Il giudizio di divisione endoesecutiva: natura, inquadramento sistematico e modalità di introduzione

La interessante e completa spiegazione della Cassazione sulla qualificazione del giudizio divisionale endoesecutivo come esito normale della procedura di espropriazione di beni indivisi e gli effetti che ne conseguono.

Sul tema la sentenza n. 20817/18, depositata il 20 agosto. La vicenda. Accadeva che, durante l'esecuzione immobiliare intentata da un istituto di credito contro il cespite in contitolarità di due propri debitori, veniva venduta in sede fallimentare la quota della metà spettante ad uno dei due in quanto dichiarato fallito. Alla luce di ciò il giudice dell'esecuzione disponeva giudizio di divisione endoesecutiva, con ordine di contestuale iscrizione a ruolo entro termine fisso di un atto di citazione complessivo previamente da notificare alle ‘controparti’ per introdurre validamente il detto processo nonché con contestuale fissazione della data dell'udienza sia per il giudizio di divisione sia per la prosecuzione del processo esecutivo. Il creditore procedente nel giudizio esecutivo l’istituto di credito notificava all'odierna ricorrente in Cassazione rappresentata dalla società che aveva acquistato in sede fallimentare la quota del 50% di uno dei debitori esecutati l'atto di citazione presso lo studio del suo avvocato, tanto è vero che all'udienza fissata davanti al giudice esecutivo quest'ultimo compariva pur chiedendo un rinvio ex art. 180 c.p.c., opponendosi alla divisione. Dal proprio canto l'avvocato del creditore depositava la prova della notifica dell'avviso ma non anche quello dell'atto di citazione sicché, il giudice esecutivo in assenza di verosimili prove di ottemperanza al primo ordine impartiva nuovamente la notifica fissando altro termine e nuova prima udienza. Il creditore, però, non dava corso alla seconda notifica. All'udienza in sede cognitiva endoesecutiva il giudizio veniva rinviato un paio di volte, senza comunicazione alle parti che vi avrebbero dovuto figurare come costituite, fino a giungere all'udienza nella quale veniva pronunciata sentenza non definitiva, con dichiarata contumacia della odierna ricorrente in cassazione, di scioglimento della comunione. Inquadramento sistematico del giudizio di divisione endoesecutiva. Ci muoviamo nel campo della divisione disposta nel corso di un processo di espropriazione di beni indivisi al fine di far cessare lo stato di comunione e poter predisporre in sede esecutiva della sola quota, in natura oppure in denaro, attribuita al debitore-condividente forzoso. In altre pronunce, gli Ermellini hanno avuto modo di puntualizzare che questo tipo di giudizio di cognizione è divenuto ormai lo sviluppo normale di ogni procedura espropriativa avente ad oggetto una mera quota in tal senso, infatti, depone il nuovo testo del capoverso dell'art. 600 c.p.c. modificato dal d.l. n. 35/2005, convertito con modificazioni nella l. n. 80/2005. Ed, anzi, il suo collegamento funzionale con il processo esecutivo, già indiscusso in precedenza, è oggi sottolineato proprio dalla previsione del novello art. 181 delle disposizioni di attuazione del c.p.c., in base a cui tale giudizio di divisione, pur restando indiscutibilmente un ordinario giudizio di cognizione, si svolge dinanzi al medesimo giudice dell'esecuzione ovviamente in funzione di giudice istruttore civile della procedura esecutiva, contestualmente sospesa in attesa della liquidazione della quota del debitore esecutato. Si configura, in questo caso, notoriamente una ipotesi di competenza funzionale e, quindi, da qualificarsi non derogabile. Per tali motivi si può riconoscere che la riforma non ha inciso sulla struttura e sulla funzione del giudizio in questione, del quale ha -in sostanza meglio precisato alcuni aspetti formali e procedimentali. La finalità di una divisione endoesecutiva è, di tutta evidenza, quella di consentire di procedere esecutivamente su di un bene in proprietà esclusiva, sia esso identificato ancora in natura oppure ormai liquidato e quindi trasformato nel suo equivalente in denaro. Nel primo caso, per la conclamata migliore appetibilità sul mercato di un bene in proprietà esclusiva rispetto a una semplice quota, l'acquisto della quale obbligherebbe l'eventuale acquirente ad una contitolarità di diritti, i rischi e le complicazioni da questa derivanti e l'onere di un successivo giudizio di scioglimento della medesima. Nel secondo caso, per la maggior utilità della prosecuzione del processo esecutivo su beni fungibili per definizioni quale è il denaro. Tutti questi effetti, tra cui anche quello della liquidazione del bene quindi della definitiva perdita di qualsiasi diritto su di esso , sono imposti al ‘contitolare-non debitore’ in dipendenza delle vicende di altro contitolare e, quindi, senza alcuna diretta responsabilità personale o propria del primo, per l'evidente priorità della necessità nel soddisfacimento dei creditori. Viene riconosciuta a questi fini una eccezionale legittimazione al creditore procedente a provocare lo scioglimento della comunione. In conclusione, la Suprema Corte rileva che, da un lato, il giudizio di divisione endoesecutivo costituisce una parentesi di cognizione nell'ambito del procedimento esecutivo stesso, in quanto tale, pur restando autonomo, perché oggettivamente e soggettivamente distinto da questo, tanto da non poterne essere considerato né una continuazione né una fase. Dall'altro lato, permane una correlazione funzionale del giudizio di divisione endoesecutiva al processo esecutivo, uno dei cui effetti è stato riconosciuto, ad esempio, il mantenimento in capo al creditore esecutante della sua legittimazione ad agire in divisione fintanto che in capo a lui permanga la qualità di creditore. Secondo gli Ermellini il tenore letterale della disposizione rappresentata dall'art. 181 disp. att. c.p.c. per come modificato dalla legge del 2005, applicabile ai giudizi di divisione endoesecutiva a far data dal primo marzo 2006 non lascia dubbi sulla