Sospensione del processo civile? Parola alle Sezioni Unite

Causa civile di risarcimento iniziata anche nei confronti dei responsabili civili dopo la sentenza penale di primo grado nei confronti del conducente-imputato spetterà alle Sezioni Unite l'interpretazione finale dell'art. 75, comma 3, c.p.p

E’ necessario pervenire ad un definitivo chiarimento in ordine alla applicazione dell'istituto processuale della sospensione del processo civile previsto dall'art. 75, comma 3, c.p.p. nella peculiare ipotesi in cui il processo civile, iniziato successivamente alla costituzione di parte civile nel processo penale, ovvero dopo che è intervenuta nel processo penale la sentenza di primo grado, si connoti come giudizio con pluralità di parti, avente ad oggetto cause connesse, laddove solo alcune di tali parti possono rimanere pregiudicate dalla efficacia vincolante del sopravvenuto giudicato penale di assoluzione o di condanna. Così la Sesta Sezione della Cassazione Civile, nell'ordinanza interlocutoria n. 25918/18 del 16 ottobre 2018 che ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. Il caso. È proprio vero che talvolta è nelle cause apparentemente più semplici che si annidano gli scogli processualistici più impervi. La vicenda all'origine del provvedimento in commento, infatti, trae origine da un sinistro con lesioni personali da cui era scaturito un procedimento penale il cui primo grado si era concluso con la condanna del conducente per lesioni personali volontarie. Il danneggiato aveva, successivamente alla sentenza, promosso l'azione risarcitoria avanti il Giudice di Pace, citando in giudizio oltre al conducente, anche il proprietario e la compagnia assicuratrice della RCA. Dopo la sospensione del giudizio disposta dal Giudice di Pace ai sensi dell'art. 75, comma 3, c.p.p., la difesa del danneggiato ha proposto il regolamento di competenza cd. improprio. Il legislatore moderno non vede di buon occhio la sospensione del processo civile. La Sesta Sezione parte dallo sfavore che il legislatore, limitando i casi di pregiudizialità penale alle sole ipotesi dell'art. 75, comma 3, c.p.p. e dall'art. 211 disp. att. c.p.p. ed introducendo la sindacabilità mediante il regolamento di competenza c.d. improprio sui provvedimenti di sospensione, ha dimostrato per il temporaneo arresto del processo civile, per ribadire il principio per cui l'unico mezzo preventivo di coordinamento tra il processo civile e quello penale è oggi costituito dall'art. 75 c.p.p In particolare, l'ordinanza in commento si concentra sul 3° comma, ovvero Se l'azione è proposta in sede civile nei confronti dell'imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado, il processo civile è sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione, salve le eccezioni previste dalla legge . Il fulcro di tale disposizione viene rinvenuto nel bilanciamento degli opposti interessi, quello del danneggiato ad agire separatamente in sede civile senza subire gli effetti vincolanti di un eventuale giudicato penale di assoluzione, ed il contrario interesse dell'imputato, di far valere tali effetti vincolanti. La sospensione necessaria del giudizio è limitata alle sole ipotesi in cui l'azione in sede civile sia stata proposta dopo la costituzione di parte civile nel processo penale, o dopo che nel giudizio penale sia intervenuta una sentenza di primo grado. Il problema sottoposto all'esame della Corte è quello della verifica dei presupposti legali della sospensione del giudizio civile per il risarcimento del danno, instaurato successivamente alla pronuncia penale in primo grado, nei confronti non soltanto dell'imputato ma anche di altri soggetti proprietario e assicurazione ritenuti dal danneggiato responsabili civilmente per lo stesso titolo, tra loro in situazione di litisconsorzio necessario ed in situazione di litisconsorzio facoltativo con l'imputato. L'orientamento sinora seguito dalla Cassazione, compendiato nell'ordinanza della Terza Sezione n. 1862/2009 , e da cui la Sesta Sezione si pone in motivato contrasto, era quello per cui l'ambito di applicazione della sospensione necessaria veniva circoscritto alla sola ipotesi di identità delle parti in causa. Ritiene la Sesta Sezione che tale orientamento non sia pienamente soddisfacente per le ipotesi come quella pervenuta all'attenzione della Corte, e ha pertanto rimesso gli atti