In mediazione le parti possono delegare anche il proprio avvocato...

Come era facilmente prevedibile la sentenza n. 8473 emessa dalla Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione il 27 marzo 2019 ha aperto un ampio dibattito nel mondo della mediazione in quanto è intervenuta su due degli aspetti più problematici del procedimento di mediazione obbligatoria e rispetto ai quali, da tempo, si è formato un ampio dibattito tra gli addetti ai lavori.

In primo luogo, per la Suprema Corte la parte che sarebbe auspicabile partecipasse personalmente può delegare un rappresentante sostanziale a partecipare al procedimento di mediazione e questo rappresentante sostanziale ben può essere anche il suo avvocato. In secondo luogo, il procedimento di mediazione obbligatoria può arrestarsi anche al primo incontro ciò nonostante la condizione di procedibilità dovrà intendersi assolta. C’è chi, come me, ha salutato con favore la sentenza della Suprema Corte perché ha ristabilito il primato della legge sull’interpretazione creativa seppur a fin di bene di parte della giurisprudenza come quella di Firenze seguita, ad esempio da Vasto , c’è chi ha criticato la Cassazione perché non avrebbe compreso la ratio delle norme in realtà ben compresa e che con i principi di diritto affermati probabilmente diminuiranno il numero delle mediazioni che supereranno il primo incontro ancorché questo, però, sia il compito del legislatore e chi, infine, tenta di limitare gli effetti della sentenza affermando che essa richiederebbe la delega notarile per conferire la procura al rappresentante e che, comunque, non si applicherebbe alla mediazione demandata . Tutto nasce nel 2013. Prima di esaminare la sentenza è bene, però, prendere le mosse dall’origine o, meglio, dalla riforma del 2013 che, dopo aver sanato il peccato originario di incostituzionalità, reintrodusse l’obbligatorietà della mediazione. Ma quella legge – come, del resto, tutte – è stata il punto di equilibrio – inutile negarlo - tra più esigenze quasi una mediazione per la mediazione”. Tra le varie norme del testo del decreto legislativo – con le norme originarie e quelle introdotte nel 2013 – vi è l’articolo 8 secondo cui al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l'assistenza dell'avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento”. L’avvocato può delegare anche l’avvocato. Il dibattito che si è aperto ha riguardato la possibilità che la parte potesse delegare un terzo alla partecipazione. Secondo molti questa possibilità doveva ritenersi preclusa ovvero limitata a casi eccezionali perché se la mediazione deve valorizzare gli interessi sottostanti, l’assenza della parte avrebbe portato a sedere al tavolo un intermediario” che poteva non essere a conoscenza dei fatti e degli interessi e, quindi, in ultimo, che avrebbe reso quantomeno più difficile il raggiungimento di un accordo. Per rafforzare, poi, questa chance di poter giungere all’accordo rectius per consentire al mediatore di poter lavorare parte della giurisprudenza aveva letto la norma nel senso che essa richiedeva, in ogni caso, due soggetti” per parte” l’avvocato, quindi, non avrebbe potuto essere contemporaneamente parte e assistito e ciò evidentemente – mi verrebbe da dire - per una certa sfiducia nutrita nei confronti degli avvocati che, però, dopo il 2013 avevano proseguito un percorso per sostenere la mediazione come dimostreranno le tesi del Congresso di Rimini . In fondo, se non mi inganno – ad eccezione che per il processo penale – all’avvocato è consentito difendere se stesso e ben potrebbe quindi assistere se stesso si tratta di una scelta che però de jure condito , non spetta ad altri che al titolare del diritto e degli interessi . Oggi, la Corte di Cassazione muove dal sicuro riconoscimento che nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal d.lgs. n. 28 del 2010 e successive modifiche, è necessaria la comparizione personale delle parti davanti al mediatore, assistite dal difensore”. Segno evidente che la Cassazione ha ben compreso il senso della mediazione, tant’è che prosegue affermando che la parte non può evitare di presentarsi davanti al mediatore, inviando soltanto il proprio avvocato. Tuttavia, in applicazione dei principi generali la parte può anche farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziale, eventualmente nella persona dello stesso difensore che l’assiste nel procedimento di mediazione, purché dotato di procura sostanziale”. Il Tribunale di Vasto con la sentenza del 9 marzo 2015 aveva ritenuto che l’attività in mediazione deve essere ritenuta personalissima e, quindi, non delegabile. A me sembra – come già avevo modo di notare nell’edizione del 13 marzo 2015 - che