Quando sospendere un giudizio e quando no: una questione complicata

Quando tra due giudizi vi è un rapporto di pregiudizialità, a meno che la sospensione sia imposta da una disposizione specifica, il giudizio pregiudicato non deve essere necessariamente sospeso, ma può esserlo ai sensi dell’art. 337 c.p.c., ove il giudice ritenga altrettanto motivatamente di non poggiarsi sull’ autorità della prima sentenza già intervenuta sulla questione pregiudicante .

Questo il complesso principio di diritto espresso dalla Suprema corte con l’ordinanza in commento. Il caso. Una condomina proprietaria di un box, impugnava la delibera assembleare con la quale, a maggioranza, era stato deciso di assegnare nei cortili un parcheggio autovettura per condominio. A ricorrente reclamava la nullità di tale delibera sostenendo, in via principale, che tale decisione era lesiva del suo diritto – riconosciuto in precedenti sentenze e delibere assembleari – di uso e possesso esclusivo della rampa carrabile che conduce ai box, con il conseguente divieto per gli altri condomini di occupare tale rampa se non in via occasionale e del tutto sporadica. L’impugnazione veniva respinta dal Tribunale con sentenza che, una volta appellata dal soccombente, veniva confermata anche dalla Corte di Appello di Roma in sede di gravame. Occorre riconoscere il rapporto di pregiudizialità tra due procedimenti. La Cassazione, infine, quale giudice di legittimità, accoglieva il ricorso presentato dalla soccombente in primo e secondo grado per avere la Corte d’Appello di Roma, in violazione dell’art. 337 c.p.c., comma 2, omesso di conformarsi al disposto di cui alla sentenza del Tribunale di Roma n. 10602/2011 ovvero, in alternativa, di sospendere il processo . La Cassazione, in sostanza, riteneva fondato quanto affermato dalla ricorrente. E cioè che il giudice di merito avrebbe dovuto o sospendere il giudizio in corso tra le parti, o conformarsi a quanto statuito in precedenza nella sentenza appunto da ritenersi pregiudiziale dal Tribunale di Roma in contraddittorio tra le stesse parti in merito alla proprietà esclusiva della rampa di cui in oggetto. L’errore dei giudici di merito, pertanto, secondo la Cassazione è stato quello di non ritenere che vi fosse una situazione di pregiudizialità – dipendenza tra il giudizio vertente in sede petitoria sulla proprietà del bene rampa di accesso ai box , e quello relativo alla reclamata illegittimità della delibera condominiale. In forza di tale rapporto di pregiudizialità tra i due giudizi, in altre parole, il Decidente avrebbe dovuto, quindi, o sospendere il giudizio relativo alla impugnazione della delibera in attesa della decisione in appello del giudizio petitorio, o viceversa adeguarsi alla sentenza del predetto giudizio petitorio in primo grado. L’errore, quindi, da parte dei giudici del merito è stato quello, nel respingere il ricorso, di seguire una terza via” non compresa tra le due ritenute egualmente percorribili dalla cassazione.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 11 settembre – 15 novembre 2018, numero 29450 Presidente Orilia – Relatore Bellini Fatti di causa La SOCIETÀ IMMOBILIARE EDILIZIA LAZIALE S.R.L., proprietaria del box, compreso nel Condominio omissis , al quale si accede tramite una rampa carrabile dal civico numero 7/A di Via omissis , usata soltanto dalla medesima e da B.R. tale rampa è affiancata da altra rampa pedonale che conduce a locali condominiali le due rampe hanno distinti cancelli di accesso , con ricorso ex artt. 1421 e 1137 c.c., depositato in data 26.11.2004, impugnava la delibera assembleare del 27.10.2004, con la quale, a maggioranza, era deciso di assegnare nei cortili una autovettura per condomino . La società ricorrente sosteneva, in via principale, che tale delibera era nulla perché lesiva del suo diritto di uso e possesso della rampa carrabile che conduceva al box, così come definitivamente accertato in pregressi giudizi e riconosciuto in precedenti delibere assembleari, in cui agli altri condomini era consentito di parcheggiare la loro auto sulla rampa a titolo meramente precario e di cortesia, oltre che riconosciuto nel regolamento condominiale in via subordinata, instava per l’annullamento della deliberazione impugnata in quanto affetta da eccesso di potere. Si costituiva il CONDOMINIO di VIA omissis 7 chiedendo il rigetto della domanda perché inammissibile, improcedibile e comunque infondata in fatto e in diritto. Il Condominio convenuto sosteneva che la tutela conseguita dalla S.I.E.L. in sede possessoria non fosse in grado di determinare la nullità della delibera impugnata e che l’impugnativa di tale delibera avrebbe dovuto essere proposta nei confronti dei condomini che avevano espresso il proprio consenso e non nei confronti del