necessaria tendenziale sufficienza della ordinanza del giudice dell'esecuzione ai fini della valida celebrazione del giudizio di cognizione, in cui la divisione endoesecutiva si sostanzia. Basti pensare, tra l'altro, al fatto che nei confronti degli interessati non comparsi il contraddittorio è tecnicamente qualificato da ‘integrare’, con il che si dà per scontato che, nei confronti dei presenti, quello si è già instaurato con la pronuncia di quel provvedimento. E tale conclusione può essere solo armonizzata coi princípi generali in tema di non ufficiosità della domanda e di instaurazione del contraddittorio nel giudizio civile, a garanzia dei diritti dei peculiari litisconsorti necessari di un tale giudizio infatti, a questi deve intendersi riferita la norma quando impone il coinvolgimento di tutti gli interessati. Invero, devono essere ritualmente coinvolti, per il corretto avvio del giudizio di cognizione in cui si risolve anche la divisione endoesecutiva, non solo tutti i contitolari di diritti reali sul bene la cui quota è stata pignorata, compreso il debitore esecutato, ma anche i creditori del processo esecutivo ed eventuali intervenuti nonché i creditori iscritti e coloro che hanno acquistato diritti sull'immobile in virtù di atti soggetti a trascrizione e trascritti prima della trascrizione dell'atto di divisione o della trascrizione della domanda di divisione giudiziale. I princìpi di diritto enunciati dalla Cassazione. La qualificazione del giudizio divisionale endoesecutivo come epilogo della procedura di espropriazione di beni indivisi consente di ricostruire l'introduzione dello stesso giudizio come una ‘fattispecie a formazione progressiva’, che si compie oppure si conclude con l'ultimo degli atti su cui si articola. Indubbiamente, è con l'ordinanza del giudice dell'esecuzione, pronunciata all'udienza per la comparizione delle parti di tutti gli interessati, che questa fattispecie si completa. Ed è sempre l'ordinanza che di-spone il giudizio divisionale davanti allo stesso giudice, sia pure nelle vesti diverse di giudice della cognizione, tanto da essere quella stessa a dover essere notificata agli interessati non presenti all'udienza, pure fissata per la loro audizione. La conseguenza è che l'ordinanza del giudice deve contenere necessariamente tutti gli elementi se del caso anche solo integrativi rispetto al pignoramento che ben potrebbe essere richiamato per relationem indispensabili per l'introduzione della domanda giudiziale, tra cui quelli identificativi dell'oggetto e quindi del bene o dei beni immobili da dividere, completi dei dati indispensabili per la trascrizione della ordinanza stessa. L'ordinanza che dispone la divisione, solo pronunciata all'udienza di comparizione in sede esecutiva o all'esito dell'eventuale riserva a quella assunta, o anche notificata ai non presenti, individua necessariamente l'udienza di prima comparizione sensi dell'art. 183 c.p.c. del giudizio ordinario di cognizione in cui la divisione si risolve, con contestuale sospensione del processo esecutivo e fissazione del termine a comparire in 60 giorni, secondo quanto previsto dalla norma speciale in evidente prevalenza su quella generale ex art 163 bis c.p.c. . Nel tirare le fila di questa -ed ancora più ampia ricostruzione sistematica, gli Ermellini enunciano i seguenti principi di diritto a la divisione endoesecutiva, in quanto esito normale del processo di espropriazione di beni indivisi, è ritualmente introdotta con la pronuncia, se sono presenti tutti gli interessati, o con la notifica, nel caso non siano presenti tutti gli interessati all'udienza ex art. 600 c.p.c., della ordinanza del giudice dell'esecuzione che la dispone, siccome evento conclusivo della fattispecie a formazione progressiva in cui quella introduzione si risolve. Di conseguenza, ai fini della valida introduzione del giudizio di divisione endoesecutiva non è necessaria la separata notifica ed iscrizione a ruolo contenzioso civile di un distinto atto di citazione. Pur tuttavia, l'ordinanza del giudice dell'esecuzione che, ciononostante, oneri una parte della previa notifica ed iscrizione a ruolo di separata atto di citazione, se non opposta con la dimostrazione di una conseguente lesione del proprio diritto di difesa, non determina nullità e ad essa va prestata ottemperanza, sebbene non possono discendere conseguenze di definizione di rito deteriori per la parte onerata rispetto a quelle derivanti dall'inosservanza delle minori forme sufficienti. b inoltre, poiché il giudizio di divisione endoesecutiva è normale epilogo del processo di espropriazione di beni indivisi, la notifica dell'ordinanza che lo dispone di altro accadesse equipollente è eseguita legittimamente al procuratore di uno dei litisconsorti del giudizio che si sia già costituito nel processo esecutivo, in quanto il relativo mandato, purché non lo abbia in concreto escluso in modo espresso ed univoco, deve reputarsi validamente conferito anche ai fini dell'espletamento della difesa del conferente nel corso di quel normale sviluppo.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 13 luglio – 20 agosto 2018, n. 20817 Presidente/Relatore De Stefano Fatti di causa 1. Secondo quanto si ricava dal ricorso introduttivo, nel corso di una procedura espropriativa immobiliare intentata dinanzi al Tribunale di Roma - da Capitalia J.V. quale mandataria di Capitalia spa a sua volta mandataria di Trevi Finance 2 spa nei confronti di R.F. ed G.A.R. per un credito di Euro 229.224,90, sopravvenuto il fallimento del primo degli esecutati e resasi acquirente della quota dell’immobile staggito a lui spettante la Centro Cartotecnica srl per Euro 10.329,14, la procedura espropriativa individuale era proseguita nei confronti della sola G. , ma il giudice dell’esecuzione aveva valutato antieconomica la vendita della sola quota residua a lei spettante e disposto dunque la divisione ai sensi dell’art. 600 cod. proc. civ. e tuttavia, notificato dal creditore procedente il 04/09/2006 al difensore della Centro Cartotecnica srl - ed iscritto a ruolo il relativo atto di citazione, alla successiva ud. 07/12/2006, fissata sia quale prima udienza del conseguente giudizio che dinanzi al g.e., questi, non rinvenendo alcuna notifica dell’atto di citazione, aveva pronunciato ulteriore ordinanza per disporre nuovamente il giudizio di divisione, fissando altra prima udienza per il 19/06/2007 e previa anche in questo caso iscrizione a ruolo dell’atto introduttivo, da notificare entro il 15/03/2007 in tale contesto, il giudizio di divisione era però separatamente proseguito, senza che ivi si costituisse proprio la Centro Cartotecnica srl, tanto che in contumacia di questa e per non essere ivi stata proposta istanza di assegnazione ai sensi dell’art. 720 cod. civ., era stata pronunciata sentenza non definitiva 06/10/2008, n. 19433/08 di declaratoria di scioglimento della comunione. 