Azione revocatoria e litisconsorzio necessario: in caso di estinzione della società debitrice va integrato il contraddittorio con i soci

In tema di azione revocatoria, il creditore che agisca in giudizio evocando, come litisconsorti ex art. 102 c.p.c., la società debitrice alienante e quella acquirente del bene oggetto del contratto del quale è stata domandata l’inefficacia, ha diritto - ove sia stato costituito regolarmente il contraddittorio nei confronti di una delle società ma l’altra si sia estinta con cancellazione del registro delle imprese anche in data antecedente alla notifica dell’atto di citazione - ad integrare il contraddittorio nei confronti dei soci di quest’ultima i quali succedono alla società stessa.

Di conseguenza il giudice, ove verifichi l’estinzione di una delle società litisconsorti, è tenuto, in ogni stato e grado del giudizio, a fissare un termine per la corretta instaurazione del contraddittorio nei confronti dei soci ai quali si sono trasmessi, in successione, i rapporti giuridici della società. Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 13593/19, depositata il 21 maggio. Il caso. Una banca aveva promosso azione revocatoria ordinaria nei confronti della società debitrice e della società terza acquirente al fine di sentir dichiarare l’inefficacia nei suoi confronti di un atto di compravendita immobiliare. La notifica dell’atto di citazione era andata a buon fine presso la sede della società debitrice, la quale si era anche costituita in giudizio nella persona dell’Amministratore. Senonché, negli atti conclusivi, veniva dichiarata l’estinzione della società debitrice con cancellazione della stessa dal registro delle imprese intervenuta in data antecedente la notifica dell’atto di citazione. La banca, quindi, formulava istanza per integrazione del contraddittorio, ma il giudice di primo grado ed anche la Corte d’appello, rigettavano la domanda per improcedibilità. La Corte d’Appello, in particolare, aveva affermato che la pretesa della banca doveva essere fatta valere ab initio direttamente nei confronti dei soci della società estinta. La banca ricorreva quindi in Cassazione. La decisione della Corte. La Suprema Corte accoglie il ricorso della banca, sottolineando che in tema di azione revocatoria, il creditore non perde il proprio interesse ad agire ove la società debitrice alienante si sia estinta per cancellazione dal registro delle imprese, atteso che il primo può conseguire un titolo esecutivo, per un credito sorto pendente societate ”, anche dopo tale estinzione, dovendosi intendere legittimati passivi alla corrispondente domanda di accertamento i singoli soci, i quali, se quella vicenda societaria non abbia determinato il venir meno di ogni rapporto, attivo o passivo, facente capo all’ente estinto, gli succedono nei medesimi rapporti, così da rispondere delle sue obbligazioni, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti nel corso della sua attività, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente. Nel caso di specie, secondo la Corte, il giudice di prime cure avrebbe dovuto senz’altro integrare il contraddittorio nei confronti dei soci che dovevano essere ritenuti i successori illimitatamente responsabili ai quali si erano trasmessi i rapporti giuridici facenti capo alla società dichiarata estinta la società debitrice estinta, infatti, era una società in nome collettivo . Affermata pertanto la nullità del giudizio di primo grado, per mancata corretta instaurazione del contraddittorio, la controversia è stata rinviata al Tribunale.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 6 febbraio – 21 maggio 2019, n. 13593 Presidente Amendola – Relatore Di Florio Svolgimento del processo 1. La Business Partner Italia Società Consortile per Azioni, in qualità di mandataria della BPN Paribas SA rappresentata nei gradi di merito dalla BNL , ricorre, affidandosi a tre motivi illustrati anche da memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva confermato la pronuncia del Tribunale, dichiarando l’improcedibilità dell’azione revocatoria che l’istituto di credito aveva promosso nei confronti della Eusonia Srl e della Imperium di E.C. & amp C snc da ora Imperium snc , quest’ultima propria debitrice, in relazione a due contratti di compravendita aventi per oggetto un villino con terreno circostante all’interno del omissis . 