Il privato che chiede sovvenzioni pubbliche è titolare di un interesse legittimo o di un diritto soggettivo?

In materia di erogazione di contributi e sovvenzioni pubbliche, come si qualifica la posizione giuridica soggettiva del privato di fronte alla pubblica amministrazione ai fini dell’individuazione della giurisdizione?

All’interrogativo risponde la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21390/18, depositata il 30 agosto. Il fatto. Una Società, proprietaria di un immobile adibito ad attività di ristorazione, chiedeva la condanna del Comune al pagamento integrale a titolo di indennizzo dei danni subiti a causa dei fenomeni sismici e dell’eruzione vulcanica che interessò alcuni comuni della provincia di Catania nel 2001. Il Comune eccepiva il difetto di legittimazione passiva, sostenendo che soggetto obbligato era la Regione Sicilia. La domanda veniva accolta nel giudizio di prime cure, ma in sede di appello la decisione veniva ribaltata. La Società ricorre dunque in Cassazione. Motivi di appello. In primo luogo, la ricorrente deduce che la Corte territoriale avrebbe in realtà accolto un motivo di impugnazione – quello relativo alla carenza di legittimazione passiva del Comune convenuto – in realtà non proposto dall’appellante. Il Collegio ritiene infondata la doglianza in quanto la ricostruzione in iure della situazione offerta in appello è espressione di un potere di valutazione in iure del diritto applicabile alla fattispecie in relazione al motivo di appello con cui il Comune ha sostenuto di non dover pagare . Qualificazione della posizione giuridica del richiedente. La Società ricorrente lamenta inoltre l’errore di diritto nel considerare la situazione giuridica soggettiva quale interesse legittimo e non come diritto soggettivo. Sull’evento calamitoso occorso nel 2001 era infatti intervenuto un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, seguito dal d.l. n. 245/2002 e dall’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3145 del 2001 che aveva delegato ai Comuni, con specifico riguardo alle funzioni amministrative, l’erogazione di aiuti ai soggetti danneggiati assegnando loro anche la ricezione dell’istruttoria delle domande. Secondo la Società ricorrente, il contributo era dovuto a tutti i soggetti danneggiati senza alcun margine discrezionale in capo all’ente locale, dovendo semplicemente presentare la documentazione richiesta. Sul tema la Corte di legittimità Cass. n. 11649/03 ha già avuto modo di affermare che in materia di contributi e di sovvenzioni pubbliche, il privato vanta, nei confronti della pubblica amministrazione, una posizione sia di interesse legittimo, se la controversia attiene alla fase procedimentale anteriore all’emanazione del provvedimento attributivo del beneficio, sia di diritto soggettivo, se la controversia concerne la successiva fase di erogazione del contributo . Da tale premessa consegue che la controversia attinente alla prima delle suddette fasi rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo. In conclusione, posto che la configurazione giuridica della posizione soggettiva del ricorrente come interesse legittimo non riguarda la domanda proposta ma la situazione giuridica relativa al comportamento dovuto dalla P.A., in via preliminare rispetto all’insorgenza del diritto soggettivo, l’azione originaria avrebbe dovuto essere esercitata davanti al giudice amministrativo. Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 21 marzo – 30 agosto 2018, n. 21390 Presidente Frasca – Relatore Fiecconi Rilevato in fatto 1. Con atto di citazione notificato il 29 gennaio 2007 la società C.A. e L.R.G. snc, quale proprietaria del fabbricato sito in , contrada cantoniera OMISSIS , adibito ad attività di ristorazione e denominato omissis , chiedeva la condanna del Comune di al pagamento integrale, a titolo di indennizzo, dei danni subiti in conseguenza dei fenomeni sismici e dell’eruzione vulcanica che interessò diversi comuni della provincia di Catania a far data dal mese di luglio 2001, e ciò in forza dell’ordinanza del Ministero dell’Interno numero 3145 del 25 luglio 2001, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 3254 del 29 novembre 2002, nonché della successiva ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri numero 3278 del 4 aprile 2003. Si costituiva ritualmente il Comune convenuto il quale in via preliminare eccepiva