La tutela dei diritti di difesa delle parti è soddisfatta anche quando il giudice rinvia ad una successiva udienza

L’art. 281-sexies c.p.c. prevede che il giudice può” differire, anche su istanza di parte, la discussione orale ad altra udienza. Tale facoltà potrebbe, però, incontrare il limite della tutela dei diritti di difesa delle parti.

Sul punto si è espressa la Corte di Cassazione con ordinanza n. 22521/18 depositata il 24 settembre. Il caso. Nel contraddittorio delle parti, l’opposizione da parte dei ricorrenti avverso un precetto di pagamento intimato sulla base di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo da una compagnia assicurativa, veniva rigettata dal Tribunale. Avverso tale decisione gli opponenti propongono ricorso, al quale l’assicurazione resiste con controricorso. La procura alle liti. Nel caso in esame gli opponenti sostengono che la procura alle liti rilasciata dalla compagnia assicurativa con apposito mandato in calce all’atto di precetto non conferirebbe ai legali valido mandato. A tal proposito occorre sottolineare che il conferimento del mandato difensivo non richiede particolari formule sacramentali, pertanto, essendo stato conferito il mandato in calce all’atto di precetto, la volontà delle parti si riferisce all’atto cui accede, anche se nel testo non è stata utilizzata un’espressione appropriata. I requisiti formali del titolo esecutivo. Proseguono i ricorrenti con la deduzione della carenza di alcuni requisiti formali del titolo esecutivo relativi alla spedizione in forma esecutiva. Ma tale motivo di ricorso è infondato per carenza del requisito di specificità del motivo, non avendo prodotto in giudizio l’atto che si assume essere formalmente viziato. La richiesta di fissazione di una nuova udienza. Infine i ricorrenti deducono violazione dell’art. 281- sexies c.p.c., in quanto la sentenza sarebbe stata pronunciata disattendendo la richiesta di fissazione di una nuova udienza per la discussione. Innanzitutto la censura è carente di autosufficienza in quanto non è stato prodotto il verbale dell’udienza precedente. Nel caso di specie, i ricorrenti, pur avendo richiesto in via principale un differimento dell’udienza, hanno inoltre discusso la causa riportandosi alla memoria conclusiva depositata telematicamente , senza sollevare, quindi, alcuna specifica eccezione di nullità. Il Supremo Collegio, al riguardo, afferma il seguente principio di diritto In caso di decisione della causa ai sensi dell’art. 281- sexies c.p.c., la tutela dei diritti di difesa delle parti, assicurata dalla legge prevedendo la facoltà di richiedere un differimento dell’udienza di discussione, è parimenti soddisfatta qualora il giudice, nel disporre che si proceda alla trattazione orale, rinvia per tale adempimento ad una successiva udienza. In tal modo, infatti, i difensori vengono posti nelle condizioni di non arrivare impreparati alla discussione, sicché, una volta giunti all’udienza all’uopo fissata dal giudice, agli stessi non compete il diritto di chiedere un ulteriore differimento .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 17 aprile – 24 settembre 2018, n. 22521 Presidente Amendola – Relatore D’Arrigo Ritenuto in fatto M.R. e C.R. hanno proposto opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. avverso un precetto di pagamento intimato, sulla base di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, dalla Unipolsai Assicurazioni s.p.a Nel contraddittorio delle parti, l’opposizione è stata rigettata dal Tribunale di Pesaro con sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 281-sexies cod. proc. civ Avverso tale decisione gli opponenti propongono ricorso, ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost., basato su tre motivi. La Unipolsai Assicurazioni s.p.a. resiste con controricorso. Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ. come modificato dal comma 1, lett. e , dell’art. 1-bis d.l. 31 agosto 2016, n. 168, conv. con modif. dalla I. 25 ottobre 2016, n. 197 , ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata. I ricorrenti hanno depositato memorie difensive ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ Considerato in diritto In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata. Con il primo motivo si deduce l’insussistenza dello ius postulandi in capo ai difensori che hanno sottoscritto l’atto di precetto. In realtà, è pacifico che la compagnia assicurativa avesse rilasciato procura alle liti con mandato in calce all’atto di precetto, ma gli opponenti sostengono che tale procura non conferirebbe ai legali un valido mandato, in quanto testualmente riferita alla presente procedura , mentre l’intimazione di un precetto di pagamento non costituirebbe una procedura . Il motivo è manifestamente infondato. Il conferimento del mandato difensivo non richiede formule sacramentali e deve essere interpretato secondo gli ordinari canoni di ermeneutica contrattuale. Consegue