al primo Presidente per l'assegnazione alle Sezioni Unite che dovranno decidere se a il giudizio per il risarcimento danni debba essere necessariamente sospeso in relazione alla posizione processuale di tutti i litisconsorti sia facoltativi che necessari ex lege, ai sensi dell'art. 75, 3° comma, c.p.p. b la sospensione necessaria debba operare limitatamente all'azione risarcitoria proposta in sede civile nei soli confronti del conducente-imputato, previa separazione delle cause originariamente connesse, dovendo essere proseguito il giudizio civile nei confronti del proprietario e della società assicurativa c la sospensione necessaria ex art. 75, 3° comma, c.p.p., non debba trovare per nulla applicazione laddove la causa risarcitoria, anziché essere proposta nei confronti del solo imputato, sia stata proposta cumulativamente anche nei confronti di altri soggetti responsabili civili diversi dall'imputato, e ciò sia nel caso in cui le parti siano tra loro in relazione di litisconsorzio facoltativo, sia nel caso in cui rivestano la posizione di litisconsorti necessari.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 29 maggio – 16 ottobre 2018, n. 25918 Presidente Amendla – Relatore Olivieri Fatto e diritto Premesso - che il Giudice di Pace di Catanzaro, con ordinanza in data 12.6.2017, comunicata alle parti in data 8.7.2017, ha disposto, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., la sospensione necessaria del processo avente ad oggetto la domanda risarcitoria - per danni derivati da lesioni personali volontarie, cagionate in conseguenza di sinistro stradale - proposta da M.V. nei confronti di C. e S.A. - rispettivamente proprietario e conducente del veicolo investitore - nonché di GENERTEL s.p.a. - impresa assicuratrice della RCA -, atteso che il conducente del veicolo S.A. , sottoposto a procedimento penale, era stato condannato in primo grado, per il reato di lesioni volontarie ex art. 582 c.p., con sentenza del Tribunale di Catanzaro in data 11.1.2016. - che il Giudice di Pace riteneva sussistere l’ipotesi di sospensione del giudizio civile prevista dall’art. 75, comma 3, c.p.p., essendo stata pronunciata sentenza penale in primo grado, e dovendosi in conseguenza evitare il rischio di eventuali accertamenti difformi in merito ai medesimi presupposti di fatto dell’illecito civile e di quello penale - che avverso la ordinanza di sospensione del processo ha proposto rituale regolamento di competenza improprio M.V. , con atto notificato ad Antonio ed a S.C. , in data 6.10.2017, nel domicilio eletto presso lo studio del difensore, e con atto notificato in data 10.10.2017 alla contumace GENERTEL s.p.a - che gli intimati non hanno svolto difese - che il Pubblico Ministero ha concluso richiedendo la prosecuzione del processo, non operando la sospensione di cui all’art. 75 comma 3 c.p.p. allorquando il danneggiato eserciti l’azione risarcitoria in sede civile, non solo contro l’imputato, ma anche contro altri coobbligati Osserva 1. Costituisce principio consolidato di questa Corte quello secondo cui la sospensione necessaria del processo può essere disposta, a norma dell’art. 295 cod. proc. civ., quando la decisione del medesimo dipenda dall’esito di altra causa, nel senso che questa abbia portata pregiudiziale in senso stretto, e cioè vincolante, con effetto di giudicato, all’interno della causa pregiudicata, ipotesi che si verifica qualora una situazione sostanziale rappresenti il fatto costitutivo, o comunque un elemento fondante della fattispecie di altra situazione sostanziale oggetto del distinto giudizio, sicché occorra garantire uniformità di giudicati, essendo la decisione del processo principale idonea a definire, in tutto o in parte, il thema decidendum del processo pregiudicato cfr. Corte Cass. I sez. 26.5.1999 n. 5083 id. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 26469 del 09/12/2011 id. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 1865 del 08/02/2012 id. Sez. 5, Sentenza n. 21396 del 30/11/2012 id. Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 21794 del 24/09/2013 . Il Legislatore processuale, abolendo la pregiudizialità penale automatica già prevista dall’art. 3, commi 2 e 4, c.p. nel testo ante riforma 1988 la norma imponeva la sospensione del giudizio civile laddove la cognizione del reato poteva influire sulla decisione della controversia civile , limitando i casi di pregiudizialità penale alle sole ipotesi disciplinate dall’art. 75, comma 3, c.p.p. e dall’art. 211 disp. att. c.p.p., ed introducendo la sindacabilità mediante regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c. dei provvedimenti di sospensione adottati ai sensi dell’art. 295 c.p.c. modifiche introdotte con la legge n. 353/1990 , ha inteso considerare negativamente il fenomeno del temporaneo arresto del processo civile, disfavore che ha trovato ulteriore conferma nel novellato art. 111 Cost. legge costituzionale 23 novembre 1999 n. 2 che stabilisce il principio della ragionevole durata del processo cfr. Corte Cass. Sez. U, Ordinanza n. 14670 del 01/10/2003 id. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 23906 del 25/11/2010 . Va, dunque, ribadito il principio secondo cui, nell’ordinamento processuale vigente, l’unico mezzo preventivo di coordinamento tra il processo civile e quello penale è costituito dall’art. 75 cod. proc. pen., il quale esaurisce ogni possibile ipotesi di sospensione del giudizio civile per pregiudizialità, ponendosi come norma di eccezione al principio generale di autonomia al quale s’ispirano i rapporti tra i due processi, che comporta il duplice corollario 1-della prosecuzione parallela del giudizio civile e di quello penale, senza alcuna possibilità di interferenza del secondo sul primo, e 2-dell’obbligo del giudice civile di accertare autonomamente i fatti, senza incontrare limiti nell’attività istruttoria condotta dal giudice penale. 2. La norma processuale penale intende, tuttavia coniugare il principio di indipendenza dei giudizi penali e civili con la esigenza di coordinamento degli stessi che nasce dalla disciplina - dettata dagli artt. 651, 652 e 654 c.p.p. e dall’art. 404 c.p.p. - dell’efficacia vincolante spiegata dalla sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione nei giudizi civili di risarcimento del danno e negli altri giudizi civili disciplina che i principi del processo accusatorio impongono di ravvisare come un fenomeno assolutamente marginale da giustificare solo in vista di una sua ineluttabile necessità vedi Relazione al progetto preliminare ed al testo definitivo del codice di procedura penale, in GU Serie Generale 24.10.1988 n. 250 -con riferimento alle norme del Titolo V- , attraverso soluzioni che, se, da un lato, appaiono principalmente dirette a non incoraggiare la introduzione dell’azione civile nel processo penale come è dato evincere dalla ampia disponibilità riconosciuta all’esercizio della revoca della costituzione di parte civile derogando al principio electa una via non datur recursus ad alteram in vista della opportunità di favorire l’azione riparatoria nella sede civile più idonea sotto molteplici profili e di liberare il processo penale da questioni ad esso estranee concernenti il danno civilistico, le eventuali responsabilità di altri soggetti, ecc . ibidem , dall’altro appaiono decisamente orientate, una volta assunta da parte del danneggiato la scelta di svolgere l’azione civile all’interno del processo penale, a concentrare nell’unico giudizio penale la trattazione unitaria delle cause risarcitorie o recuperatorie, legate dal nesso di connessione oggettiva, che vengono in tal modo ad essere decise sulla base di un unico accertamento dei fatti a tal fine converge, infatti, la previsione dell’intervento volontario del responsabile civile, ove non citato dalla parte civile . Pertanto il Legislatore ha inteso lasciare porte aperte alla scelta del danneggiato di perseguire il diritto al ristoro del danno in sede civile e di procedere separatamente dallo sviluppo delle vicende del procedimento penale, salvaguardando la facoltà del danneggiato di optare per la sede processuale ritenuto meglio idonea a tutelare i propri interessi ed il cui esercizio presuppone la conoscenza o almeno la conoscibilità della pendenza del procedimento penale , ma rendendo tendenzialmente irreversibile l’opzione compiuta a favore del giudizio civile -in quanto insuscettibile di arrecare pregiudizio alla parte lesa essendo ad essa inopponibile la sentenza penale irrevocabile di assoluzione art. 652 c.p.p.