresa quella di risarcimento del danno. La discriminazione tra categorie di disabili. Più in dettaglio, il ricorso è stato accolto per avere il Comune posto in essere una condotta discriminatoria, ai sensi dell’art. 2 l. n. 67/2006. Dalla pronuncia impugnata è infatti emerso che il motivo della disparità di trattamento, previsto dal Comune tra i disabili muniti di patente ed autoveicolo e quelli costretti a ricorrere all’ausilio di familiari per il trasporto, risiede nell’intento di prevenire abusi nell’impiego del permesso speciale da parte dei familiari. Per il Collegio di legittimità, nonostante tale rischio sussista, il medesimo non può essere risolto negando un diritto, bensì predisponendo un adeguato e severo sistema di controlli e sanzioni. La normativa. L’art. 2, comma 3, l. n. 67/2006, dispone che sussiste discriminazione indiretta” nelle ipotesi ove una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto, ovvero un comportamento, apparentemente neutri, collochi un disabile in una posizione di svantaggio rispetto ad altri. Per il collegio della I Sezione Civile della Cassazione ciò si è realizzato nel caso di specie, poiché il Comune, al fine di beneficiare una peculiare categoria disabili quelli muniti di patente e veicolo , ne ha sacrificata un’altra, presuntivamente con una patologia più grave, ed in posizione di svantaggio. Secondo lo stesso Collegio non può ritenersi che nella formulazione della norma nazionale il legislatore abbia inteso limitare il rapporto suscettibile di dar luogo al comportamento discriminatorio solo a quello tra disabili e non disabili. Più in particolare, la terminologia normativa rispetto ad altre persone”, rivestendo carattere di genericità, consentendo in tal modo di individuare concretamente la sussistenza di una condotta discriminatoria, ponendo in relazione due distinte categorie di disabile, anche aventi caratteristiche diverse. La condotta che realizza la discriminazione indiretta”. Il Comune, preso atto che gli appositi spazi riservati a parcheggio esclusivo degli invalidi risultano sovente insufficienti, ha rilasciato ai disabili, muniti di patente e proprietari di veicolo, un permesso speciale e gratuito per parcheggiare sulle strisce blu del centro. Nel far ciò, per la Cassazione, il Comune al contempo ha realizzato una condotta discriminatoria indiretta” a danno dei disabili non muniti di patente e non proprietari di veicoli, i quali per muoversi necessitano dell’ausilio di un altro soggetto, che potrebbe parimenti beneficiare del permesso solo se in grado di documentare l’accesso frequente nel centro cittadino, ed al fine di svolgere attività lavorative, di assistenza e cura. Tale previsione, secondo il collegio, risulta discriminatoria ai danni della categoria di disabili non muniti di patente e non proprietari di veicoli, non essendo stata reputato meritevole di tutela l’accesso gratuito del disabile al centro cittadino per motivi di mero svago e di relazione sociale, come al contrario consentito ai disabili muniti di patente ed autoveicolo. La partecipazione del disabile alla vita sociale. Secondo i Giudici della I Sezione Civile, i colleghi di merito, nel dubitare della configurabilità della discriminazione in ipotesi di vantaggio meramente economico, non hanno considerato che, nella specie, il Comune, nel riconoscere ai titolari del contrassegno invalidi muniti di patente e proprietari di veicoli uno speciale permesso gratuito per la sosta sulle strisce blu in centro, qualora gli spazi riservati ai disabili siano occupati, ha inteso proprio concedere un’agevolazione di natura economica consistente nella gratuità del parcheggio sulle strisce blu, il cui fine è quello di facilitare la mobilità dei disabili, scegliendo una misura preordinata a garantire l’inserimento sociale e la partecipazione degli stessi disabili alla vita della comunità, così come indicato dall’articolo 26 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 21 maggio – 7 ottobre 2019, n. 24936 Presidente Bisogni – Relatore Fidanzia Fatti di causa Con sentenza depositata il 24 aprile 2017 la Corte d’Appello di Torino, rigettando l’appello proposto da U.T.I.M. Unione per la tutela delle persone con disabilità intellettiva e B.S. , ha confermato l’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. del 30.4.2016 con cui il Tribunale di Torino, dopo aver dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alla domanda relativa alla concessione dello spazio auto di sosta personale , ha rigettato le restanti domande inibitorie e risarcitorie relative all’omessa previsione da parte del regolamento del Comune di Torino, per i disabili non provvisti di patente e auto, di usufruire del permesso gratuito di sosta nei parcheggi delimitati dalle strisce blu, ove non risultino disponibili gli spazi che il Comune prevede