Notifica di atti giudiziari all’estero in assenza di traduzione nella lingua del destinatario

In tema di notificazione di atti giudiziari all’estero tra Stati membri dell’Unione europea, è onere del notificante dimostrare che l’atto sia redatto o accompagnato da una traduzione in una lingua compresa dal destinatario, oppure nella lingua ufficiale dello Stato di destinazione. Tale dimostrazione può essere fornita anche mediante l’attestazione rilasciata dall’ufficiale giudiziario italiano, che tuttavia, trattandosi di notificazione da perfezionarsi all’estero, non fa fede fino a querela di falso e può essere superata da prova contraria.

Sul tema la Corte di Cassazione, sez. III Civile, con sentenza n. 28509/18 depositata l’8 novembre, la quale prosegue sottolineando che, ove sia accertata la carenza, nella copia ricevuta presso altro Stato membro, della traduzione dell’atto nella lingua richiesta, il destinatario ha diritto ad un termine per la regolarizzazione. In alternativa, il termine perentorio dalla ricezione dell’atto, a causa dell’irregolarità della notifica, non inizia a decorrere e, finché non sia provata dal notificante la ricezione della copia tradotta, l’attività espletata dal destinatario non può definirsi tardiva. Sono questi i principi enunciati dalla Corte di Cassazione, terza sezione civile, con sentenza n. 28509/18 depositata l’8 novembre 2018, nell’ambito di una causa di opposizione a decreto ingiuntivo. Il caso. Una società di diritto austriaco si era opposta al decreto ingiuntivo notificatole da una s.r.l. creditrice. L’opposizione veniva tuttavia respinta, in quanto tardiva, sia in primo che in secondo grado sicché la società austriaca riproponeva le sue ragioni in Cassazione, censurando tra l’altro l’irregolarità della notifica del decreto ingiuntivo, ai fini della valutazione circa la tempestività dell’opposizione. Valida la notifica dell’atto consegnato alla collaboratrice di studio. La Corte di Cassazione – confermando quanto dedotto dai Giudici d’Appello – ha ritenuto pienamente valida ed efficace la notifica del decreto monitorio con conseguente tardività dell’opposizione proposta , ancorché l’atto fosse stato consegnato alla collaboratrice dello studio legale presso cui la società austriaca aveva fissato la propria sede legale. Ciò poiché, secondo il diritto austriaco, la consegna può effettuarsi non necessariamente nelle mani del titolare di studio quale rappresentate autorizzato”, bensì anche dei suoi diretti collaboratori. Carenza di traduzione dell’atto in lingua straniera. Respinta anche la censura relativa alla mancanza, nel decreto ingiuntivo, di traduzione in lingua tedesca, quale requisito di validità della notificazione. Sul punto, chiariscono gli Ermellini, si è pronunciata la Corte Suprema austriaca decretando l’esecutività del decreto sul territorio austriaco. Si è dunque formato un giudicato esterno circa la presenza della traduzione, che va a costituire accertamento della valida notificazione all’estero. Nonostante l’inammissibilità del presente motivo di ricorso, la Suprema Corte ritiene di chiarire alcuni aspetti, in quanto la decisione di secondo grado, pur confermata, non pare del tutto conforme ai principi sopra enunciati. Attestazione dell’ufficiale italiano, non è prova legale oltre confine. Prima di tutto è opinabile che l’attestazione dell’ufficiale giudiziario italiano possa fare fede fino a querela di falso anche oltre i confini nazionali, salvo il recepimento nell’ordinamento straniero. Ed altresì, a parti invertite, gli atti formati all’estero fanno fede fino a querela di falso anche in Italia, se ed in quanto trascritti nei registri nazionali. È inoltre escluso che eventuali irritualità del procedimento notificatorio, fra cui la carenza di traduzione, diano luogo a nullità e ad altri impedimenti di rito, mentre è doverosa l’assegnazione di un termine per la regolarizzazione. Ove il giudice di merito abbia invece ritenuto sussistere un impedimento di rito nell’espletamento di un’attività processuale che comunque sia stata posta in essere, occorre considerare che il relativo termine non è mai iniziato a decorrere, essendo ciò precluso dalla irritualità consistente nella carenza di copia tradotta.