Condominio e che la ricorrente aveva violato il principio del ne bis in idem, avendo proposto le stesse richieste avanzate in precedenti giudizi conclusisi con le sentenze depositate in atti. Con sentenza del Tribunale di Roma numero 21406/2007 le domande venivano respinte. Avverso detta sentenza, la S.I.E.L. proponeva appello, con atto notificato in data 17.4.2008, deducendo che il Tribunale aveva errato in quanto non aveva ritenuto che la delibera impugnata a fosse contraria alla legge, in quanto era in contrasto con il giudicato possessorio e petitorio formatosi tra le parti e non essendo possibile acquisire il possesso della rampa oggetto di causa a mezzo di delibera condominiale b fosse contraria al Regolamento condominiale, in quanto l’art. 6, lettera E del medesimo, ponendo le spese di manutenzione della parte carrabile della rampa a carico dei soli proprietari dei garages che se ne servivano, aveva costituito un condominio parziale in loro favore con la conseguenza che con l’assegnazione dei posti auto si pretendeva di imporre una illegittima servitù c fosse, comunque, inficiata dal vizio di eccesso di potere. Si costituiva il Condominio chiedendo il rigetto dell’appello. Precisava che il Giudice di primo grado aveva correttamente escluso ogni diritto di proprietà esclusiva in capo alla S.I.E.L., in conformità alle pronunce giurisdizionali intervenute, con le quali sarebbe stata sancita la proprietà condominiale della rampa per cui è causa inoltre, l’art. 6 lett. E del Regolamento condominiale non attribuiva in proprietà esclusiva la rampa ad alcuni condomini, ma prevedeva solo una ripartizione delle spese della gestione tra i proprietari dei garages che ne usufruivano per il transito carrabile e gli altri condomini che la utilizzavano come passaggio pedonale. All’udienza del 24.4.2013 la S.I.E.L. depositava la sentenza numero 10602/2011 del 19.5.2011, resa inter partes nel giudizio petitorio, con cui il Tribunale di Roma aveva acclarato la comproprietà esclusiva della medesima e di B.R. sulla rampa carrabile. Con sentenza numero 4302/2013, depositata il 29.7.2013, la Corte d’Appello di Roma respingeva l’appello proposto dalla S.I.E.L. condannandola alle spese di lite. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione la S.I.E.L. s.r.l. sulla base di sette motivi, illustrati da memoria l’intimato Condominio non ha svolto difese. Ragioni della decisione 1.1. - Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la Violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e degli artt. 1362, 1168, 1170, 1421 e 1136 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, numero 3 c.p.c., con riferimento alla dedotta illiceità della delibera impugnata per contrasto con il pregresso giudicato sul possesso esclusivo della porzione carrabile della rampa in oggetto da parte della S.I.E.L. s.r.l., con divieto al Condominio di utilizzo della stessa come parcheggio per le auto dei singoli condomini e, comunque, lesiva dello ius possessionis riconosciuto alla prima . 1.2. - Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la Violazione e falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, numero 3 c.p.c., dell’art. 2909 c.c., anche in relazione agli artt. 1421 e 1136 c.c., per erronea valutazione del giudicato esterno di cui alla sentenza della Corte d’Appello di Roma numero 3425/2004, confermativa della sentenza del Tribunale di Roma numero 8390/2001 . 1.3. - Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia la Violazione e falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, numero 3 c.p.c., dell’art. 116 c.p.c., dell’art. 2730 c.c., anche in relazione agli artt. 1362 e 1363 c.c., e dell’art. 2732 c.c., per inosservanza del limite precostituito al libero convincimento del giudice, costituito dall’efficacia vincolante della prova legale della confessione, irrevocabile salvo che non sia frutto di errore o dolo . 1.4. - Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta la Violazione e falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, numero 3 c.p.c., dell’art. 337, comma 2, c.p.c., per avere la Corte d’Appello di Roma omesso di conformarsi al disposto di cui alla sentenza del Tribunale di Roma numero 10602/2011 ovvero, in alternativa, di sospendere il processo . 1.5. - Con il quinto motivo, la ricorrente denuncia la Nullità della sentenza, ex art. 360, comma 1, numero 4 c.p.c., per avere la Corte d’Appello, in violazione dell’art. 337, comma 2, c.p.c., omesso di conformarsi al disposto di cui alla sentenza del Tribunale di Roma numero 10602/2011, ovvero, in alternativa, di sospendere il processo . 