2. Sempre stando al ricorso introduttivo, detta sentenza non definitiva era stata gravata di appello dalla comproprietaria Centro Cartotecnica srl sulla dedotta violazione del diritto di difesa per la duplicazione dell’ordinanza di divisione e l’illegittimità dello sviluppo del giudizio seguito alla prima - tra cui la mancata comunicazione dei differimenti dell’udienza - dinanzi all’inottemperanza alla seconda ordinanza, nonché sulla lamentata illegittimità della notifica dell’atto introduttivo ad essa litisconsorte necessaria presso lo studio del suo avvocato, anziché presso la sua sede, con violazione dei principi sull’autonomia del giudizio di divisione rispetto al processo esecutivo cui pure era preordinato. 3. E però la corte territoriale rigettò il gravame, ritenuto - quanto al secondo motivo - che la qualificazione del giudizio divisionale quale fase del processo esecutivo e la presenza comunque del suo difensore all’udienza fissata escludevano ogni lesione del diritto di difesa nella notifica del relativo atto introduttivo al detto difensore già costituito nel processo esecutivo, nonché - quanto al primo motivo che, pure riconosciuta la doverosità della comunicazione del rinvio delle udienze invece omessa, la mancata formulazione di conclusioni ed impugnazioni relative al merito della controversia determinavano l’inammissibilità del gravame. 4. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello, pubblicata il 19/05/2015 col n. 3105, ricorre oggi, con atto articolato su tre motivi e notificato dal 5 al 21/11/2015, la Centro Cartotecnica srl avverso i quali non espleta attività alcuno degli intimati Trevi Finance 2 spa e per essa Unicredit Credit Management spa, quale mandataria di Unicredit spa G.A.R. R.F. Banca Nazionale del Lavoro spa Monte dei Paschi di Siena spa Servizio Riscossione Tributi . Ragioni della decisione 1. La ricorrente Centro Cartotecnica srl si duole - col primo motivo, di violazione del diritto di difesa e del principio di integrità del contraddittorio, di nullità del procedimento e di violazione degli artt. 165, 171, 307 co 1 e 2, 600 cod. proc. civ. in estrema sintesi prospettando l’alternativa tra la validità della prima delle ordinanze che avevano disposto la divisione e quella della seconda, con la conseguenza che, nel primo caso, l’iscrizione a ruolo doveva dirsi tardiva ed il processo estinto perché non riassunto ritualmente, mentre, nel secondo caso, all’ordine di iscrizione a ruolo di un secondo atto di citazione non era stata data ottemperanza - col secondo motivo, di violazione del diritto di difesa e del principio di integrità del contraddittorio, di nullità del procedimento e delle notifiche, nonché di violazione degli artt. 170 e 600 cod. proc. civ., attesa l’irritualità dell’introduzione del giudizio di divisione con notifica del suo atto introduttivo al difensore già costituito nel processo esecutivo, anziché alla parte di persona o comunque a prescindere dalla nomina ivi avvenuta - col terzo motivo, di violazione del diritto di difesa e dell’integrità contraddittorio, di nullità del procedimento e violazione degli artt. 156 e 159 cod. proc. civ. lamentando, in subordine, come in ogni caso la mancata comunicazione del rinvio avrebbe effettivamente impedito almeno la proposizione dell’istanza ex 720 cod. civ., imponendosi invece la rimessione al primo giudice. 2. Va premesso che l’andamento del processo esecutivo e della fase di introduzione del giudizio di divisione non è del tutto perspicuo, né in base a quanto risulta dal ricorso introduttivo, né secondo la sentenza qui gravata, né per quanto si ritrae alla disamina degli altri frammentari ed incompleti atti a disposizione di questa Corte e neppure potendo trarsi decisivo giovamento dal fascicolo di ufficio della causa di divisione, occorrendo piuttosto anche quello del processo esecutivo, di cui però non è sicuramente predicabile che possa liberamente ed automaticamente disporre il giudice della prima. 3. In particolare - l’esecuzione immobiliare intentata presso il Tribunale di Roma contraddistinta dal n. 96395 era stata intentata contro G.A.R. e R.F. ad istanza di Capitalia spa già Banca di Roma spa all’ud. 24/05/2006, venduta in sede fallimentare la quota della metà spettante al secondo in quanto dichiarato fallito, fu disposta l’iscrizione a ruolo entro il 30/09/2006 di un atto di citazione complessivo da previamente notificare alle controparti per introdurre validamente la divisione endoesecutiva, con contestuale fissazione dell’udienza del 07/12/2006 sia per il giudizio di divisione sia per la prosecuzione del processo esecutivo, con onere al creditore di dare avviso al comproprietario cioè all’odierna ricorrente a comparire a stessa udienza - il creditore procedente notificò all’odierna ricorrente presso lo studio dell’avvocato di questa, in data 04/09/2006, un atto di citazione ex art. 600 cod. proc. civ. - all’ud. 07/12/2006 davanti al g.e. comparve pure il procuratore dell’odierna ricorrente, il quale chiese rinvio ai sensi dell’art. 180 cod. proc. civ., opponendosi alla divisione, mentre quello del creditore depositò la prova della