Multa notificata all’estero: raccomandata con avviso di ricevimento per il reg. CE 1393/2007

È rituale la notificazione eseguita dal Comune italiano che, in applicazione del regolamento CE n. 1393/2007, ha proceduto a mezzo posta, ed in applicazione delle modalità dettate dall’art. 201 c.d.s., a notificare il verbale di accertamento della violazione amministrativa elevato a carico del trasgressore straniero, restando esclusa l’applicazione dell’anteriore Convenzione di Strasburgo del 24 novembre 1997.

Lo ha precisato la III Sezione Civile della Suprema Corte di legittimità, nell’ordinanza depositata il I aprile 2019, n. 9036. La vicenda. Un uomo, residente in Germania e proprietario di un’automobile con targa tedesca, veniva multato per infrazione commessa in ZTL, nel territorio di un Comune Italiano, ad opera della locale Polizia Municipale e, il relativo verbale di accertamento, gli veniva comunicato per il tramite di lettera raccomandata della EMO European Municipality Outsourcing , inviata per conto del Comune. Le doglianze dell’uomo, nei due gradi di merito, vengono respinte, quindi lo stesso adisce la Cassazione che, con l’Ordinanza depositata il I aprile 2019, n. 9036, ha ritenuto ulteriormente infondata la tesi difensiva, tuttavia fornendo alcuni preziosi chiarimenti sulle modalità di notificazione, in Stati membri della UE, di verbali di accertamento emessi da Comuni Italiani. La disciplina applicabile. Per la notificazione del verbale di accertamento, secondo la tesi difensiva, sarebbe stato necessario far luogo all’applicazione della disciplina di cui alla Convenzione di Strasburgo 24 novembre 1977, e non a quella di cui al Regolamento CE n. 1393 del 2007, la quale, pertanto, avrebbe dovuto riferirsi solamente alla notificazione di atti intercorrenti tra gli Stati membri, con conseguenze inapplicabilità delle modalità statuite all’articolo 201 del Codice della Strada, cui fa richiamo. La Cassazione rammenta che il Tribunale, in sede di appello, aveva escluso la sussistenza delle dedotte violazioni, ritenendo che, nel caso di specie, fosse stata validamente applicata la disciplina in tema di notificazioni di cui al Regolamento CE n. 1393/2007. Il Regolamento CE. Il Regolamento in questione, disciplinante la notificazione e la comunicazione, negli Stati membri, degli atti giudiziari ed extra giudiziali in materia civile e commerciale, ovvero di notificazione o comunicazione degli atti, che risulta applicabile alla fattispecie de qua, prevede all’articolo 14, che ogni Stato membro ha facoltà di notificare e comunicare atti giudiziari, alle persone residenti in altro Stato membro, direttamente tramite i servizi postali, attraverso lettera raccomandata con ricevuta di ritorno o mezzo equivalente. A ciò si aggiunga che l’articolo 16 prevede che gli atti extragiudiziali possono essere trasmessi, ai fini della notificazione e della comunicazione in altro Stato membro, a norma delle disposizioni dello stesso Regolamento. L’orientamento di legittimità. In linea con la costante giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, dal disposto dell’articolo 16 deriva la sostanziale estensione delle norme relative agli altri atti, oggetto dell’articolo 14. Lo stesso orientamento aggiunge inoltre che, grazie al criterio della semplificazione e del reciproco affidamento degli ordinamenti dei singoli Stati membri dell’Unione Europea, anche tali facoltà devono considerarsi poste su di un piano di piena equivalenza, e perfetta equipollenza, rispetto alle altre, e che il relativo esercizio non può soffrire limitazioni di sorta, né di interpretazioni che ne comportino la vanificazione. Il criterio ispiratore della menzionata disciplina europea è, più in particolare, quello della reciproca fiducia nell’efficienza e nella sufficienza del semplice servizio postale per la comunicazione la notificazione degli atti, quando si tratta di rapporti tra Stati membri. Consegue che non è possibile condizionare la validità della notifica o comunicazione a mezzo posta, collegata, dalla norma comunitaria, alla semplice modalità della lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, ad un ulteriore requisito, quale quello dell’applicazione, all’estero, di modalità previste da particolari leggi nazionali in materia di notificazioni a mezzo posta. Ciò, infatti, comporterebbe una non consentita vanificazione della facoltà alternativa concessa dall’articolo 14 del Regolamento in questione. Consegue, ulteriormente, che devono essere osservate solo