quella tesi – come pure quella della non delegabilità all’avvocato - non può più trovare accoglimento l’art. 65 ord. giudiziario riserva alla Suprema Corte la garanzia dell’esatta ed uniforme interpretazione del diritto e cioè della funzione nomofilattica [1] . Certo è che – ne va dato atto - la diversa interpretazione secondo cui la parte deve comparire personalmente e, ove non potesse comparire, può delegare un soggetto purché non fosse l’avvocato che l’assisteva ha giocato, fino a questo momento, un importante strumento per far sì che molti incontri di mediazione potessero effettivamente svolgersi con indubbia utilità dell’istituto. A ciò, però, ostava ed osta la norma del decreto legislativo, i principi generali in materia di libertà contrattuale come oggi riconosciuti formalmente dalla Suprema Corte se si vuole superare questo in chiave di rendere più efficiente la mediazione e su questo si può certamente concordare deve intervenire il legislatore che, peraltro, per vincoli europei, è tenuto a far funzionare la mediazione come del resto l’ha fatta funzionare rendendola l’obbligatorietà il plauso del Parlamento europeo sul punto lo dimostra additando l’Italia come esempio per l’Europa . Tuttavia, la sentenza della Corte di Cassazione richiama l’interprete al rispetto del principio di legalità sebbene la diversa interpretazione possa essere più efficiente, il legislatore ha previsto diversamente. Il principio di diritto opera per tutte le forme di mediazione previste dal decreto senza distinzione tra mediazione obbligatoria ex art. 5 comma 1 bis, facoltativa o delegata. Serve una procura sostanziale quale forma dovrà avere? A questo punto occorre soffermarsi su un passaggio altrettanto importante dell’argomentazione della Suprema Corte che riguarda la procura sostanziale” che la parte deve rilasciare al rappresentante per poter partecipare alla mediazione. Quella procura sostanziale – precisa la Suprema Corte – si deve riferire allo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e [contenere] il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto” sin qui direi, nulla quaestio. Quella procura, però, si distingue dalla procura alle liti che l’avvocato autentica per poter agire in giudizio e ciò anche se il testo di quella procura contenga anche il potere di conciliare e transigere la controversia. La forma di quella procura speciale sostanziale non potrà che essere quella di una scrittura privata non autenticata. E ciò perché – in assenza di una disciplina ad hoc - la forma della procura speciale sostanziale” a mediare si determina, secondo i principi generali sulla forma degli atti, per relationem bene o male che vada la mediazione si conclude sempre e comunque con un verbale di mediazione che è una scrittura privata non autenticata il mediatore certifica le sottoscrizioni dei presenti secondo il modello della c.d. autentica minore e che non trattasi di autentica vera e propria lo si desume dall’impossibilità di procedere direttamente alla trascrizione . E questo risultato non cambia se, per avventura, Tizio e Caio decidono con il verbale di accordo di trasferire un bene immobile per il codice civile è sufficiente la scrittura privata. Per procedere alla trascrizione, invece, occorre riprodurre l’accordo davanti al notaio lì dovranno essere presenti le parti oppure il delegato dovrà avere procura notarile come l’atto che andrà a sottoscrivere . Quanto detto non è contraddetto dalla circostanza che, nel caso deciso dalla Suprema Corte, il delegato aveva i poteri conferiti con procura notarile quella procura notarile era la procura speciale alle liti rilasciata con forma notarile e che per i giudici del merito non era sufficiente perché procura alle liti a conferire il potere rappresentativo che per la Cassazione può essere liberamente” conferito. Lo spazio dei Regolamenti. Peraltro, è bene ricordare che talvolta alcuni organismi nei rispetti Regolamenti hanno previsto ma espressamente un aggravamento della forma della procura essendo richiesta la forma notarile. Questa scelta di aggravare la forma è strumentale al raggiungimento di uno specifico obiettivo rendere la vita difficile alla parte che dovrebbe andare dal notaio e sopportare il costo dell’autentica rendendo preferibile in termini economici e di tempo e comodità presentarsi personalmente in mediazione. Ed è questa per me la direzione che si potrebbe percorrere senza necessità di alterare il senso e il testo della legge per garantire maggiore efficienza alla mediazione scoraggiando la delega della partecipazione. Non occorre proseguire oltre il primo incontro – Il secondo aspetto su cui la Cassazione si è pronunciata è se, ai fini del rispetto della condizione di