Liquidazione delle spese di lite e principio della soccombenza

Una compagnia assicuratrice, chiamata a rispondere dei danni subiti dal proprietario dell’immobile locato al proprio cliente, si duole dinanzi alla Corte di Cassazione per aver il Giudice dell’appello posto interamente a suo carico le spese legali del giudizio di seconde cure nonostante la sua domanda di riduzione dell’importo liquidato fosse stata accolta.

Sul tema la Corte di legittimità con l’ordinanza n. 23476/18, depositata il 28 settembre. La vicenda. A seguito di un incendio doloso scoppiato all’interno di un ristorante, il Tribunale di Firenze condannava la società conduttrice dell’immobile, in solido con un suo dipendente, al risarcimento dei danni subiti dal proprietario e locatore dell’edificio. La compagnia assicuratrice del conduttore veniva condannata a versare l’indennizzo dovuto da quest’ultimo in via di manleva. La sentenza veniva impugnata dinanzi alla Corte d’Appello dall’assicurazione che vedeva accolto il gravame solo in riferimento alla quantificazione dei danni che essa doveva rifondere in via di manleva, la sentenza veniva per il resto confermata. La compagnia assicuratrice ricorre dunque in Cassazione. Responsabilità per fatto del dipendente. Il Collegio chiarisce in primo luogo che, in tema di responsabilità del conduttore per perdita e deterioramento della cosa locata, la posizione del terzo ammesso a qualunque titolo al godimento della cosa è equiparabile a quella del conduttore. Ne consegue l’art. 1588 c.c. va interpretato nel senso che il conduttore non è più responsabile quando detti eventi si configurano, rispetto al terzo – tenuto ad osservare nel suo godimento lo stesso grado di diligenza del conduttore -, come non dipendente da causa a lui imputabile . Nel caso di specie dunque correttamente i Giudici di merito hanno affermato la responsabilità del conduttore per il fatto del terzo, suo dipendente, in qualità di preposto ex art. 2049 c.c Spese processuali. La ricorrente si duole inoltre per la liquidazione esclusivamente a proprio carico delle spese del gravame essendo essa risultata solo in parte vittoriosa. La Corte ritiene fondato il motivo di ricorso richiamando il principio della soccombenza sancito dall’art. 91 c.p.c. che costituisce principio generale derogabile, ex art. 92 c.p.c., solo in caso di compensazione totale o parziale delle spese per la reciproca soccombenza o per particolari e motivate ragioni. Il giudice non può dunque derogare al principio della soccombenza laddove la parte risulti parzialmente vittoriosa la giurisprudenza afferma infatti che il principio della soccombenza è violato solo se il giudice pone le spese a carico della parte interamente vittoriosa, potendo ogni altra statuizione trovare sostegno a seconda dei casi, nel combinato disposto degli artt. 91 e 92 c.p.c Se è vero che l’accoglimento parziale della domanda può giustificare la condanna della controparte all’integrale rimborso delle spese di lite, è a maggior ragione da ritenere che l’accoglimento della domanda, anche in misura minima, esclude la condanna del vincitore alle spese . Per questi motivi, la Corte cassa la sentenza e, decidendo nel merito la questione, in considerazione della vittoria dell’assicurazione solo su un piano marginale, dispone la compensazione delle spese legali del procedimento di appello per soccombenza reciproca.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 4 luglio – 28 settembre 2018, numero 23476 Presidente Vivaldi – Relatore Fiecconi Rilevato in fatto 1. Con sentenza emessa in data 9 aprile 2015 nei giudizi riuniti avviati separatamente da S.U. locatore e da Equity srl conduttore , il Tribunale di Firenze, sezione distaccata di Pontassieve, condannava la Equity srl e il sig M. contumace , suo dipendente, in via tra loro solidale, al risarcimento dei danni subiti dal proprietario dell’immobile locato, in quanto solidalmente responsabili per l’incendio, di origine dolosa, che aveva provocato il danneggiamento del locale in cui la società svolgeva un’attività di ristorazione, condannando altresì la compagnia assicuratrice a versare l’indennizzo dovuto dal conduttore, suo assicurato, in via di manleva. 