- ponendo un limite ad un’eventuale resipiscenza dello stesso danneggiato - anche nel caso in cui re melius perpensa ritenga opportuno svolgere l’azione civile in sede penale, essendo venuto a conoscenza, solo successivamente all’esperimento dell’azione civile di condanna, del procedimento penale instaurato nei confronti del o dei soggetti convenuti nel giudizio risarcitorio ovvero si risolva ad esercitare l’opzione, attendendo gli sviluppi processuali, secundum eventum litis -, attraverso la previsione di preclusioni al trasferimento dell’azione civile nel processo penale con conseguente estinzione del giudizio civile per rinuncia tacita automatica , individuate a nella pubblicazione della pronuncia di merito del Giudice civile, anche non passata in giudicato art. 75, comma 1, c.p.p. essendo in tal caso, peraltro, opportuno affidare al medesimo Giudice civile la revisio prioris istantiae condotta in ordine alle contestazioni mosse alla decisione di prime cure , e b nel decorso del termine previsto per l’ammissione della costituzione di parte civile nel processo penale artt. 79 c.p.p. , ove l’azione di risarcimento danni sia stata iniziata, in sede civile, successivamente art. 75, comma 2, c.p.p. la preclusione in questo caso si giustifica sul presupposto della anteriore conoscenza, avuta dal danneggiato, della pendenza del procedimento penale, e nella possibilità di operare, tempestivamente, la scelta della sede processuale più opportuna nella quale agire per il risarcimento e le restituzioni . In parte diverse sono le ragioni che hanno determinato il Legislatore a coordinare i due giudizi penale e civile, ponendo dei limiti allo svolgimento dell’azione di danno successivamente introdotta con un nuovo giudizio civile, contro l’ imputato , qualora la stessa azione sia stata già proposta mediante la costituzione di parte civile nel processo penale art. 75, comma 3, c.p.p. . Il perno su cui ruota la disposizione va individuato nella disciplina della efficacia vincolante del giudicato penale nel giudizio civile di danno, e del bilanciamento che si è inteso operare tra l’interesse del danneggiato di agire separatamente in sede civile, senza subire gli effetti vincolanti di un eventuale giudicato penale di assoluzione, ed il contrario interesse dell’imputato di far valere invece tali effetti vincolanti. La rilevanza attribuita, a tal fine, dall’art. 652, ultima parte, c.p.p. la sentenza penale irrevocabile di assoluzione è opponibile salvo che il danneggiato dal reato abbia esercitato l’azione in sede civile a norma dell’art. 75 comma 2 alla scelta, operata esclusivamente dal danneggiato, della sede processuale in cui far valere la pretesa risarcitoria o restitutoria azione proposta in sede civile, prima o dopo l’inizio del giudizio penale, ma non trasferita o non più trasferibile in tale giudizio azione proposta in sede civile dopo l’inizio del giudizio penale, quando siano scaduti i termini per l’ammissione della costituzione di parte civile , viene ad essere compensata dal vincolo del giudicato penale che il danneggiato comunque subisce, nel giudizio civile, sia se abbia precedentemente optato per la costituzione di parte civile ed anche nel caso in cui provveda alla revoca della stessa , sia nel caso in cui - pur ricorrendo le ipotesi sopra indicate di cui all’art. 75, comma 2, c.p.p.- abbia proposto l’azione in sede civile dopo che nel giudizio penale è intervenuta una sentenza penale di primo grado sia essa assolutoria o di condanna in entrambi tali casi, al fine di assicurare all’imputato la possibilità di conseguire l’effetto utile della opponibilità del giudicato penale allo stesso favorevole nel giudizio civile, il Legislatore ha inteso provvedere disponendo la sospensione del giudizio civile, successivamente istaurato, fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta ad impugnazione . 3. La sospensione necessaria del giudizio civile è limitata, come detto, alle sole ipotesi in cui l’azione in sede civile sia stata proposta dopo la costituzione di parte civile nel processo penale, o dopo che nel giudizio penale sia intervenuta una pronuncia in primo grado cfr. Corte Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 13544 del 12/06/2006 id. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 26863 del 22/12/2016 . La questione sottoposta all’esame della Corte con il regolamento necessario improprio, attiene alla verifica dei presupposti legali della sospensione del giudizio civile per il risarcimento del danno, instaurato successivamente alla pronuncia penale in primo grado, nei confronti non soltanto dell’imputato, ma anche di altri soggetti ritenuti dal danneggiato responsabili civilmente per lo stesso titolo tra loro in situazione di litisconsorzio necessario, ed in situazione di litisconsorzio facoltativo con l’imputato . Dagli atti del procedimento emerge che S.A. è stato condannato per il reato di lesioni personali volontarie ex art. 582 c.p.c., in primo grado, con sentenza del Tribunale di Catanzaro, in data 11 gennaio 2016, e che - non essendosi costituito il danneggiato parte civile nel giudizio penale - l’azione risarcitoria è stata introdotta direttamente in sede civile dal danneggiato-parte offesa M.V. , con atto di citazione notificato, in data 2 ed 11 novembre 2016, all’imputato conducente del veicolo investitore ed agli altri responsabili civili proprietario del veicolo ed assicuratore RCA . Essendo stato proposto il giudizio civile soltanto dopo la pronuncia penale di primo grado, viene quindi in rilievo una delle due ipotesi di sospensione ex lege del giudizio civile contemplate dell’art. 75, comma 3, c.p.p Il Giudice civile ha disposto la sospensione dell’intero giudizio, fino alla pronuncia penale irrevocabile, ritenendo di assicurare in tal modo la esigenza di unitarietà dell’accertamento dei medesimi fatti nei confronti di tutti i litisconsorti. 4. Tanto premesso osserva il Collegio che la norma processuale penale è stata interpretata da questa Corte in senso restrittivo, alla stregua del criterio ermeneutico letterale se l’azione è proposta in sede civile nei confronti dell’imputato . considerato unitariamente al principio informatore della tendenziale - separazione del processo penale da quella civile. L’ambito di applicazione della sospensione necessaria è stato, infatti, circoscritto alla sola ipotesi di identità delle parti in causa, e dunque esclusivamente nel caso in cui il giudizio civile, successivamente proposto, abbia ad oggetto il rapporto obbligatorio tra danneggiato ed imputato quale soggetto chiamato a rispondere civilmente del danno cagionato dal fatto proprio cd. responsabile diretto , e non anche, invece, quando il giudizio civile abbia ad oggetto, oltre al rapporto indicato, anche le cause connesse relative ai rapporti obbligatori tra il danneggiato e gli altri soggetti ritenuti dall’attore - danneggiato corresponsabili del danno, allo stesso o ad altro titolo direttamente, ovvero indirettamente per il fatto dell’imputato . L’orientamento giurisprudenziale in questione è compendiato nella massima seguente elaborata dal CED della Corte la norma dell’art. 75 c.p.p., comma 3, deve essere interpretata nel senso che la sospensione necessaria del processo civile, disposta per il caso in cui il danneggiato abbia prima esercitato l’azione civile in sede penale con la costituzione di parte civile e, quindi, abbia successivamente esercitato l’azione civile in sede civile, non trova applicazione allorquando il detto danneggiato eserciti l’azione civile in sede civile, non solo contro l’imputato, ma anche contro altri coobbligati e ciò, tanto se il cumulo soggettivo così realizzato dia luogo ad un’ipotesi di litisconsorzio facoltativo, quanto se dia luogo ad un’ipotesi di litisconsorzio necessario, restando, altresì, in ogni caso, irrilevante che alcuno o tutti fra i coobbligati fossero stati citati nel processo penale come responsabili civili Cass. 13.3.2009 n. 6185 Cass. ord. 26.1.2009 n. 1862 cfr. Corte cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 17608 del 18/07/2013 id. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 4526 del 27/02/2018 . La tesi argomentativa che supporta la massima riportata è svolta in modo approfondito, in particolare, dal precedente Corte Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 1862 del 26/01/2009 e si sviluppa nei seguenti corollari La sospensione necessaria del giudizio civile rinviene la propria giustificazione nel fatto che l’ordinamento intende sanzionare la scelta compiuta originariamente dal danneggiato avendo optato per l’accertamento del diritto risarcitorio nel giudizio penale, pur dismessa la qualità di parte civile, il danneggiato deve sottostare comunque all’accertamento dei fatti materiali compiuto in sede penale La sospensione necessaria del giudizio civile non si giustifica nei confronti dei litisconsorti diversi dall’imputato responsabili