procedibilità è necessario che le parti partecipino soltanto al primo incontro ovvero proseguano oltre. Secondo l’art. 5 comma 2- bis , d. lgs. 28/2010 la risposta appare scontata quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo”. Senonché, la giurisprudenza di merito aveva cercato di limitare la possibilità che le parti non proseguano oltre il primo incontro di mediazione sostenendo specialmente per la mediazione delegata che il tentativo di mediazione deve essere effettivo. Ma per la Suprema Corte anche questa volta deve prevalere la lettera della legge e la scelta del legislatore la condizione di procedibilità può ritenersi realizzata al termine del primo incontro davanti al mediatore, qualora una o entrambe le parti, richieste dal mediatore dopo essere state adeguatamente informate sulla mediazione comunichino la propria indisponibilità di procedere oltre”. Questo principio è stato affermato in questa sede per la mediazione obbligatoria ex art. 5 comma 1 bis d.lgs. 28/2010. Possibili conseguenze e rimedi. Una volta ricostruito quanto affermato dalla Cassazione possiamo ipotizzare conseguenze e possibili rimedi. In primo luogo, il venir meno della giurisprudenza sulla c.d. effettività molto probabilmente – non essendo ancora acquisita la mediazione nel patrimonio culturale comune – renderà la vita difficile al mediatore egli non potrà far più leva persuasiva” su quei precedenti per tentare di convincere le parti a ad essere presenti e b a essere presenti accanto al loro avvocato potendo così il mediatore contare su un tavolo di mediazione qualificato per la presenza degli interessi in gioco le parti e dei loro assistenti gli avvocati . La mediazione ha dato buoni risultati vieppiù, ovviamente, se vi è l’adesione della parte invitata come dimostrano le statistiche tempo per tempo pubblicate dal Ministero della Giustizia e come ha avuto modo di notare recentemente il Parlamento europeo sottolineando come in Italia il ricorso alla mediazione è sei volte superiore al resto dei paesi. In attesa che il legislatore intervenga sul tema per rendere più efficiente non soltanto il procedimento, ma anche la mediazione, la responsabilità passa agli Organismi di mediazione e alla loro scelta di aggravare la forma della procura nei rispettivi regolamenti nella speranza, ovviamente, che il Ministero non avrà nulla da obiettare . Sul tema, inter alia, Tribunale di Vasto, sentenza 9 marzo 2015 in Diritto e giustizia del 13 marzo 2015 con nota critica di F. Valerini, La mediazione è attività personalissima e, quindi, non delegabile.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 6 febbraio – 27 marzo 2019, n. 8473 Presidente Amendola - Relatore Rubino I fatti di causa 1.Il giudizio di primo grado. Nel 2016 Gaia Energy Engineering S.r.l. depositò dinanzi al Tribunale di Udine ricorso ex art. 447-bis c.p.c., rappresentando di aver concesso in locazione un’unità immobiliare sita in omissis a Eureka S.r.l. e chiedendo la risoluzione del contratto per mancata prestazione del deposito cauzionale, il rilascio dell’immobile e la condanna della controparte alle spese del giudizio. Eureka si costituì in giudizio, eccependo l’avvenuta costituzione, benché solo in corso di causa, del deposito cauzionale e l’improcedibilità della domanda per mancato previo esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione previsto dal D.Lgs. n. 28 del 2010 e successive modifiche. Il Giudice assegnò alle parti il termine di 15 giorni per l’avvio della procedura di mediazione D.Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 5, con conseguente differimento dell’udienza di discussione. Gaia avviava la procedura di mediazione al primo incontro fissato dall’Organismo di mediazione in data 5/07/2016 parteciparono i soli procuratori delle parti, chiedendo un breve rinvio e successivamente questi comunicavano telefonicamente al mediatore l’impossibilità delle parti di raggiungere un accordo stragiudiziale. Il secondo incontro non ebbe mai luogo nè si fa riferimento, nel ricorso o nella sentenza, all’esistenza di un verbale di mancata conciliazione . Alla successiva udienza il difensore di Eureka eccepì nuovamente l’improcedibilità della domanda promossa dalla ricorrente sul rilievo che nel procedimento di mediazione non fossero comparse le parti personalmente ma solo i difensori, eccezione alla quale Gaia si oppose. In sede di precisazione delle conclusioni Gaia, stante l’avvenuta costituzione benché tardiva del deposito cauzionale ad opera della controparte, rinunciò alla domanda di risoluzione del contratto e insistette soltanto per ottenere la condanna di Eureka alla rifusione delle spese legali, liquidate in base al principio della soccombenza virtuale. Il Tribunale dichiarò cessata la materia del contendere, rilevando, in rito, che non si fosse verificata la condizione di procedibilità della domanda di cui al D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1-bis, con conseguente improcedibilità della domanda attorea. Compensò per intero tra le parti le spese di lite, osservando che entrambe le domande di parte si sono alfine rivelate inammissibili per ragioni di rito . 