La domanda risarcitoria si estende anche al terzo corresponsabile chiamato in causa

Nell’ambito di un giudizio vertente sulla responsabilità civile, qualora il convenuto chiami in causa un terzo in qualità di corresponsabile dell’evento dannoso, la domanda di risarcimento si estende automaticamente nei suoi confronti, senza la necessità di un’espressa dichiarazione in tal senso dell’attore.

Così si esprime la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16919/19, depositata il 25 giugno. La vicenda. L’Agenzia delle Entrate, dopo un accertamento fiscale, contestava il diritto di avvalersi della esenzione IVA di una società, procedendo al recupero della somma corrispondente. Subito l’accertamento, la società in questione citava in giudizio un’altra società, ritenendola responsabile del cattivo consiglio seguito e, di conseguenza, del danno patito. Quest’ultima chiamava in causa un ragioniere che, costituitosi in giudizio, chiamava, a sua volta, in causa un altro ragioniere, i quali si indicavano a vicenda quali responsabili dell’evento. Il Tribunale riteneva responsabili i due ragionieri a diverso titolo, in concorso con la società ricorrente, decisione riformata in secondo grado di giudizio, considerando che l’estensione della domanda da parte della società ricorrente nei confronti dei due ragionieri chiamati in causa era da considerarsi tardiva. A questo punto, la stessa società propone ricorso per cassazione, sostenendo, tra i diversi motivi, che la chiamata del terzo da parte sua non costituisse una chiamata in garanzia, bensì una chiamata al fine di invocare l’esclusiva responsabilità dello stesso, non rilevandosi alcuna decadenza poiché la chiamata originaria verso il chiamante si estende automaticamente anche al terzo chiamato. La chiamata in causa del terzo. La Corte di Cassazione dichiara fondato il motivo prospettato dalla società ricorrente, rilevando come la domanda principale effettuata dalla ricorrente verso il chiamato in causa non sia di garanzia ma di responsabilità alternativa alla propria. Per questo motivo, la Corte osserva come la chiamata del terzo fatta a tal fine non si fondi su un rapporto di garanzia, ma sullo stesso rapporto fatto valere dall’attore. Nell’affermare ciò, gli Ermellini richiamano un principio in base al quale nell’ipotesi in cui la parte convenuta in un giudizio di responsabilità civile chiami in causa un terzo in qualità di corresponsabile dell’evento dannoso, la domanda risarcitoria deve intendersi estesa al terzo anche in mancanza di un’espressa dichiarazione in tal senso dell’attore, in quanto la diversità e pluralità delle condotte produttive dell’evento dannoso non dà luogo a diverse obbligazioni risarcitorie, con la conseguenza che la chiamata in causa del terzo non determina il mutamento dell’oggetto della domanda ma evidenzia esclusivamente una pluralità di autonome responsabilità riconducibili allo stesso titolo risarcitorio . Per questo motivo, la Corte accoglie il ricorso e rinvia gli atti alla Corte d’Appello di Genova.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 14 maggio – 25 giugno 2019, n. 16919 Presidente Travaglino – Relatore Cricenti Fatti di causa La società M. sas si è avvalsa della consulenza della società Sogeco in materia fiscale e contabile. Quest’ultima ha suggerito alla ricorrente di avvalersi, in relazione ad alcune esportazioni di prodotti verso l’estero, della esenzione IVA prevista dal combinato disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, e D.L. n. 746 del 1983, art. 1. La ricorrente ha seguito il consiglio, ma, a seguito di un accertamento fiscale, l’Agenzia delle Entrate ha contestato il diritto di avvalersi della esenzione IVA ed ha proceduto al recupero della somma corrispondente a tale esenzione che la ricorrente, per via del consiglio della Sogeco, aveva ritenuto di dover non esporre e dunque risparmiare. La M. , subito l’accertamento fiscale per un ammontare di 124.640,29 Euro ha citato in giudizio la Sogeco ritenendola responsabile del cattivo consiglio e del danno che ne è seguito. Sogeco ha chiamato in causa il rag. G. , che, costituitosi a sua volta, ha chiamato in causa il Rag. M. , ciascuno indicando l’altro come responsabile del consiglio sbagliato. Il Tribunale, in primo grado, ha ritenuto la responsabilità dei convenuti a vario titolo, ripartendola tra i due ragionieri e la stessa ricorrente, cui è stato attribuito un concorso di colpa. Il giudice di appello ha invece riformato la decisione, ritenendo che, l’estensione della domanda da parte del ricorrente nei confronti dei due chiamati in causa era stata effettuata con la memoria di cui all’art. 183 c.p.c., e dunque era da ritenersi tardiva, e questa tardività, non essendosi formato giudicato sul punto, era da ritenersi altresì rilevabile d’ufficio. Ora la M. propone ricorso per Cassazione con tre motivi. V’è costituzione della Sogeco e del solo chiamato M. . Ragioni della decisione 1.