notifica di avviso ex art. 599 cod. proc. civ. ma non anche, evidentemente, dell’atto di citazione, senza neppure dedurre di averlo notificato ed iscritto a ruolo generale contenzioso sicché il g.e., verosimilmente in assenza di prove di ottemperanza al primo ordine, lo impartì di nuovo e fissò altro termine per notifica atto di citazione a debitore e creditori iscritti al 15/03/2007 ed altra prima udienza al 19/06/2007 - il creditore non diede corso alla seconda notifica - l’ud. 07/12/2006 in sede cognitiva endoesecutiva, in apparenza assegnata in origine a sezione diversa da quella cui spettavano per tabella i procedimenti esecutivi immobiliari, fu rinviata dapprima al 13/12/2006 e poi di ufficio al 02/05/2007, senza comunicazione alle parti che vi avrebbero dovuto figurare come costituite - nel giudizio di divisione endoesecutiva così seguito, all’esito dell’udienza 22/04/2008 fu pronunciata sentenza non definitiva n. 19433/08 in causa n. 60961/06 r.g. , notificata il 20/02/2009, con dichiarata contumacia della odierna ricorrente. 4. Pertanto, risulta che, dopo una prima ordinanza che disponeva la divisione con individuazione dell’udienza per la trattazione della relativa causa all’esito della disposta notifica di atto di citazione e conseguente iscrizione a ruolo contenzioso civile, la causa seguita a tale notifica ed iscrizione non era stata trattata a quella data, alla quale invece il giudice dell’esecuzione, davanti a cui il creditore non aveva fatto presente quelle circostanze ma il procuratore dell’odierna ricorrente era comparso chiedendo di procedersi ai sensi dell’art. 180 cod. proc. civ., aveva ritenuto di reiterare il proprio precedente provvedimento che disponeva notifica ed iscrizione a ruolo di apposito atto di citazione introduttivo del giudizio di divisione ed appare pure che la separata causa di cognizione seguita alla prima iscrizione a ruolo, non chiamata e rinviata a successiva udienza con provvedimento non comunicato alle altre parti per non risultarvi costituita proprio l’odierna ricorrente e comproprietaria per il 50% del dividendo bene staggito, era poi proseguita senza che vi prendesse parte quest’ultima, fino alla pronuncia di scioglimento della comunione, mentre il creditore non dava corso alla seconda ordinanza di divisione. 5. Alla disamina dei tre motivi di ricorso va premesso l’inquadramento sistematico del giudizio di divisione c.d. endoesecutiva, ovvero della divisione disposta nel corso del processo di espropriazione di beni indivisi al fine di far cessare lo stato di comunione e poter poi disporre in sede esecutiva della sola quota - in natura o in denaro attribuita al debitore, condividente forzoso ricordando che questa Corte ha già avuto modo di puntualizzare Cass. 18/04/2012, n. 6072, cui si riferiscono i successivi paragrafi fino al n. 10 che un tale giudizio di cognizione è divenuto ormai lo sviluppo normale di ogni procedura espropriativa avente ad oggetto una mera quota in tal senso deponendo - relegate ad un ruolo di assoluta eccezione le diverse soluzioni, oltretutto al ricorrere di specifiche e positivamente accertate situazioni di fatto - il nuovo testo del capoverso dell’art. 600 cod. proc. civ., sostituito dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35, art. 23, lett. e , convertito, con modificazioni, in l. 14 maggio 2005, n. 80. 6. Anzi, il suo collegamento funzionale con il processo esecutivo, già indiscusso in precedenza, è sottolineato oggi dalla previsione del novellato art. 181 disp. att. cod. proc. civ., in base alla quale - in forza del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, art. 23-ter, lett. f , convertito, con modificazioni, in I. 14 maggio 2005, n. 80 - tale giudizio di divisione, pur restando indiscutibilmente un ordinario giudizio di cognizione, si svolge dinanzi al medesimo giudice dell’esecuzione - in funzione, ovviamente, di giudice istruttore civile - della procedura esecutiva contestualmente sospesa in attesa della liquidazione della quota del debitore esecutato con la configurazione di un’ipotesi di competenza funzionale e, pertanto, da qualificarsi non derogabile. 7. E proprio per questo può riconoscersi che la riforma non ha inciso sulla struttura e sulla funzione del giudizio in questione, del quale ha in sostanza meglio precisato alcuni aspetti formali e procedimentali come già prima della riforma del 2006, invero, la finalità di una divisione endoesecutiva è, con tutta evidenza, quella di consentire di procedere esecutivamente su di un bene in proprietà esclusiva, sia esso identificato ancora in natura ovvero ormai liquidato e cioè trasformato nel suo equivalente in denaro e tanto, nel primo caso, per la conclamata migliore appetibilità sul mercato di un bene in proprietà esclusiva rispetto ad una semplice quota, l’acquisto della quale obbligherebbe l’eventuale acquirente ad una contitolarità di diritti, coi rischi e le complicazioni da questa derivanti e l’onere o il rischio di un successivo giudizio di scioglimento della medesima e, nel secondo, per la intuitivamente maggiore utilità della prosecuzione del processo esecutivo su beni fungibili per definizione, quali appunto il denaro. 8. Tali effetti - tra cui anche quello, molto grave e serio, della liquidazione del bene e cioè della definitiva perdita di qualsiasi diritto su quello come esistente in natura, benché quantitativamente limitato, su di esso - sono imposti al contitolare non debitore in dipendenza delle vicende di altro contitolare e quindi senza alcuna diretta responsabilità personale o propria del primo, per l’evidente priorità della necessità del soddisfacimento dei creditori e, in questo caso, di quelli dei contitolari. 