La riattivazione del processo notificatorio

In tema di notificazioni, l’orientamento oramai consolidato della giurisprudenza civile a partire dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 14594/2016 ritiene che nel caso in cui la notifica di un atto processuale non vada a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, affinché questi possa conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve, una volta appreso dell’esito negativo della notifica, riattivare il processo notificatorio entro il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui debba essere data prova rigorosa.

È quanto si legge nell’ordinanza n. 16846/19 della Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione depositata il 24 giugno. Il caso. B.R. adiva il Tribunale civile di Vibo Valentia per chiedere il risarcimento dei danni cagionati dal fabbricato di T.P. a seguito di lavori di ristrutturazione che avevano interessato l’abitazione della convenuta. Nelle more del giudizio T.P. decedeva e il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda attorea. Proponevano ricorso, in qualità di coeredi di T.P., S.C. e S.S. mentre B.C. resisteva al gravame chiedendo l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutte le parte costituitesi in primo grado. La Corte d’Appello di Catanzaro ordinava così l’integrazione del contraddittorio nei confronti di T.S. e V.B. i quali deducevano preliminarmente che il contraddittorio doveva essere integrato anche nei confronti di T.F. e T.L. quali eredi di T.P. pretermessi nel giudizio di primo grado. Il giudice di seconde cure dapprima disponeva l’integrazione de qua e successivamente, con ordinanza del 16.04.2012 revocava l’ordine di integrazione, e con sentenza n. 950 del 02.07.2013 dichiarava la nullità della sentenza di primo grado e la improcedibilità del giudizio di appello per difetto di integrità del contraddittorio. B.C. proponeva ricorso in cassazione, mentre S.C. e S.S. resistevano con un controricorso dove sollevavano l’eccezione di inammissibilità per tardività della proposizione. La Corte di Cassazione, ritenendo fondata l’eccezione, dichiara inammissibile il ricorso. La conclusione negativa delle notificazioni. Quando si parla di notifica degli atti giudiziari in ambito civile, ci si riferisce a quel procedimento suddiviso in tre momenti impulso, consegna e certificazione attraverso il quale si porta a conoscenza delle altre parti coinvolte in un processo civile gli atti relativi ad esso, in modo tale da evitare la perdita, l'estinzione o la consumazione di una facoltà processuale. A riguardo, la giurisprudenza è consolidata sul principio in virtù del quale nel caso in cui la notificazione di un atto processuale, da compiersi entro un termine di tipo perentorio, non vada a buon fine per cause non imputabili al richiedente, quest’ultimo possa richiedere la ripresa del procedimento notificatorio purché tale ripresa sia intervenuta entro un tempo ragionevolmente contenuto ex multis SSUU n. 17352/2009 . Si necessita, quindi, della mancata imputabilità al richiedente del cattivo esito della notificazione, pena la decadenza da ogni altro successivo potere di compiere un atto processuale, dato l’infruttuoso decorso del termine perentorio di notifica. Ciò è in linea con il principio di scissione degli effetti della notificazione che concerne i differenti momenti in cui si considera avvenuta la notificazione di un atto per il notificante e per il notificando. In forza di tale principio, che trova la sua prima elaborazione nella sentenza della Corte Costituzionale n. 477/2002, si considera avvenuta la notifica per il notificante al momento della consegna dell'atto all'ufficio notificante, e per il notificando al momento della ricezione dell'atto, in modo tale da preservare tanto le ragioni di tempestività dell'esercizio del diritto quanto quelle di conoscenza dell'atto. Riattivazione del processo notificatorio. In forza della pronuncia delle Sezioni Unite n. 14594/2016 , nel caso in cui la notifica di un atto processuale non vada a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, affinché questi possa conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve, una volta appreso dell’esito negativo della notifica, riattivare celermente il processo notificatorio, ossia entro il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c. salvo circostanze eccezionali di cui debba essere data prova rigorosa”. Nel caso di specie il termine lungo per impugnare pari ad un anno, scadeva il 30.09.2013 ebbene, la