che, essendo stato conferito il mandato in calce all’atto di precetto, la volontà delle parti si riferisce senz’atro all’atto cui accede, anche se nel testo è utilizzata un’espressione non del tutto appropriata. Peraltro, l’interpretazione della procura al difensore, al fine di individuare l’ambito del mandato conferitogli dalla parte, costituisce valutazione riservata al giudice di merito, non sindacabile in cassazione Sez. 2, Sentenza n. 4864 del 01/03/2007, Rv. 595329 . Con il secondo motivo si deduce che il titolo esecutivo sarebbe carente di alcuni requisiti formali relativi alla spedizione in forma esecutiva. Il motivo è inammissibile per carenza del requisito di specificità richiesto dall’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. Infatti, i ricorrenti non hanno prodotto l’atto che si assume essere formalmente viziato, né hanno indicato dove lo stesso possa essere reperito. Di conseguenza, questa Corte non è stata posta nelle condizioni di verificare la fondatezza della censura. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 281-sexies cod. proc. civ., in quanto la sentenza sarebbe stata pronunciata disattendendo la richiesta di fissazione di una nuova udienza per la discussione. La censura è, anzitutto, carente di autosufficienza in quanto non è stato prodotto il verbale dell’udienza precedente a quella - del 24 novembre 2016 - all’esito della quale è stata pronunciata la sentenza impugnata. Non è quindi possibile verificare se quest’ultima udienza fosse stata, a sua volta, fissata su richiesta degli opponenti e se, quindi, la richiesta di fissazione di un’ulteriore udienza costituisse una illegittima duplicazione di un potere processuale già esercitato. In ogni caso, la censura è pure infondata. Infatti, nell’ipotesi di decisione ex art. 281-sexies cod. proc. civ., il rinvio per la discussione orale è finalizzato ad evitare decisioni a sorpresa , adottate senza consentire alle parti il pieno ed effettivo esercizio dell’attività difensiva. Tuttavia, la prassi dei tribunali è orientata nel senso di prevenire la richiesta delle parti, fissando un’apposita nuova udienza con la stessa ordinanza con la quale si dispone la discussione orale. Pertanto, giunte alla nuova udienza, alle parti non spetta un ulteriore rinvio, in quanto è stato loro già concesso ex officio quel differimento necessario per approntare la discussione orale previsto dalla norma in commento. Del resto, l’art. 281-sexies cod. proc. civ. prevede che il giudice può differire, anche su istanza di parte, la discussione orale ad altra udienza. Tale facoltatività incontra il limite della tutela dei diritti di difesa delle parti tutela che ben può essere assicurata mediante l’assegnazione di un termine per memorie difensive. In ogni caso, la deduzione di una nullità processuale deve essere accompagnata dall’indicazione dell’interesse sostanziale effettivamente pregiudicato. Nel caso di specie, i ricorrenti, pur avendo in via principale richiesto un differimento dell’udienza, hanno altresì, in via subordinata, discusso la causa riportandosi alla memoria conclusiva depositata telematicamente . Pertanto, non hanno sollevato alcuna specifica eccezione di nullità, con la conseguenza che l’eventuale nullità verificatasi risulta comunque sanata Sez. 3, Sentenza n. 7104 del 09/04/2015, Rv. 635107 . Va dunque affermato il seguente principio di diritto In caso di decisione della causa ai sensi dell’art. 281-sexies cod. proc. civ., la tutela dei diritti di difesa delle parti, assicurata dalla legge prevedendo la facoltà di richiedere un differimento dell’udienza di discussione, è parimenti soddisfatta qualora il giudice, nel disporre che si proceda alla trattazione orale, rinvia per tale adempimento ad una successiva udienza. In tal modo, infatti, i difensori vengono posti nelle condizioni di non arrivare impreparati alla discussione, sicché, una volta giunti all’udienza all’uopo fissata dal giudice, agli stessi non compete il diritto di chiedere un ulteriore differimento. Non osta a tale conclusione l’evenienza che il giudice abbia omesso di raccogliere, all’udienza precedente, le conclusioni delle parti, in quanto l’omissione di tale attività processuale che si compendia in un semplice momento di sintesi delle domande, delle difese e delle eccezioni proposte nel corso del giudizio può dar luogo ad una nullità processuale solamente qualora la parte interessata deduca che dalla stessa sia derivata la specifica lesione di un interesse sostanziale . In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art. 385, comma primo, cod. proc. civ., le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, nella misura indicata nel dispositivo. Ricorrono, inoltre, i presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, sicché i ricorrenti vanno condannati al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da loro proposta. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.