9. Viene riconosciuta a questi fini un’eccezionale legittimazione al creditore procedente - o, vi è da ritenere, quanto meno all’interventore munito di titolo esecutivo - a provocare lo scioglimento della comunione non rilevando qui ulteriormente approfondire se egli agisca utendo iuribus debitoris o iure proprio pur apparendo, incidenter tantum, preferibile la seconda soluzione, così prospettandosi tale legittimazione del creditore quale ulteriore facoltà di soddisfacimento del credito riconosciutagli in via diretta ed immediata in considerazione della peculiare conformazione del patrimonio del debitore e quindi delle concrete modalità di estrinsecazione, possibili nella specie, della generale sua responsabilità patrimoniale generale di cui all’art. 2740 cod. civ. . 10. In conclusione, da un lato il giudizio di divisione in esame costituisce una parentesi di cognizione - vale a dire un procedimento incidentale consistente in un vero e proprio giudizio di cognizione - nell’ambito del procedimento esecutivo, in quanto tale restando autonomo, perché soggettivamente ed oggettivamente distinto da questo, tanto da non poterne essere considerato né una continuazione, né una fase per tutte Cass. 10/05/1982, n. 2889 Cass. 08/01/1968, n. 44 Cass. 12/10/1961, n. 2096 ai fini dell’individuazione dei rimedi esperibili avverso i singoli atti di quello Cass. 24/11/2011, n. 4499 Cass. sez. U 29/07/2013, n. 18185 Cass. ord. 29/12/2016, n. 27346 dall’altro lato, permane una correlazione funzionale del giudizio di divisione endoesecutiva al processo esecutivo, uno dei cui effetti è stato riconosciuto, ad esempio, il mantenimento, in capo al creditore esecutante, della sua legittimazione ad agire in divisione fintantoché in capo a lui permanga la qualità di creditore. 11. Sulla premessa di una tale ricostruzione occorre ora individuare le forme di introduzione del giudizio stesso, sul punto essendosi formate divergenti opinioni in dottrina e differenti prassi interpretative ed applicative dei giudici del merito ed a tal fine è preliminare la considerazione che, se il pignoramento di quota indivisa contiene già in sé ed in nuce l’eventualità dello sviluppo normale consistente nella causa di cognizione in cui la divisione endoesecutiva si risolve, tuttavia quest’ultima in tanto è ritualmente intentata in quanto un atto che possa darvi validamente corso sia, altrettanto ritualmente, formato e portato a conoscenza di tutti coloro che avrebbero diritto a prendervi parte. 12. Al riguardo, la disciplina positiva è dettata dall’art. 181 disp. att. cod. proc. civ., come modificato dall’art. 2, comma 3-ter, lett. f , del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif. dalla l. 14 maggio 2005, n. 80, applicabile ai giudizi di divisione endoesecutiva a far tempo dal 1 marzo 2006 ai sensi del comma 3-sexies del detto d.l., come modificato dal comma 1 dell’art. 39-quater del d.l. 30 dicembre 2005, n. 273, conv. con modif. dalla l. 23 febbraio 2006, n. 51 disposizione a mente della quale il giudice dell’esecuzione, quando dispone che si proceda a divisione del bene indiviso, provvede all’istruzione della causa a norma degli articoli 175 e seguenti del codice, se gli interessati sono tutti presenti tuttavia ed invece, se gli interessati non sono tutti presenti, il giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza di cui all’articolo 600, secondo comma, del codice, fissa l’udienza davanti a sé per la comparizione delle parti, concedendo termine alla parte più diligente fino a sessanta giorni prima per l’integrazione del contraddittorio mediante la notifica dell’ordinanza . 13. Ora, nonostante l’adozione di una successiva e distinta notifica di un atto di citazione, in regola con le prescrizioni dell’art. 163 cod. proc. civ. e munito dei requisiti formali miranti a garantire le esigenze di pubblicità con la trascrizione prima fra tutti la compiuta descrizione del bene pignorato , sia effettivamente più in linea con l’esigenza di un’ordinata tutela del contraddittorio, il tenore testuale della norma, evidentemente ispirato a quella deformalizzazione generalizzata e progressiva che costituisce la ratio delle riforme del processo esecutivo succedutesi fin dal 2006, non consenta di suffragare un tale approdo ermeneutico. 14. In altri termini, il tenore letterale della disposizione non può lasciare dubbi sulla necessaria tendenziale sufficienza dell’ordinanza del giudice dell’esecuzione ai fini della valida celebrazione del giudizio di cognizione in cui la divisione endoesecutiva si sostanzia basti pensare, tra l’altro, al fatto che, nei confronti degli interessati non comparsi, il contraddittorio è tecnicamente qualificato da integrare , con il che si dà per scontato che, nei confronti dei presenti, quello si è già instaurato appunto con la pronuncia di quel provvedimento e tale conclusione può essere solo armonizzata - ma non in loro nome stravolta o superata - coi principi generali in tema di non ufficiosità della domanda e di instaurazione del contraddittorio nel giudizio civile, a garanzia dei diritti dei peculiari litisconsorti necessari di un tale giudizio infatti, a questi deve intendersi riferita la norma quando impone il coinvolgimento di tutti gli interessati. 15. Devono invero essere ritualmente coinvolti, al fine del corretto avvio del giudizio di cognizione in cui si risolve anche la divisione endoesecutiva, non solo tutti i contitolari di diritti reali sul bene la cui quota è stata pignorata, compreso quindi il debitore esecutato, ma pure i creditori del processo esecutivo - procedente ed eventuali intervenuti - intentato contro quest’ultimo, nonché i creditori iscritti non solo quali titolari di diritti di garanzia contro il debitore, ma, per l’effetto purgativo che discenderebbe dalla vendita in sede divisionale, anche quelli titolari di garanzia contro i comproprietari o contitolari e coloro che hanno acquistato diritti sull’immobile in virtù di atti soggetti a trascrizione e trascritti prima della trascrizione dell’atto di divisione o della trascrizione della domanda di divisione giudiziale secondo quanto recita il terzo comma dell’art. 1113 cod. civ. . 16. Ancora una volta la qualificazione del giudizio divisionale endoesecutivo quale epilogo o esito normale della procedura di espropriazione di beni indivisi consente di ricostruire l’introduzione di quel giudizio come una fattispecie a formazione progressiva, che si compie o conclude appunto con l’ultimo degli atti su cui si articola. 