Autovelox fisso e classificazione delle “strade urbane di scorrimento”

Nell’ambito di una controversia originata dall’opposizione ad un verbale per violazione dei limiti di velocità, la Suprema Corte coglie l’occasione per ribadire i requisiti necessari per l’installazione di apparati di rilevamento automatico delle infrazioni al codice della strada sulle strade urbane di scorrimento, precisando il concetto di intersezioni”.

Sul tema la sentenza n. 8934/19, depositata dalla Corte di Cassazione il 29 marzo. Il caso. Un automobilista proponeva opposizione al verbale di accertamento della violazione stradale del superamento del limite di velocità rilevato da un impianto autovelox situato in postazione fisse lungo un viale della città di Firenze. Il Giudice di Pace accoglieva l’opposizione ma il Tribunale ribaltava la decisione ritenendo sufficienti l’indicazione della via e del numero civico per indicare il luogo della violazione e la direzione di marcia del veicolo, osservando inoltre che la classificazione della strada come strada urbana di scorrimento” costituisce espressione di discrezionalità tecnica della PA non sindacabile dal giudice ed infine che quel viale poteva essere inserito nell’elenco prefettizio delle strade urbane di scorrimento perché a due corsie per senso di marcia, separate da spartitraffico con banchina, marciapiedi e intersezioni a raso regolate da semaforo. Avverso tale pronuncia, propone ricorso in Cassazione il soccombente contestando la qualificazione di strada urbana di scorrimento”. Individuazione delle strade urbane di scorrimento”. La Corte coglie l’occasione per ricordare che l’art. 4 d.l. n. 121/2002 prevede che sulle autostrade, sulle strade extraurbane principali e sulle altre strade di cui all’art. 2, comma 2, lett. c e d , c.d.s., da individuare con apposito decreto prefettizio, possono essere impiegati ed installati dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni del codice della strada. La lett. d del citato comma 2 si riferisce in particolare alle strade urbane di scorrimento” ovvero quelle strade a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico, ciascuna con almeno due corsie di marcia, ed una eventuale corsia riservata ai mezzi pubblici, banchina pavimentata a destra e marciapiedi, con le eventuali intersezioni a raso semaforizzate per la sosta sono previste apposite aree o fasce laterali esterne alla carreggiata entrambe con immissioni ed uscite concentrate . La giurisprudenza consolidata afferma che il decreto prefettizio di individuazione di tali strade si compone di una parte a contenuto vincolare relativa alla sussistenza concreta dei requisiti minimi appena descritti, ed una seconda parte a carattere discrezionali relativa all’individuazione di specifiche strade, o tratti di esse, lungo le quali autorizzare l’installazione di postazioni fisse di rilevamento della velocità. In relazione alla censura circa l’inesistenza di una banchina laterale a delimitazione della carreggiata, gli Ermellini ricordano che il codice della strada non prevede una misura minima per la banchina, in quanto rientra nella struttura fisica della strada ed è destinata alla circolazione dei pedoni e si trova infatti oltre la linea continua destra che delimita proprio la carreggiata. Infine, in relazione alla regolazione semaforica delle intersezioni, erroneamente il giudice di merito ha ritenuto che si ha un’intersezione solo in presenza di un incrocio in cui i veicoli attraversano la strada per intero. Secondo la definizione del codice della strada, è infatti ininfluente tale elemento, essendo invece sufficiente che le due direttrici di traffico, ossia quella lungo la strada principale e quella proveniente dalla secondaria, impegnino un’area comune. La Corte afferma dunque il principio per cui per intersezione si intende qualsiasi incrocio, confluenza o attraversamento tra due o più strade contraddistinto dall’esistenza di un’area comune alle medesime, indipendentemente dalla provenienza e dalla direzione delle varie direttrici di traffico insistenti sulle predette strade. Ai fini della legittimità dell’installazione di apparati di rilevamento automatico delle infrazioni al codice della strada sulle strade urbane di scorrimento, o tratti di esse, individuati da apposito provvedimento prefettizio, non rilevano eventuali intersezioni non semaforizzate interessanti il solo controviale, a condizione che l’apparato automatico interessi soltanto la sede centrale