Sulla rituale sostituzione dei componenti del Collegio

Nel corso dell’udienza di precisazione delle conclusioni davanti al giudice collegiale, la sostituzione di due componenti del Collegio è rituale anche se avvenga dopo la formale enunciazione dalle parti delle conclusioni stesse, purché prima del trattenimento della causa in decisione .

Così si è espressa la Corte di Cassazione con ordinanza n. 18574/19, depositata il 10 luglio, chiamata ad intervenire su una domanda di risarcimento del danno da diffamazione del ricorrente. In particolare quest’ultimo con il motivo di ricorso denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione di legge, per l’insanabile divergenza tra la composizione del Collegio che aveva trattenuto la causa in decisione e quello che l’ha decisa, come appariva dalle risultanze del verbale di udienza e della sentenza stessa. La composizione del Collegio. Come più volte affermato dalla Suprema Corte, in base alla disciplina dell’art. 352 c.p.c., il Collegio che delibera la decisione deve essere composto dagli stessi giudici davanti ai quali è stata compiuta l’ultima attività processuale consegue la nullità della sentenza al mutamento della composizione collegiale. Nel caso in esame, invece, il Collegio cui è intestato il verbale dell’udienza e quello che ha in concreto deciso l’appello risultano differenti. E la sostituzione dei componenti è avvenuta in pieno svolgimento dell’udienza stessa. Per tal ragione, il motivo di ricorso risulta essere infondato, alla stregua del nuovo principio di diritto secondo cui, nel corso dell’udienza di precisazione delle conclusioni davanti al Collegio, la sostituzione di due componenti del Collegio medesimo è rituale anche se avvenga dopo l’enunciazione formale dalle parti delle conclusioni, purché prima del trattenimento della causa in decisione e si tratti del medesimo contesto di udienza in cui le parti ancora avevano facoltà ed onere di presenziare e fare constare a verbale osservazioni o contestazioni, ove quelle non deducano e provino una specifica lesione del loro diritto di difesa in dipendenza di tale scansione .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 7 marzo – 10 luglio 2019, n. 18574 Presidente Frasca – Relatore De Stefano Rilevato che P.P. chiede, affidandosi ad un ricorso articolato su due motivi notificato tra il di 01 ed il 07/09/2017, la cassazione della sentenza n. 855 del 09/05/2017 della Corte di appello di Catanzaro, di accoglimento dell’appello di D.E. contro la propria condanna al risarcimento del danno dalla diffamazione dal primo ascrittagli come compiuta in un esposto al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Crotone in data 11/11/2011 non espleta attività difensiva l’intimato è formulata proposta di definizione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e , conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197 non sono depositate memorie ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2, u.p., del medesimo. Considerato che il ricorrente si duole col primo motivo, di nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 158, 161, 275 e 276 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 , per l’insanabile divergenza tra la composizione del Collegio che aveva trattenuto la causa in decisione e quello che la ha decisa, secondo le risultanze rispettivamente - del verbale di udienza e della stessa sentenza col secondo motivo, di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 51 c.p. esimente del diritto di critica in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 , con particolare riguardo alla falsità delle affermazioni contenute nell’esposto diffamatorio prima fra tutte quella sulla perorazione della propria nomina da parte dell’avv. Pirruccio ed alla non configurabilità dell’esimente del diritto di critica dinanzi a tali falsità il Collegio non condivide la proposta del relatore, formulata in termini di manifesta fondatezza del primo motivo è ben vero che questa Corte ha più volte affermato v., tra le altre, Cass. 06/12/2016, n. 24951 che, in grado di appello, in base alla disciplina di cui al novellato art. 352 c.p.c., il collegio che delibera la decisione deve essere composto dagli stessi giudici dinanzi ai quali è stata compiuta l’ultima attività processuale cioè la discussione o la precisazione delle conclusioni , conseguendo la nullità della sentenza al mutamento della composizione del collegio medesimo e salvo che la divergenza consistente nell’indicazione, nell’intestazione della sentenza, di un magistrato diverso da quello indicato nel verbale dell’udienza collegiale dipenda da un errore materiale, allora emendabile con la procedura di correzione di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c. infatti, pur non avendo efficacia probatoria a sé stante l’intestazione e possedendo pubblica fede invece il verbale di udienza, in ogni caso l’assenza da questa del magistrato che sottoscrive quale estensore la sentenza è sicuro indice della non corrispondenza del Collegio decidente con quello che ha assunto la causa in decisione e, pertanto, causa di nullità della sentenza stessa ed è altrettanto vero che, nella specie, la composizione del Collegio a cui è originariamente intestato il verbale dell’udienza di precisazione delle conclusioni e quella del Collegio che ha in concreto deciso l’appello risultano differenti nel primo risultando presidente la Dott.ssa M.R. e giudici a latere le Dott.sse R.F. e M.G. e nel secondo risultando presidente la Dott.ssa M.G. e giudici a latere il Dott. S.A. e, quale giudice ausiliario e relatore, la Dott.ssa A.G. e tuttavia la meticolosa disamina degli atti di causa ed in particolare del verbale dell’udienza di precisazione delle conclusioni, possibile per la natura del vizio denunciato ed adeguatamente descritto nel ricorso, consente di rilevare che la trattazione in udienza era iniziata sì da parte del Collegio composto dalla presidente Dott.ssa M.R. e dai giudici a latere Dott.sse R.F. e M.G. , ma altresì che, sicuramente prima di adottare il provvedimento conclusivo di