Contumacia involontaria e mancata notifica della sentenza da impugnare

La differenza tra nullità ed inesistenza della notifica dell’atto introduttivo del grado di giudizio al cui esito è stata emessa la sentenza da impugnare, nell’ipotesi di contumacia involontaria, rileva solo per il caso di mancata notifica di quella sentenza, posto che nei confronti del contumace involontario opera non solo il termine decadenziale annuale, ma anche il termine breve nell’ipotesi in cui la sentenza sia stata notificata personalmente.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con ordinanza n. 1893/19, depositata il 23 gennaio nell’ambito di un giudizio chiamata a decidere su un caso di dedotta inesistenza della notifica dell’atto introduttivo di primo grado relativo ad una condanna di risarcimento danni. La involontaria contumacia. La caratteristica della vicenda in esame sta nel fatto che la notifica dell’atto di citazione introduttivo del giudizio non si è mai perfezionata vista la mancata costituzione dell’odierno ricorrente e la pronuncia in sua involontaria contumacia della sentenza del Tribunale, con conseguente violazione del termine breve per proporre appello. intervenendo sul punto la Suprema Corte di Cassazione, essa rigetta il ricorso in esame e applica il nuovo principio di diritto secondo cui, in casi di contumacia involontaria, la distinzione tra nullità ed inesistenza della notificazione dell’atto introduttivo del grado di giudizio al cui termine è stata emessa la sentenza da impugnare, con il diverso riparto dell’onere probatorio in punto di conoscenza della pendenza del giudizio, rileva per il caso di mancata notifica di quella sentenza, poiché nel confronti del contumace involontario opera non solo il termine decadenziale annuale dalla data della successiva conoscenza della sentenza, ma anche il termine breve, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. civ., nell’ipotesi in cui la sentenza gli sia stata notificata personalmente ed ovviamente dalla data di tale notifica e ciò senza alcun differente trattamento rispetto al contumace volontario e senza alcuna violazione degli artt. 24 e 111 Cost

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 15 novembre 2018 – 23 gennaio 2019, n. 1893 Presidente Frasca – Relatore De Stefano Rilevato che C.G. ricorre, affidandosi a due motivi con atto notificato a mezzo p.e.c. il 13/07/2017, per la cassazione della sentenza n. 449 del 17/03/2017 della Corte di appello di Catania, di declaratoria di inammissibilità, per tardività, del suo appello avverso la condanna, pronunciata nei suoi confronti dal Tribunale di Siracusa ex sez. dist. di Avola e nel contraddittorio con la spa Generali ma in dedotta inesistenza della notifica ad esso ricorrente dell’atto introduttivo di primo grado, al risarcimento - per L. 25 milioni - dei danni cagionati al figlio di R.G. e N.G. , R.S. , nelle more divenuto maggiorenne resistono con controricorso i soli originari attori è formulata proposta di definizione - per manifesta infondatezza - in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e , conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197 entrambe le parti depositano memoria ai sensi del comma 2, ultima parte, del medesimo art. 380-bis. Considerato che la peculiarità della vicenda sta in ciò, che la notifica dell’atto di citazione introduttivo del giudizio in primo grado - in persistente difetto di prova del completamento del relativo iter - non si è mai perfezionata, donde la mancata costituzione dell’odierno ricorrente e la pronuncia in sua - evidentemente involontaria - contumacia della sentenza del tribunale in data 28/02/2008, seguita dalla notifica della medesima in data 07/06/2016 in uno al precetto ma pure dall’avvio di un processo esecutivo fin dal 05/07/2016 v. ricorso, p. 3 con conseguente violazione del termine breve per proporre l’appello, questo essendo stato dispiegato soltanto addì 08/09/2016 i due motivi - il primo, di violazione e/o falsa applicazione dell’art. 161 e 164 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 4 il secondo, di violazione ex art. 111 Cost. e dell’art. 24 Cost. ed art. 101 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 5, n. 3 vanno trattati congiuntamente per l’evidente loro intima connessione, ma sono