2. Per quanto qui di interesse, la sentenza veniva impugnata dalla compagnia assicuratrice innanzi alla Corte d’appello di Firenze la quale, con sentenza numero 1652/2016 notificata alle parti il 4.01.2017, accoglieva in parte l’appello relativamente alla sola quantificazione dei danni che la società assicuratrice doveva rifondere in via di manleva e, per il resto, confermava la sentenza di condanna del conduttore a risarcire il danno, in solido con il dipendente, e di accertamento dell’obbligo di manleva, condannando l’appellante compagnia assicuratrice, il conduttore e il dipendente, in via tra loro solidale, alle spese di lite in favore della locatrice. 3. La compagnia assicuratrice notificava ricorso per cassazione in data 3/03/2017 affidato a tre motivi di ricorso. Nel giudizio resistevano con controricorso notificato la società conduttrice e il proprietario locatore con controricorso. La compagnia assicuratrice produceva memoria. Ritenuto in diritto 1. Con il primo motivo la compagnia assicuratrice ricorrente deduce la omessa e carente motivazione su un punto decisivo della controversia, consistente nel non aver considerato il convenuto dipendente come socio di fatto , in violazione dell’articolo 360 numero 5 cod.proc.civ., fatto che avrebbe consentito alla compagnia assicuratrice di eccepire l’inoperatività della polizza assicurativa per effetto di una clausola della polizza. 1.1. Il motivo è inammissibile. 1.2. Da un lato, la censura non considera che la Corte d’appello ha valutato compiutamente tale contestazione e ha ritenuto che non vi fossero prove sufficienti in proposito dall’altro, il motivo si dimostra del tutto irrilevante sia con riferimento alla pronuncia della Corte d’appello di Firenze che in sede penale ha condannato il dipendente per il reato di incendio doloso, senza svolgere alcun accertamento sulla sua qualità di socio di fatto, sia con riferimento alla polizza sottoscritta, che ammette questa eccezione solamente nel caso in cui il danno sia imputabile a un socio illimitatamente responsabile o a un amministratore di fatto, tra i quali non si annovera il socio di fatto di una società a responsabilità limitata, normalmente destinato a godere del privilegio della responsabilità limitata fatta salva l’ipotesi di cui all’art. 2477, settimo comma, cod. civ., tutta da dimostrare nei suoi elementi fattuali, e non dedotta dalla parte ricorrente . 2. Con il secondo motivo la compagnia assicuratrice ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1587 e 1588 codice civile ai sensi dell’articolo 360 numero 3 cod.proc.civ, sull’assunto che, à termini dell’articolo 1588 cod.civ., il conduttore risponde del deterioramento della cosa locata, anche causato da incendio, se non prova che il fatto si è verificato per fatto a lui non imputabile, essendosi nel caso di specie frapposto l’intervento doloso del terzo come circostanza non prevedibile, né prevenibile. In particolare, la ricorrente deduce che nel caso concreto la presunzione di colpa del conduttore è stata vinta per il fatto che l’incendio è stato provocato da un dipendente che ha agito di notte, e quindi fuori dall’orario di lavoro, e che pertanto non può ravvisarsi alcuna responsabilità del conduttore, datore di lavoro, per il fatto del proprio dipendente. 2.1. Il motivo è infondato. 2.2. La Corte d’appello, nel rigettare l’eccezione della conduttrice, ha rilevato che il terzo non era del tutto estraneo al conduttore, poiché gli era stato consentito libero accesso al ristorante da lui diretto, e la mancanza di segni di effrazione ha dimostrato che il dipendente era sicuramente in possesso delle chiavi. 2.3. In merito si richiama il pronunciamento della Corte di cassazione numero 3999-1995, con il quale è stato sancito che in tema di responsabilità del conduttore per perdita e deterioramento della cosa locata verificatisi nel tempo in cui ha ammesso il terzo al godimento della cosa, l’art. 1588 cod. civ. va interpretato nel senso che il conduttore non è più responsabile quando detti eventi si configurano, rispetto al terzo - tenuto ad osservare nel suo godimento lo stesso grado di diligenza del conduttore -, come non dipendenti da causa a lui imputabile. Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, la quale aveva ritenuto che l’evento - consistente nel crollo di un fabbricato per effetto di un incendio provocato dal figlio di un dipendente del conduttore - non fosse imputabile al terzo ammesso al godimento del bene in base alla considerazione che il conduttore non avrebbe potuto prevedere, e perciò neppure prevenire, il comportamento del terzo . 