In Cassazione senza i documenti: è inammissibile

I requisiti di formazione del ricorso per cassazione vanno osservati anche ai fini della censura ex art. 112 c.p.c., ovvero, anche nell’ipotesi in cui la Suprema Corte è giudice del fatto processuale.

L’ordinanza della Terza Sezione Civile della Suprema Corte, portante n. 16579 e pubblicata in data 20 giugno 2019, ha definitivamente chiarito quali sono i requisiti del ricorso introduttivo del giudizio di legittimità, a pena di inammissibilità del medesimo. I fatti. La vicenda attiene ad un’ipotesi di responsabilità professionale dell’avvocato che, nella determinazione dell’azione da intraprendere per la restituzione di un credito, aveva impostato la causa sotto l’esclusivo profilo dell’indebito arricchimento anziché dell’azione ex art. 2033 c.c. dal detto errore, in tesi, era scaturito un ingente danno. Il Tribunale di Milano aveva riconosciuto tale responsabilità professionale ma, in seguito all’appello interposto dal legale, la Corte meneghina aveva riformato la decisione. Avverso la sentenza di appello hanno interposto gravame i clienti dell’avvocato, con ricorso affidato a due motivi 1. La violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art 360, comma 1, n. 3 c.p.c. 2. L’ omesso esame del rilievo di inefficace tutela per mancato esperimento, in via alternativa, delle azioni ex artt. 2033 e 2041 c.c La Corte ha analizzato i motivi congiuntamente, ritenendoli connessi, e li ha valutati in parte inammissibili ed in parte infondati. Preliminarmente, il Collegio ha osservato che essi risultavano formulati in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c. poiché i ricorrenti avevano posto a base del gravame atti e documenti del giudizio di merito, limitandosi a richiamarli - genericamente - nel corpo dell’atto, senza indicare in quale sede processuale erano stati prodotti. Individuazione degli atti e dei documenti prodotti nelle fasi di merito. Sul punto la Corte ha evidenziato che è sempre necessario che si provveda all’individuazione degli atti e dei documenti prodotti nelle fasi di merito, precisando l’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, al fine di renderne possibile l’esame. Tale attività, infatti, consente alla Corte di legittimità di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento delle censure. La mancanza di tali indicazioni rende il ricorso inammissibile poiché i requisiti di formazione dell’atto rilevano ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilità del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza, ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane al giudice precluso. Muovendo da tali premesse, la Corte ha altresì precisato che i detti requisiti devono essere osservati anche ai fini della censura ex art 112 c.p.c., poiché non assume rilievo la circostanza che la Suprema Corte è, in tal caso, anche Giudice del fatto. Nel merito, l’ordinanza ha osservato anche che nel ricorso non era stato idoneamente censurato il ragionamento posto a base della sentenza di merito, con la conseguenza che il gravame è stato rigettato nella sua interezza.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 25 settembre 2018 – 20 giugno 2019, n. 16579 Presidente Travaglino – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza ex art. 281 sexies c.p.c., del 9/11/2016 la Corte d’Appello di Milano, in accoglimento del gravame interposto dal sig. G.A. e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Milano 26/6/2015, ha rigettato la domanda nei confronti del medesimo proposta dal sig. R.A. di risarcimento di danni lamentati in conseguenza della difettosa prestazione professionale dallo stesso svolta , nella sua qualità di avvocato, in una causa di recupero credito, per il grave errore in cui era incorso nella determinazione dell’azione da intraprendere per la restituzione dell’indebito oggettivo , per avere impostato la causa sotto l’esclusivo profilo dell’indebito arricchimento anziché dell’azione ex art. 2033 c.c. , errore al quale era conseguito un ingente danno economico . Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il R. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi. Resiste con controricorso il G. , che ha presentato anche memoria. Con conclusioni scritte del 4/9/2018 il P.G. presso questa Corte ha chiesto l’accoglimento dei primi 2 motivi del ricorso. Motivi della decisione Con il 1 motivo il ricorrente denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si duole che la corte di merito abbia escluso la responsabilità professionale della controparte in relazione a domanda di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c., dal medesimo erroneamente proposta al fine di fargli ottenere la restituzione di somme corrisposte a tale sig. C. a titolo di caparra sin della conclusione di due contratti preliminari di compravendita