- La ratio della decisione impugnata può cosi riassumersi. La Sogeco aveva fatto una chiamata del terzo in garanzia, a fronte della quale l’attrice avrebbe dovuto estendere subito la domanda nei confronti del chiamato. L’ha fatto invece tardivamente. Questo difetto è rilevabile d’ufficio in appello, in quanto non si è formato giudicato, avendo il giudice di primo grado deciso nel merito, ed avendo dunque ritenuto implicitamente ammissibile la domanda. 2.- La ricorrente propone tre motivi di ricorso. Con il primo denuncia violazione dell’art. 106 c.p.c Assume che la chiamata del terzo da parte del convenuto non era una chiamata in garanzia, bensì che il terzo era chiamato in causa quale esclusivo responsabile, con la conseguenza che la domanda originaria verso il chiamante si estende automaticamente anche al terzo chiamato, e non v’è pertanto alcuna decadenza da rilevare. Con il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 183 c.p.c., Ritiene che l’estensione della domanda verso il terzo non è assimilabile ad una domanda nuova, preclusa dai termini del processo, ma è una modificazione della domanda originaria, come tale ammissibile anche con la memoria di cui all’art. 183 c.p.c Con il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 324, 342 e 346 c.p.c Assume che erroneamente la corte di appello ha ritenuto non formatosi il giudicato sulla ammissibilità della domanda, che, invece, in difetto di espressa eccezione, prima, e impugnazione dopo, da parte dei chiamati in causa, doveva ritenersi compiuto. 2.1.- Il primo motivo è fondato ed assorbe gli altri. Infatti, risulta dal tenore della chiamata in causa che Sogeco, in primo luogo, ha ritenuto di dover far intervenire il ragionier G. ritenendolo come unico ed esclusivo responsabile del danno lamentato dalla società, ossia come colui che ha dato il consiglio sbagliato, in piena autonomia. Come riportato in ricorso, si legge a pagina 3 della comparsa di costituzione di Sogeco, che quest’ultima ha indicato, in primo luogo, il rag. G. come unico responsabile, non essendo costui né un proprio socio né un proprio dipendente, e non dovendo pertanto la società convenuta rispondere del di lui operato. Solo in subordine, la Sogeco ha chiesto che, nell’ipotesi che risultasse che il rag. G. era dipendente, o che fosse comunque affermata la responsabilità della società, il G. fosse tenuto in garanzia. Questa interpretazione della domanda è fatta propria dal giudice di appello, che alle pagine 13-14, fa presente come avendo la società attrice citato in giudizio la Sogeco ritenendola responsabile del comportamento del G. , la stessa Sogeco si è difesa negando di avere rapporti con quest’ultimo e dunque attribuendo a lui l’esclusiva responsabilità del danno salvo, in via subordinata, a chiedere di essere da quest’ultimo garantita in ipotesi contraria. È dunque evidente che la chiamata in causa del G. è stata fatta da Sogeco, in primo luogo, per far dichiarare la responsabilità esclusiva di quest’ultimo, e solo in subordine, per affermare l’obbligo di garanzia verso lei. La domanda principale, dunque, che Sogeco fa verso il chiamato in causa non è di garanzia, bensì di responsabilità alternativa alla propria. Se la chiamata in causa del terzo è fatta dal chiamante per escludere la propria ed affermare in via alternativa quella del chiamato, non è fondata su un rapporto di garanzia, autonomo rispetto a quello fatto valere dall’attore, ma è fondata sul medesimo rapporto fatto valere dall’attore sulla coesistenza, in termini di subordinazione o anche di cumulo delle due domande v. Cass. 5444/2006 Cass. 27856/2008 . Come ripetutamente affermato da questa Corte, nell’ipotesi in cui la parte convenuta in un giudizio di responsabilità civile chiami in causa un terzo in qualità di corresponsabile dell’evento dannoso, la domanda risarcitoria deve intendersi estesa al terzo anche in mancanza di un’espressa dichiarazione in tal senso dell’attore, in quanto la diversità e pluralità delle condotte produttive dell’evento dannoso non dà luogo a diverse obbligazioni risarcitorie, con la conseguenza che la chiamata in causa del terzo non determina il mutamento dell’oggetto della domanda ma evidenzia esclusivamente una pluralità di autonome responsabilità riconducibili allo stesso titolo risarcitorio. Cass. 5057/2010 Cass. 5400/2013 Cass. 23213/2015 . Il ricorso va dunque accolto, con rinvio al giudice di secondo grado in diversa composizione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivi, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione, anche per le spese.