Decorrenza della prescrizione per sanzioni amministrative in materia di antiriciclaggio

In materia di sanzioni amministrative comminate per violazioni della l. n. 689/1991, qualora non sia avvenuta la contestazione immediata dell’infrazione, il termine di 90 giorno di cui alla l. n. 689/1981 per la notifica dei relativi estremi decorre dal compimento dell’attività di verifica di tutti gli elementi dell’illecito, dovendosi considerare anche il tempo necessario all’amministrazione per valutare e ponderare adeguatamente gli elementi acquisiti e gli atti preliminari, quali le convocazioni di informatori che non hanno sortito effetto .

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8284/19, depositata il 25 marzo. La vicenda. Il Ministero dell’Economia ingiungeva a diversi soggetti delle ingiunzioni di pagamento per sanzioni amministrative comminate ai sensi del d.l. n. 143/1991, conv. in l. n. 197/1991 per aver effettuato transazioni finanziarie in contanti per un importo superiore alla soglia ammessa dalla legge. Il Tribunale di Treviso rigettava le opposizioni proposte dagli ingiunti. La Corte d’Appello di Venezia, decidendo sul gravame proposto dai soccombenti, rigettava l’eccezione di prescrizione ritenendo che il termine iniziasse a decorrere dal momento in cui erano stati eseguiti i controlli e le verifiche. Avverso tale pronuncia, viene proposto ricorso in Cassazione. Decorrenza del termine di prescrizione. In tema di sanzioni amministrative, ricorda la S.C., qualora non sia avvenuta la contestazione immediata dell’infrazione, il termine di 90 giorno di cui alla l. n. 689/1981 per la notifica dei relativi estremi decorre dal compimento dell’attività di verifica di tutti gli elementi dell’illecito, dovendosi considerare anche il tempo necessario all’amministrazione per valutare e ponderare adeguatamente gli elementi acquisiti e gli atti preliminari, quali le convocazioni di informatori che non hanno sortito effetto . Precisa inoltre la sentenza in commento che tale regola generale subisce un’eccezione, con decorrenza del termine dalla consegna degli atti all’autorità amministrativa competente, è quello di cui all’art. 14, comma 3, l. n. 689/1981 in cui la trasmissione sia disposta direttamente dall’autorità giudiziaria, perchè in tal caso si presume già compiuto l’accertamento del fatto. Tale previsione non è però applicabile all’ipotesi della trasmissione disposta dall’autorità di polizia giudiziaria, compresa la Guardia di Finanza. Sul punto la motivazione offerta dalla Corte territoriale si rivela priva di censure avendo correttamente applicato i summenzionati principi. La Suprema Corte sottolinea però l’entrata in vigore del d.lgs. n. 90/2017 che è intervenuto sul sistema delle sanzioni in materia di antiriciclaggio ed ha introdotto l’art. 69 il cui comma 1 prevede che nessun può essere sanzionato per un fatto che alla data di entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente Titolo non costituisce più illecito. Per le violazioni commesse anteriormente all’entrata in vigore del presente decreto, sanzionate in via amministrativa, si applica la legge vigente all’epoca della commessa violazione se più favorevole, ivi compresa l’applicabilità dell’istituto del pagamento in misura ridotta . Per tali motivi, applicando tali norme al caso di specie in virtù del principio dell’immediata applicabilità dello ius superveniens più favorevole al trasgressore, la S.C. cassa la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio per il quale rinvia alla Corte territoriale in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 8 novembre 2018 – 25 marzo 2019, n. 8284 Presidente Petitti – Relatore Oliva Fatti di causa Con ordinanze del 5.3.2008 n. 63328, emessa nei confronti di S.S. e V.R. , e n. 63327, emessa nei confronti di B.P. , il Ministero dell’Economia ingiungeva, rispettivamente, ai destinatari della prima ordinanza il pagamento, tra loro in solido, della sanzione di Euro 88.025 mentre alla B. , in solido con la Stelpi Cooperativa Srl, società da lei amministrata e cancellata dal Registro Imprese in data 4.12.2007, il pagamento della sanzione di Euro 88.150. Entrambe le sanzioni venivano comminate ai sensi del D.L. n. 143 del 1991, convertito in L. n. 197 del 1991, per avere i destinatari delle stesse effettuato negli anni 1998, 1999, 2000 e 2001 transazioni finanziarie in contanti per il complessivo importo di Euro 2.933.849,43. Con distinti ricorsi, poi riuniti, dette ordinanze venivano opposte dinanzi il Tribunale di Treviso che, espletata C.T.U. contabile, respingeva entrambe le opposizioni. Gli ingiunti interponevano autonomi appelli, essi pure riuniti, deducendo in particolare - con il quinto motivo, esaminato dalla Corte di Appello in via prioritaria rispetto agli altri, la prescrizione dell’azione sanzionatoria ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 14, perché la contestazione del Ministero era stata eseguita il 18.3.2003 sulla base di un accertamento della Guardia di Finanza del 17.12.2002 - con i precedenti quattro motivi, invece, l’insussistenza della violazione per essere le varie operazioni di versamento da loro eseguite lecite, corrispondenti alle risultanze contabili, regolari - in quanto ciascuna di importo inferiore al limite massimo previsto dalla legge - e non costituenti un’operazione unitaria, come invece era stato ritenuto dall’ufficio. Si costituiva il Ministero resistendo al gravame. La Corte di Appello di Venezia, con la sentenza impugnata, respingeva l’eccezione di prescrizione ritenendo che il relativo termine dovesse essere computato non già a decorrere dalla data in cui il Ministero aveva ricevuto la relazione della Guardia di Finanza, ma dal successivo momento in cui erano stati eseguiti i controlli e le verifiche del caso. Respingeva poi gli altri motivi di gravame sul presupposto che la C.T.U. esperita in prime cure avesse dimostrato la natura sostanzialmente unitaria dell’operazione. Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione V.R. e B.P. , affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso il Ministero dell’Economia e Finanze. I ricorrenti hanno depositato memoria. Ragioni della decisione Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perché la Corte di Appello non avrebbe considerato che, non avendo il Ministero dell’Economia e Finanze svolto alcuna indagine ulteriore rispetto a quelle eseguite dalla Guardia di Finanza, il termine di 90 giorni per l’esercizio dell’azione sanzionatoria decorreva dal momento in cui quest’ultima aveva trasmesso agli uffici ministeriali il proprio verbale di constatazione. Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 14, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, perché la Corte territoriale avrebbe applicato il termine di cui anzidetto con riferimento non già alla notifica della contestazione dell’illecito, bensì al provvedimento impugnato, peraltro erroneamente definito ordinanza-ingiunzione ancorché esso fosse stato emesso in forma di decreto. Nel caso di specie, la contestazione sarebbe stata formulata il 18.3.2003 e quindi oltre 90 giorni dopo la conoscenza della violazione, avvenuta con il verbale di accertamento della Guardia di Finanza del 17.12.2002 l’irrogazione della sanzione sarebbe poi avvenuta cinque anni più tardi, nel marzo 2008 secondo i ricorrenti, la Corte territoriale avrebbe omesso di indicare quali indagini sarebbero state necessarie per riscontrare la sussistenza delle infrazioni ed acquisire la piena conoscenza della condotta illecita oggetto della contestazione. Le due censure, che per la loro connessione possono essere esaminate congiuntamente, sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, per contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte. Va infatti ribadito che In tema di sanzioni amministrative, qualora non sia avvenuta la contestazione immediata dell’infrazione, il termine di novanta giorni, previsto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 14, per la notifica degli estremi della violazione, decorre dal compimento dell’attività di verifica di tutti gli elementi dell’illecito, dovendosi considerare anche il tempo necessario all’amministrazione per valutare e ponderare adeguatamente gli elementi acquisiti e gli atti preliminari, quali le convocazioni di informatori, che non hanno sortito effetto Cass. Sez. L, Sentenza n. 7681 del 02/04/2014, Rv.630503 in termini, cfr. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26734 del 13/12/2011, Rv. 620263, relativa al termine di centottanta giorni previsto dalla L. 23 dicembre 1986, n. 898, art. 4, per la contestazione degli illeciti previsti dagli artt. 2 e 3 della medesima legge Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 18574 del 03/09/2014, Rv.632068 in materia di sanzioni amministrative per violazione dell’art. 180 C.d.S., comma 8 nonché Cass. Sez. 2, Sentenza n. 25836 del 02/12/2011, Rv. 620363, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8687 del 03/05/2016, Rv. 639747 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9254 del 16/04/2018, Rv. 648081, tutte riferite al procedimento sanzionatorio attivato dalla Consob . L’unico caso in cui il termine per la notificazione degli estremi della violazione agli interessati decorre certamente dalla consegna degli atti all’autorità amministrativa competente è quello - previsto dalla L. n. 689 del 1981, art. 14 comma 3, in cui la trasmissione sia disposta direttamente dall’autorità giudiziaria, perché in tal caso si presume che l’accertamento del fatto sia già stato compiutamente svolto in sede giudiziaria. La norma tuttavia non è stata ritenuta applicabile all’ipotesi di trasmissione disposta dall’autorità polizia giudiziaria, ivi inclusa la Guardia di Finanza Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27096 del 15/11/2017, Rv.646069 . In ogni altro caso, il giudice dinanzi al quale sia stata eccepita la tardività della notificazione degli estremi della violazione, nell’individuare la data dell’esito del procedimento di accertamento di più violazioni connesse - data dalla quale decorre ex L. n. 689 del 1981, art. 14 comma 2, il termine di novanta o trecentosessanta giorni per la relativa contestazione - deve valutare il complesso degli accertamenti compiuti dall’Amministrazione procedente e la congruità del tempo a tal fine impiegato avuto riguardo alla loro complessità, anche in vista dell’emissione