Aziende ospedaliere universitarie: la difesa può essere affidata a liberi professionisti?

La facoltà per le Aziende Ospedaliere Universitarie di derogare in casi speciali al patrocinio autorizzato spettante per legge all’Avvocatura dello Stato, per avvalersi dell’opera di liberi professionisti, è subordinata, così come previsto dalla legge per le università statali a cui sono equiparate, all’adozione di una specifica e motivata deliberazione dell’ente ossia del rettore da sottoporre agli organi di vigilanza consiglio di amministrazione per un controllo di legittimità. La mancanza di tale controllo determina la nullità del mandato alle liti, non rilevando che esso sia stato conferito con le modalità prescritte dal regolamento o dallo statuto dell’Università, fonti di rango secondario insuscettibili di derogare alla legislazione primaria.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 24545 depositata il 5 ottobre 2018. Il caso. Un’azienda Ospedaliera Universitaria proponeva opposizione innanzi al Tribunale territorialmente competente avverso un decreto ingiuntivo con il quale le era stato intimato il pagamento di una somma di denaro in favore di una spa. Il Tribunale adito dichiarava inammissibile l’opposizione e condannava l’Azienda al pagamento delle spese di lite. La decisione del Tribunale si basava su un vizio di procura alle liti sulla scorta del quale il magistrato assumeva che la rappresentanza e difesa in giudizio di un’università statale può essere eccezionalmente affidata ad un difensore del libero foro anziché all’Avvocatura dello Stato, ma a condizione che ciò avvenga sulla base di una motivata delibera. Nello specifico, la delibera adottata dal Direttore generale dell’Azienda universitaria era da ritenere viziata, perché non indicava in alcun modo le ragioni per le quali si era ritenuto di non utilizzare il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato. La pronuncia resa in primo grado veniva impugnata dall’Azienda Ospedaliera e la Corte di Appello adita dichiarava, anch’essa, l’appello inammissibile. In particolare, la Corte distrettuale osservava che l’atto di impugnazione aveva sostenuto l’erroneità della sentenza resa dal giudice di prime cure in quanto le aziende ospedaliere universitarie non sarebbero equiparabili alle università. Tale tesi, tuttavia, secondo il Collegio non era corretta, essendo circostanza pacifica che il Direttore generale dell’Azienda viene nominato di concerto con il Rettore dell’Università e che l’Azienda ospedaliera è costituita con decreto del Rettore stesso e non su iniziativa della Regione. Non poteva, quindi, dubitarsi, ad avviso della Corte, del fatto che anche alle aziende universitarie si dovesse applicare la disciplina di cui alla legge n. 168/1989, con conseguente patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, salvo una delibera motivata in senso contrario. Alla luce dell’art. 56, r.d. n. 1611/1933, quindi, era corretta la decisione del Tribunale che aveva dichiarato la nullità della procura alle liti, con conseguente assorbimento di tutte le questioni di merito. La società proponeva ricorso per cassazione. Gli Ermellini hanno dichiarato infondato l’unico motivo di ricorso proposto dalla ricorrente, sulla scorta del quale la stessa deduceva violazione e falsa applicazione di norme di legge. In particolare, osservano i Giudici, l’infondatezza del ricorso deriva dal recente orientamento a Sezioni Unite di legittimità secondo il quale per le Aziende Ospedaliere Universitarie valgono, ai fini della validità del conferimento della procura alle liti ad un avvocato del libero foro, le stesse regole fissate in tema di università statali. Le Sezioni Unite, infatti, hanno riconosciuto – alla luce delle riforme di cui al d.lgs. n. 229/1999 e del citato d.lgs. n. 517/1999 – che l’assetto creato dalle predette riforme, mirando ad una sorta di cogestione tra Università e S.S.N. mediante un’evoluzione organizzativa incentrata sul contributo apportato dalle università, contempla, a regime, una nuova tipologia di Ospedali superando così la situazione previgente per pervenire al modello aziendale unico di Azienda Ospedaliera Universitaria AOU , caratterizzata da un’organizzazione conseguentemente più complessa, per cui i principali atti aziendali sono adottati dal Direttore Generale d’intesa con il Rettore secondo modalità di cogestione, anche attraverso un organo di indirizzo nel quale i due enti, che apportano ciascuno proprie risorse, sono rappresentati nella funzione unitaria di controllo. Concludendo. I Giudici concludono affermando che il complesso assetto normativo che regola le aziende ospedaliere universitarie, unitamente ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, convergono nel senso di riconoscere una piena osmosi ed una sostanziale cogestione tra le università e le aziende ospedaliere universitarie, contrariamente a quanto sostiene l’odierna ricorrente, che fonda il proprio ricorso sull’esistenza di una totale autonomia tra le due.