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 26 giugno – 8 novembre 2018, n. 28509 Presidente De Stefano – Relatore D’Arrigo Fatti di causa In data 3 gennaio 2011, la FTV Programmegesellschaft mbH FTV , società di diritto austriaco, opponeva innanzi al Tribunale di Milano il decreto ingiuntivo notificatole dalla Dynamis S.r.l. Dynamis per la somma complessiva di Euro 522.094,53 relativa ad un contratto di fornitura di contenuti videotelevisivi , eccependo preliminarmente la carenza di giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana. In subordine, chiedeva l’annullamento del decreto opposto per insussistenza del credito e, in via riconvenzionale, domandava che la Dynamis fosse ritenuta contrattualmente inadempiente e condannata al risarcimento del danno. Il Tribunale dichiarava inammissibile l’opposizione in quanto tardiva, perché proposta oltre la scadenza del termine di cui all’art. 641, secondo comma, cod. proc. civ. dichiarava, altresì, inammissibili la domanda riconvenzionale spiegata dalla FTV. Quest’ultima appellava la decisione, contestando la tardività della propria opposizione. Appellava a sua volta, in via incidentale, la Dynamis, censurando la pronuncia di inammissibilità delle domande riconvenzionali proposte dalla FTV e insistendo per il rigetto delle stesse nel merito. La Corte d’appello di Milano respingeva entrambe le impugnazioni, compensando tra le parti le spese del giudizio. La decisione è stata fatta oggetto di ricorso per cassazione dalla FTV, sulla base di tre motivi. La Dynamis ha resistito con controricorso e ha altresì proposto impugnazione incidentale, alla quale ha resistito, a sua volta, la FTV con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive ex art. 378 cod. proc. civ. In particolare, la Dynamis ha eccepito il giudicato esterno Europeo formatosi, successivamente alla proposizione del ricorso e del suo controricorso, sulla questione della validità della notificazione del decreto ingiuntivo, a seguito della pronuncia in data 7 giugno 2017 dello Oberster Gerichtshof Corte Suprema austriaca sull’istanza di dichiarazione di esecutività nel territorio austriaco del provvedimento monitorio in parola. Ragioni della decisione 1.1 Con il primo motivo la società ricorrente denuncia - ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. - una causa di nullità della sentenza impugnata, ravvisata nella violazione degli artt. 8, 9, 14, 15 e 19 del Regolamento CE n. 1393 del 2007, dei § 7, 13, 16 della legge austriaca sulle notificazioni Bundesgesetz Ciber die Zustellung behbrdlicher Dokumente, Zustellgesezt - ZustG n. 200 del 1982, degli artt. 148, 221 ss. e 641 cod. proc. civ., nonché dell’art. 2700 cod. civ 1.2 Per comprendere la portata della censura occorre premettere che il decreto ingiuntivo chiesto e ottenuto dalla Dynamis venne notificato in Austria, presso lo studio legale C. , S. & amp H. ove la FTV aveva fissato la propria sede legale. La particolarità della vicenda - intorno alla quale ruota il problema della validità della notificazione del decreto ingiuntivo, ai fini della valutazione della tempestività dell’opposizione - sta nel fatto che la copia dell’atto giudiziario non venne consegnata al titolare dello studio legale, bensì ad una sua collaboratrice tale M.E. circostanza accertata dalla corte territoriale come non controversa . La Corte d’appello ha ritenuto la validità e la piena efficacia di tale notificazione, osservando che la legislazione austriaca prevede che i soggetti diversi dalle persone fisiche possano stabilire la sede legale in un luogo diverso dal proprio stabilimento o dalla sede amministrativa che la consegna degli atti possa farsi non solo al destinatario, ma anche a destinatari sostitutivi , tali dovendosi intendere coloro che siano dipendenti del destinatario o che vivano nella sua medesima residenza che, combinando le due disposizioni, si ottiene che, qualora una persona giuridica abbia stabilito la propria sede presso uno studio legale, la consegna degli atti da notificare possa farsi non soltanto al titolare dello studio, quale rappresentante autorizzato della società, ma anche ai suoi diretti collaboratori, che costituiscono destinatari sostitutivi del titolare dello studio legale e, per esso, anche della società da costui rappresentata ai fini della ricezione delle notificazioni. Per l’effetto, ritenuta rituale ed efficace la notificazione del decreto monitorio effettuata in data 11 novembre 2010, i giudici di merito hanno ritenuto la tardività e la conseguente inammissibilità dell’opposizione proposta in data 3 gennaio 2011. 