di terreni stipulati con il sig. B. , benché tale domanda sia stata dal giudice dell’appello rigettata per essere stata la suddetta azione sussidiaria proposta pur sussistendo i presupposti per l’esercizio della diversa azione di ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c., nella specie tra l’altro ritenuta esperibile in ragione del ravvisato mancato decorso del relativo termine di prescrizione sulla base di un erroneamente individuato momento di decorrenza del termine di prescrizione, diverso da quello prospettato. Con il 2 motivo denunzia violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si duole non essersi dalla corte di merito considerato il dedotto profilo di responsabilità della controparte per non averlo maggiormente tutelato proponendo in via alternativa le azioni ex artt. 2033 e 2041 c.c I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati. Va anzitutto osservato che essi risultano formulati in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che la ricorrente pone a suo fondamento atti o documenti del giudizio di merito es., il ricorso ex art. 702 bis c.p.c. , la citazione in giudizio dell’ing. C. , l’ appello proposto dall’ing. C. avverso la sentenza di prime cure , la revoca dell’incarico all’avv. G. , alla domanda proposta contro l’avvocato avanti al Tribunale di Milano, alla sentenza del giudice di prime cure, all’atto di appello, il preliminare tra il sig. B. e l’ing. C. limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente per la parte d’interesse in questa sede riprodurli nel ricorso ovvero puntualmente indicare in quale sede processuale, pur individuati in ricorso, risultino prodotti, laddove è al riguardo necessario che si provveda anche alla relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta alla Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220 , con precisazione anche dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità v. Cass., 23/3/2010, n. 6937 Cass., 12/6/2008, n. 15808 Cass., 25/5/2007, n. 12239 Cass., 6/11/2012, n. 19157 , la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701 . A tale stregua, l’odierno ricorrente non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare e intellegibili in base alla lettura del ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificarne il relativo fondamento v. Cass., 18/4/2006, n. 8932 Cass., 20/1/2006, n. 1108 Cass., 8/11/2005, n. 21659 sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo v. Cass., 24/3/2003, n. 3158 Cass., 3/8/2003, n. 12444 Cass., 1/2/1995, n. 1161 . Non sono infatti sufficienti affermazioni -come nel caso apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione v. Cass., 21/8/1997, n. 7851 . È al riguardo appena il caso di osservare che i requisiti di formazione del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c., vanno indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo. Essi rilevano ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilità del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827 Cass., 18/3/2015, n. 5424 Cass., 12/11/2014, n. 24135 Cass., 18/10/2014, n. 21519 Cass., 30/9/2014, n. 20594 Cass., 5 19/6/2014, n. 13984 Cass., 20/1/2014, n. 987 Cass., 28/5/2013, n. 13190 Cass., 20/3/2013, n. 6990 Cass., 20/7/2012, n. 12664 Cass., 23/7/2009, n. 17253 Cass., 19/4/2006, n. 9076 Cass., 23/1/2006, n. 1221 . Si è da questa Corte al riguardo precisato che anche ai fini della censura di ex art. 112 c.p.c., i requisiti di formazione del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c., vanno indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo, non assumendo in contrario rilievo la circostanza che la S.C. sia in tale ipotesi anche giudice del fatto processuale , con potere-dovere di procedere direttamente all’esame e all’interpretazione degli atti processuali, giacché preliminare ad ogni altra questione si prospetta invero quella concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che solo quando sia stata accertata la sussistenza di tale ammissibilità diviene possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo, sicché esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione la Corte Suprema di Cassazione può e deve procedere direttamente all’esame e all’interpretazione degli atti processuali v. Cass., 23/1/2006, n. 1221, e, conformemente, Cass., 13/3/2007, n. 5836 Cass., 17/1/2012, n. 539, Cass., 20/7/2012, n. 12664, nonché, da ultimo, Cass., 24/3/2016, n. 5934, Cass., 25/9/2017, n. 22333 e Cass., 13/2/2018, n. 3406 . Quanto al merito, va osservato che nella specie la corte di merito ha ravvisato l’insussistenza della responsabilità dell’odierno controricorrente alla luce di una valutazione ex ante e a fronte dell’opinabilità della questione relativa all’individuazione, nella fattispecie concreta, dell’azione da intraprendere per la restituzione della somma