civili , in quanto questi, anche se citati o intervenuti nella causa civile proposta nel processo penale, non sarebbero comunque pregiudicati dal giudicato penale di condanna, in quanto la inefficacia della loro eventuale partecipazione al processo penale determinata dalla revoca tacita della costituzione di parte civile che viene ad essere ravvisata nel successivo inizio dell’azione risarcitoria in sede civile , li sottrarrebbe alla applicazione dell’art. 651 c.p.p La sospensione necessaria non si giustifica neppure nei confronti dell’imputato, tanto nel caso in cui si trovi in posizione di litisconsorzio facoltativo con gli altri coobbligati, quanto nel caso in cui si trovi in posizione di litisconsorzio necessario nella prima ipotesi in quanto la previsione normativa attiene soltanto alla causa tra singole parti e non contempla il cumulo soggettivo, dunque sarebbe difficile giustificare la rottura del nesso tra le due cause ed il sacrificio dell’accertamento comune, e quindi della possibilità di esercizio cumulativo dell’azione nella seconda ipotesi in quanto, essendo il cumulo di domande verso l’imputato ed il responsabile civile un cumulo necessario, soggetto alla regola del litisconsorzio necessario iniziale, non è possibile separare le due domande, e quindi non applicabile l’art. 75 comma 3 alla domanda contro l’imputato . 5. Il Collegio non ritiene appagante tale soluzione interpretativa che viene a sacrificare al principio della separazione del giudizio penale da quello civile ed alla esigenza - interna al sistema processuale civile ex art. 103 c.p.c. - di vedere trattate unitariamente le responsabilità dei coobbligati evocati in giudizio, dal danneggiato, in litisconsorzio facoltativo originario, l’interesse dell’imputato ad avvalersi della opponibilità dell’eventuale giudicato penale di assoluzione, con conseguente alterazione dell’equilibrio che il Legislatore ha inteso raggiungere nel bilanciamento degli interessi in conflitto facenti capo, rispettivamente, al danneggiato il quale intende conseguire senza dilazione il ristoro del pregiudizio subito ed all’imputato intenzionato a vedere accertata la propria estraneità o la propria non colpevolezza rispetto al reato contestato , proprio per superare i rilievi di sospetta illegittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 24 Cost., di condizionare la predetta opponibilità del giudicato assolutorio alla libera scelta processuale del titolare della pretesa risarcitoria di agire in sede civile solo contro l’imputato ovvero anche contro gli altri coobbligati. Tanto più considerando che, anche nella prevalenza da accordare al principio di separazione dei giudizi penale e civile, secondo la linea direttiva tracciata dalla riforma del codice di procedura penale del 1988, i limiti oggettivi individuati nella pronuncia della sentenza civile di merito e della sentenza penale di primo grado, rispettivamente, alla trasferibilità dell’azione civile in sede penale art. 75co1 c.p.p. , ed alla proseguibilità del giudizio civile successivamente proposto, se, nel primo caso, appaiono chiaramente indicativi della esigenza di pervenire speditamente alla definizione dell’accertamento della responsabilità civile, senza aggravare inutilmente il processo penale, attesa l’assenza di effetti pregiudizievoli per il danneggiato derivati dal giudicato penale, nel secondo caso, invece, vengono a palesare la esigenza di prevenire il rischio di un esito potenzialmente difforme del giudizio civile da quello penale in ordine alla sussistenza di uno o più dei comuni presupposti di fatto, come chiaramente evidenziato nei precedenti di questa Corte che hanno ritenuto di rinvenire la ratio legis giustificativa della sospensione del processo nella concreta interferenza del giudicato penale nel giudizio civile di danno cfr. Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3820 del 17/02/2010 id. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 23516 del 17/11/2015 . Non è qui in contestazione il principio generale di autonomia, al quale s’ispirano i rapporti tra i due processi, con il duplice corollario della prosecuzione parallela del giudizio civile e di quello penale, senza alcuna possibilità di influenza del secondo sul primo, e dell’obbligo del giudice civile di accertare autonomamente i fatti così Corte Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 13544 del 12/06/2006 , potendosi dunque pervenire, alla stregua del predetto principio di autonomia, anche ad accertamenti contrastati nelle rispettive sedi processuali, tanto più nel caso in cui non vi sia coincidenza nella identità delle parti coinvolte nelle cause risarcitorie promosse - in sede penale - tra il danneggiato - costituitosi parte civile e l’imputato e - in sede civile - tra il medesimo danneggiato ed altri soggetti convenuti in qualità di corresponsabili civili, non citati o non intervenuti volontariamente nella causa svolta in sede penale, ed ai quali il giudicato penale di condanna non è, pertanto, opponibile ex art. 651, comma 1, ult. parte, c.p.p. cfr. Corte Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 14074 del 01/07/2005 id. Sez. 3, Sentenza n. 6185 del 13/03/2009 . Si vuole piuttosto evidenziare la esigenza di pervenire ad un definitivo chiarimento in ordine alla applicazione dell’istituto processuale della sospensione del processo civile previsto dall’art. 75, comma 3, c.p.p. nella peculiare ipotesi in cui il processo civile, iniziato successivamente alla costituzione di parte civile nel processo penale, ovvero dopo che è intervenuta nel processo penale la sentenza di primo grado, si connoti come giudizio con pluralità di parti, avente ad oggetto cause connesse, laddove solo alcune di tali parti possono rimanere pregiudicate dalla efficacia vincolante del sopravvenuto giudicato penale di assoluzione il danneggiato se costituitosi parte civile o posto in grado di costituirsi parte civile o di condanna l’imputato, sempre gli altri responsabili civili, se citati dalla parte civile o dal PM, ovvero se volontariamente intervenuti nel processo penale, e salva la ipotesi di inefficacia sopravvenuta della citazione o dell’intervento a seguito di revoca della costituzione di parte civile ex artt. 83, comma 6, e 85, comma 4, c.p.p. così, in motivazione, Corte Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 1862 del 26/01/2009 . 6. Orbene, se con specifico riferimento alla ipotesi contemplata dall’art. 75, comma 3, c.p.p. del giudizio in sede civile proposto dopo la costituzione di parte civile nel processo penale, appare condivisibile la soluzione interpretativa che ritiene scindibile la posizione del soggetto nei cui confronti era stata effettuata la costituzione di PC, nel processo penale, da quella degli altri soggetti citati in sede civile, dovendo in tal caso, il Giudice di merito, previa separazione della cause connesse, sospendere la prima e disporre la prosecuzione delle altre cause cfr. Corte Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 14074 del 01/07/2005 Sez. 3, Sentenza n. 6185 del 13/03/2009 -che però esamina la diversa questione della mancanza di identità soggettiva tra le parti della causa civile nel processo penale e quelle del successivo giudizio proposto in sede civile, concludendo per la inapplicabilità dell’art. 75co3 c.p.p.- sebbene massimata come conforme alla precedente sentenza n. 6185/2009, non pare invece tale Corte Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 17608 del 18/07/2013, che sembra allinearsi al diverso precedente Sez. 3, Ordinanza n. 1862 del 26/01/2009, escludendo tout court l’applicazione della sospensione necessaria del successivo giudizio civile, ex art. 75, comma 3, c.p.p., con riferimento non solo ai responsabili civili ma anche all’imputato , non pare al Collegio condivisibile - al fine di stabilire se debba o meno applicarsi la sospensione necessaria in questione - utilizzare parametri normativi propri del sistema processuale civile, esterni alla ratio legis sottesa alla ricostruzione dei rapporti tra processo penale e processo civile ed operata dalle norme del codice di procedura penale, che disciplinano in via esclusiva la materia. Se infatti si conviene nel riconoscere che la esigenza sottesa alla disposizione dell’art. 75 c.p.p. è rivolta a tutelare l’interesse dell’imputato a rendere opponibile al danneggiato la sentenza penale assolutoria, divenuta irrevocabile, bilanciando così la incondizionata opponibilità all’imputato, da parte del danneggiato, del giudicato penale di condanna art. 651 c.p.c. , ferma la scindibilità, in sede civile, della causa proposta contro l’imputato, che va sospesa, dalle altre cause connesse proposte contro gli altri responsabili civili, che invece