1.3 La decisione è censurata in quanto, a parere della ricorrente, la Corte d’appello, una volta accertato che la M. era dipendente dello studio legale e non della FTV, avrebbe dovuto concludere che costei non era autorizzata al ritiro degli atti per conto della società ingiunta, non essendone dipendente, sicché il procedimento notificatorio non poteva ritenersi perfezionato fino al momento dell’effettiva conoscenza dell’atto da parte della FTV. In sostanza, la ricorrente afferma che la legge austriaca richiederebbe che il destinatario sostitutivo di una persona giuridica sia un dipendente della stessa, qualifica che non ricorreva in capo alla M. , e non invece un dipendente del rappresentante autorizzato . La notificazione del decreto ingiuntivo effettuata a mani della M. sarebbe, dunque, invalida. E, poiché la legge austriaca dispone che in caso di vizi nel processo di notificazione, la notifica sarà tuttavia valida nel momento temporale in cui il documento è arrivato effettivamente al destinatario , il termine di cui all’art. 641, secondo comma, cod. proc. civ. sarebbe iniziato a decorrere dal 15 novembre 2010 data di effettiva conoscenza dell’atto da parte della FTV , con la conseguenza che l’opposizione, proposta il 3 gennaio 2011, sarebbe stata tempestiva. 1.4 Un secondo aspetto controverso della validità della notificazione riguarda la traduzione dell’atto in tedesco. Sul punto la Corte d’appello osserva che nell’ambito dell’attività notificatoria è possibile scindere la fase di confezionamento dell’atto da recapitarsi, perfezionatasi in Italia, da quella della materiale consegna, verificatasi all’estero. Sulla base di tale distinzione, spettava all’ufficiale giudiziario italiano, non all’omologo austriaco, attestare che il plico comprendeva una copia del decreto ingiuntivo redatto in lingua italiana, nonché la sua traduzione giurata in lingua tedesca. Dato che l’attestazione in questione è stata effettuata e che questa fa fede fino a querela di falso mai proposta dalla FTV , la Corte d’appello ha concluso che le doglianze sul punto dell’appellante fossero inammissibili. Le censure della FTV possono essere così riassunte la copia notificata del decreto ingiuntivo mancava della traduzione in lingua tedesca, come risulta documentalmente dalla produzione in giudizio di tale copia allegata alla memoria ex art. 183, sesto comma, n. 2, cod. proc. civ. il Regolamento CE n. 1393 del 2007 pone la presenza della traduzione nella lingua ufficiale del luogo di una notificazione in un altro paese della Comunità Europea quale condizione di validità della stessa l’ufficiale giudiziario italiano non avrebbe competenza ad accertare la completezza della documentazione notificata all’estero, anche perché l’Austria, avvalendosi della clausola di cui all’art. 15 del Regolamento CE n. 1393 del 2007, si oppone alla notificazione di atti giudiziari sul proprio territorio direttamente attraverso pubblici ufficiali competenti nello Stato richiesto. 1.6 Il motivo è inammissibile. Come già parzialmente anticipato, la Oberster Gerichtshof Corte Suprema austriaca in data 7 giugno 2017 si è pronunciata sull’istanza di dichiarazione di esecutività del decreto ingiuntivo nel territorio austriaco. Di tale pronuncia, intervenuta dopo la proposizione del ricorso principale e del controricorso, la Dynamis ha dato notizia con la memoria difensiva prodotta ex art. 378 cod. proc. civ Alla memoria sono state allegate due copie del provvedimento, una in tedesco e l’altra tradotta in italiano con asseverazione di conformità al testo in lingua originale. Innanzi all’autorità giudiziaria austriaca la FTV aveva sollevato, opponendosi alla richiesta della creditrice di dichiarare esecutivo all’estero il decreto ingiuntivo italiano, la medesima eccezione di nullità della notificazione di cui qui si discute. Lo Oberster Gerichtshof ha rilevato, in fatto, che dai documenti incontrovertibili./C e./D risulta chiaro per il Tribunale che anche la prima notifica era corredata dalla traduzione in lingua tedesca. . Anche la notifica effettuata il giorno dopo tramite il tribunale distrettuale di Josefstad quale