La necessaria indicazione dei criteri per procedere all’equa riparazione

Il decreto avente ad oggetto l’equa riparazione ha bisogno di un’adeguata motivazione e seppur sia sufficiente che essa sia fornita in forma sintetica, rimane pur sempre necessario che il giudice indichi i criteri che sono posti alla base del proprio giudizio.

Con la sentenza n. 8281/19, depositata il 25 marzo la Suprema Corte di Cassazione è tornata ad esprimersi in materia di equa riparazione per irragionevole durata del processo. In particolare il Ministero della Giustizia propone ricorso per la cassazione del decreto con cui la Corte d’Appello di Roma accoglieva appunto l’istanza di equa riparazione, proposta dall’appellante, in qualità di erede della parte in causa ormai deceduta, per la durata del procedimento eccedente il ragionevole termine, indicato nella specie in 6 anni. Il termine per proporre domanda. Circa il primo motivo di ricorso, il Supremo Collegio ribadisce che, in caso di decesso della parte nel giudizio di primo grado, senza che tale evento sia stato dichiarato, il termine per la proposizione della domanda di equa riparazione da parte dell’erede decorre dalla data che chiude la fase di giudizio in cui l’evento si è verificato. Ebbene, nel caso in esame, la Corte capitolina ha sì ritenuto tempestiva la richiesta avanzata dall’erede oltre tale termine, ma ha circoscritto il risarcimento nei limiti del ritardo già maturato al momento della morte della parte. La motivazione del decreto. Inoltre, sulla base del secondo e terzo motivo di ricorso, occorre sottolineare che il decreto avente ad oggetto l’equa riparazione ha bisogno di un’adeguata motivazione, e seppur sia sufficiente che essa sia fornita in forma sintetica, rimane pur sempre necessario che il giudice indichi i criteri che sono posti alla base del proprio giudizio, ai sensi dell’art. 2, comma 2, l. n. 89/2001, come la complessità del caso, il comportamento delle parti e del giudice del procedimento. E questo non è stato rinvenuto nella fattispecie in esame, in quanto manca nella motivazione della sentenza l’esplicazione di tali criteri. Sulla base di tali dichiarazioni gli Ermellini accolgono il secondo e terzo motivo e dichiarano assorbito il primo.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 23 ottobre 2018 – 25 marzo 2019, n. 8281 Presidente Petitti – Relatore Tedesco Ritenuto che -Il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso per cassazione contro il decreto della Corte d’appello di Roma, che ha accolto la domanda di equa riparazione proposta da P.G. , in proprio e nella qualità di erede di P.T. , e la domanda riunita proposta da P.V. domande entrambe proposte con ricorsi depositati l’11 gennaio 2012 - la corte ha liquidato l’indennizzo in ragione di Euro 750,00 per i primi tre anni di ritardo e di Euro 1.000,00 per gli anni successivi in totale la corte ha identificato in anni 17 la durata del processo eccedente il termine ragionevole, indicato nella specie in 6 anni - il ricorso è proposto sulla base di tre motivi - gli intimati sono rimasti tali. Considerato che - il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c. e della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 4 - la sentenza è censurata nella parte in cui la Corte d’appello ha riconosciuto l’ammissibilità della estensione della domanda operata in corso di causa, intesa a conseguire il risarcimento per l’ulteriore tempo trascorso dal deposito del ricorso per ottenere l’equa riparazione e il deposito della sentenza di secondo grado nel giudizio presupposto - si sostiene che, anche in ragione della consistenza del periodo aggiunto, la richiesta configurava una domanda nuova, con conseguente violazione del contraddittorio, posto che non fu notificato all’Amministrazione resistente alcun atto integrativo -la decisione impugnata, inoltre, non tiene conto della regola secondo cui l’equa riparazione è dovuta solamente per il ritardo effettivamente maturato all’epoca della proposizione della domanda - il secondo motivo denuncia difetto motivazione - la corte d’appello ha individuato il periodo eccedente il termine ragionevole sulla base di una operazione squisitamente aritmetica, in assenza di qualsiasi considerazione dei criteri stabiliti dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 nel testo precedente le modifiche apportate con D.L. n. 83 del 2012 testo applicabile ratione temporis - analoga carenza era ravvisabile in relazione alla liquidazione del quantum, operato sulla base di criteri standard in assenza di qualsiasi considerazione della reale entità della posta in gioco - il terzo motivo denuncia omessa motivazione su fatto decisivo della controversia, in particolare su quanto eccepito dall’Amministrazione nella comparsa di costituzione circa la complessità, superiore alla media, del giudizio presupposto, caratterizzato da una istruttoria molto laboriosa, da più interruzioni intervenute in grado d’appello e da riunioni di più appelli proposti in via principale - il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4 - in caso di decesso della parte nel giudizio di primo grado, senza che l’evento sia stato dichiarato, il termine di proposizione della domanda di equa riparazione da parte dell’erede decorre dalla data che chiude la fase di giudizio in cui l’evento si è verificato - nel caso in esame la corte ha ritenuto tempestiva una richiesta avanzata dall’erede oltre tale termine, pur circoscrivendo il risarcimento nei limiti del ritardo già maturato al momento della morte del dante causa - si impone in via prioritaria l’esame congiunto del secondo e del terzo motivo, che sono fondati nei limiti di seguito indicati -il decreto avente ad oggetto l’equa riparazione per irragionevole durata del processo necessita di motivazione e seppure sia sufficiente - per esigenze di concisione e speditezza - che essa sia fornita in forma sintetica, senza che occorra ripercorrere i passaggi processuali della cui durata il giudice è chiamato a discutere Cass. n. 1600 del 2003 , rimane pur sempre necessario che egli indichi i criteri alla base del proprio giudizio L. n. 89 del 2001, ex art. 2, comma 2, quali la complessità del caso e, in relazione alla stessa, il comportamento delle parti e del giudice del procedimento, nonché quello di ogni altra autorità chiamata a concorrervi o a comunque contribuire alla sua definizione cfr. Cass., n. 18118/2015 - niente di tutto ciò nel caso di specie, nel quale la durata eccedente il termine ragionevole è stata determinata in modo aritmetico, esaurendosi la motivazione su questo punto nel rilievo che il giudizio si è sviluppato su due gradi, per una durata di circa ventitrè anni, per una durata eccessiva rispetto al termine ragionevole - l’accoglimento di tale ragione di censura comporta l’assorbimento dell’ulteriore profilo di censura riguardante la liquidazione del quantum e l’assorbimento del primo motivo - il quarto motivo è infondato - in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4 configura la sola definitività della decisione come dies a quo ai fini della decorrenza del termine di decadenza per la proponibilità della domanda, mentre il diritto dell’erede di agire in tale qualità, dopo la morte del dante causa, si prospetta come mera possibilità di esercitare quel diritto, senza, quindi, che si possa ricollegare alla morte della parte alcun effetto giuridico incidente sul termine di proponibilità della domanda Cass. n. 20564/2010 - è in errore quindi l’Amministrazione ricorrente nel momento in cui pretende di determinare net momento della morte della parte il dies a quo ai fini della decorrenza del termine - in conclusione sono accolti, nei limiti di cui sopra, il secondo ed il terzo motivo è assorbito il primo è rigettato il quarto -si impone la cassazione del decreto in relazione ai motivi accolti, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Roma per nuovo esame e perché liquidi le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il secondo e il terzo motivo, nei limiti di cui in motivazione dichiara assorbito il primo rigetta il quarto cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti rinvia ad altra Sezione della Corte d’appello di Roma anche per le spese.