Mancato accantonamento della somma nel piano di riparto: senza titolo esecutivo al creditore la prova del danno

In caso di pluralità di creditori, in applicazione dei principi disposti dagli artt. 510 e 596 c.p.c., il progetto di distribuzione deve essere redatto come se anche il credito accantonato fosse legittimamente concorrente, anche se l’effettiva distribuzione della somma che sarebbe spettata per quella ragione deve essere sospesa in attesa della formazione del titolo esecutivo ad esso relativo.

Prosegue la Corte di Cassazione con ordinanza n. 19176/18 depositata il 19 luglio, sottolineando che, in sostanza, si deve formare un piano di riparto che comprenda anche la ragione di credito non titolata” e poi occorre distribuire le somme ai creditori per i quali non vi sono ragioni di accantonamento ed infine, decorso il termine di tre anni ex art. 510, comma 3, c.p.c., il creditore si vedrà assegnata la somma prevista nel piano di riparto qualora abbia conseguito il titolo esecutivo. Con la pronuncia del 19 luglio 2018, n. 19176, il S.C. interviene sull’interpretazione sistematica di alcune disposizioni del codice di rito che regolano la fase di distribuzione del ricavato, stabilendo l’obbligo di accantonare le somme anche se relative a ragioni non munite di titolo esecutivo. Il caso. La vicenda trae origine dall’azione di risarcimento del danno promossa dal creditore in una procedura esecutiva per non essersi visto accantonato la somma rivendicata nel piano di riparto dai delegati alla vendita, in assenza di un titolo esecutivo e comunque contrariamente a quanto previsto dalla legge. Rigettata in primo grado ed accolta in appello, secondo la corte territoriale sussisterebbe una responsabilità dei delegati alla vendita per tale mancato accantonamento. Per contro, il S.C. precisa che, fermo l’errore – riconosciuto dagli stessi delegati – spetterebbe al creditore provare, di fatto, il danno subito, posto che lo stesso ben avrebbe potuto intervenire nella procedura in fase di distribuzione sulla base del titolo esecutivo successivamente formatosi. Rapporto tra art. 510 e 596 c.p.c. accantonamento della somma e titolo esecutivo. Preliminarmente, la Cassazione precisa che, nell’ambito della fase di distribuzione delle somme nei vari procedimenti esecutivi disciplinati dal codice di rito, è rintracciabile una medesima ratio in ordine alla necessità di accantonare somme se riferibili a ragioni anche non munite di titolo esecutivo. In particolare, il S.C. precisa che la fattispecie ex art. 510 c.p.c. costituisce espressione di un principio generale, ma non fornisce la garanzia di realizzo dell’ammontare del credito accantonato in attesa della formazione del titolo esecutivo, potendo intervenire, nel frattempo, nella medesima procedura, creditori più titolati che non perdono affatto, in ragione dell’accantonamento, la migliore collocazione nella gradazione del titolo. Accantonamento e pignoramento presso terzi. Analogamente a quanto in precedenza riferito, il S.C. chiarisce che, ove l’intervento venga effettuato in una espropriazione presso terzi, l’art. 551 c.p.c., rinviando agli artt. 525 e ss. c.p.c., consente di ritenere che sia applicabile, anche in tale procedimento, la disciplina generale di cui all’art. 510 c.p.c., sopra illustrata. Accontamento anche per i creditori muniti di titolo esecutivo revocato. Nel processo di esecuzione, in applicazione analogica degli artt. 499, ultimo comma, 510 c.p.c., in sede di distribuzione del ricavato, deve essere disposto l'accantonamento a favore dei creditori intervenuti in base ad un titolo esecutivo che sia stato successivamente revocato. Revoca ordinanza distribuzione fino a quando? A conclusione delle necessarie premesse in tema di distribuzione della somma nelle procedure esecutive, la Cassazione si esprime nel senso che è ammissibile la revoca del progetto di distribuzione di cui all'art. 596 