17. Non possono infatti, di per sé isolatamente e ciascuno considerato, essere sufficienti - né l’atto di pignoramento, il quale può ben costituire integrato com’è stato poi dall’istanza di vendita, indispensabile presupposto processuale per la rituale prosecuzione di ogni processo esecutivo ed idoneo impulso per il suo sviluppo normale in relazione alla disciplina sua propria dipendente dal suo oggetto la quota indivisa , costituito appunto salva l’eccezionale ricorrenza di ipotesi alternative, da verificare come deviazione dalla norma dal giudizio divisionale - l’atto di parte contenente l’impulso o la domanda a tal fine, per il caso con una sorta di funzionalizzazione implicita o comunque ope legis in cui lo sviluppo del processo esecutivo renda inevitabile il normale epilogo della divisione - né il semplice avviso ai creditori iscritti od ai comproprietari che la giurisprudenza di questa Corte continua a ritenere non indispensabili ai fini della valida prosecuzione del processo, salva la responsabilità verso i primi - tra molte, Cass. 27/08/2014, n. 18336 - e la non opponibilità ai secondi - fin dalla pure remota Cass. 17/06/1985, n. 3648 - dell’esito del processo esecutivo , che si risolvono soltanto appunto in una comunicazione di pendenza, in un caso per sollecitare la valutazione se esercitare alcune facoltà e nell’altro per ammonire a non esercitarne altre, ove se ne volessero conseguire effetti opponibili - né ancora l’ordinanza del giudice, che si limita - con funzione lato sensu dichiarativa - a dare atto della non ricorrenza delle eccezioni a tale esito disegnato come normale, disponendo per la concreta sua celebrazione con la fissazione della relativa udienza. 18. Indubbiamente, però, è con l’ordinanza del giudice dell’esecuzione, pronunciata all’udienza per la comparizione delle parti e di tutti gli interessati, che questa fattispecie si completa ed è l’ordinanza che dispone il giudizio divisionale davanti allo stesso giudice, sia pure nelle diverse vesti di giudice della cognizione, tanto da essere quella stessa - e null’altro, stando alla lettera della disposizione codicistica - a dovere essere notificata agli interessati non presenti all’udienza pure fissata per la loro audizione. 19. La conseguenza è che l’ordinanza del giudice deve contenere necessariamente tutti gli elementi - se del caso anche solo integrativi rispetto al pignoramento, il quale ben potrebbe esservi richiamato per relationem, ovvero con riepilogo dei dati contenuti in quello ed in eventuali altri atti del processo - indispensabili per l’introduzione della domanda giudiziale, tra cui quelli identificativi dell’oggetto e cioè del bene o dei beni immobili da dividere, completi dei dati indispensabili per la trascrizione dell’ordinanza stessa. 20. L’ordinanza che dispone la divisione, solo pronunciata all’udienza di comparizione in sede esecutiva o all’esito dell’eventuale riserva a quella assunta, allora da comunicarsi alle parti costituite o anche notificata ai non presenti , individua poi necessariamente l’udienza di prima comparizione, ai sensi dell’art. 183 cod. proc. civ., del giudizio ordinario di cognizione in cui la divisione si risolve, con contestuale sospensione del processo esecutivo e fissazione del termine a comparire in sessanta giorni, secondo quanto previsto dalla norma speciale in evidente prevalenza su quella generale di cui all’art. 163-bis cod. proc. civ. . 21. Una tale udienza di prima comparizione è tenuta poi dal medesimo giudice dell’esecuzione, ma nella veste di giudice istruttore civile e con riguardo ad essa vanno per legge - cioè, anche in difetto di specifiche previsioni o contenuti degli atti adottati o notificati - calcolati i termini a ritroso per tutte le parti per proporre domande riconvenzionali od espletare le attività difensive riservate a quelle tra loro che sono diverse dall’attore in senso tecnico, quest’ultimo da identificarsi ovviamente nel creditore pignorante della quota indivisa. 22. Ancora, sarà a tale prima udienza che il giudice - già dell’esecuzione, ma ormai nella funzione di giudice istruttore civile - verificherà anche di ufficio la completezza degli elementi indispensabili per la rituale instaurazione del contraddittorio, tra cui, se del caso, quelli previsti dall’art. 164 cod. proc. civ. a pena di nullità dell’atto introduttivo di lite, quest’ultimo inteso come la descritta fattispecie a formazione progressiva, ovvero la combinazione degli atti di parte e del giudice stesso - con cui si è instaurato il giudizio di cognizione divisionale. 23. Non deve essere di ostacolo l’adempimento, meramente amministrativo Cass. 30/05/2014, n. 12266, oppure Cass. 23/03/1995, n. 3383 inidoneo ad incidere sulla pendenza della lite, già ex se sussistente Cass. 09/04/1952, n. 975 e perfino quando previsto espressamente dalla norma, come nel caso dell’art. 618 cod. proc. civ. Cass. 31/08/2015, n. 17306 Cass. ord. 09/03/2017, n. 6056 , dell’iscrizione a ruolo a tanto dovendo comunque provvedere la parte più diligente in tempo utile per la celebrazione della prima udienza, se del caso in base anche alla sola ordinanza e pure se questa non lo stabilisca specificamente, ma senza che un’eventuale omissione possa condizionare, tanto meno in punto di mero rito, l’avvio del giudizio di cognizione e salva - beninteso ogni attività ufficiosa di recupero di quanto dovuto, anche a titolo di contributo unificato, nei confronti degli obbligati inadempienti. 24. Non è in questa sede venuta in considerazione - ed esula quindi dall’oggetto della controversia - l’ulteriore questione della natura del termine fissato dal giudice e degli effetti della non ottemperanza al suo ordine può solo allora notarsi che, poiché si tratta di integrare il contraddittorio nei confronti di soggetti qualificati come litisconsorti necessari, dovrebbe poter trovare applicazione l’art. 102 cod. proc. civ. e, in particolar modo, il suo capoverso, secondo il quale il relativo termine va qualificato perentorio, con l’ulteriore conseguenza della applicazione dell’art. 307 cod. proc. civ., commi terzo e quarto. 