Il giudizio di opposizione a precetto circa la portata del titolo è logicamente subordinato a quello di merito

Qualora in sede di opposizione il ricorrente contesti il diritto a procedere in via esecutiva per l’assenza del titolo, l’accertamento dell’idoneità del titolo stesso a legittimare l’azione esecutiva è preliminare rispetto ai motivi di opposizione. Inoltre, se il giudice dell’esecuzione deve verificarne la sussistenza e la permanenza nell’ambito di tutto il processo esecutivo accertamento che la cui efficacia si esaurisce nell’ambito del processo medesimo , quello dell’opposizione all’esecuzione è tenuto a farlo in via preliminare, potendo rilevare sia l’inesistenza originaria che quella sopravvenuta infatti in entrambi i casi si determina l’illegittimità ab origine dell’esecuzione.

In tal caso il giudice deve dichiarare la cessazione della materia del contendere, anche in caso di rinvio ad opera della Corte di Cassazione per l’individuazione della portata del titolo, qualora lo stesso risulti poi venuto meno. Il giudizio di opposizione a precetto relativo alla portata del titolo è logicamente subordinato a quello del merito, sede in cui si forma e può essere dunque, anche specificato il titolo stesso. La liquidazione delle spese nel giudizio di opposizione all’esecuzione in caso di dichiarazione di della cessazione della materia del contendere deve seguire il criterio della soccombenza virtuale. Tale in sintesi il contenuto della sentenza della Corte di Cassazione n. 31955, depositata l’11 dicembre 2018, che ora andiamo ad analizzare più da vicino. I fatti di causa. Il Presidente del Tribunale emetteva, nell’ambito di un giudizio di separazione, un’ordinanza ex art. 708 c.p.c., che assegnava alla moglie la casa coniugale. La donna notificava per ben tre volte al marito atto di precetto per il rilascio dell’autorimessa atto che veniva tutte le volte da questi impugnato, con la motivazione che la casa coniugale non comprendeva l’autorimessa, non avendo la stessa natura pertinenziale. Il giudizio di opposizione veniva deciso in primo grado con la dichiarazione della cessata materia del contendere, essendo stato nel frattempo il provvedimento ex art. 708 c.p.c. superato e travolto dalla sentenza sostituiva dell’ordinanza ex art. 708 c.p.c., che aveva deciso escludendo la detta pertinenzialità. Mentre, la Corte d’appello adìta nel giudizio di opposizione, aveva al contrario riconosciuto la natura pertinenziale dell’autorimessa. Entrambe le parti impugnano la sentenza, naturalmente affidandosi a motivi differenti. Lei, con ricorso principale contesta la mancata liquidazione delle spese di secondo grado, mentre lui, con ricorso incidentale contesta sostanzialmente il fatto che la Corte d’Appello abbia affrontato la questione relativa alla natura pertinenziale del box pur essendo venuto meno il titolo esecutivo. Il giudice dell’opposizione non ha rilevato la caducazione del titolo. La Corte affronta in via prioritaria il ricorso incidentale e di questo il primo motivo, ritenendolo assorbente degli altri e fondato. In particolare, con detto motivo, il ricorrente, contestando la violazione degli artt. 474, 480 c.p.c. e 189 disp. att., 282, 394, 99 e 112, c.p.c., lamenta il fatto che la Corte d’Appello abbia omesso di rilevare che il titolo era venuto meno e si sia pronunciata circa la natura pertinenziale del box. L’errore sussiste, per il ricorrente, anche in caso di giudizio di rinvio, quale era quello relativo ad uno dei tre precetti notificati al marito e poi da questi opposti. Fa presente il ricorrente, infatti, che la sentenza che aveva deciso sull’impugnazione della sentenza di primo grado del giudizio di separazione aveva dichiarato la nullità della sentenza medesima perché decisa in sede monocratica e non dal collegio e aveva assegnato la casa alla moglie, escludendo però il vincolo di pertinenzialità. In sostanza, secondo il ricorrente, la sentenza che in secondo grado aveva deciso sull’opposizione all’esecuzione avrebbe dovuto decidere tenendo conto della decisione del secondo grado del giudizio di separazione. Giudizio di opposizione all’esecuzione e verifica dell’esistenza del titolo. Questo il percorso logico-giuridico che porta la Corte ad accogliere il ricorso incidentale. In primis , richiama, associandosi, la giurisprudenza di legittimità secondo cui