le disposizioni dello Stato membro ove la comunicazione o la notificazione deve essere eseguita, che siano dettate rispetto alle definizioni usuali di posta raccomandata, in modo speciale per le concrete modalità di esecuzione dei singoli atti previsti dalla legislazione di quel singolo stato. E ciò anche per l’impossibilità di pretendere che il funzionario postale di un altro stato applichi norme di un ordinamento che, per lui stesso, rimane estraneo in quanto straniero, come quello, peculiare, di un altro Stato membro. Ne discende che correttamente, il Comune, in applicazione del Regolamento CE n. 1393/2007, ha proceduto a notificare ritualmente, a mezzo posta, applicando le modalità dettate dall’articolo 201 del Codice della Strada, il verbale di accertamento della violazione amministrativa elevato a carico del ricorrente straniero, rimanendo in tal modo esclusa l’applicazione dell’anteriore Convenzione di Strasburgo del 24 novembre 1997. Il precedente. E’ lo stesso giudice di legittimità che richiama, come precedente, la pronuncia della III Sezione civile del 22 maggio 2015, n. 10543 e dove, parimenti in materia di notificazione, seppur di un titolo esecutivo anziché di un verbale di accertamento, veniva peraltro statuito che In materia di circolazione intereuropea di titoli esecutivi, la notificazione di un titolo esecutivo italiano eseguita, in uno degli altri Stati membri dell’Unione europea esclusa la Danimarca , a mezzo posta, è rituale in applicazione degli artt. 14 o 15 del regolamento comunitario del 13 novembre 2007, n. 1393/2007/CE ”.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 12 dicembre 2018 – 1 aprile 2019, n. 9036 Presidente D’Ascola – Relatore Scalisi Fatti di causa e ragioni della decisione S.M.A. , con ricorso proponeva opposizione, dinanzi al Giudice di Pace di Firenze, avverso il presunto verbale di contravvenzione del C.d.S. n. omissis , del 7/10/2013, elevato nei suoi confronti dalla Polizia Municipale di Firenze e comunicatogli a mezzo lettera raccomandata dalla E.M.O., European Municipality Outsourcing, divisione della Nivi Credit S.r.l., per conto del Comune di Firenze. Il ricorrente deduceva, quali motivi di opposizione, la nullità del verbale per inesistenza della notifica dello stesso, la decadenza per decorrenza dei termini di legge, la mancata prova della commissione dell’inflazione e, infine, l’erroneità dell’importo richiesto quale sanzione. Il Comune di Firenze si costituiva doc. n. 4 chiedendo la reiezione dell’opposizione. La causa veniva istruita mediante deposito di documenti memorie. All’udienza del 29/10/2015, il giudice dava lettura del dispositivo della sentenza n. 4176/2015 doc. n. 5 , con la quale dichiarava l’inesistenza della procura notarile agli atti. La sentenza veniva impugnata dal S. con ricorso fondato sui seguenti motivi di gravame 1 violazione e falsa applicazione dell’art. 182 c.p.c., comma 2 violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. 2 violazione e falsa applicazione dell’art. 83 c.p.c., commi 2 e 3 infine, mancato esame, da parte del giudice di primo grado, degli altri motivi di ricorso. Il Comune di Firenze si costituiva doc. n. 7 eccependo l’inammissibilità dell’appello per nullità della procura chiedendo, nel merito, in via principale, la reiezione dell’appello in via subordinata, la reiezione dell’opposizione al verbale. Rilevato il vizio della procura, il giudice, su istanza dell’appellante, concedeva il termine ex art. 182 c.p.c., comma 2, per la sanatoria e disponeva rinvio per discussione orale all’udienza del 21/6/2017, alla quale tratteneva la causa in decisione. il Tribunale di Firenze con sentenza n. 2249/2017 respingeva l’appello. Secondo il Tribunale, nel caso di specie l’instaurazione del giudizio di opposizione comprova senza alcun dubbio l’avvenuta conoscenza dell’atto amministrativo da parte del suo destinatario nonché la piena realizzazione del suo diritto di difesa. Dalla fotografia prodotta dal convenuto appellato risultava che la macchina con targa tedesca intestata all’appellante attraversava il varco ZTL omissis senza che sia stato dimostrato alcun titolo legittimante. La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da S.M.A. con ricorso affidato a tre motivi. Il Comune di Firenze in questa fase non ha svolto attività giudiziale. Le parti hanno depositato memorie. S.M.A. lamenta a Con il primo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 142 c.p.c., comma 2 e dell’art. 10 Cost., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo il ricorrente il Tribunale avrebbe errato nel ritenere che il Comune avesse effettuata la notifica del presunto verbale correttamente non tenendo conto dell’art. 142 c.p.c., comma 2, che prevede che le disposizioni di cui al comma 1 si applicano soltanto nei casi in cui risulta impossibile eseguire la notificazione in uno dei modi consentiti dalle Convenzioni internazionali e dal D.P.R. n. 5 gennaio 1967, n. 200, artt. 30 e 75. b Con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c., comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1. In particolare, il ricorrente lamenta l’erronea applicazione della norma citata, giacché quand’anche si fosse voluto affermare che la notifica a mezzo del servizio postale non poteva essere effettuata, il giudice del gravame ha ritenuto che il vizio non dava luogo ad un’ipotesi di inesistenza della stessa, ma solo a nullità della notifica, sanata ai sensi dell’art. 156 c.p.c., avendo essa raggiunto il suo scopo, in palese violazione del divieto posto dall’ordinamento tedesco c Con il terzo motivo la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 6 e 11 comma 2 della Convenzione di Strasburgo 24 novembre 1977, dell’art. 201 C.d.S., comma 1 e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, comma 3, in relazione all’art. 3650 c.p.c., comma 1, n. 3. In particolare il ricorrente lamenta la mancata notifica ai sensi della Convenzione di Strasburgo, art. 11, comma 2, della la cui mancata osservanza comporterebbe l’inesistenza della notifica. E non essendovi mais tata la notifica il Tribunale avrebbe dovuto ritenere decorso l’ampio termine di 360 giorni di cui all’art. 201 C.d.S., entro il quale il verbale avrebbe dovuto essere notificato al trasgressore. Su proposta del relatore, il quale riteneva che i motivi formulati con il ricorso potevano ritenersi infondati, con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1 , il Presidente ha fissato l’adunanza della Camera di Consiglio. Rileva il collegio che il ricorso, con riferimento a tutte e due le avanzate censure, deve essere ritenuto infondato, in tal senso trovando conferma la proposta già formulata dal relatore, ai sensi del citato art. 380-bis c.p.c 1. Infondati sono i tre motivi richiamati, che per la loro connessione vanno esaminati congiuntamente. Come evincibile dalle tre censure la difesa della parte ricorrente ha propriamente contestato che, nella fattispecie, ai fini della notificazione del verbale di accertamento originariamente opposto, sarebbe stato necessario - allo scopo di ravvisare la ritualità ed effettiva validità dell’inerente attività notificatoria - far luogo all’applicazione della disciplina prevista specificamente per la materia degli atti amministrativi di cui alla Convenzione di Strasburgo 24 novembre 1997 e non di quella contemplata dal Regolamento CE n. 1393/2007 invece ritenuta legittimamente osservata dal giudice di appello , che - ove fosse stata ritenuta eventualmente applicabile - avrebbe dovuto riferirsi soltanto alle notificazioni di atti intercorrenti tra gli Stati membri, con conseguente inapplicabilità, in ogni caso, delle modalità stabilite dal D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 201 C.d.S. . Orbene, confutando le ragioni dell’appello prospettate dall’attuale ricorrente, il Tribunale di Firenze ha convincentemente e legittimamente escluso - sulla scorta dei pregressi arresti della giurisprudenza di questa Corte dai quali non si ha motivo per discostarsi - la sussistenza delle dedotte violazioni, reiterate con i primi tre motivi del ricorso nella presente sede di legittimità. Infatti, il giudice di appello ha correttamente ritenuto che, nel caso di specie, fosse stata validamente applicata la disciplina delle notificazioni così come prevista dal Regolamento CE n. 1393/2007. A tal proposito si evidenzia che - come già rimarcato con la sentenza di questa Corte n. 11140/2015 - il Regolamento CE n. 1393/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale, ovvero di notificazione o comunicazione degli atti , che abroga il regolamento CE n. 1348/2000 del Consiglio, applicabile alla fattispecie, prevede espressamente, al suo art. 14, che ciascuno Stato membro ha facoltà di notificare o comunicare atti giudiziari alle persone residenti in un altro Stato membro direttamente tramite i servizi postali, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno o mezzo equivalente. Va, poi, precisato che il successivo art. 16 prevede, altresì, che gli