di un’unica ordinanza ingiunzione per dette violazioni Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8326 del 04/04/2018, Rv.647766 conf. Sez. L, Sentenza n. 16642 del 08/08/2005, Rv.582917 . La Corte di Appello ha congruamente motivato sul punto cfr. pag. 5 della sentenza impugnata , richiamando uno stralcio della sentenza di prime cure assolutamente conforme agli insegnamenti di questa Corte e dando altresì atto cfr. pag. 6 della sentenza che il motivo di appello non attingeva neppure in modo specifico la statuizione del primo giudice, né con riguardo all’applicazione del principio, né con riferimento alla valutazione, in punto di fatto, concernente la complessità degli accertamenti che il Tribunale aveva ritenuto idonea a giustificare il lamentato ritardo. Sotto questo profilo, va riaffermato il principio secondo cui compete al giudice di merito valutare la congruità del tempo utilizzato per accertamento, in relazione alla maggiore o minore difficoltà del caso, con apprezzamento incensurabile in sede di legittimità, se correttamente motivato Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26734 del 13/12/2011, Rv.620263 . La decisione della Corte territoriale appare quindi pienamente conforme al consolidato orientamento di questa Corte, mentre - per altro verso - le due censure sono inammissibili anche per difetto di specificità, poiché i ricorrenti deducono che il Ministero non avrebbe svolto alcuna attività di indagine e di accertamento ulteriore rispetto a quella compiuta dalla Guardia di Finanza in occasione del verbale di constatazione, ma non indicano da quale atto o documento emergerebbe tale circostanza né precisano il momento del giudizio di merito in cui sarebbe stata acquisita agli atti la prova dell’assunto. In argomento, va ribadito che In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20694 del 09/08/2018, Rv.650009 conf. Cass. Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 15430 del 13/06/2018, Rv.649332 Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23675 del 18/10/2013, Rv 627975 nonché, relativamente alla deduzione del vizio di cui all’art. 112 c.p.c., Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3845 del 16/02/2018, Rv.647804 e Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 25299 del 28/11/2014, Rv.633770 . Ne consegue che i due motivi vanno rigettati. Va tuttavia osservato che medio tempore è intervenuto il D.Lgs. n. 90 del 2017, che ha riscritto il sistema delle sanzioni in materia di antiriciclaggio ed ha introdotto l’art. 69, che al comma 1, così recita Nessuno può essere sanzionato per un fatto che alla data di entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente Titolo non costituisce più illecito. Per le violazioni commesse anteriormente all’entrata in vigore del presente decreto, sanzionate in via amministrativa, si applica la legge vigente all’epoca della commessa violazione, se più favorevole, ivi compresa l’applicabilità dell’istituto del pagamento in misura ridotta . Nel caso di specie, pur in assenza di specifico motivo di ricorso sulla determinazione quantitativa della sanzione, ritiene il Collegio - in continuità con Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20647 del 08/08/2018, Rv. 650003 - che le norme de quibus possano essere applicate alla fattispecie, in relazione all’affermazione, anche per le sanzioni per cui è causa, del principio dell’immediata applicabilità dello ius superveniens più favorevole al trasgressore, sulla base del principio per cui la cassazione della sentenza può derivare anche dalla violazione di disposizioni emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, ove retroattive e, quindi, applicabili al rapporto dedotto, atteso che il giudizio di legittimità, non avendo ad oggetto l’operato del giudice, ma la conformità della decisione adottata all’ordinamento giuridico, non richiede necessariamente un errore del primo cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 21691 del 27/10/2016, Rv.641723 . Né vale, a contrario, richiamare l’art. 11 disp. gen., posto da un lato l’inequivoco elemento letterale del D.Lgs. n. 90 del 2017, art. 69, che fa riferimento senza alcuna distinzione alle violazioni commesse prima della data di entrata in vigore della novella, e dall’altro lato il fatto che - a fronte di una norma chiaramente volta ad optare per l’applicazione del principio dell’applicazione dello ius superveniens più favorevole al trasgressore - la ratio legis è evidentemente improntata all’introduzione di norme destinate ad operare anche per il passato, sebbene nei limiti segnati dal principio del favor rei. Di conseguenza, pronunziando sul ricorso, va cassata la decisione impugnata con riferimento la trattamento sanzionatorio comminato ai ricorrenti, con rinvio alla Corte di Appello di Venezia, altra sezione, per la determinazione della sanzione alla stregua della nuova normativa di cui al D.Lgs. n. 90 del 2017, nonché per le spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte, pronunziando sul ricorso, ne rigetta i motivi cassa la sentenza impugnata in relazione al trattamento sanzionatorio con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di Appello di Venezia, diversa sezione.