Legittima l’imposizione fiscale sugli interessi maturati sui buoni postali fruttiferi

In tema di buoni postali fruttiferi, la l. n. 556/1986 ha introdotto modifiche in merito all’imposizione fiscale di detti titoli, la quale deve applicarsi in misura ridotta della metà solo in relazione ad obbligazioni e titoli emessi fino al 30 settembre 1987, e per intero per i buoni postali fruttiferi emessi dal 1° ottobre 1987.

Così ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 30746/18, depositata il 28 novembre. La vicenda. Due soggetti si rivolgevano a Poste Italiane S.p.a. per l’acquisto di tre buoni postali fruttiferi emessi nell’aprile 1988. Tali titoli si erano rilevati fruttuosi ma la società Poste Italiane non aveva accreditato parte degli interessi sul conto dei clienti, i quali si rivolgevano al Giudice di Pace per ottenere suddetto importo. Attenendosi al principio affermato dalle Sezioni Unite sentenza n. 13979/07 secondo cui è da attribuire preminente rilievo a quanto letteralmente risulta dai buoni postali, la domanda veniva accolta sia in primo che in secondo grado. Poste Italiane ricorreva dunque in Cassazione lamentando la falsa applicazione della l. n. 556/1986 relativa alle esenzioni dalle imposte sul reddito degli interessi e altri proventi delle obbligazioni e dei titoli del debito pubblico . Disposizioni per i titoli di debito pubblico. Come ribadito dalla medesima Corte sentenza n. 4761/18 , i buoni postali fruttiferi non presentano la natura di titoli di credito poiché devono essere considerati come titoli di legittimazione ai sensi dell’articolo 2002 c.c. giacché il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli si forma sulla base dei dati risultati dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti. Tale principio valorizza dunque il carattere letterale emergente dai buoni postali fruttiferi, ma risulta inapplicabile al caso in esame giacché si trattava semplicemente di prendere atto della l. n. 556/1986 che ha assoggettato ad imposizione fiscale gli interessi maturati in conformità a quanto previsto sui buoni fruttiferi in discorso . La normativa del 1986 assoggettava i buoni postali fruttiferi - che prima erano esenti - alla prevista ritenuta erariale successivamente divenuta imposta sostitutiva , legittimando in tal senso le Poste Italiane a trattenere parte dell’importo maturato per via dell’imposizione fiscale stabilita, imposizione da applicarsi per intero per i buoni emessi dall’ottobre 1987, quali quelli oggetto del contendere. La Suprema Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 18 settembre – 28 novembre 2018, n. 30746 Presidente Scaldaferri – Relatore Di Marzo Rilevato che 1.- Con sentenza dell’8 novembre 2016 il Tribunale di Teramo ha respinto l’appello proposto la Poste Italiane S.p.A. nei confronti di G.B. e F.M. contro la sentenza con cui il Giudice di pace di Campli aveva accolto la domanda di questi ultimi volta ad ottenere l’importo ad essi ancora dovuto quale differenziale, quantificato in Euro 1301,12, rispetto all’importo corrisposto dalla società per interessi su tre buoni postali fruttiferi emessi il 26 aprile 1988 ed il 19 maggio 1988. Ha in breve ritenuto il Tribunale che dovesse farsi applicazione del principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza numero 13979 del 2007, attribuendosi dunque rilievo preminente a quanto letteralmente risultante dai buoni. 2.- Per la cassazione della sentenza Poste Italiane S.p.A. ha proposto ricorso per due mezzi. Gli intimati non hanno spiegato difese. Considerato che 3.- Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del decreto legge numero 556 del 1986 convertito in legge 17 novembre 1986, numero 759, in relazione all’articolo 360, numero 3, c.p.c., censurando la sentenza impugnata per non aver compreso che la somma richiesta dagli originari attori era stata legittimamente trattenuta in applicazione della normativa richiamata quale imposizione fiscale stabilita dal legislatore. Il secondo motivo esamina la stessa questione dall’angolo visuale del vizio motivazionale di cui al numero 5 dell’articolo 360 c.p.c 4. - Il collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata. 5. - Il ricorso è manifestamente fondato. I due motivi, stante l’evidente collegamento, vanno esaminati simultaneamente. Questa Corte ha anche di recente ripetuto che i buoni postali fruttiferi non hanno natura di titoli di credito ma vanno considerati titoli di legittimazione ai sensi dell’articolo 2002 c.c. e, nondimeno, il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli è destinato a formarsi proprio sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti Cass. 28 febbraio 2018, n. 4761 . E ciò sulla linea tracciata dalle Sezioni Unite secondo le quali il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli è destinato a formarsi proprio sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti così testualmente Cass., Sez. Un., 15 giugno 2007, n. 13979, concernente fattispecie, diversa da quella in esame, in cui si trattava di stabilire se la previsione risultante da un decreto del 1984, che prevedeva la triplicazione del capitale al nono anno, potesse trovare applicazione nei riguardi di buoni emessi nel 1986, dai quali risultava che la triplicazione avrebbe avuto luogo all’ottavo anno sulla questione v. pure la recente ordinanza di rimessione n. 21543 del 2018 . Tale principio, che valorizza il carattere della letteralità dei buoni postali fruttiferi, e che il Tribunale di Teramo ha creduto di dover applicare, non ha tuttavia assolutamente niente a che vedere con la vicenda, totalmente diversa, che era sottoposta al suo esame. Nel caso in discorso, difatti, non veniva affatto in considerazione - come nelle due decisioni poc’anzi citate - la discordanza tra quanto risultante dai buoni e quanto previsto in ordine alla determinazione degli interessi da decreti ministeriali adottati dall’allora Ministero delle Poste, bensì l’applicazione dell’articolo 1 del decreto legge 19 settembre 1986, n. 556, convertito con modificazioni in legge 17 novembre 1986, n. 759, recante Modifiche al regime delle esenzioni dalle imposte sul reddito degli interessi e altri proventi delle obbligazioni e dei titoli di cui all’articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601 . Tale disposizione stabilisce per quanto qui interessa che Agli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e degli altri titoli indicati nell’art. 31 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, ed equiparati, emessi successivamente alla entrata in vigore del presente decreto, non si applica l’esenzione ivi prevista, salvo quelli emessi all’estero. Sugli interessi e altri proventi di cui al comma 1 deve essere operata una ritenuta ai sensi dell’ad 26, commi primo e quarto, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, ridotta alla metà relativamente agli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e degli altri titoli emessi fino al 30 settembre 1987 . . La norma, dunque, ha assoggettato i buoni postali fruttiferi, che in precedenza ne erano esenti in applicazione dell’articolo 31 del d.P.R. numero 601 del 1973 , alla prevista ritenuta erariale successivamente sostituita dalla relativa imposta sostitutiva ed il legislatore ha stabilito che detta imposizione fiscale dovesse applicarsi in misura ridotta della metà soltanto in relazione ad obbligazioni e titoli emessi fino al 30 settembre 1987, e dunque dovesse applicarsi per intero per i buoni postali fruttiferi emessi a far data dal 1 ottobre 1987, quali quelli oggetto del contendere, emessi come si è detto in espositiva nell’aprile-maggio 1988. Ciò detto, non ha bisogno di essere ribadito che il principio della letteralità è stato dal giudice di merito richiamato a sproposito, giacché in questo caso si tratta semplicemente di prendere atto della legge dello Stato che ha assoggettato ad imposizione fiscale gli interessi maturati in conformità a quanto previsto sui buoni postali fruttiferi in discorso. 6. - La sentenza è pertanto cassata e rinviata al Tribunale di Teramo, il quale si atterrà a quanto precedentemente indicato e provvederà anche alla liquidazione delle spese di questo giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese al Tribunale di Teramo in diversa composizione.