qualora in sede di opposizione il ricorrente contesti il diritto a procedere in via esecutiva per l’assenza del titolo, l’accertamento dell’idoneità del titolo stesso a legittimare l’azione esecutiva è preliminare rispetto ai motivi di opposizione menziona Cass. n. 20868/17, Cass. n. 1925/15 e Cass. n. 3977/12 . Dunque, prosegue, la Corte, qualora il titolo esecutivo venga meno nelle more del giudizio di opposizione, nell’ambito di questo deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere. Infatti, prosegue, se il titolo è condizione necessaria per il compimento dell’azione esecutiva, la sua presenza deve essere sempre verificata d’ufficio dal giudice rimanda a Cass. n. 1337/00 . In particolare, poi, se il giudice dell’esecuzione deve verificarne la sussistenza e la permanenza nell’ambito di tutto il processo esecutivo accertamento che la cui efficacia si esaurisce nell’ambito del processo medesimo , quello dell’opposizione all’esecuzione è tenuto a farlo in via preliminare rimanda a Cass. n. 16610/11 . Quest’ultimo è tenuto a verificare l’esistenza e la permanenza del titolo in ogni stato e grado, potendo rilevare sia l’inesistenza originaria che quella sopravvenuta infatti in entrambi i casi si determina l’illegittimità ab origine dell’esecuzione rimanda a Cass. n. 11021/01 e a Cass. n. 22430/04 . Il discorso non cambia in caso di un giudizio di rinvio nel caso di specie la Corte di Cassazione aveva rinviato gli atti al giudice a quo, vincolando la decisione alla verifica della portata del titolo e cioè se questo comprendesse il box in quanto pertinenza dell’abitazione ma tale vincolo si fondava sull’esistenza del titolo medesimo venuto meno quello con il superamento dell’ordinanza presidenziale pronunciata ex art. 708 c.p.c. e l’esclusione, in secondo grado, della pertinenzialità del box. Né nel caso specifico può affermarsi, come conclude la Corte d’Appello, che la sentenza del giudizio di separazione non abbia deciso con efficacia di giudicato sul punto della natura pertinenziale del box, essendo in corso l’opposizione al precetto, per via del riferimento alla non possibilità allo stato” di accogliere la domanda sulla pertinenzialità. Spiega la Corte che il giudice della separazione si è espresso sul punto, affermando che la ricorrente non aveva dato la prova, come suo onere, del carattere pertinenziale del box pertanto, l’inciso allo stato” non ha alcun valore dispositivo, posto che il giudice del titolo ha chiarito, correttamente o meno, il perimetro dello stesso quale doveva intendersi” Cass. n. 31955/18 la decisione è poi divenuta definitiva, essendo passata in giudicato. Subordinazione del giudizio di opposizione all’esecuzione a quello di merito. Il giudizio di opposizione a precetto relativo alla portata del titolo è logicamente subordinato a quello del merito, sede in cui si forma e può essere dunque, anche specificato il titolo stesso ciò va affermato per gli stessi motivi per cui in opposizione all’esecuzione primo compito del giudice è, come detto, quello di verificare l’esistenza del titolo medesimo. Non rileva in contrario nemmeno il fatto che il carattere pertinenziale del box possa essere oggetto di autonomo giudizio ciò che rileva per il giudice dell’opposizione all’esecuzione è quanto è stato stabilito nel merito della separazione afferma la Corte che il perimetro cognitivo del giudice dell’opposizione esecutiva è in ogni caso definito da quello del titolo quale inteso nella relativa cognizione Cass. n. 31955/18 . Cessazione della materia del contendere e liquidazione delle spese. Sulla liquidazione delle spese nel giudizio di opposizione all’esecuzione in caso di dichiarazione di della cessazione della materia del contendere un primo orientamento esclude la condanna la pagamento delle spese in capo all’opponente sulla base del fatto che i motivi contenuti nell’opposizione risultano assorbiti dal rilievo della caducazione del titolo medesimo, con conseguente illegittimità dell’esecuzione sin dal principio cita tra le altre su menzionate, comunque conformi, Cass. n. 20868/17 . La Corte invece aderisce all’orientamento che liquida invece le spese sulla base della soccombenza virtuale la Corte rimanda alla sentenza n. 6016/17 di cui riportiamo un passo che descrive con chiarezza il principio della soccombenza virtuale decidendo sulla cessazione