del viale di scorrimento . In conclusione, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 8 gennaio – 29 marzo 2019, n. 8934 Presidente Manna – Relatore Oliva Fatti di causa S.R. proponeva opposizione al verbale di accertamento di infrazione al Codice della strada elevato nei suoi confronti per superamento del limite di velocità, rilevato da impianto autovelox in postazione fissa situato lungo il viale omissis . Con sentenza n. 2739/2011 il Giudice di Pace di Firenze accoglieva l’opposizione ritenendo non sufficientemente indicato il luogo della violazione. Interponeva appello il Comune di Firenze e il Tribunale di Firenze, con la sentenza oggi impugnata n. 1530/2013, riteneva che l’indicazione di via e numero civico fossero sufficienti sia ad individuare il punto della violazione, sia la direzione di marcia del veicolo con riferimento in particolare ai numeri civici pari e dispari che non fosse necessaria la taratura dello strumento ai sensi della L. n. 273 del 1991 che l’autovelox fosse segnalato da apposito segnale di avviso. Il Tribunale osservava inoltre che la classificazione della strada come strada urbana di scorrimento costituisce espressione di discrezionalità tecnica della P.A. e non è sindacabile dal giudice, che può al massimo disapplicare il provvedimento in presenza di un vizio di legittimità, ma non sostituirsi alla valutazione discrezionale della P.A. Il giudice di appello riteneva ancora che il viale Gramsci poteva essere inserito nell’elenco prefettizio delle strade urbane di scorrimento perché a due corsie per ogni senso di marcia, separate da spartitraffico, con banchina e marciapiedi ed intersezioni a raso regolate da semafori. In particolare, secondo il Tribunale si devono considerare intersezioni solo gli incroci che permettono di immettersi da una via laterale in ambedue i sensi di marcia della via principale, e non le semplici immissioni nello stesso senso di marcia. Il viale Gramsci è poi dotato di aree per il parcheggio esterne alla carreggiata accessibili dal controviale e di una banchina, ancorché in alcuni tratti interrotta, e quindi presenta tutte le caratteristiche previste per poter essere considerato strada urbana di scorrimento . Propone ricorso per la cassazione di detta decisione S.R. , affidandosi ad un unico articolato motivo. Resiste con controricorso il Comune di Firenze. Con ordinanza interlocutoria del 25.9.2018 il ricorso, inizialmente chiamato in camera di consiglio, è stato avviato alla pubblica udienza. Il Comune di Firenze ha depositato memoria già prima dell’adunanza camerale del 25.9.2018. Ragioni della decisione Con l’unico motivo di ricorso, articolato in diversi profili, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perché il Tribunale avrebbe erroneamente affermato che la Pubblica amministrazione avrebbe piena e incondizionata discrezionalità di estendere, attraverso lo strumento del decreto prefettizio, la normativa prevista per le strade urbane di scorrimento ad altre strade, in realtà non previste delle caratteristiche specifiche previste dal Codice della strada. Nello specifico, il Tribunale non avrebbe ravvisato che il viale non era dotato delle caratteristiche richieste dall’art. 2 C.d.S., comma 3, per poter essere considerato strada urbana di scorrimento . Di conseguenza, lungo detto viale non avrebbe potuto essere installata la postazione fissa autovelox con la quale era stata rilevata l’infrazione oggetto di contestazione. In particolare, ad avviso del ricorrente il viale non sarebbe dotato di banchine laterali pavimentate, tale non potendosi definire il ridotto spazio in concreto esistente oltre la linea di delimitazione destra della carreggiata, anche per effetto della presenza di ostacoli quali aiuole, alberi, segnaletica di vario genere. Inoltre, il ricorrente deduce che il viale sarebbe contraddistinto da una serie di intersezioni a raso non regolate da semafori. Sul punto, S. contesta l’interpretazione riduttiva resa dal Tribunale di Firenze, secondo la quale per intersezione dovrebbe intendersi soltanto la situazione in cui una laterale, attraversando quella principale, obbliga il veicolo transitante su quest’ultima ad arrestarsi, e non anche la semplice confluenza tra due vie, ancorché con flussi di traffico tra loro non necessariamente configgenti. Infine, il ricorrente eccepisce che il tratto del viale nel quale in concreto è situato l’autovelox di cui è causa non sarebbe stato adeguatamente indicato nel