1.6. - Con il sesto motivo, la ricorrente deduce la Violazione e falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, numero 3 c.p.c., degli artt. 1362, 1363, 1366, 1377, 1369 e 1371 c.c. in relazione all’interpretazione degli artt. 1 e 6 lett. E del Regolamento condominiale . La Corte sarebbe incorsa nella suddetta violazione ritenendo che la rampa in questione rientrasse tra i beni comuni, escludendo, quindi, la denunciata illegittimità della delibera per contrarietà con il diritto di proprietà da parte della S.I.E.L. s.r.l 1.7. - Con il settimo motivo, la ricorrente lamenta la Nullità della sentenza e del procedimento, ai sensi dell’art. 360, comma 1, numero 4 c.p.c., per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’omesso esame della documentazione fotografica prodotta e non contestata, nonché per violazione dell’art. 132, comma 2, numero 4 c.p.c., per inesistenza della motivazione, in punto di rigetto del gravame per assenza di prova. Violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, numero 3 c.p.c., degli artt. 116 c.p.c. e 2712 c.c., in relazione all’efficacia di prova legale precostituita della documentazione fotografica prodotta . 2. - Risulta pregiudiziale l’analisi dei motivi quarto e quinto, che, per connessione logico-giuridica, devono essere congiuntamente esaminati e decisi. 2.1. - Tali motivi sono fondati. 2.2. - La società ricorrente lamenta deducendo il conseguente vulnus rispettivamente ai parametri di cui al numero 3 ed al numero 4 del secondo comma dell’art. 360, c.p.c. che la Corte di merito ha omesso di sospendere il giudizio in esame, pur non intendendo conformarsi a quanto statuito dal Tribunale di Roma nella sentenza numero 10602 del 1905.2011, nella causa pregiudiziale pendente in fase di gravame, con prossima udienza fissata al 17.10.2018, come precisato nella memoria della ricorrente pag. 23 concernente l’accertamento della esclusiva proprietà ed uso della rampa per cui è causa, da parte dei proprietari dei garages posti in fondo alla stessa, fra cui essa ricorrente S.I.E.L. srl. Tale sentenza ha statuito che la rampa carrabile avente accesso dal civico 7/a di Via omissis , fatta eccezione per l’area retrostante il cancello pedonale e destinata all’accesso al locale comune interrato, appartiene esclusivamente alla Immobiliare Edilizia Laziale srl e a B.R. ricorso pagg. 17 e 18 . 2.3. - Orbene come correttamente rilevato da parte ricorrente la contemporanea pendenza sia del giudizio vertente, in sede petitoria, sull’accertamento della proprietà esclusiva della rampa in capo alla S.I.E.L., sia del presente giudizio, concluso dalla sentenza qui impugnata, in cui è stata dedotta l’illegittimità della delibera condominiale, in quanto lesiva del diritto dominicale di cui è stato domandato l’accertamento, determina tra i due giudizi una situazione di pregiudizialità-dipendenza, che necessita un coordinamento fra la decisione della questione pregiudicante e quella della questione pregiudicata. Tanto più che la sentenza del Tribunale di Roma numero 10602/11 era stata depositata dalla ricorrente medesima, nell’udienza di precisazione delle conclusioni del 24.04.2013, e pertanto la Corte d’appello era chiamata a decidere motivatamente sulla sospensione o meno del giudizio de quo. È ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte Cass. sez. unumero numero 10027 del 2012 e successive conformi , il principio secondo cui - salvi soltanto i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione specifica ed in modo che debba attendersi che sulla causa pregiudicante sia pronunciata sentenza passata in giudicato - quando fra due giudizi esista rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell’art. 337 c.p.c, non dovendo il secondo giudizio essere di necessità sospeso in attesa che si formi nel primo la cosa giudicata, ma potendo esserlo, ai sensi dell’art. 337 c.p.c., ove il giudice ritenga altrettanto motivatamente di non poggiarsi sull’autorità della prima sentenza, già intervenuta sulla questione pregiudicante Cass. numero 26251 del 2017 cfr. Cass. numero 13823 del 2016 Cass. numero 17473 del 2015 . Nella specie, la Corte di merito in contrasto con i parametri evocati nei motivi quarto e quinto non si è motivatamente pronunciata, come avrebbe dovuto fare, né sulla volontà di non conformarsi al disposto di cui alla citata sentenza del Tribunale di Roma del 2011, né sulla conseguente alternativa di sospendere il presente giudizio. 4. - Il quarto ed il quinto motivo di ricorso vanno, dunque, accolti, con assorbimento di tutti gli altri motivi la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, altra sezione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il quarto ed il quinto motivo di ricorso assorbiti tutti gli altri motivi. Cassa la sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e rinvia la stessa alla Corte d’appello di Roma, altra sezione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.