ricorrente B.C. attivava la notifica tempestivamente 17.09.2014 , ma in data 30.09.2014 dopo aver appreso il decesso dell’avvocato di S.C. e S.S. faceva scadere i termini 03.12.2014 per la notifica da effettuarsi alle parti personalmente che avveniva il 16.12.2014 senza dare prova rigorosa di una circostanza eccezionale di impedimento di riattivazione del processo notificatorio, tra cui rientrano, a mero titolo esemplificativo, le ricerche anagrafiche o il cambio di residenza. Per tali ragioni la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso. A riguardo, infatti, si ricordi che ai sensi dell’art. 170 c.p.c., dopo la costituzione in giudizio, tutte le notificazioni e le comunicazioni si fanno al procuratore costituito, salvo che la legge disponga altrimenti. In altri termini, in seguito alla costituzione in giudizio, è il procuratore della parte a divenire il destinatario di tutte quelle comunicazioni e notificazioni che sono dirette al proprio assistito, tranne nei casi in cui sia la stessa legge a prevedere una diversa disciplina. È il caso, ad esempio, delle notifiche che devono essere eseguite personalmente alla parte ci si riferisce, a titolo chiarificatore, all'ordinanza che ammette il giuramento decisorio di cui all’art. 237 c.p.c. al ricorso ex art. 288 c.p.c. concernente la correzione della sentenza dopo un anno dalla sua pubblicazione nonché alla notificazione della sentenza caso di specie nell’ipotesi in cui il procuratore sia deceduto ovvero vi sia un suo impedimento così come si evince dalla lettura in combinato disposto degli artt. 286 e 301 c.p.c.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 12 aprile 2018 -24 giugno 2019, n. 16846 Presidente Oricchio – Relatore Giannaccari Fatto B.R. citava innanzi al Tribunale di Vibo Valentia T.P., proprietaria del fabbricato adiacente, per chiedere il risarcimento dei danni cagionati all’immobile di sua proprietà a seguito di lavori di ristrutturazione, che avevano interessato l’abitazione della convenuta. T.P. si costituiva, resistendo alla domanda. Il processo veniva interrotto per il decesso della T. il Tribunale di Vibo Valentia accoglieva parzialmente la domanda della B Avverso la sentenza di primo grado proponevano appello S.C. e S.S. quali coeredi di T.P B.R. si costituiva, resistendo al gravame e chiedeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutte le parti costituite nel giudizio di primo grado. La Corte d’Appello ordinava l’integrazione del contraddittorio nei confronti di T.S. e V.B., i quali, costituendosi, deducevano preliminarmente che il contraddittorio doveva essere integrato anche nei confronti T.F. e T.L., in qualità di eredi di T.P., i quali erano stati pretermessi nel giudizio di primo grado. La Corte d’Appello inizialmente dispone l’integrazione del contraddittorio nei loro confronti successivamente, con ordinanza del 16.4.2012 revoca l’ordine di integrazione del contraddittorio e rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni. Con sentenza del 5.6-2.7.2013, la Corte d’Appello di Catanzaro dichiarava la nullità della sentenza di primo grado e l’improcedibilità del giudizio d’appello per difetto di integrità del contraddittorio. Per la cassazione della sentenza propone ricorso B.R. sulla base di due motivi resistono S.S.R.C. e S.C. e, con distinto atto di controricorso, T.S In prossimità dell’udienza T.S. e B.R. hanno depositato memorie illustrative ex art. 378 c.p.c Il Procuratore Generale, in persona del Dott. C. M., ha concluso per il rigetto del ricorso. Diritto Deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione proposta da S.S.R.C. e S.C., perché tardivamente proposto oltre l’anno dalla pubblicazione della sentenza d’appello. Deducono le contro ricorrenti che la sentenza è stata pubblicata il 2.7.2013 e la notifica del ricorso è stata tardivamente effettuata il 16.12.2014. L’eccezione di inammissibilità, rilevabile anche d’ufficio, è fondata. Osserva il collegio che, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, alla quale si intende dare continuità, Cassazione civile, sez. un., 24/07/2009 N. 17352 , in tema di notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere - anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio - di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie. Nell’ampia motivazione, le Sezioni Unite hanno spiegato che la ripresa del processo notificatorio è rimessa alla parte istante e che deve escludersi la possibilità di chiedere una preventiva autorizzazione del giudice, vuoi perché