decreto prefettizio contenente l’autorizzazione all’installazione delle postazioni fisse di rilevamento della velocità dei veicoli. La censura, nelle due diverse articolazioni, è in parte inammissibile e in parte infondata. Occorre premettere che il D.Lgs. 20 giugno 2002, n. 121, art. 4, prevede che sulle autostrade, sulle strade extraurbane principali e sulle altre strade, o tratti di esse, di cui all’art. 2 C.d.S., comma 2, lett. C e D, da individuare con apposito decreto dal prefetto, possano essere impiegati ed installati dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni alle norme del Codice della strada. L’art. 2 comma 2 lettera D si riferisce alle strade urbane di scorrimento , ovverosia -secondo la definizione contenuta nel comma 3, della medesima disposizione alle strade a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico, ciascuna con almeno due corsie di marcia, ed una eventuale corsia riservata ai mezzi pubblici, banchina pavimentata a destra e marciapiedi, con le eventuali intersezioni a raso semaforizzate per la sosta sono previste apposite aree o fasce laterali esterne alla carreggiata, entrambe con immissioni ed uscite concentrate . Ciò posto, la prima censura mossa dal ricorrente è inammissibile, posto che la sentenza impugnata non afferma affatto l’esistenza di una discrezionalità piena della Pubblica amministrazione nell’individuazione delle strade, o tratti di esse, interessate dall’installazione di apparati autovelox, ma si limita a richiamare, peraltro correttamente, la giurisprudenza di questa Corte Cass. Sez.2, Sentenza n. 7872 del 06/04/2011 Rv.617361 conforme, Cass. Sez.2, Ordinanza n. 5532 del 06/03/2017, Rv.643170 secondo cui il decreto prefettizio si compone di due parti, la prima delle quali a contenuto vincolato, consistente nella verifica della sussistenza, in concreto, dei requisiti minimi previsti per la qualificazione di una strada come strada urbana di scorrimento , e la seconda invece a carattere discrezionale, rappresentata dalla individuazione delle specifiche strade, o tratti di esse, lungo i quali tenendo conto del tasso di incidentalità, delle condizioni strutturali, piano altimetriche e di traffico per le quali non è possibile procedere al fermo di un veicolo senza recare pregiudizio alla sicurezza della circolazione, alla fluidità del traffico o all’incolumità degli agenti operanti e dei soggetti controllati sia opportuno autorizzare l’installazione di postazioni fisse di rilevamento della velocità. La seconda censura, relativa all’inesistenza della banchina laterale o meglio, più in generale, all’inidoneità dello spazio esistente a destra della linea di delimitazione della carreggiata ad essere considerato come banchina non è fondata per due distinti, ma convergenti, profili. Innanzitutto il Codice della strada non prevede una misura minima della banchina, che viene definita soltanto come la parte della strada compresa tra il margine della carreggiata ed il più vicino tra i seguenti elementi longitudinali marciapiede, spartitraffico, arginello, ciglio interno della cunetta, ciglio superiore della scarpata nei rilevati . In secondo luogo, la banchina non ha affatto la funzione di limitare gli effetti negativi sullo svolgimento del traffico ipotizzata dal ricorrente cfr. pag. 6 del ricorso , posto che essa rientra nella struttura fisica della strada ed è destinata normalmente alla circolazione dei pedoni essa,in via eccezionale e qualora le esigenze del traffico lo impongano, può essere utilizzata dai conducenti dei veicoli. Di conseguenza,ove per l’angustia della carreggiata l’incrocio tra veicoli sia inattuabile normalmente, i conducenti, per evitare la collisione, ben possono spostare il mezzo condotto sulle banchine esistenti al lato della strada Cass. Sez.4 penale, Sentenza n. 809 del 10/05/1967 Ud., dep. 29/11/1967, Rv. 106156 conforme, Cass. Sez. 4 penale, Sentenza n. 4139 del 18/03/1988 Ud., dep. 01/04/1988, Rv. 178046 . Ne consegue che la banchina non è destinata al transito dei veicoli, bensì dei pedoni ed in effetti l’art. 190 C.d.S., nel disciplinare il comportamento dei pedoni, prevede espressamente, al comma 1, che I pedoni devono circolare sui marciapiedi, sulle banchine, sui viali e sugli altri spazi per essi predisposti qualora questi manchino, siano ingombri, interrotti o insufficienti, devono circolare sul margine della carreggiata opposto al senso di marcia dei veicoli in modo da causare il minimo intralcio possibile