tribunale adito era corredata dalla traduzione in tedesco pag. 5 . Ha poi considerato che L.G. nella qualità di amministratore del Debitore ha conferito allo studio legale C. , S. & amp H. Rechtsanwalte GesbR o al Dr. C.D. espressamente ed anche in modo presuntivo la delega al ritiro delle raccomandate Rsb. Il Debitore ha inteso acconsentire ed ha acconsentito sin dall’inizio della sua attività che le notifiche venissero fatte allo studio legale e non si è mai espresso contro la validità degli atti così notificati. In particolare questa volontà e documentata una volta di più dalla scorretta ed errata iscrizione nel Registro delle ditte pag. 8 . Ha, quindi, concluso nei seguenti termini Per tutti questi motivi è stata effettuata una valida notifica del decreto ingiuntivo italiano in data 11.11.2010 tramite delega postale presuntiva anche dal punto di vista del diritto dello Stato , dalla quale hanno iniziato a decorrere i termini per l’opposizione pag. 10 . La decisione della corte suprema austriaca è definitiva per legge art. 92 della Costituzione austriaca . Pertanto si è formato un giudicato esterno sul punto della presenza della traduzione in lingua tedesca e della piena validità ed efficacia della notificazione del decreto ingiuntivo, in data 10 novembre 2010, ai sensi del diritto interno austriaco. Il Regolamento CE n. 1393/2007, del 13 novembre 2007, in tema di notificazione e comunicazione degli atti giudiziari negli Stati membri, applicabile al caso in esame ratione temporis, l’organo ricevente procede o fa procedere alla notificazione o alla comunicazione dell’atto secondo la legge dello Stato membro richiesto art. 7, comma 1 ma il destinatario ha diritto di rifiutarsi di ricevere l’atto se lo stesso non è accompagnato da una traduzione in una lingua compresa dal destinatario ovvero nella la lingua ufficiale dello Stato membro richiesto art. 8, comma 1 . Conseguentemente, l’accertamento definitivo compiuto dall’autorità giudiziaria austriaca, che copre tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di una valida notificazione all’estero, produce i propri effetti anche sulla questione sottoposta all’attenzione di questa Corte, che deve prendere atto che sul punto si è formato un giudicato esterno. Tale giudicato determina l’inammissibilità del primo motivo di ricorso. 1.7 Al contempo, non ricorrono i presupposti per sollevare innanzi alla Corte di Giustizia, ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’U.E., le questioni pregiudiziali comunitarie prospettate dalla ricorrente. Infatti, la soluzione della questione innanzi prospettata non implica la soluzione di questioni interpretative del Regolamento CE n. 1393 del 2007. Non vi è alcuna incertezza, infatti, circa la necessità che la notificazione dovesse farsi secondo la legge dello Stato membro richiesto art. 7, comma 1, Reg. CE n. 1393/2007 , sicché nella specie il tema controverso riguarderebbe, semmai, la corretta interpretazione della legge austriaca, anziché del trattato comunitario. Ma sul punto, come si è già detto, si è formato il giudicato esterno a seguito della definitiva pronuncia dello Oberster Gerichtshof. 1.8 Sebbene il primo motivo di ricorso sia inammissibile, questa Corte ritiene, ai sensi dell’art. 363, quarto comma, cod. proc. civ., di dovere pronunciare sul principio di diritto nell’interesse della legge. Come già in precedenza illustrato, la decisione della Corte d’appello poggia sull’idea che l’attività di notificazione possa scomporsi in due fasi una, per così dire, di spedizione e l’altra di ricezione , la prima regolata dalla legge nazionale e la seconda da quella del Paese di destinazione. In tal modo, l’attestazione della completezza del plico, riferibile alla fase di spedizione rientrerebbe interamente nella competenza dell’ufficiale giudiziario e farebbe fede fino a querela di falso. Tale assunto non è condivisibile. Anzitutto esso si pone in contrasto con quanto previsto dall’art. 8 Reg. CE n. 1393/2007, a mente del quale l’organo ricevente informa il destinatario . della sua facoltà di rifiutare di ricevere l’atto da notificare . qualora non sia redatto o accompagnato da una traduzione in . una lingua compresa dal destinatario oppure nel la lingua ufficiale dello Stato membro richiesto . La verifica della presenza della traduzione, pertanto, avviene