il difetto di legittimazione passiva, deducendo che il soggetto obbligato all’erogazione del reclamato indennizzo fosse la Regione Sicilia, e che comunque il Comune di non era stato destinatario di interventi statali o regionali da somministrare, a titolo di risarcimento danni ai cittadini colpiti dagli eventi eruttivi di cui alla domanda. Nel merito rilevava l’infondatezza della domanda, e contestava il valore probatorio delle perizie stragiudiziali versate in atti e la decadenza del diritto intervenuta. Il giudice di primo grado accoglieva la domanda e condannava il Comune al pagamento della somma di Euro 49.165,94, oltre interessi fino al soddisfo. Il Comune di formulava appello avverso la sentenza con atto di citazione notificato il 7 giugno 2010, deducendo specificamente nei motivi di appello che non fosse stata considerata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva, l’inammissibilità e l’improcedibilità della domanda per omessa segnalazione dei danni entro il termine previsto dal Decreto Ministeriale del 15 agosto 2001, nonché l’erronea statuizione nell’aver provveduto ad accogliere la domanda solo sulla scorta di semplici perizie giurate e non sulla base di una CTU. Con sentenza numero 1802 del 2015 pubblicata il 27 novembre 2015 la Corte d’appello di Catania accoglieva il primo motivo di gravame ritenendo assorbiti gli ulteriori motivi e compensava le spese processuali di entrambi i gradi di giudizio. Avverso la predetta sentenza proponeva ricorso per cassazione la società attrice con atto notificato il 6 maggio 2016, affidato a due motivi di ricorso. La parte convenuta notificava controricorso e deduceva l’inammissibilità del ricorso e la sua infondatezza. Considerato in diritto 2. La Corte d’appello di Catania, in merito alla censura relativa al mancato accoglimento dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevato dal Comune convenuto appellante, riteneva che la censura fosse da una parte infondata alla stregua della chiara opzione indicata ai soggetti lesi nelle norme regolamentari emesse a seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 29 ottobre 2002 e del successivo decreto legge 4 novembre 2002 numero 245 e dell’ordinanza del presidente del Consiglio dei Ministri del 25 luglio 2001 numero 3,145,29 numero 3254 del 2003 numero 3278 del 2003 che, con specifico riguardo alle funzioni amministrative connesse all’attuazione degli erogandi aiuti, ebbe a delegare ai comuni le funzioni stesse, assegnando loro compiti afferenti alla ricezione all’istruttoria delle domande di provvigioni. Dall’altra, rilevava tuttavia che in tale materia non potesse desumersi la sussistenza di un diritto soggettivo pieno poiché alla pubblica amministrazione era demandato il controllo in ordine all’effettiva sussistenza dei presupposti indicati dalla legge, con apprezzamento discrezionale circa l’an, il quid e il quomodo dell’erogazione, risultando il Comune di un mero soggetto attuatore del procedimento amministrativo, autorizzato ad erogare, ma non per ciò stesso tenuto ad erogare le somme a titolo di indennizzo in assenza di adeguata provvista. Poiché il Comune aveva eccepito che non era stato destinatario di una risorsa finanziaria, pertanto la Corte d’appello aveva rilevato la fondatezza del primo motivo di gravame sotto questo profilo, sull’assunto che la società attrice non potesse vantare nessun diritto nei confronti del comune, e quindi accoglieva il primo motivo di gravame ritenendo assorbite le ulteriori questioni. 3. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’articolo 360, numero 4, c.p.c. in particolare la violazione degli articoli 2909,112,345 codice procedura civile, deducendo che la corte d’appello ha accolto un motivo di impugnazione non proposto dall’appellante, violando il giudicato interno che si è formato sulla natura di diritto pieno della situazione soggettiva fatta valere dalla società ricorrente si deduce che ove tale motivo fosse stato proposto, la corte territoriale avrebbe dovuto dichiararlo inammissibile perché si sarebbe trattato di un’eccezione nuova, posto che la relativa questione non era mai stata sollevata in primo grado. A tal fine la parte ricorrente trascrive per intero l’atto di gravame proposto dal Comune, da cui risulta, invero, la deduzione di carenza di legittimazione per mancato trasferimento da parte delle Regione Sicilia delle