2. L’appello. Avverso la sentenza n. 1418/2016 del Tribunale di Udine propose appello Gaia, assumendo che la mediazione obbligatoria si fosse effettivamente svolta, avendo le parti legittimamente partecipato al procedimento di mediazione a mezzo dei rispettivi difensori in particolare asserì che il difensore di Gaia fosse munito di una procura speciale, conferente tutti i poteri per definire e trattare questioni giudiziali e stragiudiziali, e che pertanto lo stesso fosse dotato di rappresentanza formale e sostanziale e contestando il capo relativo alle spese. Eureka si costituì in giudizio. La Corte d’appello di Trieste, con la sentenza n. 2010 del 2017 qui impugnata, rigettò l’appello, condannando Gaia al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio. In particolare, il Giudice d’appello affermava che il D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 8, prevede la presenza personale delle parti, assistite dal proprio difensore in tal senso deponendo l’uso della congiunzione e , laddove si precisa che il mediatore invita le parti e i loro avvocati , atteso che nel primo incontro informativo il mediatore necessita di contatto diretto con le parti sostanziali, al fine di verificare la fattibilità dell’inizio della procedura di mediazione vera e propria che pertanto, pur potendo la parte farsi rappresentare dal difensore, non sia sufficiente a tal fine una semplice procura speciale alle liti rilasciata ex art. 185 c.p.c., contenente i poteri di transigere e conciliare la lite, trattandosi di procura con valenza processuale e non sostanziale, essendo necessaria una procura speciale notarile che conferisca al difensore la rappresentanza sostanziale della parte che nel caso di specie peraltro, a prescindere dalla partecipazione personale delle parti, dovesse ritenersi che la mediazione non fosse mai iniziata essendovi stato un primo incontro informativo e preliminare, senza discussione di alcuna questione relativa alla controversia, alla sola presenza degli avvocati, mentre all’incontro successivo fissato al 18/07/2016 per lo svolgimento della mediazione in senso stretto nessuna delle parti si era presentata. 3. Il giudizio di legittimità. Avverso la sentenza n. 210/2017 della Corte d’appello di Trieste, pubblicata in data 25/05/2017, propone ricorso per Cassazione, con due motivi, Gaia Energy Engineering S.r.l. Eureka S.r.l. non ha svolto in questa sede attività difensiva. Le ragioni della decisione Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, artt. 5 e 8 e successive modifiche, nonché degli artt. 185 e 83 c.p.c. Sostiene che la Corte d’appello, soffermandosi sul solo elemento testuale, abbia stravolto la finalità del tentativo di mediazione previsto a pena di improcedibilità della domanda giudiziale dal D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 8 e che tale articolo non preveda un obbligo di partecipazione personale delle parti al procedimento di mediazione al fine di potersi ritenere soddisfatta la condizione di procedibilità, prevedendo solo che la parte debba essere idoneamente informata sulla possibilità, o necessità, a seconda dei casi, di ricorrere alla procedura di mediazione e sulle agevolazioni fiscali che ne derivano, e che possa consapevolmente scegliere di delegare tale adempimento al proprio avvocato. Aggiunge che se effettivamente la norma imponesse la presenza personale di entrambe le parti, il convenuto sarebbe arbitro di decidere se e quando consentire il perfezionamento della condizione di procedibilità, potendo lo stesso farsi rappresentare dal proprio difensore anziché presentarsi personalmente. Evidenzia che, se la sanzione prevista per il comportamento più grave della mancata partecipazione senza giustificato motivo è, D.Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 8, la condanna al pagamento del contributo unificato e la possibilità per il Giudice di trarre argomenti di prova dal suddetto comportamento, non potrebbe essere sanzionata con la più grave pena dell’improcedibilità la condotta più lieve della mancata comparizione personale. Deduce che la Corte d’appello finisca per avallare la tesi da essa stessa respinta laddove afferma che al primo incontro siano comparsi i soli difensori, ma al contempo sostiene usando peraltro le stesse parole del verbale di intermediazione del 05/07/2016 che le parti dichiarano di voler procedere con la mediazione ciò significando, infatti, che gli avvocati abbiano agito in rappresentanza delle parti e che non si capisca perché al primo incontro la procedura di mediazione abbia potuto prendere avvio senza la presenza materiale di Gaia ed Eureka ma al successivo incontro fosse necessaria la loro presenza per poter dare atto dell’esito negativo del procedimento ex D.Lgs. n. 28 del 2010. La ricorrente contesta inoltre l’individuazione della fonte normativa della procura rilasciata al proprio avvocato nell’art. 185 c.p.c. rubricato Tentativo di conciliazione anziché nell’art. 83 c.p.c. Lamenta infine che, seguendo la tesi ex adverso propugnata, la Corte d’appello avrebbe potuto disporre essa stessa, ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010, l’esperimento della mediazione ex lege. Con il secondo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 , l’omesso esame di un fatto decisivo indicato nella procura speciale alle liti, il cui testo non riproduce, ma che indica come prodotta nel giudizio di cassazione come allegato al ricorso, al n. 5. La ricorrente deduce che il difensore di Gaia, in virtù della procura speciale notarile rilasciata allo stesso e depositata in giudizio, avesse non solo ricevuto procura per rappresentare Gaia in giudizio, ma gli fossero stati conferiti tutti i poteri di disporre dei diritti materiali di Gaia oggetto della causa, anche nelle procedure stragiudiziali qual è quella di cui al D.Lgs. n. 28 del 2010 e quindi che fosse non solo una procura processuale ma contenesse anche il conferimento di poteri sostanziali e che pertanto l’avvocato, munito di una tale procura, fosse legittimato a sostituire la parte nel procedimento di mediazione obbligatoria. Al terzo punto del ricorso, la ricorrente, ad evitare che sulla questione si formi il giudicato, ripropone, fidando nell’accoglimento dei due precedenti motivi, la domanda di condanna alle spese del giudizio di appello dell’avversaria, sulla base della soccombenza virtuale della stessa, con eventuale esame della stessa da parte del giudice del rinvio. Il ricorso pone per la prima volta a questa Corte la necessità di affrontare alcune questioni in tema di mediazione obbligatoria, introdotta come condizione di procedibilità di una vasta serie di controversie dal D.Lgs. n. 28 del 2010 Attuazione della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 60, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali e successive modifiche. In particolare, la questione giuridica che il ricorso impone di risolvere è se, nel suddetto procedimento di mediazione, il cui preventivo esperimento è previsto obbligatoriamente, a pena di improcedibilità, per le controversie nelle materie indicate dal D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1 bis, introdotto dal D.L. 21 giugno 2013, n. 69, art. 84, convertito con modificazioni della L. 9 agosto 2013, n. 98, dopo che la Corte Cost. con sentenza n. 272 del 2012 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 1 del medesimo articolo e disciplinato, in particolare, dagli artt. 5 e 8 dello stesso, la parte che propone la mediazione sia tenuta a comparire personalmente davanti al mediatore, affinché il tentativo si possa ritenere compiuto, a pena di improcedibilità dell’azione proposta senza previo esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria, o se la stessa possa - e in che modo - farsi sostituire. Qualora si ammetta che la parte possa farsi sostituire, ovvero che sia un atto delegabile ad altri, occorre individuare i modi e le forme di tale sostituzione, ovvero se possa essere sostituita da chiunque, ed in particolare se possa farsi sostituire anche dal suo avvocato e, qualora si ammetta che possa essere sostituita dal suo avvocato, con quale atto tali poteri possano essere conferiti. Il legislatore con il decreto legislativo menzionato ha cercato di accelerare, se non forzare, la creazione di una cultura di risoluzione alternativa delle controversie, con finalità deflattiva, imponendo per una vasta serie di controversie questa ipotesi di mediazione come obbligatoria, il cui mancato esperimento è stato sanzionato con l’improcedibilità. Dalla lettura delle disposizioni ad essa dedicate, emerge l’adozione di un procedimento deformalizzato che si svolge davanti al mediatore, in cui la miglior garanzia di riuscita era costituita innanzitutto dalla stessa professionalizzazione delle figura del mediatore, e dall’offerta alle parti di un momento di incontro, perché potessero liberamente discutere prima che le rispettive posizioni risultassero irrigidite dalle posizioni processuali assunte e