per i disabili. La Corte d’Appello ha condiviso l’impostazione del giudice di primo grado secondo cui non è configurabile alcuna discriminazione, rispondendo la disciplina comunale a criteri di equilibrio e ragionevolezza e tenendo conto di situazioni ed esigenze differenti in capo ai disabili. Peraltro, è stato osservato che, a prescindere dalla configurabilità o meno del profilo discriminatorio nei casi di vantaggi meramente economici, non risulta che le esigenze di frequentazione del centro da parte di B.S. e di disabili in condizioni analoghe alla sua siano di frequenza e durata tali da determinare, ove i parcheggi riservati ai disabili fossero occupati, un esborso esorbitante o anche solo consistente rispetto alle ordinarie capacità economiche, non incidendo quindi sulla sua libertà di movimento. Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassazione l’U.T.I.M. e B.S. affidandolo a quattro motivi. Il Comune di Torino si è costituito in giudizio con controricorso. I ricorrenti hanno, altresì depositato, la memoria ex art. 380 bis c.p.c Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 in relazione alla L. n. 67 del 2006, art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, degli artt. 5, 20, 28 e 30 della Convenzione Internazionale delle Nazioni Unite stipulata a New York sui diritti delle persone con disabilità, dell’art. 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Espongono, preliminarmente, i ricorrenti che le osservazioni della Corte d’Appello sulle condizioni di B.S. sono irrilevanti, agendo l’U.T.I.M. in giudizio in forza della legittimazione straordinaria nell’interesse di tutti i disabili conferitale dalla L. n. 67 del 2006, art. 4. Inoltre, osservano che la Corte territoriale ha applicato una nozione di discriminazione difforme rispetto a quella prevista dalla normativa nazionale e internazionale, non richiedendo l’illecito discriminatorio necessariamente un danno considerato nella comune accezione, costituendo l’illecito discriminatorio una violazione sic et simpliciter del principio della parità di trattamento. In particolare, un trattamento sfavorevole rileva per il solo fatto di porre un soggetto in una posizione diversa e deteriore, indipendentemente dalla produzione di un danno e da quanto significativa possa essere sul piano patrimoniale la diversità di quel trattamento. Si censura che il regolamento comunale abbia previsto la possibilità per i disabili non muniti di patente o di autoveicolo di parcheggiare gratuitamente sulle strisce blu solo ove dimostrino frequenti accessi nel centro cittadino per aver bisogno di specifiche cure o per svolgere attività professionali, non considerando quindi che anche il disabile, al pari dei suoi simili, ha comunque la necessità di esprimersi vivendo una vita di relazione appagante. 2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 in relazione alla L. n. 67 del 2006, art. 2 dell’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, degli artt. 5, 20, 28 e 30 della Convenzione Internazionale delle Nazioni Unite stipulata a new York sui diritti delle persone con disabilità, dell’art. 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Lamentano i ricorrenti che la sentenza impugnata ha escluso che la discriminazione possa ravvisarsi anche laddove il trattamento differenziato sia imposto con riferimento a diverse categorie di soggetti affetti da differenti tipi o gradi di disabilità. In particolare, lamentano che la Giunta del comune di Torino, con Delib. 4 giugno 2003, n. 03663/006, ha previsto la possibilità per i disabili muniti di patente e proprietari di autoveicolo di fruire di permessi gratuiti di sosta che consentono loro di parcheggiare gratuitamente sulle strisce blu, escludendo, tuttavia, da tale agevolazione i disabili non muniti di patente e di autoveicolo - quelli afflitti da disabilità più grave - salvo che non dimostrino la necessità di doversi recare nel centro cittadino almeno dieci volte al mese per esigenze lavorative o di assistenza. L’atto amministrativo summenzionato si configurerebbe come discriminatorio, ai sensi della L. n. 67 del 2006, art. 2, comma 2 nei confronti dei disabili non muniti di patente e non proprietari di veicolo. 3. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 in relazione alla L. n. 67 del 2006, art. 2, dell’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, degli artt. 5, 20, 28 e 30 della Convenzione Internazionale delle Nazioni Unite stipulata a new York sui diritti delle persone con disabilità, dell’art. 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Lamentano i ricorrenti che la mancata concessione del permesso gratuito di sosta ai disabili non muniti di patente e non proprietari di veicolo integra comunque una discriminazione indiretta. In particolare, il Comune di Torino, pur avendo posto in essere una condotta positiva finalizzata ad agevolare una categoria di disabili quelli con le caratteristiche sopra indicate , nell’escludere i disabili sprovvisti di patente e autoveicolo, ha perpetrato nei confronti di questi ultimi una discriminazione indiretta. 4. Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 in relazione alla L. n. 67 del 2006, art. 2, dell’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, degli artt. 5, 20, 28 e 30 della Convenzione Internazionale delle Nazioni Unite stipulata a New York sui diritti delle persone con disabilità, dell’art. 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Lamentano i ricorrenti che il Tribunale di Torino - valutazione condivisa dalla sentenza impugnata - ha erroneamente giustificato il diverso trattamento all’interno della categoria dei disabili allo scopo di prevenire gli abusi dei familiari dei disabili sprovvisti di patente e autoveicolo. Censurano i ricorrenti che il trattamento discriminatorio sia stato giustificato sulla base del timore di abuso nell’esercizio dei diritti, dovendo semmai predisporsi un adeguato sistema di controlli e sanzioni. Infine, i ricorrenti hanno chiesto, ai sensi dell’art. 267, comma 3 del Trattato sull’Unione Europea il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 5 della Convenzione Internazionale delle Nazioni Unite stipulata sui diritti delle persone con disabilità dell’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. 5. Tutti i motivi, da esaminarsi unitariamente in ragione della loro stretta connessione, sono fondati e vanno accolti. La Corte d’Appello di Torino ha ritenuto non discriminatoria la condotta posta in essere dal Comune di Torino che, nella Delib. Giunta Comunale 4 giugno 2003, n. 03663/006, ha previsto solo a favore degli invalidi muniti di patente di guida e proprietari di autoveicolo uno speciale permesso gratuito per la sosta sulle strisce blu in centro cittadino ove i posti riservati agli invalidi siano occupati senza alcun tipo di limitazione, che è stata, invece, introdotta per i titolari di contrassegno invalidi non muniti di patente nè proprietari di autoveicolo, i quali possono fruire di analogo permesso solo se in grado di documentare esigenze di spostamento per raggiungere con carattere continuativo almeno 10 volte al mese il proprio luogo di lavoro, strutture sanitarie presso le quali sostenere cure o terapie riabilitative o altri centri specializzati per lo svolgimento di attività formative o professionali. La Corte territoriale ha ritenuto che la non previsione di gratuità della sosta per chi non abbia patente/auto e non dimostri di dover frequentare il centro città con una certa assiduità non è discriminatoria in sé , risponda a criteri di equilibrio e ragionevolezza generali, concretizzandosi lo svantaggio nel solo onere di pagamento della sosta, con un esborso non esorbitante o anche solo consistente rispetto alle ordinarie capacità economiche della ricorrente, e non incidendo quindi sulla sua libertà di movimento. Questo Collegio non condivide l’impostazione della sentenza impugnata. In primo luogo, si condivide la censura dei ricorrenti secondo cui il provvedimento impugnato ha erroneamente concentrato la propria analisi esclusivamente sulla situazione personale ed economica della sig.ra B. nonostante che il ricorso sia stato proposto anche dall’U.T.I.M., a tutela della posizione soggettiva di tutti i disabili che si trovano nelle medesime condizioni della stessa sig.ra B. non muniti di patente e non proprietari di autoveicolo . Inoltre, la Corte di merito, nel dubitare della configurabilità della stessa fattispecie della discriminazione in caso di vantaggi meramente economici, non ha considerato che, nel caso in esame, il Comune di Torino, nel riconoscere ai titolari del contrassegno invalidi muniti di patente di guida e proprietari di autoveicolo uno speciale permesso gratuito per la sosta sulle strisce blu in centro cittadino ove gli spazi riservati ai disabili siano occupati , ha inteso proprio concedere una agevolazione di natura economica gratuità del parcheggio sulle strisce blu alla condizione sopra indicata , la cui finalità è, tuttavia, con evidenza, quella di favorire la mobilità dei soggetti disabili, adottando una misura diretta a garantire l’inserimento sociale e la partecipazione dei disabili alla vita della comunità come prescritto dall’art. 26 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea . È indiscutibile, infatti, che i disabili, per accedere al centro cittadino, non abbiano le medesime opportunità delle persone non disabili, che possono servirsi senza difficoltà di altri mezzi di locomozione, quali biciclette o motocicli, che sono, invece, interdetti normalmente ai disabili, o mezzi pubblici il cui utilizzo è consentito anche ai disabili, ma con modalità di non sempre facile applicazione. L’agevolazione economica della gratuità della sosta rappresenta quindi un incentivo per indurre le persone disabili a condurre una vita di relazione assimilabile a quella della persone normodotate, e questo aspetto il Comune di Torino lo ha pienamente colto, concedendo meritoriamente ai disabili muniti di patente e proprietari di un veicolo un beneficio che va ben al di là del risparmio patrimoniale del costo del parcheggio, incidendo soprattutto sull’aspetto psicologico della loro esistenza. D’altra parte, il Comune di Torino, nell’adottare la Delib. 