L’omesso e il tardivo versamento, da parte della banca, degli importi dei conti correnti dormienti al MEF sono assimilabili?

Il versamento, da parte della banca, degli importi dei conti correnti dormienti al Ministero dell’Economia e delle Finanze art. 1, comma 343 della l. n. 266/2005 deve essere effettuato entro il 31 maggio di ogni anno. Se entro tale termine perentorio il versamento non avviene, si configura un illecito omissivo istantaneo che fa scattare la sanzione amministrativa anche laddove la banca non ometta il versamento ma lo effettui dopo la scadenza.

Così si è pronunciata la Cassazione con la sentenza n. 17715/19 depositata il 2 luglio. Il caso. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze irrogava, nei confronti di una banca, una sanzione amministrativa per omesso versamento, nei termini prescritti, degli importi dei conti correnti dormienti, destinati ad alimentare il fondo istituito per indennizzare i risparmiatori rimasti vittime di frodi finanziarie e che abbiano sofferto un danno ingiusto non altrimenti risarcito. Le banche proponevano ricorso che andava a buon fine. Successivamente, però, il Tribunale accoglieva l’appello del Ministero. Avverso la decisione ha proposto ricorso in Cassazione la banca lamentando che il Tribunale gli avesse erroneamente applicato la sanzione per omesso versamento e non per ritardo nello stesso Verificata la situazione antigiuridica. La Suprema Corte, ritenendo infondato il ricorso, ricostruisce la disciplina in materia come delineata dall’art. 1, comma 343, l. n. 266/2005 e dall’art. 1 del d.P.R. n. 116/2007, specificando che la comunicazione degli importi dei conti correnti dormienti vada effettuata entro il 31 marzo di ogni anno, mentre il versamento devono avvenire entro il successivo 31 maggio. Se entro tale termine che è perentorio non avviene il versamento, si configura un illecito omissivo istantaneo, con la conseguenza che la situazione antigiuridica prevista dalla norma si è irrimediabilmente verificata . Chiarito questo, i Giudici rilevano che non è stato violato il principio di legalità ove al mero ritardo è stata estesa la sanzione prevista per l’omissione dovendosi considerare quale momento consumativo dell’illecito quello di scadenza del termine per il versamento delle somme al fondo e, dunque, essendosi consumata interamente la condotta omissiva allo scadere del 31 maggio . Alla luce di quanto sopra esposto, la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 21 febbraio – 2 luglio 2019, n. 17715 Presidente Petitti – Relatore Varrone Fatti di causa 1. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze proponeva appello avverso la sentenza del Giudice di pace di Roma con la quale era stato accolto il ricorso avverso l’ordinanza Prot. DT28613, emessa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in data 3 aprile 2015, con la quale era stata irrogata la sanzione amministrativa di cui alla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 345, sexies. La L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 343 citata prevedeva l’istituzione di un fondo alimentato con risorse di cui al successivo comma 345, ovvero con l’importo dei conti correnti dei rapporti bancari definiti come dormienti, perchè non movimentati per un periodo di 10 anni. 2. Nell’ordinanza impugnata veniva contestato l’omesso versamento degli importi di tali conti entro la scadenza del 31 maggio 2013. Le banche, originarie opponenti, avevano riferito che Intesa San Paolo group service in qualità di soggetto deputato alla gestione delle relazioni con il fondo di cui al comma 343 L. n. 266 del 2005 aveva comunicato al Ministero dell’Economia e delle Finanze, in data 2 dicembre 2013 che, a causa di problemi tecnico procedurali, non era stato possibile provvedere alla tempestiva rilevazione e, quindi, alla tempestiva estinzione di una parte dei conti dormienti relativi all’esercizio 2012 e che, pertanto, i conti sarebbero stati estinti entro la successiva scadenza del 31 maggio 2014. Le banche avevano lamentato l’errata applicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 345 sexies, in quanto la sanzione era prevista solo in caso di omesso versamento degli importi e non di mero ritardo e avevano rilevato che il ritardo era stato inevitabile e non determinato da colpa. Avevano, inoltre, osservato che alcuni conti inclusi nella tardiva comunicazione si erano successivamente risvegliati dopo il 31 maggio 2013 e che le relative somme sarebbero state oggetto di richiesta di restituzione da parte dei clienti. Pertanto, l’importo della sanzione era da considerarsi erroneo perchè calcolato su tutti i conti, anche quelli risvegliati. 3. Il giudice di pace aveva annullato l’ordinanza ingiunzione opposta, ritenendo che la condotta contestata non corrispondesse a quella posta in essere dalle ricorrenti, rappresentata dal preannunciato ritardato pagamento, effettuato tra l’altro prima della contestazione da parte dell’amministrazione. 4. Il Tribunale di Roma accoglieva l’appello dell’amministrazione, evidenziando che le banche avevano fatto riferimento ad una disfunzione tecnica attribuibile ad un malfunzionamento dei sistemi informativi tale circostanza tuttavia non costituiva un caso di forza maggiore, perchè non rappresentava un evento estraneo al sistema organizzativo delle imprese che deve essere idoneo alle attività svolte e ai compiti richiesti dalla legge. La L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 345 sexies, prevedeva che, in caso di omesso versamento degli importi, si applicasse la sanzione amministrativa di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 con riferimento ad ogni importo non versato. L’art. 13 ora citato, nella versione applicabile ratione temporis, a sua volta individuava due ipotesi distinte in relazione alla gravità dell’illecito nell’ipotesi di omesso versamento alle scadenze previste, la sanzione era pari al 30% di ogni importo non versato, mentre qualora il ritardo non fosse stato superiore a 15 giorni l’importo era ridotto a 1/15 per ciascun giorno di ritardo. Il termine per il versamento, dunque, doveva considerarsi perentorio perchè altrimenti non sarebbe stata prevista un’ipotesi attenuata in caso di ritardo non grave. Infine, secondo il Tribunale, non era condivisibile l’eccezione di erroneità del criterio di calcolo dell’importo, non potendosi detrarre dagli importi non versati nel termine prescritto quelli relativi ai conti correnti successivamente risvegliati. La sanzione amministrativa dell’omesso pagamento nei termini legge, infatti, aveva la funzione di assicurare il rispetto di obblighi formali, al fine di garantire la regolarità dell’intera procedura di devoluzione annuale al fondo dei conti dormienti a prescindere dalle conseguenze pregiudizievoli della condotta illecita sanzionata. 