dalle linee difensive adottate, nonché da agevolazioni fiscali. Il successo dell’attività di mediazione è riposto nel contatto diretto tra le parti e il mediatore professionale il quale può, grazie alla interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle soluzioni in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l’acuirsi della conflittualità e definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca soddisfazione, favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti commerciali. Quanto alla presenza dell’avvocato, essa originariamente non era neppure prevista è stata infatti introdotta nell’art. 5 dal comma 1 bis, che prevede che chi intenda esercitare l’azione debba promuovere preventivamente la mediazione obbligatoria assistito dal proprio avvocato. Si può osservare che la novella del 2013, che introduce la presenza necessaria dell’avvocato, con l’affiancare all’avvocato esperto in tecniche processuali che rappresenta la parte nel processo, l’avvocato esperto in tecniche negoziali che assiste la parte nella procedura di mediazione, segna anche la progressiva emersione di una figura professionale nuova, con un ruolo in parte diverso e alla quale si richiede l’acquisizione di ulteriori competenze di tipo relazionale e umano, inclusa la capacità di comprendere gli interessi delle parti al di là delle pretese giuridiche avanzate. Non è questa la sede per valutare le probabilità di successo delle creazione forzosa di una cultura della mediazione. Occorre prendere atto che la legge impone in una vasta serie di casi, come momento necessario e significativo precedente alla possibilità stessa di introdurre il giudizio, la necessità di esperire la mediazione e sciogliere alcuni nodi del rapporto tra mediazione obbligatoria e giudizio, per individuare quando la condizione di procedibilità possa ritenersi soddisfatta e in particolare se, nel caso di specie, il giudice abbia correttamente ritenuto che l’azione proposta fosse improcedibile valutazione effettuata ai soli fini della soccombenza virtuale, perché qui la domanda di merito era stata alla fine rinunciata . Come si è detto, il legislatore ha previsto e voluto la comparizione personale delle parti dinanzi al mediatore, perché solo nel dialogo informale e diretto tra parti e mediatore, conta che si possa trovare quella composizione degli opposti interessi satisfattiva al punto da evitare la controversia ed essere più vantaggiosa per entrambe le parti. Ha imposto quindi alle parti o meglio, alla parte che intende agire in giudizio questo impegno preliminare mediante il quale fida di poter evitare alle parti, e allo Stato più in generale un buon numero di controversie, ben più onerose e lunghe rispetto ai tempi della mediazione obbligatoria. L’art. 8, dedicato al procedimento, prevede espressamente che al primo incontro davanti al mediatore debbano essere presenti sia le parti che i loro avvocati. La previsione della presenza sia delle parti sia degli avvocati comporta che, ai fini della realizzazione delle condizione di procedibilità, la parte non possa evitare di presentarsi davanti al mediatore, inviando soltanto il proprio avvocato. Tuttavia, la necessità della comparizione personale non comporta che si tratti di attività non delegabile. In mancanza di una previsione espressa in tal senso, e non avendo natura di atto strettamente personale, deve ritenersi che si tratti di attività delegabile ad altri. Laddove, per la rilevanza della partecipazione, o della mancata partecipazione, ad alcuni momenti processuali, o per l’attribuzione di un particolare valore alle dichiarazioni rese dalla parte, la legge non ha ritenuto che la parte potesse farsi sostituire, attribuendo un disvalore, o un preciso significato alla sua mancata comparizione di persona, lo ha previsto espressamente v. art. 231 c.p.c., sulla risposta all’interrogatorio formale La parte interrogata deve rispondere personalmente e il successivo art. 232 che fa discendere precise conseguenze alla mancata presentazione della parte a rendere interrogatorio v. Cass. n. 15195 del 2000 L’interrogatorio formale non può essere reso a mezzo di procuratore speciale atteso che il soggetto cui è deferito deve rispondere ad esso oralmente e personalmente, in base all’art. 231 c.p.c Non è previsto, nè escluso che la delega possa essere conferita al proprio difensore. Deve quindi ritenersi che la parte in particolare, la parte che intende iniziare l’azione, ma identico discorso vale per la controparte , che per sua scelta o per impossibilità non possa partecipare personalmente ad un incontro di mediazione, possa farsi sostituire da una persona a sua scelta e quindi anche ma non solo - dal suo difensore. Allo scopo di validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte deve conferirgli tale potere mediante una procura avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto ovvero, deve essere presente un rappresentante a conoscenza dei fatti e fornito dei poteri per la soluzione della controversia, come previsto dal progetto della Commissione Alpa sulla riforma delle ADR all’art. 84 . Quindi il potere di sostituire a sé stesso qualcun altro per la partecipazione alla mediazione può essere conferito con una procura speciale sostanziale. Ne consegue che, sebbene la parte possa farsi sostituire dal difensore nel partecipare al procedimento di mediazione, in quanto ciò non è auspicato, ma non è neppure escluso dalla legge, non può conferire tale potere con la procura conferita al difensore e da questi autenticata, benché possa conferirgli con essa ogni più ampio potere processuale. Per questo motivo, se sceglie di farsi sostituire dal difensore, la procura speciale rilasciata allo scopo non può essere autenticata dal difensore, perché il conferimento del potere di partecipare in sua sostituzione alla mediazione non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti autenticabili direttamente dal difensore. Perciò, la parte che non voglia o non possa partecipare personalmente alla mediazione può farsi liberamente sostituire, da chiunque e quindi anche dal proprio difensore, ma deve rilasciare a questo scopo una procura sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell’avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista. Ciò detto, il primo motivo è infondato, il secondo inammissibile laddove tendente ad una diretta interpretazione dell’atto la procura da parte della Corte. La sentenza impugnata si è attenuta infatti ai principi di diritto sopra enunciati. Ha ritenuto che la presenza della parte sia necessaria davanti al mediatore, e che tuttavia essa potesse essere sostituita, eventualmente anche dall’avvocato. Ha del pari ritenuto, esaminando la procura notarile rilasciata in favore dell’avvocato Onesti ed oggi prodotta in allegato al ricorso per cassazione, che l’atto di conferimento di potere pur avendo la forma della procura notarile fosse in realtà una semplice, benché ampia, procura alle liti, comprensiva di ogni potere giudiziale e stragiudiziale ed anche del potere di conciliare la controversia da qui il richiamo corretto all’art. 185 c.p.c. , ma comunque una procura dal valore meramente processuale, che non attribuiva all’avvocato la rappresentanza sostanziale della parte. C’è poi un altro passaggio motivazionale che merita attenzione. Lo stesso non è direttamente censurato e quindi, di per sé avrebbe potuto condurre al rigetto del ricorso in quanto la decisione poteva fondarsi su tale autonoma ratio decidendi non impugnata. Esso consente di esaminare e sciogliere un altro degli interrogativi che la nuova disciplina pone, e dei punti in cui si stanno registrando orientamenti non convergenti nelle ormai numerose sentenze di merito che si sono già occupate della mediazione obbligatoria. La corte d’appello ha ritenuto che, non essendosi le parti presentate al primo incontro, solamente informativo e preliminare, che si era svolto alla presenza dei soli avvocati, e non avendo mai avuto luogo il secondo incontro, perché le parti avevano comunicato preventivamente e oralmente al mediatore, a mezzo dei rispettivi avvocati, l’impossibilità di pervenire ad un accordo, la mediazione di fatto non si fosse svolta. Ha ritenuto, di conseguenza ai limitati fini della soccombenza virtuale che la condizione di procedibilità non si fosse verificata. La seconda questione da risolvere è dunque quella del quando quando si può ritenere che il tentativo di mediazione obbligatoria sia utilmente concluso, ai fini di ritenere soddisfatta la condizione di procedibilità? È sufficiente che le parti compaiano, assistite dai loro avvocati, per il primo incontro davanti al mediatore o è necessario che si dia effettivo corso alla mediazione. In altri termini, è sufficiente che il futuro attore o l’attuale attore, come nel nostro caso, qualora le parti siano stata rimesse in mediazione dal giudice, a causa già iniziata sia fisicamente presente, in proprio o delegando la presenza ad altra persona, e possa, finite la formalità preliminari illustrative delle finalità e delle modalità della mediazione, limitarsi comunicare al mediatore di non aver nessuna intenzione di procedere oltre e di provare a trovare una soluzione, o è necessario che la mediazione sia effettiva , che le parti provino quanto meno a discutere per trovare una soluzione, per poi poter dare atto a verbale della impossibilità di addivenire ad una soluzione positiva? Sia l’argomento