alla circolazione . Ne discende che la banchina è normalmente esclusa dall’area della strada destinata a ricevere il traffico veicolare. Del resto, essa da una parte si trova oltre la linea continua destra che ha proprio la funzione di delimitare la carreggiata e, dall’altra parte, serve proprio come zona di sicurezza per il transito pedonale e per impedire che il traffico pesante, impegnando il margine della massicciata stradale, ne rovini il ciglio. La circostanza che sia ammesso, occasionalmente, l’utilizzo della banchina per eventuali soste di emergenza dei veicoli non ne muta la destinazione, posto che ciò è consentito al solo scopo di non recare intralcio al traffico veicolare. La terza censura, concernente la natura della intersezione , è infondata nei limiti di seguito descritti. In linea di principio, va affermata l’erroneità della tesi propugnata dal Tribunale, secondo cui si ha intersezione soltanto quando vi sia un incrocio in cui i veicoli attraversano la strada che incrociano in parte o per intero. In parte quando possono prendere la corsia sul lato opposto a quello da cui si inseriscono, per intero quando la strada di provenienza prosegue dopo l’incrocio cfr. pag. 9 della sentenza impugnata . In effetti il Codice della strada definisce l’intersezione a raso, o a livello, come l’area comune a più strade, organizzata in modo da consentire lo smistamento delle correnti di traffico dall’una all’altra di esse ne deriva l’assoluta irrilevanza del fatto che i veicoli provenienti dalla strada laterale possano attraversare la strada principale in tutto o in parte, essendo – viceversa sufficiente che le due direttrici di traffico, ossia quella presente lungo la strada principale e quella proveniente dalla via secondaria intersecante, impegnino un’area comune. Ne consegue che non soltanto l’attraversamento, ma anche l’intersezione a T o ad Y e la semplice confluenza costituiscono intersezioni secondo la definizione del Codice della strada. Tuttavia nel caso specifico l’errore in cui è incorso il Tribunale non ha effetto sulla decisione finale, posto che il ricorrente non contesta la circostanza che il viale sia dotato di controviali, ovverosia di corsie laterali, delimitate da aiuole o spartitraffico rispetto al viale centrale, destinati a ricevere e regolare i flussi di traffico locale salvaguardando la direttrice principale di scorrimento. Di conseguenza qualsiasi intersezione non può che interessare il controviale, e non il viale centrale, proprio per effetto della separazione tra dette porzioni della sede stradale. Di conseguenza, la presenza di intersezioni non semaforizzate tra strade laterali e controviale del viale non spiega alcuna rilevanza sulla legittimità dell’installazione dell’apparato autovelox, posto che esso interessa il solo viale centrale, e non i controviali, del viale . Da quanto precede può farsi discendere l’affermazione del seguente principio di diritto Per intersezione si intende qualsiasi incrocio, confluenza o attraversamento tra due o più strade contraddistinto dall’esistenza di un’area comune alle medesime, indipendentemente dalla provenienza e dalla direzione delle varie direttrici di traffico insistenti sulle predette strade. Ai fini della legittimità dell’installazione di apparati di rilevamento automatico delle infrazioni al Codice della strada sulle strade urbane di scorrimento, o tratti di esse, individuati da apposito provvedimento prefettizio, non rilevano eventuali intersezioni non semaforizzate interessanti il solo controviale, a condizione che l’apparato automatico interessi soltanto la sede centrale del viale di scorrimento . La quarta censura, concernente l’insufficiente e generica indicazione, nell’ambito del decreto prefettizio, del tratto del viale nel quale in concreto è situato l’autovelox, non è fondata. La sentenza impugnata individua infatti con precisione il tratto interessato dall’autovelox, dando atto che esso è compreso tra omissis e omissis , in direzione verso quest’ultimo cfr. pag. 9 . Nessuna incertezza, pertanto, sussiste circa l’individuazione della porzione interessata al controllo automatico delle infrazioni al Codice della strada. In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. Poiché il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 quater, del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del grado, che liquida in Euro 1.100 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1 bis, dello stesso art. 13.