anche nella fase della ricezione dell’atto e non soltanto al momento della spedizione. Anche l’art. 6, comma 2, Reg. CE n. 1393/2007 depone in tal senso, in quanto dispone che se non può dar seguito alla domanda di notificazione o di comunicazione a causa dello stato delle informazioni o dei documenti trasmessi, l’organo ricevente si mette in contatto il più rapidamente possibile con l’organo mittente per ottenere le informazioni o i documenti mancanti . Dunque, alla verifica dello stato dei documenti e dell’eventuale mancanza di alcuni di essi provvede pure l’organo ricevente, che, in difetto, si astiene dal notificare l’atto, chiedendo invece all’organo mittente di provvedere alle necessarie integrazioni. In secondo luogo, è quantomeno opinabile l’idea che l’attestazione rilasciata dall’ufficiale giudiziario italiano possa fare fede fino a querela di falso pure oltre i confini nazionali. Infatti, sebbene sul punto non si rinvengano precedenti specifici, va ricordato che questa Corte ha ripetutamente affermato che i poteri di certificazione che la legge riconosce a determinati soggetti si esauriscono entro i confini nazionali ex plurimis, Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 24938 del 20/10/2017, Rv. 646051 Sez. 6 - 1, Sentenza n. 17301 del 12/07/2013, Rv. 627392 entrambe in tema di autenticazione, da parte dell’avvocato, della firma del proprio cliente . Ed ha altresì ritenuto, a parti invertite, che gli atti formati all’estero nel caso deciso, si trattava di atti di stato civile fanno fede fino a querela di falso anche in Italia, se ed in quanto trascritti nei registri nazionali, dato che con la trascrizione l’atto è recepito nell’ordinamento giuridico italiano e acquista efficacia sul territorio nazionale Sez. 2, Sentenza n. 6363 del 07/06/1993, Rv. 482701 . Consegue, ragionando allo stesso modo, che l’attestazione rilasciata dall’ufficiale giudiziario italiano in tanto acquista valore di prova legale all’estero, in quanto l’ordinamento straniero preveda, in generale, la categoria degli atti fidefacienti e, in concreto, recepisca l’atto in questione come avente fede privilegiata. Inoltre, la costante giurisprudenza della Corte di Giustizia v., fra le altre, C 519/13, Alpha Bank Cyprus Ltd contro Senh Dau Si e altri C 384/14, Alta Realitat SL contro Erlock Film ApS e Ulrich Thomsen C 354/15, Andrew Marcus Henderson contro Novo Banco SA esclude che le eventuali incompletezze o irritualità del procedimento notificatorio, fra cui anche la carenza di traduzione, diano luogo a nullità o ad altri impedimenti in rito, ma ritiene conforme al diritto Eurounitario soltanto la doverosa ed anche ufficiosa assegnazione di un termine per la regolarizzazione. Ove il giudice del merito abbia, invece, erroneamente ritenuto sussistente un impedimento in rito all’espletamento di un’attività processuale che comunque è stata posta in essere, occorrerà invece considerare che il relativo termine non ha mai iniziato legittimamente a decorrere, tanto essendo precluso dalla vista irritualità consistente nella carenza di copia tradotta notificata. Pertanto, in una simile ipotesi non è necessaria la rimessione in termini, intesa in senso per così dire tradizionale, come richiesta volta ad ottenere la concessione di un termine specifico per rinnovare l’attività altrimenti preclusa. Ove tale attività abbia avuto comunque luogo, semplicemente diviene erronea la qualificazione della stessa come tardiva, senza alcun onere per la parte di invocare espressamente una formale rimessione in termini v. Sez. 1, Sentenza n. 7878 del 03/04/2014, Rv. 630705 , ma con il solo onere di allegare la non imputabilità dell’inosservanza del relativo termine perentorio. In conclusione, devono essere affermati i seguenti principi di diritto nell’interesse della legge In tema di notificazione o comunicazione di atti giudiziari fra Stati membri dell’Unione Europea, regolata dal Regolamento CE n. 1393/2007, è onere del notificante dimostrare che l’atto fosse, ai sensi dell’art. 8 del citato Regolamento, redatto o accompagnato da una traduzione in una lingua compresa dal destinatario oppure nella lingua ufficiale dello Stato di destinazione. Tale dimostrazione può essere fornita anche mediante l’attestazione rilasciata dall’ufficiale giudiziario italiano, ma tale