1.1.Per ciò che interessa in questa sede, la statuizione di primo grado, sostanzialmente confermata dalla Corte Territoriale, era stata determinata dal fatto che era emerso, successivamente alla precisazione delle conclusioni, che la Imperium snc era stata cancellata dal registro delle imprese circa un mese prima della proposizione della controversia, ragione per cui l’amministratore, evocato in giudizio in tale qualità, non aveva titolo né legittimazione per costituirsi in giudizio, tenuto conto della interpretazione, estesa anche alle società di persone, dell’art. 2495 c.comma introdotto dal D.Lgs. n. 6 del 2003 e dei principi affermati, in materia, da Cass. SSU 6070/2013. 2. Ha resistito la Eusonia srl. 3. Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso. Motivi della decisione 1. Per un migliore inquadramento in diritto della questione nomofilattica emersa è opportuno sintetizzare gli aspetti fattuali della vicenda. 1.1. La Banca Nazionale del Lavoro propose dinanzi al Tribunale di Roma azione revocatoria ed, in subordine, di simulazione nei confronti della Eusonia Srl e della Imperium di E.C. & amp C snc, quest’ultima propria debitrice, chiedendo la dichiarazione di inefficacia di due atti di compravendita stipulati nel giugno 2006 attraverso i quali la società di persone aveva trasferito in favore della società di capitali aventi entrambe la stessa compagine societaria, e cioè il omissis e la moglie una villa con parco circostante di rilevante valore. 1.2. La Imperium snc dopo circa sei mesi dalla vendita si estinse, con cancellazione dal registro delle imprese in data 2.11.2006. 1.3 La Banca promosse l’azione revocatoria con atto di citazione notificato il 22.12.2006 presso la sede legale della società, con esito positivo. La controversia - nella quale detta società si era inizialmente costituita in persona dell’ ex amministratore che aveva conferito procura alle liti al difensore il quale, nel costituirsi in giudizio, nulla aveva dedotto in ordine alla estinzione della propria assistita - in fase decisoria ossia nel 2013 venne rimessa sul ruolo, in ragione della avvenuta estinzione di essa, dichiarata soltanto negli atti conclusivi, di cui il giudice prese atto ritenendo di dover applicare i principi affermati con gli arresti delle sezioni unite di questa Corte, nel frattempo intervenuti Cass. SSUU 6070-6071-6072/2013 ritenuta nuovamente in decisione, previo rigetto della istanza della banca per la integrazione del contraddittorio nei confronti dei soci, la domanda venne respinta. 1.4. A seguito di impugnazione, la Corte d’Appello, richiamando il mutato orientamento giurisprudenziale, confermò la sentenza di primo grado, pur correggendo il dispositivo sotto la specie dell’improcedibilità della domanda ed affermò che la pretesa dell’appellante doveva essere fatta valere, ab initio, direttamente nei confronti dei soci della società estinta, in quanto l’art. 2312 c.c., non aveva subito alcuna modifica a seguito della riforma del diritto societario che aveva inciso soltanto sull’art. 2495 c.c 2. Sui motivi di ricorso. 2.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, la violazione dell'art. 102 c.p.c., e art. 183 c.p.c., comma 1, con riferimento all’art. 2901 c.c., e art. 1416 c.c., comma 2. Lamenta che con la decisione impugnata, la Corte territoriale aveva violato il principio generale in base al quale il giudice è tenuto a verificare la regolarità del contraddittorio e, nel caso in cui si tratti di litisconsorzio necessario, a sollevare la questione, anche d’ufficio, in ogni stato e grado della controversia. Assume, al riguardo, che l’art. 2901, postulava la presenza in giudizio di tutte le parti dell’atto da revocare e che l’estinzione della società dava luogo ad un fenomeno successorio nei confronti dei suoi soci, ragione per cui la Corte d’Appello avrebbe dovuto provvedere all’integrazione richiesta, rispetto alla quale l’istanza proposta era stata disattesa senza alcuna plausibile motivazione. 2.2. Cón il secondo motivo, la ricorrente, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2312 e 2495 c.c. assume che il socio di una società di persone era illimitatamente responsabile ed obbligato ab origine rispetto dell’intero debito societario e risponde a titolo originariamente proprio cfr. pag. 21 ricorso e non in via successoria, ragione per cui l’estinzione della società non poteva produrre l’effetto dell’inammissibilità delle domande giudiziarie intentate. 