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 giugno – 5 ottobre 2018, n. 24545 Presidente Vivaldi – Relatore Cirillo Fatti di causa 1. L’Azienda ospedaliera universitaria Federico II propose opposizione, davanti al Tribunale di Napoli, avverso il decreto ingiuntivo col quale le era stato ordinato il pagamento della somma di Euro 12.849,72, oltre interessi, in favore della s.p.a. Beta Skype. Si costituì in giudizio la società opposta, chiedendo il rigetto dell’opposizione. Il Tribunale dichiarò l’inammissibilità dell’opposizione e condannò la parte opponente al pagamento delle spese di lite. La decisione si basa su di un vizio della procura alle liti. Osservò il Tribunale, infatti, che la rappresentanza e difesa in giudizio di un’università statale può essere eccezionalmente affidata ad un difensore del libero foro anziché all’Avvocatura dello Stato, ma a condizione che ciò avvenga sulla base di una motivata delibera. Nel caso specifico, la delibera 23 dicembre 2010, n. 539, del Direttore generale dell’Azienda universitaria era da ritenere viziata, perché non indicava in alcun modo le ragioni per le quali si era ritenuto di non utilizzare il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato e, assegnato termine alla parte opponente, ai sensi dell’art. 182 cod. proc. civ., per sanare detto vizio, la stessa si era limitata a produrre una nota dell’Avvocatura dello Stato che indicava come non obbligatorio, per le università, il patrocinio da parte della medesima. 2. La pronuncia è stata impugnata dall’Azienda ospedaliera e la Corte d’appello di Napoli, con ordinanza del 29 febbraio 2016 emessa ai sensi dell’art. 348-ter cod. proc. civ., ha dichiarato l’appello inammissibile siccome privo di ragionevoli probabilità di essere accolto, con condanna dell’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado. Ha osservato la Corte territoriale che l’atto di impugnazione aveva sostenuto l’erroneità della sentenza del Tribunale in quanto le aziende ospedaliere universitarie non sarebbero equiparabili alle università. Tale tesi, però, non era corretta, essendo circostanza pacifica che il Direttore generale dell’Azienda viene nominato di concerto con il Rettore dell’Università e che l’Azienda ospedaliera è stata costituita con un decreto del Rettore stesso e non su iniziativa della Regione. Non poteva quindi dubitarsi, ad avviso della Corte napoletana, del fatto che anche alle aziende ospedaliere universitarie si dovesse applicare la disciplina di cui alla legge 9 maggio 1989, n. 168, con conseguente patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, salvo una delibera motivata in senso contrario. Alla luce dell’art. 56 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, quindi, era corretta la decisione del Tribunale che aveva dichiarato la nullità della procura alle liti, con conseguente assorbimento di tutte le questioni attinenti al merito. 3. Contro la sentenza del Tribunale di Napoli propone ricorso l’Azienda ospedaliera universitaria Federico II con atto affidato ad un unico complesso motivo. Resiste la Beta Stepstone s.p.a., già Beta Skype s.p.a., con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, degli artt. 2, 3 e 4 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, degli artt. 43 e 45 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, nonché dell’art. 18 della legge della Regione Campania 3 novembre 1994, n. 32. Osserva la ricorrente che l’erroneità della sentenza impugnata risulterebbe da una pluralità di ragioni. Richiamato il quadro normativo di riferimento, la censura rileva che le aziende ospedaliere universitarie sono state costituite come enti aventi autonoma personalità giuridica, integrate con il servizio sanitario nazionale. Conclusa la fase transitoria di quattro anni di cui all’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 517 del 1999, nella quale le aziende dovevano tendere ad integrarsi con le università, si sarebbe venuto a creare un sistema caratterizzato da piena autonomia e la costituzione dell’Azienda ospedaliera universitaria in questione si sarebbe verificata in un momento successivo rispetto alla fase transitoria, essendo il decreto istitutivo del 31 luglio 2003. Poiché, quindi, tali aziende sono ormai enti autonomi sotto il controllo regionale e non aziende dell’università, esse non avrebbero alcun obbligo di rivolgersi, per il patrocinio legale, all’Avvocatura dello Stato. Da ciò consegue che il direttore generale ben potrebbe rilasciare la procura alle liti senza bisogno di alcuna autorizzazione, come sarebbe confermato anche dall’art. 18 della legge reg. Campania suindicata e dalla giurisprudenza della Corte di cassazione viene citata la sentenza 1 luglio 2014, n. 14951 . 