attestazione, essendo relativa ad una notificazione che si perfeziona all’estero, secondo la legge del luogo di destinazione e sotto il controllo del relativo organo ricevente, non fa fede fino a querela di falso e può essere superata dalla prova contraria . Ove sia accertata la carenza, nella copia ricevuta dal destinatario di altro Stato membro, della traduzione dell’atto nella lingua richiesta da questa, il destinatario ha diritto ad un termine per la regolarizzazione, ovvero, in alternativa, il termine perentorio dalla ricezione dell’atto, a causa dell’irritualità di questo, non inizia a decorrere e, finché non sia provata - in base alla legge del luogo di destinazione della notifica - dal notificante la ricezione della copia tradotta, l’attività da lui espletata non può definirsi tardiva . 2.1 Con il secondo motivo la FTV denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 100 cod. proc. civ. e 2909 cod. civ. che la Corte d’appello avrebbe commesso nel non pronunciate la parziale cessazione della materia del contendere. A tesi della ricorrente, il giudice d’appello avrebbe dovuto rilevare che la Dynamis aveva ridotto la propria pretesa creditoria rispetto a quanto inizialmente richiesto con il provvedimento monitorio, in virtù di una compensazione parziale con taluni controcrediti vantati da FTV nei suoi confronti. La corte territoriale avrebbe dovuto comunque pronunciare tale parziale cessazione della materia del contendere, indipendentemente dalla pronuncia dell’inammissibilità dell’opposizione al decreto ingiuntivo, incidendo la stessa sul diritto di credito vantato dal ricorrente alla base del decreto ingiuntivo. 2.2 Anche tale motivo incontra lo sbarramento posto dal giudicato formatosi sulla medesima vicenda e fra le stesse parti innanzi all’autorità giudiziaria austriaca. Anzitutto, la menzionata sentenza dell’Oberster Gerichtshof indica espressamente come dovuta la somma di Euro 347.093,53 maggiorata degli interessi al tasso dell’8% sugli importi e sulle decorrenze meglio precisate nel dispositivo pag. 1 . In secondo luogo, dall’accertamento definitivo circa la regolarità della notificazione del decreto ingiuntivo discende la tardività della relativa opposizione. La decisione della Corte d’appello, pertanto, è sostanzialmente corretta, benché alla stessa il giudice di merito sia pervenuto attraverso un percorso argomentativo non conforme ai principi di diritto sopra enunciati. Il decreto ingiuntivo è, quindi, passato in giudicato. Com’è noto, la compensazione, quale fatto estintivo dell’obbligazione, opera di diritto dal giorno in cui vengono ad esistenza i crediti reciproci, ma il giudice non può rilevarla d’ufficio art. 1242 cod. civ. . Quando uno dei crediti da compensare risulta da un decreto ingiuntivo, la disciplina dettata dall’art. 1242 cod. civ. deve essere coordinata con l’attitudine del decreto ad acquisire l’autorità di cosa giudicata, se non tempestivamente opposto. Pertanto, qualora la coesistenza dei crediti reciproci sia anteriore alla pronuncia del decreto ingiuntivo, il fatto estintivo deve essere eccepito proponendo opposizione nel termine di cui all’art. 641 cod. proc. civ. altrimenti il giudicato che si formerà sul provvedimento monitorio coprirà anche l’eccezione che si sarebbe potuta dedurre. Qualora, invece, il fatto estintivo dell’obbligazione sia sorto successivamente alla formazione del titolo, lo stesso potrà essere dedotto in sede esecutiva Sez. 1, Sentenza n. 9912 del 24/04/2007, Rv. 597004 Sez. 3, Sentenza n. 9347 del 20/04/2009, Rv. 607522 . Pertanto, delle due l’una o la coesistenza dei crediti reciproci era anteriore alla data di scadenza del termine per proporre opposizione avverso il decreto ingiuntivo e, in tal caso, l’inammissibilità della stessa perché tardiva ha determinato l’irrilevanza del fatto estintivo, che non poteva essere accertato dal giudice di merito per via del passaggio in giudicato del provvedimento monitorio o la coesistenza si era determinata in un momento successivo ed allora il fatto parzialmente estintivo del credito dovrà essere dedotto innanzi al giudice dell’esecuzione. Nell’uno e nell’altro caso, in conclusione, la Corte d’appello non avrebbe potuto dichiarare la sopravvenuta parziale cessazione della materia del contendere, come invece invocato dalla società ricorrente. 