2.3. Con il terzo motivo, lamenta, ex art. 360, nn. 3 e 5, la violazione dell’art. 2312 c.c Lamenta che l’intero giudizio di primo grado si era svolto nella convinzione che la società Imperium snc avesse la capacità di resistere, visto che solo nella comparsa conclusionale il suo difensore aveva dedotto il difetto di capacità processuale della parte assistita che, peraltro, aveva posto in essere numerosi atti quali la ricezione incontestata della notifica della citazione, il conferimento della procura al difensore, etc. i quali, contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, dovevano essere considerati fatti dinamici idonei a superare. la presunzione di estinzione della società, così come affermato proprio da Cass. SSU 6070/2013. 3. Preliminarmente deve essere esaminato il rilievo concernente il difetto di legittimazione attiva di BNP Paribas. 3.1. Il controricorrente, infatti, assume che il giudizio era stato incardinato, in primo grado, dalla Banca Nazionale del Lavoro Spa che aveva dedotto di agire in nome proprio per il recupero di un suo credito che, in grado d’appello, il gravame era stato proposto in nome e per conto della BPN Paribas S.A. che non aveva neanche allegato di essere titolare del rapporto di credito che, infine, ò il ricorso per Cassazione era stato proposto da Business Partner Italia società consortile per azioni che tale situazione determinava l’assoluta incertezza in ordine al soggetto titolare del diritto all’impugnazione cfr. pag. 7 controricorso 3.2. Lamenta, in sostanza, che non era stato esattamente indicato il rapporto intercorrente tra BNL e BPN Paribas Sa che nella narrativa del ricorso detta società non aveva specificato a quale titolo agisse per un credito di cui risultava titolare BNL Spa. 3.3. Il rilievo è infondato. Dall’esame degli atti, risulta infatti che la sentenza impugnata, sia nell’epigrafe che nell’esposizione del fatto ha dato conto della cessione di credito che aveva determinato la legittimazione, incontestata, della Banca Nazionale del Lavoro cfr. pag. 3 della sentenza impugnata a ciò si aggiunga che è stata prodotta la procura speciale nella quale si da atto che BPN Paribas SA, appartenente al gruppo BNL docomma 1 allegato , aveva conferito un mandato con rappresentanza alla Business Partner Italia Società Consortile per azioni che, pertanto, ha agito nel giudizio di legittimità nella piena titolarità dei poteri che le sono stati assegnati. 4. Sui motivi di ricorso. 4.1. Il primo motivo è fondato e gli altri risultano logicamente assorbiti. 4.2. Deve premettersi che questa Corte ha affermato, con orientamenti ormai consolidati, che a. qualora sia stata proposta una azione revocatoria, esiste litisconsorzio necessario tra creditore, debitore alienante e terzo acquirente e conseguentemente, nel caso in cui il giudizio non sia stato introdotto nei confronti di tutte le parti necessarie, o la sentenza sia stata impugnata nei confronti di alcune soltanto di esse, è necessario integrare il contraddittorio nei confronti di tutte le parti necessarie pretermesse cfr. Cass. 11150/2003 Cass. 23068/2011 b. in. un giudizio introdotto con azione revocatoria ex art. 2901 c.c., sussiste un rapporto di litisconsorzio necessario tra il debitore e il terzo acquirente, convenuti in giudizio dal creditore, e pertanto, qualora la citazione introduttiva sia stata validamente notificata ad uno soltanto dei litisconsorti necessari e, a seguito della pronuncia del giudice d’appello che abbia rimesso le parti in primo grado a norma dell’art. 354 c.p.c., il contraddittorio sia stato ritualmente integrato in modo tale da evitare l’estinzione del processo, la valida notifica del primo atto introduttivo è idonea ad interrompere la prescrizione nei confronti di tutti i litisconsorti necessari e fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio stesso cfr. Cass. 11005/2002 . comma nel caso di litisconsorzio necessario, l’integrazione del contraddittorio prevista dall’art. 102 c.p.c., comma 2, ha effetti di ordine sia processuale che sostanziale, nel senso che sana l’atto introduttivo viziato da nullità per la mancata chiamata in giudizio di tutte le parti necessarie ma è altresì idonea ad interrompere prescrizioni e ad impedire decadenze di tipo sostanziale nei confronti anche delle parti necessarie originariamente pretermesse cfr. Cass. 9523/2010 cfr. Cass. 12295/2016 . 