atti extragiudiziali possono essere trasmessi ai fini della notificazione o della comunicazione in un altro Stato membro, a norma delle disposizioni del presente regolamento da qui - secondo la pregressa condivisa giurisprudenza di questa Corte - deriva la sostanziale estensione delle norme relative agli altri atti, oggetto delle precedenti previsioni, tra cui appunto l’art. 14. È stato, poi, aggiunto che in virtù del criterio di semplificazione e, soprattutto, di quello di reciproco affidamento degli ordinamenti dei singoli membri dell’Unione, che ispira ormai da tempo più che apprezzabile la legislazione processualcivilistica comunitaria prima ed Eurounitaria poi e che comunque pervade anche il Regolamento in esame secondo quanto si ricava dai primi considerando al testo premessi, soprattutto il 7, il 9 e il 15 , tale facoltà deve considerarsi posta su di un piano di piena equivalenza o perfetta equipollenza rispetto alle altre considerando n. 17 ed il suo esercizio non può soffrire, senza violare la lettera e lo spirito della disposizione regolamentare abilitativa, limitazioni di sorta o interpretazioni che ne comportino la sostanziale vanificazione infatti, il criterio ispiratore è quello della massima reciproca fiducia nell’efficienza e nella sufficienza del semplice servizio postale per la comunicazione o la notificazione degli atti, quando si tratta di rapporti tra due Stati membri. Almeno in quest’ambito, deve allora considerarsi sufficiente - fino a prova del contrario così garantendosi il diritto del destinatario , nei limiti però in cui la legge dello Stato membro in cui l’attività richiesta si espleta unica ad applicarsi, per principi generali confermati da tutte le disposizioni procedurali di volta in volta emanate lo consente - la cura con cui normalmente si esplica quel servizio a fondare il reciproco affidamento sulla funzionalità delle operazioni e sulla loro idoneità a garantire un’efficace tutela di entrambi i soggetti coinvolti, il mittente e il destinatario dell’atto. Da tutto ciò consegue che non è allora possibile condizionare la validità della notifica o comunicazione a mezzo posta, collegata dalla norma comunitaria alla semplice modalità della lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, ad un ulteriore requisito, quale l’applicazione, all’estero, di modalità previste da peculiari leggi nazionali in materia di notifiche a mezzo posta tanto comporterebbe, in sostanza, una non consentita vanificazione della chiara ed univoca facoltà alternativa concessa dall’art. 14 del Regolamento. Andranno, ovviamente, osservate solo le disposizioni dello Stato membro nel quale la comunicazione o notificazione deve essere eseguita, che siano dettate, rispetto alle definizioni usuali di posta raccomandata, in modo speciale per le concrete modalità di esecuzione dei singoli atti previsti dalla legislazione di quello Stato anche - o se non altro - per l’intuitiva impossibilità di pretendere che un funzionario postale di altro Stato applichi norme di un ordinamento che comunque, sul punto, rimane per lui straniero, quale quello peculiare di altro Stato membro dell’Unione, nella parte eccedente le disposizioni di rango Eurounitario immediatamente applicabili. Correttamente, pertanto, nella specie il Comune di Firenze - in applicazione del Regolamento CE n. 1393/2007 che si estende sia agli atti giudiziari e che a quelli amministrativi ha proceduto a notificare ritualmente, a mezzo posta, con le modalità previste dall’art. 201 C.d.S., il verbale di accertamento della violazione amministrativa elevato a carico del ricorrente cfr. anche Cass. n. 10543/2015 , con ciò rimanendo escluse le violazioni dallo stesso dedotte con i tre motivi rimanendo inapplicabile, nella fattispecie, la precedente Convenzione di Strasburgo del 24 novembre 1977 . Cass. 22586/22587 del 2018 22000/18 . In definitiva il ricorso va rigettato, il ricorrente va condannato a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio che vengono liquidate con il dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 , applicabile ratione temporis essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013 , ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, in solido, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, condanna la parte ricorrente a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio che liquida in Euro 700,00 di cui Euro 100,00 per esborsi oltre accessori come per legge, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1 bis.