c.p.c. fino a quando esso non abbia avuto esecuzione, ai sensi dell'art. 487 del medesimo codice, vale a dire finché il cancelliere non abbia emesso i mandati di pagamento e questi non siano stati riscossi. Mancato accontamento e danno. Fermi i principi di cui sopra, il S.C., a definizione del caso di specie, attesa l’esistenza di un altro creditore privilegiato, precisa che la sentenza di appello è errata nell’aver considerato quale termine perentorio la distribuzione parziale del ricavato e, soprattutto, nell’aver considerato il mancato accantonamento una sorta di danno in re ipsa. Per contro, ben altri creditori avrebbe potuto intervenire nel periodo di tre anni di definizione del titolo esecutivo, con ciò riducendo la spettanza del creditore istante, anche fino a farla esaurire. Di conseguenza, il S.C. accoglie il ricorso rimettendo alla Corte territoriale la valutazione dell’effettivo danno subito dal creditore che non si è visto accantonare la somma ma che avrebbe potuto, in ogni caso, intervenire nella procedura sulla base del titolo maturato successivamente.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 23 aprile – 19 luglio 2018, n. 19176 Presidente Travaglino – Relatore Di Florio Fatto e diritto Ritenuto che 1. P.H. e V.S. ricorrono, affidandosi a tre motivi illustrati anche con memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Bolzano che, riformando la pronuncia del Tribunale, aveva parzialmente accolto la domanda proposta da S.K. volta ad accertare la colpa professionale dei ricorrenti - consistente nella omessa presentazione della domanda di accantonamento nelle procedure esecutive delle quali erano stati officiati a seguito di un lungo e complesso contenzioso nei confronti di una società - con condanna al risarcimento dei conseguenti danni. 2. Gli intimati hanno resistito S.K. ha illustrato il controricorso anche con memoria. 3. La compagnia di assicurazione ha proposto, altresì, ricorso incidentale condizionato affidato a quattro motivi, depositando anche memoria ex art. 380bis cpc. Considerato che 1. Sul ricorso principale. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono, ex art. 360 n 3 cpc la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, per errata interpretazione degli artt. 528 e 551 cpc in relazione all’art. 510 cpc sulla tardività dell’intervento assumono che la Corte territoriale aveva errato nel ritenere che la richiesta di accantonamento omessa avrebbe comunque garantito la partecipazione dello S. alla distribuzione delle somme ricavate rilevando che ciò avviene a seguito dell’udienza fissata ex art. 596 cpc in favore di tutti i creditori che nel frattempo si siano muniti di titolo esecutivo, la cui graduazione doveva essere comunque osservata, dovendosi con ciò escludere che l’accantonamento potesse garantire l’immediata soddisfazione del credito. 1.1. Assumono che la Corte, con la statuizione censurata a. aveva impropriamente definito come termine perentorio quello relativo alla distribuzione parziale conseguente all’accantonamento, equiparandola erroneamente alla distribuzione effettiva ed esauriente delle somme oggetto di esecuzione b. aveva erroneamente interpretato il combinato disposto degli artt. 528, 551 e 510 cpc, argomentando sul collegamento fra le tre disposizioni in modo da equiparare impropriamente l’accantonamento alla distribuzione effettiva ed esauriente c. aveva omesso di riconoscere le somme relative ai compensi loro spettanti per le tre procedure svolte, comunque utili per lo sviluppo del procedimento esecutivo. 