4.3. È stato altresì affermato, per ciò che riguarda la specifica questione in esame, che in tema di azione revocatoria, il creditore non perde il proprio interesse ad agire ove la società debitrice alienante si sia estinta per cancellazione dal registro delle imprese, atteso che il primo può conseguire un titolo esecutivo, per un credito insorto pendente societate , anche dopo tale estinzione, dovendosi intendere legittimati passivi alla corrispondente domanda di accertamento i singoli soci, i quali, se quella vicenda societaria non abbia determinato il venir meno di ogni rapporto, attivo o passivo, facente capo all’ente estinto, gli succedono nei medesimi rapporti, così da rispondere delle sue obbligazioni, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti nel corso della sua attività, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente cfr. Cass. 21105/2016 . 4.4. Con tale ultimo arresto, in motivazione è stato chiarito che qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale a l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali b i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore giudiziale o extragiudiziale il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo. Ne segue che proprio il descritto fenomeno successorio consente di ravvisare la identità della causa e della natura del debito societario che si trasmette ai soci, sicché bene il creditore può conseguire il titolo esecutivo sul credito vantano nei confronti della società, con azione di condanna proposta nei confronti dei soci-successori cfr. Cass. 21105/2016, in motivazione . 4.5. Tale pronuncia richiama letteralmente proprio il principio di diritto affermato da Cass. SSU 6070/2013 che, allo scopo di creare una maggiore certezza nei rapporti giuridici delle società estinte, di persone o di capitali, successivamente alla riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. n. 6 del 2003, ha ribadito che alla cancellazione non corrisponde il venir meno di ogni rapporto giuridico, determinandosi un fenomeno di tipo successorio in capo ai soci e che, analizzando la valenza innovativa delle modifiche apportate dal legislatore al testo dell’art. 2495 c.comma rispetto alla formulazione del precedente art. 2456, che disciplinava la medesima materia ha affermato che per ragioni di ordine sistematico, desunte anche dal disposto della novellata L. Fall., art. 10, la stessa regola è apparsa applicabile anche alla cancellazione volontaria delle società di persone dal registro, quantunque tali società non siano direttamente interessate dalla nuova disposizione del menzionato art. 2495, e sia rimasto per loro in vigore l’invariato disposto dell’art. 2312, integrato, per le società in accomandita semplice, dal successivo art. 2324 . La situazione delle società di persone si differenzia da quella delle società di capitali, a tal riguardo, solo in quanto l’iscrizione nel registro delle imprese dell’atto che le cancella ha valore di pubblicità meramente dichiarativa, superabile con prova contraria. Ma è bene precisare che tale prova contraria non potrebbe vertere sul solo dato statico della pendenza di rapporti non ancora definiti facenti capo alla società, perché ciò condurrebbe in sostanza ad un risultato corrispondente alla situazione preesistente alla riforma societaria. Per superare la presunzione di estinzione occorre, invece, la prova di un fatto dinamico cioè che la società abbia continuato in realtà ad operare - e dunque ad esistere - pur dopo l’avvenuta cancellazione dal registro. cfr. in motivazione Cass. 6070/2013 . 5. Applicando al caso in esame i principi sinora richiamati, si osserva quanto segue. 5.1. L’azione revocatoria proposta postulava il litisconsorzio necessario fra la società alienante Imperium snc e quella acquirente Eusonia srl . La BNL, parte attrice, ha correttamente istaurato il contraddittorio nei confronti della seconda società nei confronti della prima ha notificato l’atto con procedimento apparentemente corretto, visto che esso è stato ricevuto presso la sede legale, senza alcun apprezzabile rilievo da parte dell’ufficiale giudiziario sulla regolarità della ricezione e sulla operatività della società ed, a ciò, è seguito anche il conferimento del mandato al difensore da parte dell’amministratore qualificatosi come suo legale rappresentante. 