letterale - il testo dell’art. 8 - che l’argomento sistematico la necessità di interpretare la presente ipotesi di giurisdizione condizionata in modo non estensivo, ovvero in modo da non rendere eccessivamente complesso o dilazionato l’accesso alla tutela giurisdizionale - depongono nel senso che l’onere della parte che intenda agire in giudizio o che, avendo agito, si sia vista opporre il mancato preventivo esperimento della mediazione e sia stata rimessa davanti al mediatore dal giudice di dar corso alla mediazione obbligatoria possa ritenersi adempiuto con l’avvio della procedura di mediazione e con la comparizione al primo incontro davanti al mediatore, all’esito del quale, ricevute dal mediatore le necessarie informazioni in merito alla funzione e alle modalità di svolgimento della mediazione, può liberamente manifestare il suo parere negativo sulla possibilità di utilmente iniziare rectius proseguire la procedura di mediazione. In questo senso depongono sia la struttura del procedimento, disciplinata dall’art. 8 e suddivisa in un primo incontro preliminare davanti al mediatore Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento. e in uno o più incontri successivi di effettivo svolgimento della mediazione. Solo se le parti gli danno il via per procedere alla successiva fase di discussione, il mediatore andrà avanti, interloquendo con le parti fino a proporre o a far loro proporre una possibile soluzione, altrimenti si arresterà alla fase preliminare all’esito della quale sono dovute solo le spese, e non anche il compenso del mediatore . Non andrà in ogni caso avanti, dando atto dell’esito negativo della mediazione, se il potenziale convenuto non compare, o se compare e dichiara di non essere interessato alla mediazione. Di questo comportamento si potrà eventualmente tenere conto nel successivo giudizio, come prevede il comma 4 bis dell’art. 8 Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’art. 116 c.p.c., comma 2. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’art. 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. . Se anche il convenuto compare ed è l’attore che dichiara di non intendere impegnarsi nella mediazione deve ritenersi che il mediatore debba prenderne atto e che l’attività si concluda anche in questo caso al termine dell’incontro preliminare, che la mediazione sia stata esperita e che abbia dato esito negativo, e che quindi la condizione di procedibilità sia soddisfatta. Quindi, è richiesta l’attivazione del procedimento di mediazione, la scelta del mediatore, la convocazione della controparte è richiesta oltre la comparizione personale davanti al mediatore con le possibilità alternative sopra enunciate e la partecipazione al primo incontro, nel corso del quale la parte riottosa può liberamente convincersi di provare effettivamente e fino in fondo la strada della soluzione alternativa alla controversia. Non può invece ritenersi che al fine di ritenere soddisfatta la condizione di procedibilità sia necessario pretendere dalla parte anche un impegno in positivo ad impegnarsi in una discussione alternativa rispetto al giudizio. Non costituisce per contro idonea modalità di svolgimento della mediazione la mera comunicazione di aver sondato l’altra parte ed avere concordemente escluso la possibilità di addivenire ad un accordo, perché in questo modo si elude l’onere di comparire personalmente davanti al mediatore e di partecipare al primo incontro. Nel caso di specie, la corte d’appello ha ritenuto che non si sia arrivati neppure a questa fase, perché le parti non sono mai comparse, personalmente o idoneamente rappresentate, davanti al mediatore, tant’è che non è stato neppure redatto un verbale negativo. Il ricorso va complessivamente rigettato. I principi di diritto enunciati possono essere riepilogati come segue - nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs. n. 28 del 2010 e successive modifiche, è necessaria la comparizione personale delle parti davanti al mediatore, assistite dal difensore - nella comparizione obbligatoria davanti al mediatore la parte può anche farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziale, eventualmente nella persona dello stesso difensore che l’assiste nel procedimento di mediazione, purché dotato di apposita procura sostanziale - la condizione di procedibilità può ritenersi realizzata alla termine del primo incontro davanti al mediatore, qualora una o entrambe le parti, richieste dal mediatore dopo essere state adeguatamente informate sulla mediazione, comunichino la propria indisponibilità di procedere oltre. Nulla sulle spese, in difetto di attività processuale da parte dell’intimata. Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.