assegnazione della causa in decisione si vedano le righe ultima e penultima prima della penultima intestazione Il Collegio nel relativo foglio del verbale le quali precedono l’assegnazione della causa in decisione, verbalizzata alla quart’ultima riga prima dell’ultima intestazione Il Collegio , quella stessa Corte, con separato provvedimento a firma del presidente del Collegio, aveva previamente modificato la composizione di questo, nominando presidente la Dott.ssa M.G. , relatore la Dott.ssa A.G. e giudice a latere il Dott. S.S. orbene, pur dovendosi in effetti intendere il provvedimento di sostituzione nella specie, di due componenti del Collegio su tre come logicamente premesso alla formale precisazione delle conclusioni onde consentire agli effettivi componenti del Collegio chiamato a decidere di acquisire contezza delle attività defensionali svolte fino all’ultima udienza, l’unitarietà del contesto di udienza in cui i fatti si sono, nella specie, svolti consente di riferire utilmente ogni attività espletata anche prima del trattenimento della causa in decisione appunto al Collegio come designato per la medesima e solo sarebbe stata preclusa la modifica della composizione del Collegio giudicante a verbale conclusivamente e definitivamente chiuso - e quindi al di fuori del contraddittorio tra le parti appunto sul mutamento dell’Organo giudicante - ed a causa quindi assegnata o trattenuta a sentenza infatti, la sostituzione è avvenuta allorché era ancora in pieno corso lo svolgimento dell’udienza stessa e pienamente operante l’onere delle parti di essere presenti e fare constare ogni loro contestazione od osservazione, anche sul reso provvedimento di sostituzione, nello stesso verbale di udienza con la conseguenza che, nella specie, ogni eventuale irritualità derivante dalla invertita scansione della sequenza procedimentale resterebbe sanata per l’evidente raggiungimento dello scopo di quei provvedimenti la pubblica fede che assiste quel verbale impone di concludere nel senso che il Collegio, subito prima dell’introito della causa in decisione ed in unitario contesto con la precisazione delle conclusioni, fosse allora ritualmente composto appunto dalla detta presidente e dai due giudici a latere da ultimo designati e, così, con ogni evidenza in composizione corrispondente a quella dell’intestazione della sentenza ed a quella del Collegio che questa ha deliberato, con conseguente esclusione della fondatezza della doglianza qui svolta nè rileva - se non altro, di per sé sola - la circostanza che le conclusioni fossero state già precisate prima di tale sostituzione, non avendo l’odierno ricorrente allegato nè tanto meno provato specifiche lesioni del suo diritto di difesa in dipendenza di tale invertita scansione, neppure certo preclusa dall’omessa menzione nell’intestazione del verbale di udienza della presenza dei consiglieri poi designati, atteso che per notoria prassi l’intestazione di quello è riferita al presidente, al consigliere più anziano e ad altro, generalmente - ma non certo necessariamente - il relatore infatti, la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione sicché è inammissibile l’impugnazione con cui si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito Cass. 18/12/2015, n. 26831 o, in altri termini, in virtù del generale principio di diritto processuale, elaborato da questa Corte Cass. 22/02/2016, n. 3432 Cass. 24/09/2015, n. 18394 Cass.16/12/2014, n. 26450 Cass. 13/05/2014, n. 10327 Cass.22/04/2013, n. 9722 Cass. 19/02/2013, n. 4020 Cass. 14/11/2012, n. 19992 Cass. 23/07/2012, n. 12804 Cass. 09/03/2012, n. 3712 Cass. 12/09/2011, n. 18635 Cass. Sez. U. 19/07/2011, n. 15763 Cass. 21/02/2008, n. 4435 Cass. 13/07/2007, n. 15678 , per il quale nessuno ha diritto al rispetto delle regole del processo in quanto tali, ma solo se, appunto in dipendenza della loro violazione, ha subito un concreto pregiudizio il motivo è quindi infondato, alla stregua del seguente principio di diritto nel corso dell’udienza di precisazione delle conclusioni dinanzi a giudice collegiale nella specie, corte d’appello , la sostituzione di due componenti del Collegio è rituale anche se avvenga dopo la formale enunciazione delle parti delle conclusioni stesse, purché prima del trattenimento della causa in decisione e si tratti del medesimo contesto di udienza in cui le parti ancora avevano facoltà ed onere di presenziare e fare constare a verbale osservazioni o contestazioni, ove quelle non deducano e provino una specifica lesione del loro diritto di difesa in dipendenza di tale scansione all’infondatezza del primo si accompagna l’inammissibilità del secondo motivo a prescindere dalla non configurabilità di un fatto il cui omesso esame fondi la censura ai sensi del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 - come nella specie - quello non si esaurisca un fatto storico o materiale ancorché secondario Cass. Sez. U. 8053 e 8054 del 2014 , è evidente che con la censura si tende a conseguire una rimeditazione degli apprezzamenti di fatto ed in concreto compiuti dalla corte territoriale anche quanto alla dedotta falsità di alcune delle circostanze di fatto ma tali apprezzamenti delle espressioni addotte come lesive dell’altrui reputazione, la valutazione dell’esistenza o meno dell’esimente dell’esercizio del diritto di critica costituiscono oggetto di accertamenti di fatto, riservati al giudice di merito ed insindacabili in sede di legittimità se sorretti da argomentata motivazione giurisprudenza costante da ultimo Cass. ord. 14/03/2018, n. 6133 Cass. ord. 23/03/2018, n. 7242 il ricorso, infondato il primo motivo ed inammissibile il secondo, va pertanto rigettato, ma non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, non avendovi svolto attività difensiva l’intimato va dato infine atto - mancando ogni discrezionalità al riguardo tra le prime Cass. 14/03/2014, n. 5955 tra molte altre Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245 - della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito. P.Q.M. rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.