della materia del contendere in un caso di opposizione di terzo, la Corte ha affermato testualmente che il giudice investito della opposizione [] è tenuto dunque al prognostico vaglio sulla astratta fondatezza dei motivi dedotti dal terzo, onde individuare la parte che, omettendo la considerazione del fatto sopravvenuto, sarebbe stata dichiarata soccombente e sulla quale far gravare, in concreto, il carico delle spese di lite . Spiega la sentenza qui in commento che il criterio che deve guidare nella liquidazione delle spese è quello della causalità rispetto alla domanda svolta e non a fattori esterni, sebbene connessi, che impediscano la compiuta decisione che il rilievo d’ufficio della caducazione del titolo è dunque un’ eventualità del giudizio di opposizione, ma resta esterna ai motivi, che nelle opposizioni esecutive sono vincolanti con la conseguenza, rispetto ai motivi contenuti nell’opposizione, della cessazione della materia del contendere ragionando diversamente, aggiunge la Corte, finirebbe che la tempistica della caducazione del titolo andrebbe a condizionare in maniera casuale il riparto dei costi della lite, favorendo utilizzi strumentali dell’opposizione. All’esecutato/opponente resterà sempre, la possibilità di tutela prevista dall’art. 96, comma 2, c.p.c., secondo cui, per quanto qui interessa, Il giudice che accerta l'inesistenza del diritto per cui è stato [] iniziata o compiuta l'esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni [] il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente e cioè, anche d’ufficio, in sentenza.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 14 settembre – 11 dicembre 2018, n. 31955 Presidente Vivaldi – Relatore Porreca Fatti di causa Nel procedimento di separazione giudiziale tra i coniugi C.R. ed B.E. , il presidente del Tribunale provvedeva ex art. 708, cod. proc. civ., assegnando alla seconda, per quanto qui rileva, la casa coniugale con i relativi arredi. La B. notificava un primo atto di precetto, per il rilascio dell’autorimessa ritenuta pertinenziale, opposto dal C. , e il tribunale rigettava l’opposizione con pronuncia poi cassata da questa Corte che rinviava gli atti al giudice a quo perché accertasse se il titolo esecutivo si dovesse ritenere esteso al box in parola. La B. notificava in seguito altri due omologhi atti di precetto, entrambi analogamente opposti, sicché il tribunale riuniva i giudizi, incluso quello in riassunzione a seguito della statuizione cassatoria. All’esito, il giudice di prime cure dichiarava cessata la materia del contendere rilevando che il titolo esecutivo giudiziale, posto a base dei tre atti di precetto, era venuto meno per intervenuta sentenza sostitutiva dell’ordinanza presidenziale, che aveva escluso la discussa pertinenzialità. La corte di appello, pronunciando sul gravame principale della B. e su quello incidentale del C. , accoglieva il primo e rigettava il secondo, affermando il vincolo pertinenziale oggetto di controversia. Avverso questa decisione ricorre per cassazione B.E. , formulando un motivo e depositando memoria. Ha proposto ricorso incidentale C.R. affidandosi a tre motivi. Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo di ricorso principale si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92, 112, in relazione agli artt. 360, primo comma, nn. 3 e 5, poiché la corte territoriale avrebbe omesso di liquidare le spese di secondo grado. 2. Con il primo motivo di ricorso incidentale si prospetta la violazione degli artt. 474, 480, 189 disp. att., 282, 394, 99, 112, cod. proc. civ., poiché la corte territoriale avrebbe errato nell’omettere di rilevare che il titolo esecutivo era venuto meno, sicché non avrebbe potuto pronunciare, nell’opposizione a precetto, neppure in sede di giudizio di rinvio, quanto al discusso vincolo di pertinenza alla casa coniugale assegnata. Infatti, la corte di appello investita del gravame avverso la sentenza di primo grado emessa a definizione del giudizio di separazione, aveva dichiarato la nullità della stessa in quanto adottata da un giudice monocratico invece che collegiale, e, pronunciando nel merito, aveva al contempo assegnato la casa coniugale alla B. , specificando che doveva escludersi il vincolo pertinenziale. Ne sarebbe derivato che l’ordinanza presidenziale posta a base dei precetti sarebbe stata superata, sia in primo che in secondo grado, con esiti sul punto chiarificatori in senso opposto a quello fatto oggetto dell’azione esecutiva minacciata. Con il secondo motivo si prospetta l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso, relativamente alla caducazione del titolo esecutivo fatta oggetto della precedente censura. Con il terzo motivo si prospetta la violazione del giudicato esterno, posto che la corte territoriale aveva avuto cognizione del sopravvenuto passaggio in giudicato della sentenza di secondo grado pronunciata a definizione del giudizio di separazione. 