25. E, com’è noto, la giurisprudenza di questa Corte è da tempo - in modo ineccepibile - nel senso che all’estinzione del giudizio di divisione endoesecutiva consegue quella del processo esecutivo cui quello è funzionalmente collegato Cass. 08/01/1968, n. 44 poiché questo non può essere proseguito né rimanere indefinitamente sospeso, in attesa di un evento - quale l’inserimento e l’utile esperimento del giudizio cognitivo di divisione nell’ambito dell’esecuzione come mezzo indispensabile al fine del suo espletamento che non può più verificarsi. 26. Ma una tale ricostruzione esclude pure il fondamento di un provvedimento del giudice dell’esecuzione che oneri la parte più diligente della separata notifica ed iscrizione a ruolo di un atto di citazione distinto adempimento sovrabbondante rispetto alla lettera della legge, se non inutilmente ridondante in un aggravamento secco - ma senza base normativa evidente - della posizione processuale degli effettivi interessati al giudizio divisionale e cioè, assai verosimilmente, dei creditori o almeno del procedente . 27. Al tempo stesso, se tale soluzione non è sorretta da valida base legale, ove in concreto adottata e non opposta ma, in tal caso, pur sempre con la prospettazione di una concreta violazione del diritto di difesa , essa vincola coloro cui è destinata e non può che essere rispettata. 28. Solo, l’imposizione di una forma maggiore, quale la notifica dell’atto di citazione, rispetto a quella più agile consentita dalla legge vitiatur sed non vitiat, cioè non rende affatto invalida l’instaurazione del giudizio, poiché non se ne possono far discendere decadenze o conseguenze negative peculiari e proprie del sistema prescelto, che non si sarebbero verificate ove la forma adottata fosse stata quella invece ritenuta sufficiente e legittima della mera notifica, se del caso con integrazione, dell’ordinanza del g.e. che dispone la divisione . 29. Pertanto, il provvedimento del g.e. che quella separata notifica di distinto atto di citazione disponga, benché privo di base normativa, non è di per sé solo o in linea di principio idoneo a ledere il diritto di difesa di alcuno e, se non opposto in quanto tale da chi dimostri di avere interesse a dolersene, andrà rispettato, alla stregua di qualsiasi provvedimento giurisdizionale non ritualmente impugnato. 30. Del resto, sia pure ai fini della verifica dell’utile revocabilità dell’ordinanza che dispone la divisione, questa Corte ha già avuto modo di precisare Cass. 15/05/2014, n. 10653 che quella deve ritenersi avere avuto esecuzione quando sia stata notificata anche solo ad uno dei contraddittori necessari che non fosse stato presente all’udienza fissata ex art. 600 cod. proc. civ. in conformità a quanto prescritto dall’art. 181 disp. att. cod. proc. civ. , ovvero nei casi in cui alla prima udienza di comparizione gli interessati si siano costituiti con comparsa formulando le proprie domande ed eccezioni tali due momenti dovendo qualificarsi come irreversibile instaurazione di una valida azione di cognizione tra i soggetti così coinvolti, della quale il giudice dell’esecuzione non potrebbe allora più disporre. 31. Nel tirare le fila di questa ricostruzione sistematica, possono enunciarsi i seguenti principi di diritto la divisione endoesecutiva, in quanto esito normale del processo di espropriazione di beni indivisi, è ritualmente introdotta con la pronuncia - se sono presenti tutti gli interessati - o con la notifica - in caso non siano presenti tutti gli interessati all’udienza di cui all’art. 600 cod. proc. civ. - dell’ordinanza del giudice dell’esecuzione che la dispone, siccome elemento conclusivo della fattispecie a formazione progressiva in cui quell’introduzione si risolve di conseguenza, ai fini della valida introduzione del giudizio di divisione endoesecutiva non è necessaria la separata notifica ed iscrizione a ruolo contenzioso civile di un distinto atto di citazione e tuttavia l’ordinanza del giudice dell’esecuzione che, ciononostante, oneri una parte della previa notifica ed iscrizione a ruolo di separato atto di citazione, se non opposta con la dimostrazione di una conseguente lesione del proprio diritto di difesa, non determina nullità e ad essa va prestata ottemperanza, sebbene non possano discendere conseguenze di definizione in rito deteriori per la parte onerata rispetto a quelle derivanti dall’inosservanza delle minori forme sufficienti . 32. La funzionalizzazione intrinseca del giudizio di divisione al processo esecutivo comporta poi una costante interazione tra l’uno e l’altro, nonostante la persistente tendenziale autonomia e morfologica irriducibile differenza strutturale di un giudizio di cognizione rispetto ad un processo esecutivo e tanto non solo come nel caso deciso dalla richiamata Cass. 6072/12 quanto a legittimazione od interesse ad agire quanto meno in capo al creditore procedente o, viene qui da precisare, ad altro munito di titolo esecutivo e quindi titolare del potere di dare impulso al processo esecutivo , ma anche ad utile riferibilità delle attività processuali svolte nel secondo - dalle parti o nei confronti delle parti del processo esecutivo - anche al primo, ogniqualvolta le peculiarità del processo di espropriazione di beni indivisi implichino come immanenti gli sviluppi anche cognitivi cui quelle attività possono essere effettivamente rivolte o da cui debbono ritenersi presupposte. 