indebitamente trattenuta . Ha al riguardo in particolare argomentato dal rilievo a che l’affermazione del primo Giudice che ha riconosciuto la responsabilità dell’Avv. G. per avere impostato la causa sotto l’esclusivo profilo dell’indebito arricchimento anziché dell’azione ex art. 2033 c.c., è argomentazione tutt’altro che pacifica, come dimostra la sentenza della Suprema Corte Cass. n. 11417/2002 relativa a fattispecie analoga pag. 7 dell’impugnata sentenza b che nel giudizio di merito patrocinato dall’odierno controricorrente posto a base della domanda di responsabilità professionale proposta nel presente giudizio la Suprema Corte, nel respingere il ricorso e confermare la sentenza d’appello, contrariamente a quanto affermato dal R. , non ha rilevato anche in tale sede l’inspiegabile errore difensivo nel proporre azione ex art. 2041 c.c., anziché ex art. 2033 c.c., commesso dall’Avv. G. , ma si è limitata a porre la propria attenzione sull’errore tecnico posto in essere dal Giudice di prime cure il quale, a fronte di una domanda di ingiustificato arricchimento, aveva deciso la fattispecie sulla base della diversa azione di ripetizione dell’indebito in violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato sancito dall’art. 112 c.p.c., stante la differenza ontologica tra le due azioni . Orbene siffatta ratio decidendi è rimasta invero, anche alla stregua di quanto sopra, non idoneamente censurata dall’odierno ricorrente, risultando dal medesimo conseguentemente non osservato il consolidato principio secondo cui è sufficiente che anche una sola delle rationes su cui si fonda la decisione impugnata non abbia formato oggetto di censura ovvero sia stata respinta perché il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa debba essere rigettato nella sua interezza v. Cass., Sez. Un., 8/8/2005, n. 16602 , non già per carenza di interesse, come pure si è da questa Corte sovente affermato v. Cass., 11/2/2011, n. 3386 Cass., 12/10/2007, n. 21431 Cass., 18/9/2006, n. 20118 Cass., 24/5/2006, n. 12372 Cass., Sez. Un., 8/8/2005, n. 16602 , quanto bensì per essersi formato il giudicato in ordine alla ratio decidendi non censurata v. Cass., Sez. Un., 22/2/2018, n. 4362 Cass., Sez. Un., 2/3/2017, n. 5302 Cass., 27/12/2016, n. 27015 Cass., 22/9/2011, n. 19254 Cass., 11/1/2007, n. 1658 Cass., 13/7/2005, n. 14740 . Va peraltro corretta l’affermazione contenuta nell’impugnata sentenza in ordine all’exordium praesciptionis. Come anche dal P.G. indicato nella requisitoria scritta, pur attenendo la questione relativa all’applicabilità di uno specifico termine di prescrizione all’obbligo inerente all’esatta applicazione della legge, sicché la relativa rilevazione anche in ordine alla decorrenza da un determinato dies a quo cfr. Cass., 21/5/2007, n. 11774 non è riservata al monopolio della parte ma può avvenire anche d’ufficio v. Cass., 16/05/2016, n. 9993 Cass., 22/12/2011, n. 28292 Cass., 21/2/2011, n. 4238 Cass., Sez. Un., 25/7/2002, n. 10955 , allorquando come nella specie il giudice di prime cure si sia espresso al riguardo e la relativa statuizione non abbia formato oggetto di specifico gravame deve ritenersi essersi sul punto formato il giudicato implicito. A tale stregua, non risultando essere stata invero mossa specifica impugnazione in relazione all’individuato dies a quo della prescrizione, al riguardo invero non valendo il diverso rilievo circa l’interruzione del termine di prescrizione, erroneamente risulta essere stato dalla corte di merito pertanto indicato quale exordium praescriptionis il momento dell’accertamento dell’indebito in luogo di quello del pagamento dell’indebito indicato dal giudice di prime cure. Va pertanto ex art. 384 c.p.c., comma 4, corretta l’affermazione contenuta nell’impugnata sentenza secondo cui contrariamente a quanto affermato dal primo Giudice che ha ricondotto la decorrenza del termine decennale di prescrizione per proporre l’eventuale azione ex art. 2033 c.c., alla data del pagamento indebito gennaio/febbraio 1995 , nella specie il termine di prescrizione dell’azione di ripetizione dell’indebito decorre dal giorno in cui l’accertamento dell’indebito sia divenuto definitivo . Emerge evidente, a tale stregua, come le deduzioni dell’odierno ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., n. 4, in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative v. Cass., 20/10/2005, n. 20322 , e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932 . Per tale via in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi all’attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici di merito, al fine di pervenire a un diverso apprezzamento dei medesimi cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443 . Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore del controricorrente. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.