3. Con il terzo motivo, infine, la FTV censura la statuizione di conferma delle spese del giudizio di primo grado a parere della ricorrente, la corte territoriale avrebbe dovuto compensare anche le spese del giudizio svoltosi innanzi al tribunale, per le medesime ragioni che hanno portato alla compensazione delle spese in appello. Il motivo è inammissibile. Infatti, si deve rilevare che non risulta che la statuizione sulle spese contenuta nella sentenza di primo grado abbia costituito oggetto di specifico appello da parte della FTV v. conclusioni in appello rassegnate dalla FTV, come riportate dalla sentenza di appello . Quindi, si tratta di una censura inammissibile perché formulata in violazione del giudicato interno formatosi sul punto. In alternativa, il motivo sarebbe inammissibile per difetto del requisito di specificità di cui all’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., essendo stata omessa l’indicazione dell’atto processuale contenente il motivo d’appello. In ogni caso, la FTV è risultata integralmente soccombente nel grado di appello, sicché non si potrebbe parlare nemmeno di un effetto consequenziale alla riforma di alcune statuizioni della sentenza di primo grado, la quale è stata invece totalmente confermata. La compensazione delle spese del solo grado d’appello è stata determinata dalla soccombenza reciproca conseguente il rigetto di entrambe le impugnazioni circostanza che non involge in alcun modo la decisione di primo grado. 4. Con l’unico motivo del ricorso incidentale la Dynamis lamenta la violazione degli artt. 157, comma 2, 167, comma 2, 342 e 345 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4, cod. proc. civ. in particolare, deduce di aver sollevato, in relazione ad entrambi i motivi dell’appello proposto da FTV, diverse eccezioni preliminari di inammissibilità che la corte territoriale avrebbe omesso di esaminare, respingendo l’impugnazione nel merito. Pertanto, per massimo scrupolo difensivo Dynamis propone a sua volta impugnazione avverso la sentenza di appello affinché codesta Suprema Corte voglia ritenere che la Corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile tale primo motivo d’appello e, conseguentemente, voglia dichiarare inammissibile il primo motivo di ricorso principale . Senza necessità di passare in rassegna le argomentazioni di diritto poste a sostegno di tale censura, risulta evidente che la stessa sostanzialmente costituisce un ricorso incidentale condizionato. Infatti, alla stregua del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, il cui fine primario è la realizzazione del diritto delle parti ad ottenere risposta nel merito, il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte. Sicché tale ricorso va esaminato dalla Corte di cassazione solo in presenza dell’attualità dell’interesse, sussistente unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale Sez. 3, Ordinanza n. 6138 del 14/03/2018, Rv. 648420 Sez. 1, Sentenza n. 4619 del 06/03/2015, Rv. 634674 . La carenza dell’interesse sotteso alla censura, peraltro, è resa parimenti evidente dalla circostanza che le medesime eccezioni di inammissibilità formulate dalla Dynamis hanno costituito oggetto di accertamento definitivo da parte dell’autorità giudiziaria austriaca, con la decisione più volte richiamata. 5. In conclusione, il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile e quello incidentale, qualificato come condizionato, è assorbito. Ai sensi dell’art. 385, comma primo, cod. proc. civ., la FTV deve essere condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, nella misura indicata nel dispositivo. Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, sicché va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lei proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550 . P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso principale, assorbito quello ricorso incidentale in quanto qualificato come condizionato. Condanna la ricorrente principale al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.600 Per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge. Pronuncia nell’interesse della legge il principio di diritto di cui al paragrafo 1.8 della motivazione. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il proprio ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.