2. Con il secondo motivo ed il terzo motivo, i ricorrenti deducono, ex art. 360 n 5 cpc, l’omesso esame della polizza assicurativa e della sua retroattività in applicazione della clausola claims made lamentano altresì la violazione, ex art. 360 n 3 cpc, degli artt. 1218 e 2697 c.c. in relazione all’art. 1917 c.c assumendo che rispetto a tale norma era onere della compagnia di assicurazione provare i fatti estintivi/ostativi all’operatività della polizza che tale onere non era stato assolto e che, pertanto, erroneamente era stata esclusa la retroattività della copertura assicurativa che, garantita da un contratto stipulato nel 2008, era invece applicabile a tutti i sinistri denunciati e commessi a decorrere dal 1.1.2000, fra cui anche quello in esame. Contestano, infine, la statuizione che aveva escluso che non ci sarebbe stata la prova del danno relativamente all’esecuzione promossa nel 2008, ed assumono che la dimostrazione del pregiudizio fosse in re ipsa. 3. Sul ricorso incidentale condizionato degli Assicuratori dei Lloyd’s. Con il primo motivo, la ricorrente incidentale aderisce alla tesi del ricorrente principale deducendo l’erronea interpretazione, ex art. 360 n 3 cpc, degli artt. 528 e 551 cpc in relazione all’art. 510 cpc. Con il secondo motivo, deduce, ex art. 360 n 4 cpc, la nullità della sentenza per omessa motivazione rispetto all’assenza di sinistri pregressi. Con il terzo motivo, ex art. 360 n 4 cpc, deduce l’omessa pronuncia sull’eccezione sollevata secondo cui che la polizza assicurativa era a secondo rischio chiedendo, in relazione a ciò che, nel caso accoglimento del ricorso principale, questa Corte pronunci ex art. 384 co 2 cpc. Con il quarto motivo, infine, viene dedotta, ex art. 360 n 4 cpc l’omessa pronuncia sui limiti di operatività della polizza e cioè sulla franchigia e la conseguente nullità della sentenza. 4. Il primo motivo del ricorso principale è fondato ed assorbe gli altri nonché i motivi del ricorso incidentale condizionato. Questa Corte ha affermato il principio generale, valido anche per il caso in esame, secondo il quale in tema di espropriazione immobiliare, è ammissibile la revoca del progetto di distribuzione di cui all’art. 596 cod. proc. civ. fino a quando esso non abbia avuto esecuzione, ai sensi dell’art. 487 del medesimo codice, vale a dire finché il cancelliere non abbia emesso i mandati di pagamento e questi non siano stati riscossi . cfr. Cass. 23993/2012 Cass. 9285/2012 . 4.1. Tanto premesso, pacifico l’errore professionale dei ricorrenti da loro stessi ammesso cfr. pag. 15 del ricorso, punto 23 consistente, per ciò che interessa in questa sede, nell’omessa richiesta di accantonamento al momento della distribuzione nella procedura esecutiva avviata nel 2006 dall’avv.to Zonin sull’importo residuo del ricavato d’asta sottoposto a sequestro su ricorso promosso da loro stessi nell’interesse dello S. , con esercizio del diritto che l’art. 510 riconosce al creditore sequestrante , si rileva che l’interpretazione della Corte territoriale risulta erronea nell’aver ritenuto che cfr. pag. 24 sentenza impugnata a. intervenendo nell’esecuzione presso terzi che l’avvocato Zonin nell’anno 2006 aveva avviato contro Costruzioni SaDi Srl, l’appellante creditore sequestrante S. avrebbe potuto consolidare il diritto all’accantonamento della somma pignorata, per quanto di ragione, dimostrando la pendenza del giudizio di merito che era stato da lui promosso e chiedere l’assegnazione del termine massimo di tre anni per munirsi del titolo esecutivo b. poiché tale giudizio già nel 2008 quindi nel triennio previsto dall’art. 510 cpc si è concluso con sentenza esecutiva che condannava Sadi Srl a pagargli Euro 343.443,84 oltre interessi e spese, è evidente che egli avrebbe potuto ottenere l’assegnazione dell’intera somma residuata dopo il pagamento dell’avv.to Zonin, creditore procedente e privilegiato che agiva per soddisfare crediti professionali c. nessun ammissibile intervento avrebbe potuto essere spiegato in quell’esecuzione, sicché l’appellante S. non avrebbe subito il concorso di altri eventuali creditori , omettendo, tuttavia, di dar conto della collocazione degli altri intervenuti privilegiati e non , descritti solo genericamente nella motivazione nella quale non viene affrontato il problema della trasponibilità del principio nell’espropriazione presso terzi. 