2.4. La posizione del terzo ammesso, per qualsiasi titolo, al godimento della cosa è pertanto equiparabile a quella del conduttore e il fatto non imputabile deve essere pertanto considerato da questa prospettiva. 2.5. Come più volte affermato dalla giurisprudenza, il conduttore risponde ex art. 1588 cod.civ. della perdita e del deterioramento della cosa locata anche se derivante da incendio, e la presunzione di colpa a carico del conduttore è superabile soltanto con la dimostrazione che la causa dell’incendio, identificata in modo positivo e concreto, non sia a lui addebitabile onde, in difetto di tale prova, la causa sconosciuta o anche dubbia della perdita o del deterioramento della cosa locata rimane a suo carico. In questo senso si è pronunciata Cass., sez. III, numero 15721/2015, Cass. numero 11972 del 2010, ma già Cass. numero 2250 del 2007, Cass. numero 17429 del 2006, Cass. numero 15818 e 20357 del 2005, Cass. numero 16762 del 2002, con pronunce che hanno messo in rilievo che la presunzione di colpa sancita dall’art. 1588 cod.civ. può essere superata dal conduttore solo mediante la prova che la causa dell’incendio, identificata in modo positivo e concreto, non è a lui imputabile in difetto di tale dimostrazione, le conseguenze negative riconducibili alla causa sconosciuta rimangono a carico del conduttore. 2.6. Conseguentemente, la responsabilità del conduttore per la perdita o deterioramento della cosa locata per fatto del terzo, ai sensi dell’art. 1588, secondo comma, cod. civ., permane ove il danno si sia verificato nel tempo in cui egli ha consentito al terzo il godimento o l’uso della cosa, purché si tratti di fatti ricollegabili a scelte del conduttore nelle modalità d’uso e nella vigilanza della cosa locata, e non quando l’uso della cosa locata da parte del terzo non sia stato consentito o addirittura vietato v. Cass. Sez. 3, Sentenza numero 12706 del 19/06/2015, ove, nella specie, la S.C. ha escluso la responsabilità di un Comune, a cui era stato concesso in uso un ponte Bailey dal Ministero della difesa, crollato in seguito dell’attraversamento di un autotreno, appartenente a terzi, di peso superiore alla sua portata massima, poiché il transito era avvenuto nonostante il divieto apposto dall’amministrazione comunale mediante apposita segnaletica . 2.7. Nel caso in esame, non si sono verificate le due possibili situazioni alternative in grado di scagionare il conduttore, normalmente chiamato a rispondere del fatto del terzo, suo dipendente, in qualità di preposto, ex art. 2049 cod. civ Ed invero, nel caso in cui il terzo, dipendente del conduttore, sia stato messo nella disponibilità materiale del bene locato per assenso del conduttore, il conduttore avrebbe dovuto provare in concreto che la causa dell’incendio era al di fuori della sfera di controllo e di prevedibilità del terzo, essendo il terzo tenuto agli stessi obblighi di diligenza e di custodia del conduttore nel caso in cui il terzo dipendente, soggetto al controllo e alla vigilanza del datore di lavoro ex art. 2049 cod. civ., sia penetrato nel bene locato senza che gli fosse stata concessa la disponibilità del bene, il conduttore avrebbe dovuto provare che l’evento era conseguente a un accesso del dipendente effettuato contro la sua volontà. La Corte di merito, invero, ha ritenuto che nessuna delle due ipotesi esimenti sia stata provata in concreto, posto che l’incendio era stato appiccato dolosamente dal dipendente che si era dimostrato avere ampia facoltà di accesso all’interno del bene locato e al quale non era stato vietato l’ingresso fuori dagli orari di lavoro. Il che risulta in conformità con i principi di cui sopra per potere affermare la responsabilità del conduttore per il fatto del terzo, rientrante pertanto nella copertura assicurativa. 3. Con il terzo motivo la società ricorrente denuncia la falsa applicazione o la violazione di norme di diritto ai sensi dell’articolo 360 numero 3 cod.proc.civ., e precisamente degli articoli 91, 112 e 92 codice procedura civile, sull’assunto che la compagnia assicuratrice, parzialmente vittoriosa nei confronti del proprietario locatore, sia stata erroneamente condannata a pagare la quota integrale di spese di lite in suo favore. Difatti la compagnia assicuratrice, in sede di gravame, aveva richiesto la riforma della sentenza di primo grado anche nella parte in cui il Tribunale di Firenze aveva liquidato l’importo di Euro 174.089, 67, non tenendo conto del decremento del valore di fabbricato per l’usura dei locali pari a 15- 20% del valore, come concordato tra le parti. Ritiene pertanto la ricorrente che la sentenza sia errata laddove è stata condannata alle spese del gravame, essendo risultata in parte vittoriosa. 