proseguono qualora si ritenga che nei confronti di tali parti processuali non sarà opponibile il sopravvenuto giudicato penale di condanna , nelle ipotesi in cui la separazione delle cause non sia possibile, stante la previsione di legge del necessario litisconsorzio, dovrebbe pervenirsi - ove si intenda salvaguardare la possibilità dell’imputato di opporre il giudicato penale di assoluzione - alla soluzione di sospendere il giudizio civile, tanto più considerando che è la legge in tale caso a configurare la unicità ed inscindibilità del rapporto giuridico plurisoggettivo e ad imporre che gli effetti della sentenza potranno prodursi soltanto se emessa simultaneamente contro più soggetti predeterminati tra i quali l’imputato . 7. Pur non rinvenendosi specifici precedenti giurisprudenziali, massimati, che abbiano preso in considerazione l’altra ipotesi pronuncia della sentenza penale in primo grado prevista nell’art. 75, comma 3, c.p.p. per la sospensione del giudizio civile successivamente iniziato, non si ritiene che tale particolare previsione possa indurre a conclusioni diverse da quelle sopra indicate, risultando confermata la ratio legis che ha ispirato la disposizione processuale. Premesso che la sospensione necessaria in esame opera nel caso in cui non vi sia stata costituzione di parte civile nel processo penale e dunque il responsabile civile non sia stato citato o non sia volontariamente intervenuto nel processo penale , osserva il Collegio che, in tal caso, il criterio orientativo del pregiudizio che potrebbero subire le parti dalla disciplina della efficacia esterna del giudicato penale, non concerne il danneggiato - cui il giudicato assolutorio non è opponibile - e non concerne neppure i responsabili civili - ai quali non è opponibile il giudicato penale di condanna -, ma riguarda esclusivamente l’imputato, consentendo a questi di far valere nel giudizio civile la pronuncia penale definitiva di assoluzione. La circostanza, eventuale, che degli effetti di tale sentenza possano avvantaggiarsi ex art. 1306 c.c. anche i responsabili civili, nel caso di litisconsorzio facoltativo, non impedisce, in quest’ultimo caso, la separazione delle cause, beneficiando della sospensione soltanto l’imputato. Mentre anche in questo caso, la sospensione riguarderà l’intero giudizio in caso di litisconsorzio necessario tra l’imputato ed i responsabili civili. 8. In conclusione la questione di massima importanza, per la quale il Collegio ritiene opportuno richiede l’intervento risolutore delle Sezioni Unite può essere riassunta nel seguente quesito di diritto se con riferimento alla domanda di risarcimento dei danni nella specie derivanti da circolazione di veicolo soggetto ad assicurazione obbligatoria RCA proposta, avanti il Giudice civile, nei confronti del conducente, del proprietario del veicolo e della società assicurativa della RCA, con atto di citazione notificato in data successiva alla pronuncia della sentenza penale di primo grado emessa nei confronti del conducente-imputato per il reato di lesioni personali, ed in difetto di costituzione di parte civile nel processo penale, il giudizio civile per il risarcimento danni debba essere necessariamente sospeso in relazione alla posizione processuale di tutti i litisconsorti sia facoltativi conducente che necessari ex lege proprietario ed impresa assicurativa , ai sensi dell’art. 75, comma 3, c.p.p. ovvero se, invece, la sospensione necessaria predetta operi limitatamente all’azione risarcitoria proposta in sede civile nei confronti del solo conducente-imputato, previa separazione delle cause originariamente connesse, dovendo essere proseguito il giudizio civile nei confronti del proprietario e della società assicurativa ovvero ancora se la sospensione necessaria ex art. 75, comma 3, c.p.c. non trovi affatto applicazione, laddove la causa risarcitoria - anziché essere proposta nei confronti del solo imputato - sia stata proposta, cumulativamente, anche nei confronti di altri soggetti responsabili civili diversi dall’imputato, e ciò sia nel caso in cui le parti siano tra loro in relazione di litisconsorzio facoltativo, sia nel caso in cui rivestano la posizione di litisconsorti necessari . P.Q.M. Si ritiene opportuno rimettere gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della precisata questione di massima di particolare importanza.