questa sub-procedura allungherebbe ulteriormente i tempi processuali, vuoi perché non sarebbe neanche utile al fine di avere una previa valutazione certa circa la sussistenza delle condizioni per la ripresa del procedimento di notificazione, in quanto si tratterebbe solo di una valutazione preliminare effettuata non in sede decisoria e per di più in assenza del contraddittorio con la controparte interessata sez. un., 17352/2009, cit. il principio è stato ribadito dalle sezioni semplici Cass., 11 settembre 2013, n. 20830 e Cass., 25 settembre 2015, n. 19060 . La soluzione adottata, del resto, è congrua con il principio della scissione degli effetti della notificazione nei confronti dell’istante e del destinatario, valorizzando, rispettivamente, la data iniziale e quella di perfezionamento del procedimento inoltre, detto orientamento valorizza, la continuità e la speditezza del procedimento stesso, che verrebbe rallentato attraverso la necessità del ricorso al giudice. Il fatto, poi, che nel corso del procedimento di notificazione insorgano difficoltà, esigenze di ulteriori indagini circa i luoghi in cui il destinatario ha la residenza, il domicilio o la dimora, ecc è un’evenienza ricorrente e direttamente o indirettamente prevista dalle disposizioni di legge, e lo stesso ufficiale giudiziario può, e dovrebbe, assumere iniziative al riguardo come rilevato dalla giurisprudenza cfr., per esempio, Cass. n. 12183/2004, 11332/2005, 17453/2006, 2909/2008 . In questo quadro appartiene alla fisiologia del procedimento notificatorio anche lo scambio di utili informazioni tra parte istante e ufficiale giudiziario ed è congruo ritenere la sostanziale unità del procedimento quando, dopo che una prima fase del procedimento non abbia avuto positiva conclusione per l’accertata mancata corrispondenza della situazione di fatto a quella indicata dall’istante, quest’ultimo fornisca ulteriori indicazioni ai fini del perfezionamento della notificazione. Naturalmente, anche in relazione a questa prospettazione rimane salva la valutazione circa la imputabilità o meno al richiedente della inesattezza delle iniziali indicazioni, in quanto la giurisprudenza sulla dissociazione dei tempi della notificazione per il richiedente e il destinatario è basata sull’assunto che a detrimento del primo non debbano andare aspetti del procedimento che non siano sotto il suo controllo. Nella sentenza citata, la Corte, affrontando il problema dei limiti temporali, entro cui doveva essere ripreso il procedimento notificatorio, stabiliva che doveva trattarsi di un tempo ragionevole, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per venire a conoscenza dell’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie. E tale criterio, considerata la specificità del tipo di difficoltà procedurale incontrata e dello strumento a disposizione per il suo superamento, deve ritenersi applicabile, ove possibile, in relazione ad ogni tipo di termine perentorio entro cui debba avvenire una notificazione. Le Sezioni Unite sono successivamente intervenute per dirimere le incertezze giurisprudenziali in ordine al termine entro il quale riattivare il procedimento notificatorio. Con sentenza del 15/07/2016, n. 14594 hanno stabilito che, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa. Trattandosi di sentenza non notificata alle controparti, il termine lungo per impugnare, pari ad un anno, tenuto conto della sospensione dei termini feriali, scadeva il 30.9.2013. La ricorrente attivò la notifica tempestivamente, in data 17.9.2014 ma in data 3.11.2014 apprese del decesso dell’Avv. Grillo, procuratore costituito di S.S.R.C. e S.C., come risulta dalla ricezione delle cartoline di ritorno allegate al ricorso. Una volta appreso del decesso dell’Avv. Grillo, la ricorrente aveva trenta giorni di tempo per la prosecuzione del procedimento notificatorio, da effettuarsi alle parti personalmente. Tale termine scadeva il 3.12.2014, mentre la notifica alle controricorrenti è stata inoltrata il 16.12.2014, né la B. ha dato prova rigorosa di eccezionali circostanze che hanno impedito nei termini la riattivazione del procedimento, quali la difficoltà nelle ricerche anagrafiche, il cambiamento di residenza o altre evenienze che abbiano rallentato il processo notificatorio. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di lite che liquida in Euro 3100,00 in favore di ciascun contro ricorrente, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge, iva e cap come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.