3.1. Il motivo è fondato per quanto di ragione. 3.2. Il principio della soccombenza sancito nell’articolo 91 cod.proc.civ. costituisce un principio generale che può essere derogato, ai sensi dell’articolo 92 cod.proc.civ., con disposizione della compensazione totale o parziale delle spese in caso di reciproca soccombenza o per particolari e motivate ragioni, a seconda del tenore della norma ratione temporis applicabile. Sull’argomento questa Corte ha da tempo chiarito che il principio della soccombenza non può essere derogato nel caso in cui la parte risulti parzialmente vittoriosa e il giudice, non avvalendosi del potere discrezionale di compensazione delle spese, ciò nonostante condanni la parte anche solo in parte vittoriosa alle spese di lite sopportate dall’altra parte che, invece, è risultata parzialmente soccombente. È ricorrente, in giurisprudenza, l’affermazione secondo cui il principio della soccombenza è violato solo se il giudice pone le spese a carico della parte interamente vittoriosa, potendo ogni altra statuizione trovare sostegno a seconda dei casi, nel combinato disposto degli articoli 91 e 92 cod.proc.civ. Sez. 6 - 3, Ordinanza numero 24502 del 17/10/2017 Sez. 1, Sentenza numero 13229 del 16/06/2011 Sez. 3, Sentenza numero 12963 del 04/06/2007 . 3.3. Se è vero che l’accoglimento parziale della domanda può giustificare la condanna della controparte all’integrale rimborso delle spese di lite, è a maggior ragione da ritenere che l’accoglimento della domanda, anche in misura minima, esclude la condanna del vincitore alle spese. Un’applicazione delle norme in siffatti termini, come effettuata dalla Corte d’appello nel caso concreto, contrasta con i poteri del giudice indicati dalle norme processuali sul tema del principio della soccombenza. Tale principio ha ricevuto un’apparente diversa applicazione, solo con riguardo al giudizio di impugnazione, da intendersi come una fase di un giudizio il cui esito è da valutare in sede finale e globale. In quest’ultimo caso, il criterio della soccombenza, al fine di attribuire l’onere delle spese processuali, infatti, non si fraziona secondo l’esito delle varie fasi del giudizio, ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi soccombente abbia conseguito un esito a sé favorevole Cass. 14 dicembre 2000, numero 15787 Cass. 10 settembre 2001, numero 11543 Cass.Sez. 3, Sentenza numero 9060 del 06/06/2003 Sez. 6 - 3, Ordinanza numero 6369 del 13/03/2013 . 3.4. La pronuncia impugnata, su tale punto, deve pertanto essere cassata. Tuttavia, la Corte ritiene di dover decidere nel merito senza rinvio àsensi dell’art. 384 cod. proc. civ. e, all’uopo, in considerazione della vittoria dell’assicurazione solo su un piano marginale, rispetto a quelli sopra trattati, comporta la opportunità di compensare le spese legali del procedimento di appello - per soccombenza reciproca - tra la parte locatrice, che aveva agito nei confronti della assicuratrice quale terzo pignorato in esecuzione della sentenza di primo grado, nonostante l’appello sul punto, e la compagnia assicuratrice, soccombente a sua volta sui motivi principali posti a fondamento delle sue difese, rivelatesi infondate. 4. Conclusivamente, la Corte dichiara inammissibile il primo motivo, infondato il secondo motivo e, in accoglimento del terzo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, compensa le spese del secondo grado di giudizio tra la compagnia assicuratrice e la locatrice, anche di questa fase. Compensa le spese legali tra la conduttrice assicurata e la compagnia assicuratrice, reciprocamente soccombenti sul primo e secondo motivo, e tra la conduttrice e la locatrice, anch’esse reciprocamente soccombenti sul primo e secondo motivo, con assorbimento di ogni ulteriore questione non fatta oggetto di specifico motivo di impugnazione in via incidentale. P.Q.M. I. Dichiara inammissibile il primo motivo e infondato il secondo motivo II. Accoglie il terzo motivo III. Cassa e, decidendo nel merito, compensa le spese tra le parti, anche di questo grado.