manifestamente infondati invero, dall’attenta lettura della stessa pronuncia invocata dal ricorrente Cass. Sez. U. 22/06/2007, n. 14570 e soprattutto dei suoi punti 3.2 e seguenti dei motivi della decisione, risulta qualificata come idonea a far decorrere il termine breve - di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c. - per l’impugnazione la valida notifica della sentenza, anche se emessa all’esito di una notificazione viziata dell’atto introduttivo mentre, a ben vedere, il requisito della conoscenza della pendenza del processo ed il diverso riparto del relativo onere probatorio riguarda soltanto il capoverso dell’art. 327 c.p.c., cioè la decorrenza del termine c.d. lungo all’epoca, in ragione del tempo di instaurazione del giudizio in primo grado, di un anno evenienza che non rileva nella specie, essendo pacifico che la sentenza di primo grado sia stata comunque notificata all’appellante ben oltre trenta giorni prima della notifica dell’appello alla relativa motivazione, che si fa carico anche dei dubbi di congruità del trattamento equiparato tra contumace volontario ed involontario con argomentazioni che sono idonee ad escludere anche ogni dubbio di costituzionalità per la sufficienza - e conformità quindi agli artt. 24 e 111 Cost., invocati dal ricorrente del termine breve concesso anche al secondo a partire dalla conoscenza della sentenza emessa all’esito del grado cui involontariamente ha omesso di partecipare conoscenza della sentenza idonea a consentirgli di prendere contestualmente consapevolezza della passata pendenza della lite e del suo sviluppo, incombendo un onere di responsabile attivazione su chiunque sia investito di un procedimento giurisdizionale, soprattutto per la natura non particolarmente complessa dei problemi posti da una situazione processuale in cui - nello specifico - la linea difensiva da sviluppare non contempli altro problema che quello di dedurre e far valere la nullità della notifica dell’atto introduttivo e, di conseguenza, del giudizio Cass. 12/12/2003, n. 19037 , può qui bastare un integrale richiamo per rigettare entrambi i motivi di ricorso sul punto, le ulteriori argomentazioni sviluppate dal ricorrente in memoria non inficiano le conclusioni appena ribadite, visto che neppure la carenza di notificazione dell’atto introduttivo comporta di per sé sola né la giuridica inesistenza della sentenza, né una lesione del diritto di difesa che non sia poi idoneamente riparabile mercè il dispiegamento dell’impugnazione, in motivo della quale si converte ogni nullità precedente salvi i soli casi espressamente previsti dalla normativa, entro termini adeguati a dispiegare, con una dovuta ma minima diligenza, le opportune difese pertanto, va fatta applicazione del seguente principio di diritto in ipotesi di contumacia involontaria, la differenza tra nullità ed inesistenza della notifica dell’atto introduttivo del grado di giudizio al cui esito è stata emessa la sentenza da impugnare, col conseguente diverso riparto dell’onere probatorio in punto di conoscenza della pendenza del giudizio, rileva soltanto ai diversi fini dell’art. 327 cpv. c.p.c. e, quindi, per il caso di mancata notifica di quella sentenza, poiché nei confronti del contumace involontario opera non solo il termine decadenziale annuale dalla data della successiva conoscenza della sentenza, ma anche il termine breve, ai sensi dell’art. 325 c.p.c., nell’ipotesi in cui la sentenza gli sia stata notificata personalmente ed ovviamente dalla data di tale notifica e tanto senza alcun trattamento differenziato rispetto al contumace volontario e comunque senza alcuna violazione dei canoni costituzionali degli artt. 24 e 111 Cost. il ricorso va rigettato ed il soccombente ricorrente condannato alle spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, tra loro in solido per l’evidente pari interesse in causa infine, va dato atto - mancando ogni discrezionalità al riguardo tra le prime Cass. 14/03/2014, n. 5955 tra molte altre Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245 - della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione in caso di reiezione integrale, in rito o nel merito. P.Q.M. rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti e tra loro in solido, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.