risorse a pagina 9 del ricorso . Il motivo è palesemente infondato, in quanto è da ritenersi a tutta evidenza errata la prospettazione che la Corte territoriale si sarebbe inventata un motivo di appello. In realtà, la ricostruzione in iure della situazione da essa offerta è espressione di un potere di valutazione in iure del diritto applicabile alla fattispecie in relazione al motivo di appello con cui il Comune ha sostenuto di non dover pagare, in quanto non aveva ricevuto le risorse. L’atto di appello riprodotto alle pagine 8-10 del ricorso evidenzia tale posizione e la sentenza lo ha registrato alle ultime quattro righe della pagina 6 ed alle prime cinque dee pagina 7, che vengono ignorate nel ricorso. Il motivo è pertanto infondato ex art. 366 n. 4 cod. proc. civ. perché non si confronta con la ratio decidendi resa. 4. Con il secondo motivo si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 3 del decreto legislativo 4 novembre 2002 numero 245 dell’ordinanza del presidente del consiglio dei ministri del 29 novembre 2002 n 3254. Si deduce che la sentenza impugnata sarebbe incorsa in un errore di diritto, ai sensi dell’articolo 360 numero 3 c.p.c., ove ha ritenuto che la situazione soggettiva del ricorrente fosse da qualificarsi come interesse legittimo e non come diritto soggettivo. La Corte avrebbe erroneamente interpretato l’articolo 7 dell’ordinanza de qua, il cui testo è trasposto a pagina 18 del ricorso, che non lascerebbe dubbi sulla circostanza che il contributo fosse comunque dovuto ai soggetti danneggiati senza margine di discrezionalità alcuna in capo all’ente territoriale, poiché il limite delle risorse disponibili era riferito non all’erogazione del contributo, ma alla sua elevazione nella misura del 100%. La società ricorrente deduce che l’unico onere a carico del cittadino era di depositare la documentazione richiesta, allegando alla domanda del contributo copia della dichiarazione, le relative autocertificazioni e le perizie giurate. Una volta ricevuta tale documentazione non riservava nessuna discrezionalità in favore dell’amministrazione, neanche di verificare la rispondenza dei danni subiti con la documentazione depositata, e ciò sulla base della lettura dell’articolo 3 dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri numero 3254 del 2002, riprodotta nel ricorso a pagina 16. Il motivo è infondato alla luce del precedente sancito da Sez. U, Ordinanza n. 11649 del 29/07/2003. In materia di contributi e di sovvenzioni pubbliche, il privato vanta, nei confronti della pubblica amministrazione, una posizione sia di interesse legittimo, se la controversia attiene alla fase procedimentale anteriore all’emanazione del provvedimento attributivo del beneficio, sia di diritto soggettivo, se la controversia concerne la successiva fase di erogazione del contributo. Ne consegue, con riguardo alle provvidenze in favore di soggetti danneggiati da eventi alluvionali, previste dall’art. 4 bis del D.L. 12 ottobre 2000, n. 279 convertito nella legge 11 dicembre 2000, n. 365 , che la controversia attinente alla prima delle suddette fasi appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, atteso, peraltro, che la norma citata, nel disporre che ai soggetti ivi indicati è assegnato un contributo a fondo perduto fino al 100 per cento dell’entità dei danni subiti , assegna alla p.a. un ampio potere discrezionale, evidentemente correlato alle disponibilità finanziarie . D’altro canto, poiché la domanda è stata proposta per rivendicare il contributo corrispondente all’intero danno subito, la Corte non doveva disporre alcuna translatio perché la domanda ineriva alla giurisdizione ordinaria per come è stata proposta. Il rilievo della configurazione della situazione giuridica soggettiva del ricorrente come interesse legittimo non riguarda la domanda proposta, bensì la situazione giuridica relativa al comportamento dovuto dalla P.A., diversa dal Comune, che risulta preliminare rispetto all’insorgenza a favore della ricorrente del diritto soggettivo che è stato oggetto dell’azione esercitata davanti all’A.G.O 5. Conclusivamente il ricorso viene rigettato, con ogni conseguenza in ordine alle spese. P.Q.M. 1. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese liquidate in Euro 2.200,00, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge. 2. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.