5. Si osserva, al riguardo, che la fattispecie prevista dall’art. 510 co 2 cpc, nella formulazione novellata dalla L. 51/2006, costituisce un principio di carattere generale ma non fornisce la garanzia di realizzo dell’ammontare del credito accantonato in attesa della formazione del titolo esecutivo, potendo intervenire nel frattempo, nella medesima procedura, creditori più titolati che non perdono affatto, in ragione dell’accantonamento, la migliore collocazione nella graduazione del loro titolo. La distribuzione prevista dall’art. 596 cpc è speciale rispetto a quella disciplinata dall’art. 510 cpc ma non la innova affatto. In caso di pluralità di creditori, il progetto di distribuzione o piano di riparto deve essere redatto come se anche il credito accantonato fosse legittimamente concorrente, anche se l’effettiva distribuzione della somma che sarebbe spettata per quella ragione deve essere sospesa in attesa della formazione del titolo esecutivo ad esso relativo. In sostanza, si deve formare un piano di riparto che comprenda anche la ragione di credito ancora non titolata poi occorre distribuire le somme ai creditori per i quali non vi sono ragioni di accantonamento ed infine, decorso il termine di i tre anni previsto dall’art. 510 co. 3 cpc, il creditore accantonato si vedrà assegnata la somma prevista nel piano di riparto ove abbia conseguito il titolo esecutivo in caso contrario la somma sarà redistribuita tra gli altri creditori. Il piano di riparto deve, cioè, essere redatto e comprendere una quota virtuale, assegnabile solo per il caso di esito positivo dell’attività di formazione del titolo esecutivo. Ove l’intervento venga effettuato in una espropriazione presso terzi, l’art. 551 cpc, rinviando agli artt. 525 e seguenti cpc per la regolamentazione dell’intervento degli altri creditori, consente di ritenere che sia applicabile sia la disciplina contenuta nell’art. 528 cpc sia il generale rinvio di tale norma all’art. 510 cpc, nella versione ratione temporis applicabile. 6. Poiché, nel caso di specie, risulta l’esistenza di un altro credito privilegiato oltre a quello dell’avv.to Zonin nonché quella di altri creditori cfr. pag. 15 e 15 ricorso, par. 25 , la valutazione della Corte territoriale sopra riportata risulta erronea sia nella definizione dell’esistenza del termine perentorio coincidente con la distribuzione parziale del ricavato, sia nelle conseguenze che da ciò vengono tratte rispetto all’utilità delle procedure intentate e, conseguentemente, alla sussistenza della responsabilità professionale dei difensori incaricati. 7. Dall’accoglimento della censura in esame deriva la necessità di rivalutare l’intera controversia al fine di verificare quale sia l’effettivo danno subito dallo S. e, conseguentemente, quali siano le procedure esecutive per le quali, in relazione alle spese legali, possa essere accolta la domanda riconvenzionale dei ricorrenti, rideterminato il loro eventuale credito professionale. 8. Gli altri motivi proposti rimangono logicamente assorbiti dall’accoglimento del primo motivo e dovranno essere rivalutati alla luce del nuovo esame, così come le censure proposte nel secondo, terzo e quarto motivo del ricorso incidentale condizionato. 9. La sentenza deve, pertanto, essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Bolzano in diversa composizione che dovrà riesaminare l’intera controversia alla luce del principio di diritto evidenziato al precedente par. 5, decidendo altresì in ordine alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso principale e dichiara assorbiti gli altri nonché il ricorso incidentale condizionato cassa al sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Bolzano in diversa composizione per il riesame della controversia ed per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.