3. Il ricorso incidentale dev’essere esaminato prioritariamente per ragioni logiche. Il primo motivo è fondato, con assorbimento degli altri e del ricorso principale. Deve darsi seguito alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in sede di opposizione all’esecuzione con cui si contesta il diritto di procedere alle vie forzate perché chi le minaccia o le inizia non è assistito da titolo esecutivo, l’accertamento dell’idoneità del titolo stesso a legittimare l’azione esecutiva si pone come preliminare dal punto di vista logico nella decisione sui motivi di opposizione, anche se questi non investano direttamente la questione Cass., 06/09/2017, n. 20868 Cass., 03/02/2015, n. 1925 Cass., 13/03/2012, n. 3977 . Pertanto, dev’essere dichiarata la cessazione della materia del contendere per effetto del prioritario rilievo dell’avvenuta caducazione del titolo esecutivo nelle more del giudizio di opposizione. Se è vero, infatti, che l’esistenza del titolo esecutivo costituisce la condizione necessaria dell’esercizio dell’azione esecutiva, deve convenirsi che la sua esistenza, indipendentemente dalla posizione delle parti, dev’essere sempre verificata d’ufficio dal giudice cfr., già, Cass. 7/02/2000, n. 1337 . In particolare - mentre il giudice dell’esecuzione ha il potere e dovere di verificare, con un accertamento che esaurisce la sua efficacia nel processo esecutivo, non solo la presenza del titolo esecutivo nel momento in cui l’azione esecutiva è sperimentata, ma anche la sua permanente validità ed efficacia in tutto il corso del procedimento coattivo - in sede di opposizione all’esecuzione l’accertamento dell’idoneità del titolo a legittimare l’azione esecutiva si pone, esattamente in questa stessa logica, come preliminare cfr. anche Cass. 28 luglio 2011, n. 16610 . Il giudice dell’opposizione è tenuto, quindi, a compiere anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, e anche per la prima volta nel giudizio di cassazione, la verifica sull’esistenza del titolo esecutivo azionato, potendo rilevarne sia l’inesistenza originaria sia la sua sopravvenuta caducazione, dal momento che, entrambe, determinano l’illegittimità ab origine dell’esecuzione forzata cfr., altresì, Cass. 19/05/2011, n. 11021 e Cass. 29/11/2004, n. 22430 . 4. Nulla può mutare, allora, il fatto che, nel caso qui in scrutinio, si versasse, per uno dei processi riuniti, in sede di giudizio di rinvio. La costante rilevabilità d’ufficio della caducazione del titolo resta, come detto, un prius logico e pertanto assorbente. Nella fattispecie in esame il vincolo posto dalla pronuncia cassatoria era quello di accertare la portata del titolo esecutivo - in cui si traduceva la verifica della pertinenzialità del box - nel presupposto che il titolo esistesse come tale. Ed è pacifico tra le parti che quel titolo è venuto meno perché l’ordinanza presidenziale che lo integrava è stata superata - con esplicite precisazioni escludenti la maggior portata esecutiva discussa in sede di opposizione a precetto - dalle successive sentenze di primo grado e poi di secondo grado con la quale ultima, sebbene sia stata dichiarata la nullità della pronuncia di prime cure perché adottata in via monocratica e non collegiale, si è poi statuito come detto nel merito. In questo contesto, risulta erronea la precisazione contenuta nella sentenza qui gravata pag. 7, riportata nel ricorso incidentale alle pagg. 2425 , secondo cui l’arresto di seconde cure appena citato non avrebbe deciso con efficacia di giudicato sulla natura pertinenziale del box essendo in piedi il giudizio di opposizione a precetto , in tal senso dovendo intendersi il riferimento presente, in quella decisione, al fatto che la richiesta della B. , di ricomprendere nel titolo il