1.1. La questione di diritto sulla quale questa Corte è chiamata a pronunciarsi, che ha senza dubbio una connotazione nomofilattica, consiste nello stabilire se per le aziende ospedaliere universitarie siano o meno valevoli, ai fini della validità del conferimento della procura alle liti ad un avvocato del libero foro, le regole fissate in tema di università statali. Per queste ultime, infatti, le Sezioni Unite hanno ribadito, con la recente sentenza 20 ottobre 2017, n. 24876, l’orientamento che prevede il c.d. patrocinio autorizzato da parte dell’Avvocatura generale dello Stato. La sentenza indicata ha stabilito che, ai sensi dell’art. 43 del r.d. n. 1611 del 1933 - come modificato dall’art. 11 della legge 3 aprile 1979 n. 103 la facoltà per le Università statali di derogare in casi speciali al patrocinio autorizzato spettante per legge all’Avvocatura dello Stato, per avvalersi dell’opera di liberi professionisti, è subordinata all’adozione di una specifica e motivata deliberazione dell’ente ossia del rettore da sottoporre agli organi di vigilanza consiglio di amministrazione per un controllo di legittimità. In via generale, la mancanza di tale controllo determina la nullità del mandato alle liti, non rilevando che esso sia stato conferito con le modalità prescritte dal regolamento o dallo statuto dell’Università, fonti di rango secondario insuscettibili di derogare alla legislazione primaria. Tuttavia, nei casi in cui ricorra una vera e propria urgenza, ai sensi dell’art. 12 del r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, il rettore, quale presidente del consiglio d’amministrazione, può provvedere direttamente al conferimento dell’incarico all’avvocato del libero foro, purché curi di far approvare sollecitamente la relativa delibera dal consiglio, così sanando l’originaria irregolarità. A tale principio - che era sostanzialmente già consolidato nella giurisprudenza di legittimità v., tra le altre, le sentenze 23 marzo 2011, n. 6672, e 13 maggio 2016, n. 9880 - si sono attenuti tanto il Tribunale quanto la Corte d’appello di Napoli, ritenendo che esso sia da applicare anche alle aziende ospedaliere universitarie quale, nella specie, l’azienda oggi ricorrente. Quest’ultima, al contrario, insiste nel porre in luce, come si è detto, le ragioni di una diversità intrinseca tra le università statali e le aziende ospedaliere universitarie, che si fonderebbe sulla totale autonomia di queste ultime e sulla loro assimilazione piuttosto alle aziende sanitarie locali che non alle università il che dovrebbe indurre a ritenere che per esse valga una piena autonomia nella scelta del difensore in occasione del contenzioso giudiziario, non trovando applicazione le regole sul patrocinio autorizzato. 1.2. Appare opportuno rilevare, innanzitutto, come non sia calzante il richiamo compiuto dalla parte ricorrente alla sentenza 1 luglio 2014, n. 14951, della Sezione Lavoro di questa Corte. In tale pronuncia è contenuto un richiamo all’art. 18 della legge reg. Campania n. 32 del 1994, invocata a sostegno del ricorso odierno, in ordine ai poteri del direttore generale di una ASL della Campania relativi alla proposizione di un’azione giudiziaria la sentenza esclude che vi fosse la necessità di una preventiva delibera di autorizzazione in proposito . Ma è evidente che questo precedente, che riguarda appunto una ASL, non si attaglia al caso in esame senza contare che una norma regionale non potrebbe in tale materia andare a modificare la portata di una legge statale, trattandosi di materia devoluta alla competenza esclusiva dello Stato art. 117, secondo comma, lettera l, della Costituzione . È piuttosto da tenere presente, invece, un significativo dato normativo, costituito dall’art. 2, comma 6, del d.lgs. n. 517 del 1999, il quale prevede che le aziende ospedaliere universitarie concorrono alla realizzazione dei compiti istituzionali dell’università, il che è un indizio forte del collegamento esistente tra le une e le altre. Si deve ricordare, inoltre, che la giurisprudenza di questa Corte, pur non avendo affrontato ex professo la questione oggi in esame, contiene una serie dì indicazioni che convergono nel senso dell’esistenza di una forma di cogestione tra le aziende ospedaliere universitarie e le università ad esse collegate, per cui non è configurabile quell’autonomia delle prime rispetto alle seconde che è a fondamento dell’odierno ricorso. Ed invero la Sezione Lavoro, con la sentenza 7 marzo 2014, n. 5325, ribadita dalla successiva ordinanza 16 aprile 2015, n. 7739, ha affermato che nell’ambito dell’assetto dei rapporti tra Servizio Sanitario Nazionale e Università e della collaborazione tra gli stessi, prevista per l’esercizio della funzione sanitaria, con il d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229, fu prevista l’istituzione di aziende ospedaliere universitarie dotate di autonoma personalità giuridica e con il d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, furono definiti i rapporti giuridici del personale assegnato o trasferito alle nuove aziende. In questo assetto, il d.lgs. n. 517 prevede che l’organo amministrativo dell’azienda ospedaliera universitaria