5. Intesa San Paolo S.p.A. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo. 6. Si è costituito il Ministero dell’Economia e delle Finanze con controricorso. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 345 sexies inammissibile estensione della fattispecie sanzionabile. Il Tribunale di Roma avrebbe applicato la sanzione prevista per la fattispecie di omesso versamento all’ipotesi di ritardato versamento in violazione del principio di legalità di cui alla L. n. 689 del 1981, secondo cui la legge deve delineare esattamente i connotati identificativi della condotta che viola il precetto ed indicare esattamente la sanzione applicabile. Secondo il ricorrente, infatti, la L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 345 sexies, prevede solo l’ipotesi di omesso versamento degli importi da versare al fondo. Il richiamo al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 è solo, ed unicamente, al fine di quantificare la sanzione. La norma citata, infatti, prevede tre distinte ipotesi l’omessa comunicazione, la ritardata comunicazione e l’omesso versamento. Risulterebbe evidente, pertanto, che, non essendo previsto il ritardato versamento parallelamente alla ritardata comunicazione, il legislatore abbia voluto sanzionare soltanto l’omesso e non il ritardato versamento che altrimenti avrebbe previsto espressamente, come nel primo caso. 2. Il motivo è infondato. La L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 343 ha istituito, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, a decorrere dal 2006, un apposito fondo con il fine di indennizzare i risparmiatori che siano rimasti vittime di frodi finanziarie, soffrendo un danno ingiusto non altrimenti risarcito di seguito Fondo . Il Fondo è alimentato dagli importi provenienti dai conti correnti e dai rapporti bancari definiti come dormienti all’interno del sistema bancario, assicurativo e finanziario L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 345 nonchè dagli importi degli assegni circolari non incassati, delle polizze vita prescritte e dei buoni fruttiferi postali non riscossi L. n. 266 del 2005, art. 1, commi 345-ter, 345-quater e 345-quinquies . 3. In particolare, per quanto qui interessa, vengono devoluti al Fondo - da parte degli Intermediari di cui al D.P.R. n. 116 del 2007, art. 1 - gli importi aventi ad oggetto a depositi di somme di denaro conti correnti, certificati di deposito, libretto di risparmio, etc. effettuati presso l’intermediario con obbligo di rimborso D.P.R. n. 116 del 2007, art. 2, lett. a per i quali il titolare del rapporto o i terzi delegati non abbiano effettuato alcuna operazione o movimentazione per un arco di tempo di 10 anni b depositi di strumenti finanziari in custodia o in amministrazione D.P.R. n. 116 del 2007, art. 2, lett. b per i quali il titolare del rapporto o i terzi delegati non abbiano effettuato alcuna operazione o movimentazione per un arco di tempo di 10 anni, previa liquidazione degli strumenti stessi con le modalità indicate alla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 345-terdecies. La disciplina richiamata prevede che tutti i suddetti importi vengano comunicati al Ministero dell’economia e delle finanze entro il 31 marzo di ciascun anno e che i relativi versamenti vengano effettuati entro il successivo 31 maggio. 4. L’art. 4 del regolamento di attuazione emesso ai sensi della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 345, in materia di depositi dormienti prevede che gli intermediari provvedono, entro il 31 maggio di ogni anno, a riversare al fondo il denaro, gli strumenti finanziari e i titoli relativi ai rapporti contrattuali di cui sopra. 5. La L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 345-sexies all’ultimo comma a sua volta prevede che In caso di omesso versamento dei citati importi, si applica la sanzione amministrativa di cui al citato D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, con riferimento ad ogni importo non versato . Così ricostruita la disciplina relativa all’istituzione del fondo deve osservarsi che l’illecito previsto dall’ultimo capoverso del comma 345 sexies, L. n. 266 del 2005 concernente il mancato versamento degli importi relativi nel termine previsto del 31 maggio di ogni anno, si configura come illecito omissivo istantaneo, in quanto il termine di adempimento dell’obbligo è finale e perentorio, con la conseguenza che, una volta decorso, la situazione antigiuridica prevista dalla norma si è irrimediabilmente verificata. Ne consegue che non vi è stata alcuna violazione del principio di legalità per aver esteso al mero ritardo l’applicazione della sanzione, dovendosi considerare quale momento consumativo dell’illecito quello di scadenza del termine per il versamento delle somme al fondo e, dunque, essendosi consumata interamente la condotta omissiva allo scadere del 31 maggio 2013. 5. Il ricorso è rigettato, le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. 7. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013 , che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 3000 più spese prenotate a debito ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.