box, non potesse allo stato accogliersi. La corte di appello del giudizio di separazione, infatti, ha specificato che non vi era la prova della pertinenzialità in discussione, prova che - sottolinea quella pronuncia - era onere della parte stessa offrire cfr. pag. 7, cit., della sentenza qui impugnata . L’inciso inerente a una decisione assunta allo stato risulta cioè privo di portata dispositiva, posto che il giudice del titolo ha chiarito, correttamente o meno, il perimetro dello stesso quale doveva intendersi, e lo ha fatto in modo divenuto definitivo stante il successivo passaggio in giudicato di tale decisione. Il giudizio di opposizione a precetto sulla portata del titolo rimane logicamente subordinato a quello di merito in cui si forma e può essere specificato il titolo stesso, in forza degli stessi motivi per cui il difetto di quest’ultimo è logicamente preliminare in sede di opposizione all’esecuzione. In questa latitudine ricostruttiva, neppure può rilevare il fatto che la pertinenzialità possa costituire oggetto di autonomo giudizio, posto, appunto, che il perimetro cognitivo del giudice dell’opposizione esecutiva è in ogni caso definito da quello del titolo quale inteso nella relativa cognizione. In altri termini, il giudice della separazione, fondatamente o meno, ha definito davanti a sé, in quei limiti, la portata dell’assegnazione della casa coniugale, nell’ambito del vaglio afferente alla consistenza dei provvedimenti da adottare in quella sede, conseguentemente definendo, ai fini qui in discussione, il titolo esecutivo, sicché il giudice dell’opposizione all’esecuzione, come quello di quest’ultima, non potevano che ritenere insussistente il titolo medesimo in ogni superiore o comunque diverso margine. 5. Secondo la giurisprudenza prima citata, d’altra parte, dichiarata cessata la materia del contendere, rilevabile anche officiosamente in ogni stato e grado del giudizio, il giudice dell’opposizione non potrebbe, in violazione del principio di soccombenza, condannare l’opponente al pagamento delle spese processuali, sulla base della disamina dei motivi proposti, risultando detti motivi assorbiti dal rilievo dell’avvenuta caducazione con conseguente illegittimità ex tunc dell’esecuzione in parola cfr. Cass., n. 20868 del 2017, cit., e le altre, pure menzionate, che sono conformi . Questo Collegio condivide invece i differenti rilievi di altra, anch’essa recente giurisprudenza, secondo cui, nel caso, le spese devono essere liquidate in base al criterio della soccombenza virtuale Cass., 09/03/2017, n. 6016 . Infatti a l’onere delle spese è sorretto dal principio di causalità rispetto alla domanda svolta e non a fatti esterni, sebbene connessi, che ne inibiscano la compiuta delibazione b il rilievo d’ufficio della caducazione sopravvenuta del titolo, in questa chiave ricostruttiva, è un’eventualità propria del giudizio in parola, ma esterna ai motivi, che nelle opposizioni esecutive sono vincolanti c ne consegue, rispetto ai motivi cristallizzati con l’opposizione, la cessazione della correlativa materia del contendere d non vi è ragione per discostarsi dal principio generale della soccombenza virtuale, afferente alla regolazione delle spese nell’ipotesi di cessazione della materia del contendere, che costituisce declinazione di quello di causalità quale sopra richiamato e diversamente, la redistribuzione dei costi della lite sarebbe innervata irrazionalmente dalla casualità, determinata, cioè, dalla tempistica della caducazione del titolo, e s’incentiverebbe un possibile utilizzo strumentale dell’opposizione. D’altra parte, all’esecutato opponente spetterà sempre la tutela distintamente prevista dall’art. 96, secondo comma, cod. proc. civ., per l’ipotesi, appunto, di messa in esecuzione, senza la normale prudenza, di un titolo di cui risulti accertata l’inesistenza, sicché l’esposta ricostruzione non lascia residuare neppure alcuna complessiva criticità. 6. Ciò posto, le spese dell’intero giudizio vanno compensate stante il contrastante esito delle plurime fasi di merito. P.Q.M. La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso incidentale, assorbiti gli altri e il ricorso principale, cassa la decisione gravata in relazione al motivo accolto e, pronunciando nel merito, dichiara cessata la materia del contendere compensando le spese dell’intero giudizio.