il direttore generale ed il presidente dell’organo di indirizzo dell’azienda chiamato al coordinamento delle attività didattiche e scientifica con quella strettamente assistenziale siano nominati dal presidente della regione d’intesa con il rettore art. 4 . Lo stesso decreto prevede, inoltre, che al sostegno economico-finanziario delle attività svolte dalle aziende concorrono risorse messe a disposizione sia dall’Università sia dal Fondo sanitario regionale ai sensi del presente comma. Alle attività correnti concorrono le Università con l’apporto di personale docente e non docente e di beni mobili ed immobili ai sensi dell’art. 8 sia le regioni mediante il corrispettivo dell’attività svolta art. 7, comma 1 . Ne consegue che, mentre sul piano materiale l’attività sanitaria è convogliata in un modello aziendale unico l’azienda ospedaliera universitaria , la gestione anche sul piano finanziario è rimessa alla regione ed all’università per cui la soluzione delle questioni giuridiche ed economiche fa necessariamente capo ad entrambi i soggetti pubblici . Le Sezioni Unite di questa Corte, a loro volta, con la sentenza 29 maggio 2012, n. 8521, hanno riconosciuto - alla luce delle riforme di cui al d.lgs. n. 229 del 1999 e del citato d.lgs. n. 517 del 1999 - che l’assetto così creato, mirando ad una sorta di cogestione tra l’Università e il S.S.N. mediante un’evoluzione organizzativa incentrata sul contributo apportato dalle università, contempla, a regime, una nuova tipologia di Ospedali superando così la situazione previgente per pervenire al modello aziendale unico di Azienda Ospedaliero Universitaria AOU , caratterizzata da un’organizzazione conseguentemente più complessa, per cui i principali atti aziendali sono adottati dal Direttore Generale d’intesa con il Rettore secondo modalità di cogestione, anche attraverso un organo di indirizzo nel quale i due enti, che apportano ciascuno proprie risorse, sono rappresentati nella funzione unitaria di controllo . E tale affermazione ha consentito in quell’occasione alle Sezioni Unite di riconoscere la legittimazione passiva dell’azienda ospedaliera universitaria in relazione alla controversia di lavoro promossa nei suoi confronti da un dipendente dell’università, in servizio presso il policlinico universitario poi divenuto azienda ospedaliera universitaria. Seguendo la stessa linea di pensiero, sia pure in una fattispecie del tutto diversa, la successiva sentenza 10 marzo 2014, n. 5490, delle Sezioni Unite ha riconosciuto la possibilità di configurare un’ipotesi di danno erariale - con conseguente sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti - in una fattispecie nella quale un rettore universitario aveva pattuito, nello stipulare un contratto di diritto privato per il conferimento dell’incarico di direttore generale dell’azienda ospedaliera universitaria, un compenso annuo e un’indennità di risultato in violazione del limite stabilito dalle leggi vigenti. Il che costituisce un’ulteriore conferma dell’evidente collegamento tra le università e le aziende ospedaliere universitarie. 1.3. Deve perciò ritenersi, tirando le fila del ragionamento fin qui svolto, che il complesso assetto normativo che regola le aziende ospedaliere universitarie, unitamente ai principi enunciati da questa Corte nei precedenti richiamati, convergono nel senso di riconoscere una piena osmosi ed una sostanziale cogestione tra le università e le aziende ospedaliere universitarie, contrariamente a quanto sostiene l’odierna ricorrente, che fonda il ricorso proprio sull’esistenza di una totale autonomia tra le due. Da ciò consegue che i principi enunciati in tema di patrocinio autorizzato delle università debbono trovare applicazione anche nei confronti delle aziende universitarie. Ed è appena il caso di rilevare che le Sezioni Unite, nella citata sentenza n. 24876 del 2017, hanno posto in luce come l’istituto ora richiamato trovi il proprio fondamento anche nelle prevalenti esigenze di tutela della finanza pubblica, che valgono anche nel caso in esame tanto più che il patrocinio autorizzato non vieta, secondo quanto si è detto, la possibilità di una deroga e il conseguente conferimento del mandato ad un avvocato del libero foro. Né la situazione può mutare per il solo fatto, posto in luce dalla ricorrente nella memoria di cui all’art. 378 cod. proc. civ., che il legale rappresentante dell’azienda ospedaliera universitaria non abbia un organo di vigilanza cui sottoporre la delibera come avviene per il rettore dell’università rispetto al consiglio di amministrazione dell’ateneo . 2. Il ricorso, pertanto, è rigettato. Attesa la novità e complessità della questione e considerata la mancanza di precedenti specifici, la Corte stima equo compensare integralmente le spese del giudizio di cassazione. Sussistono tuttavia le condizioni di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese del giudizio di cassazione. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.