33. Tale immanente funzionalizzazione ed il relativo vincolo teleologico costante tra giudizio divisionale endoesecutivo e processo di espropriazione di beni indivisi - a differenza di quanto accade per altre parentesi cognitive nel processo di esecuzione, quali le opposizioni, meramente eventuali e non già necessario sviluppo di detto processo, caratterizzate quindi da ben più marcata autonomia - devono comportare allora pure che la notifica dell’ordinanza all’interessato, se assente all’udienza di comparizione in sede esecutiva, possa bene essere effettuata al procuratore del litisconsorte necessario dell’instaurando giudizio di divisione, il quale sia già, per separate vicende del processo esecutivo, costituito per quell’interessato in qualità di parte o soggetto di quest’ultimo salvo il caso, forse solo di scuola, in cui dalla relativa procura non risulti in modo esplicito e non equivoco l’esclusione della rappresentanza proprio per quest’ultimo dovendo, in mancanza di limitazione dei relativi poteri, presumersi conferito il mandato a costituirsi nel processo di espropriazione di beni indivisi esteso di per sé anche al compimento di tutte le attività che normalmente conseguono a quelle espressamente menzionate e, quindi, anche a rappresentare la parte nel giudizio di cognizione divisionale che ne costituisce normale epilogo. 34. Pertanto, va fatta applicazione del seguente principio di diritto poiché normale epilogo del processo di espropriazione di beni indivisi è il giudizio di divisione endoesecutiva, la notifica dell’ordinanza che dispone quest’ultimo o di altro atto ad essa equipollente è eseguita legittimamente al procuratore di uno dei litisconsorti del giudizio che si sia già costituito nel processo esecutivo, in quanto il relativo mandato, purché non lo abbia in concreto escluso in modo espresso ed univoco, deve reputarsi validamente conferito anche ai fini dell’espletamento della difesa del conferente nel corso di quel normale sviluppo . 35. All’esito di tale ricostruzione, può esaminarsi il caso concreto, connotato dalla duplicazione delle ordinanze del giudice dell’esecuzione che hanno disposto la divisione. 36. Quanto al primo motivo di ricorso di violazione del diritto di difesa e del principio di integrità del contraddittorio, di nullità del procedimento e di violazione degli artt. 165, 171, 307 co 1 e 2, 600 cod. proc. civ. , nonostante la sostanziale inutilità della disamina del fascicolo di ufficio che potrebbe non comprendere necessariamente anche il fascicolo del processo esecutivo, a dispetto della rimarcata funzionalizzazione, ma in dipendenza del grado residuale di autonomia del giudizio di cognizione rispetto all’altro e delle altre produzioni della ricorrente, va notato preliminarmente come sia pacifico che, all’esito di ottemperanza alla prima delle due ordinanze di divisione ad opera del creditore con iscrizione - benché tardiva - a ruolo del relativo atto di citazione, sia comparso proprio il difensore della odierna ricorrente, che ha chiesto di procedere ai sensi dell’art. 180 cod. proc. civ., così evidentemente difendendosi nel merito della divisione endoesecutiva v. verbale dell’udienza del 07/12/2006 . 37. Tanto rende priva di rilevanza ogni questione sulla validità od efficacia della seconda ordinanza di divisione, non solo perché resa su presupposti - la mancata ottemperanza alla prima - rivelatisi insussistenti, ma soprattutto in quanto era già stata sanata ogni eventuale nullità che va però esclusa, per l’infondatezza del secondo motivo, dovuta a quanto concluso al precedente punto 34 della notifica della citazione siccome operata al difensore già costituito, come pure ogni effetto della mancata riassunzione - per tardività di iscrizione a ruolo - entro i tre mesi, già soltanto perché il convenuto era comparso senza eccepirla Cass. ord. 17/02/2014, n. 3626 . 38. Quanto al secondo motivo di violazione del diritto di difesa e del principio di integrità del contraddittorio, di nullità del procedimento e delle notifiche, nonché di violazione degli artt. 170 e 600 cod. proc. civ., per la ritenuta irritualità dell’introduzione del giudizio di divisione con notifica del suo atto introduttivo al difensore già costituito nel processo esecutivo, anziché alla parte di persona o comunque a prescindere dalla nomina ivi avvenuta , basti qui richiamare quanto concluso al punto 34, con la conclusione dell’infondatezza del mezzo. 39. Anche il terzo motivo di violazione del diritto di difesa e dell’integrità contraddittorio, di nullità del procedimento e violazione degli artt. 156 e 159 cod. proc. civ., per la mancata rimessione al primo giudice e l’impedimento alla proposizione dell’istanza ex 720 cod. civ. è infondato l’esame diretto dell’atto di citazione in appello evidenzia come in esso non vi sia alcuna prospettazione delle conseguenze della lamentata irritualità nella non comunicazione del rinvio di ufficio, ma solo una generica ed indistinta lagnanza sulla compressione del diritto di difesa poiché però non può conseguire mai la mera rimessione al primo giudice nemmeno all’omessa comunicazione di un rinvio di ufficio Cass. 25628/13 Cass. 1073/09 Cass. 12724/95 , la decisione qui gravata finisce con l’essere conforme a diritto tra le altre, v. Cass. sez. U. 12541/98 e altre , perché - come si evince dall’esame diretto del medesimo, consentito per la natura del vizio denunciato nell’atto di gravame è mancata la deduzione invece necessaria Cass. 3740/80 delle - benché pure evidenti od intuibili - attività impedite, tra cui la possibilità di proporre istanza ex art. 720 cod. civ., mancata deduzione che è stata - dopo essere stata rilevata proprio dalla sentenza appellata - posta poi a base della declaratoria di inammissibilità del dispiegato appello. 40. In definitiva, il ricorso va rigettato, ma non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, per non avervi svolto attività difensiva alcuno degli intimati. 41. Tuttavia, va dato atto - in difetto di discrezionalità al riguardo tra le prime Cass. 14/03/2014, n. 5955 tra innumerevoli altre Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245 della sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 13, co. 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, co. 17, della I. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito. P.Q.M. rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.