5.2. Tali circostanze - la seconda delle quali può certamente essere considerata, all’interno del percorso processuale, come un fatto dinamico hanno impedito anche al giudice di primo grado, tenuto a verificare ab initio la regolarità del contraddittorio, di rilevare il difetto di soggettività di uno dei litisconsorti, inducendolo a provvedere, solo successivamente alla precisazione delle conclusioni, attraverso la rimessione della causa sul ruolo a seguito di tale incombente, tuttavia, non veniva dato positivo riscontro alla legittima richiesta di integrazione nei confronti dei soci avanzata dalla difesa della Banca ma, comunque, rientrante fra i doveri ufficiosi del giudice, prescritti dall’art. 183 c.p.c., comma 1 che, secondo i principi sopra richiamati, erano i successori illimitatamente responsabili ai quali si erano trasmessi i rapporti giuridici facenti capo alla società dichiarata estinta. 6. Tanto premesso, la censura proposta con il primo motivo è fondata proprio rispetto alla dedotta violazione di legge, con riferimento agli artt. 102 e 183 c.p.c., ed art. 2901 c.c 6.1. La Corte territoriale, infatti, ha fondato la propria decisione su una acritica applicazione del principio di diritto affermato dall’arresto portato da Cass. SSUU 6070/2013 la cui portata innovativa - certamente condivisibile - deve essere declinata alla luce del caso concreto e, soprattutto, va interpretata in sintonia con gli altri principi di diritto sopra richiamati in materia di litisconsorzio necessario nell’azione revocatoria cfr., in primis, Cass. SSUU 9523/2010 che, in ragione della corretta instaurazione del giudizio nei confronti di uno dei soggetti convenuti, avrebbero dovuto imporre, a seguito della formale acquisizione della notizia dell’estinzione dell’altro litisconsorte e della remissione della causa sul ruolo, di fissare un termine per l’instaurazione del contraddittorio nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, personalmente succeduti alla società. 6.2. In buona sostanza, i principi di economia processuale e del giusto processo nonché quello della ragionevolezza i quali, come regole generali, devono informare. l’attività ermeneutica in punto di integrazione del contraddittorio non risulta estraneo al caso concreto il percorso argomentativo di Cass. SSUU 1238/2005 e di Cass. 1743/2013, in materia di integrazione del contraddittorio nell’ipotesi di cui all’art. 331 c.p.c. avrebbero imposto di contemperare il senso del principio pronunciato da Cass. SSUU 6070/2013 al fine di garantire la certezza dei rapporti giuridici con l’esigenza di evitare che la sua applicazione, caratterizzata oltretutto nel caso concreto dall’overruling, potesse dare luogo ad una eterogenesi dei fini. 7. La sentenza della Corte d’Appello, pertanto, deve essere cassata e, riscontrandosi la nullità del giudizio di primo grado per mancata corretta integrazione del contraddittorio, la controversia deve essere rinviata, ex art. 354 c.p.c., e art. 383 c.p.c., comma 3, al Tribunale di Roma, in diversa composizione, che dovrà provvedere al suo complessivo riesame alla luce dei seguenti preliminari principi di diritto in tema di azione revocatoria, il creditore che agisca in giudizio evocando, come litisconsorti ex art. 102 c.p.c., la società debitrice alienante e quella acquirente del bene oggetto del contratto del quale è stata domandata l’inefficacia, ha diritto - ove sia stato costituito regolarmente il contraddittorio nei confronti di una delle due società ma l’altra si sia estinta con cancellazione dal registro delle imprese anche in data antecedente alla notifica dell’atto di citazione - ad integrare il contraddittorio nei confronti dei soci di quest’ultima i quali succedono alla società stessa. Il creditore, infatti, può conseguire un titolo esecutivo, per un credito insorto pendente societate , anche dopo la sua estinzione, dovendosi intendere legittimati passivi alla corrispondente domanda i singoli soci i quali succedono alla società nei medesimi rapporti, così da rispondere delle sue obbligazioni, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti nel corso della sua attività, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente . il giudice, ove verifichi l’estinzione di una delle società litisconsorti, è tenuto, in ogni stato e grado del giudizio, a fissare un termine per la corretta instaurazione del contraddittorio nei confronti dei soci ai quali si sono trasmessi, in successione, i rapporti giuridici della società . 8. Il Tribunale provvederà anche in ordine alla decisione sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata e rinvia per il riesame della controversia al Tribunale di Roma,- in persona di diverso giudice, che provvederà anche in relazione alle spese del giudizio di legittimità.