4 giugno 2003, non ha fatto altro che dare attuazione ai principi della L. n. 104 del 1992, legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, la quale si propone di realizzare l’inserimento e l’integrazione sociale della persona affetta da handicap anche con interventi di tipo economico a sostegno suo e del nucleo familiare art. 8 , di stimolare i Comuni ad assicurare, nell’ambito delle proprie ordinarie risorse di bilancio, modalità di trasporto individuali per le persone disabili non in grado di servirsi di mezzi pubblici art. 26, comma 2 , garantendo altresì appositi spazi riservati ai loro veicoli, sia nei parcheggi gestiti direttamente o dati in concessione, sia in quelli realizzati e gestiti da privati art. 28, comma 10 . L’Amministrazione comunale torinese, in quanto verosimilmente conscia che gli appositi spazi riservati al parcheggio esclusivo degli invalidi sono normalmente insufficienti, ha rilasciato ai disabili muniti di patente e proprietari di veicolo uno speciale permesso gratuito per il parcheggio sulle strisce blu del centro cittadino. Tuttavia, nel far ciò, il Comune ha contestualmente posto in essere una condotta discriminatoria indiretta ai danni dei disabili presuntivamente affetti da una patologia più grave non muniti di patente e non proprietari di un autoveicolo, che necessitano per i loro spostamenti del necessario ausilio di un familiare, i quali possono parimenti fruire dello stesso permesso negato alla ricorrente solo se in grado di documentare accessi frequenti nel centro cittadino per lo svolgimento di attività lavorative, di assistenza e cura. Non vi è dubbio che una tale previsione si configuri come discriminatoria ai danni di quest’ultima categoria di disabili, non reputandosi meritevole di tutela l’accesso gratuito del disabile al centro cittadino per motivi di mero svago e di relazione sociale come invece consentito ai disabili con patente ed autoveicolo . In proposito, a norma della L. n. 67 del 2006, art. 2, comma 3 si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone . È proprio quello che è avvenuto, nel caso di specie, in cui il Comune, nel beneficiare una particolare categoria di disabili quelli con patente ed autoveicolo , nè ha posto un’altra, presuntivamente con una patologia più grave, in posizione di svantaggio. Nè, peraltro, può ritenersi che il legislatore, nella formulazione della norma, abbia inteso circoscrivere il rapporto suscettibile di dar luogo alla condotta discriminatoria solo a quello tra disabili e non. La locuzione rispetto ad altre persone , per la sua genericità, consente di individuare in concreto la sussistenza di un comportamento discriminatorio ponendo in relazione anche due distinte categorie di disabili, seppur con caratteristiche differenti. Emerge dal provvedimento impugnato, e soprattutto da quello del giudice di primo grado, di cui entrambe le parti hanno ampiamente riportato il contenuto, che il motivo della diversità di trattamento prevista dal Comune tra i disabili muniti di patente ed autovettura e quelli costretti a ricorrere all’ausilio di familiari per il loro trasporto risiede nell’intento di prevenire abusi nell’utilizzo del permesso speciale da parte degli stessi familiari se è pur vero che un tale rischio effettivamente sussiste, lo stesso non può certo essere risolto negando un diritto, ma predisponendo un adeguato, anche severo, sistema di controlli e sanzioni. Deve quindi accogliersi il ricorso, per avere il Comune di Torino effettivamente posto in essere una condotta discriminatoria, ai sensi della L. n. 67 del 2006, art. 2. Deve quindi cassarsi la sentenza impugnata e disporsi il rinvio alla Corte di Appello di Torino, in diversa composizione, affinché rimuova gli effetti della condotta discriminatoria accertata in modo che il beneficio, già concesso ai disabili muniti di patente ed autovettura, venga esteso agli altri disabili, senza le limitazioni di cui alla Delib. n. 2003 03663/006 , valuti le altre domande svolte dai ricorrenti compresa quella di risarcimento del danno , e provveda sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Torino, in diversa composizione, per nuovo esame e per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.