La Corte di Cassazione fa il punto sulle notifiche telematiche…e non solo

Qualora l’appello sia stato dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 348-bis codice di rito il termine per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 348-ter, comma 3, c.p.c., è quello di sessanta giorni previsto dall’art. 325, comma 2, codice di rito a decorrere dalla comunicazione – o dalla notificazione se precedente – dell’ordinanza che ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello. Solo nel caso in cui questa non sia stata comunicata né notificata, si applica il termine di decadenza di cui all’art. 327 c.p.c., con decorrenza dalla data di pubblicazione dell’ordinanza del Giudice d’Appello.

Questo è uno dei principi espressi dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 17020/18 depositata il 28 giugno. Gli Ermellini hanno poi affermato che quando il ricorso per cassazione è proposto, ai sensi dell’art. 348- ter codice di rito avverso la sentenza di primo grado il cui appello sia stato dichiarato inammissibile, l’art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., deve essere inteso nel senso che il deposito deve avere ad oggetto non solo copia autentica della sentenza di primo grado, contro cui si propone il ricorso, ma anche la relata di notificazione o la comunicazione dell’ordinanza di inammissibilità pronunciata dalla Corte d’Appello, poiché quest’ultima data o notificazione , e non dalla pubblicazione della sentenza di primo grado decorre il termine per l’impugnazione. Nel caso in cui l’ordinanza sia stata notificata a mezzo di posta elettronica certificata, il ricorrente deve depositare nella cancelleria della Corte di Cassazione copia analogica del messaggio ricevuto, nonché della relazione di notifica, previa attestazione di conformità di tali documenti analogici all’originale telematico. Chi propone ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, a norma dell’art. 348 ter , comma 3, c.p.c., è sollevato dall’onere di allegare la comunicazione – o la notificazione se antecedente – dell’ordinanza che ha dichiarato inammissibile l’appello, qualora il ricorso sia stato proposto entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza, poiché in tal caso non occorre dimostrare la tempestività dell’impugnazione. Qualora l’atto processuale sia originariamente formato su supporto digitale, per la sua notificazione telematica non occorre la sottoscrizione digitale richiesta solo per il deposito telematico dell’atto stesso all’ufficio giudiziario , né un’asseverazione di conformità all’originale necessaria solamente quando la copia informatica sia estratta per immagine da un documento analogico , essendo sufficiente che detto atto sia trasformato in pdf. Il Giudice d’appello investito da un’impugnazione principale e da una incidentale condizionata, può pronunciare l’inammissibilità di quella principale con ordinanza ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., dal momento che tale pronuncia è ostativa alla devoluzione in appello del capo della sentenza di promo grado impugnato dall’appellante incidentale condizionato. Il Giudice di merito deve motivare le ragioni per le quali si discosta dalle conclusioni del c.t.u. o quelle per le quali, in presenza di più consulenze d’ufficio con esiti diversi, abbia scelto una piuttosto che l’altra tuttavia il Giudice non ha l’onere di motivare dettagliatamente la decisione di aderire all’unica CTU disposta. La fattispecie. Nel caso in esame l’attrice aveva convenuto in giudizio il medico lamentando che l’intervento di mastoplastica addittiva aveva cagionato dei gravi difetti estetici idonei a compromettere la vita relazionale della paziente. Costituto in giudizio il medico aveva asserito di non essere responsabile in quanto l’attrice, dopo essere stata debitamente informata, aveva rifiutato la tecnica chirurgica suggerita dal professionista. Il Tribunale di prime cure rigettava la domanda mentre la Corte d’Appello dichiarava inammissibili il gravame ai sensi degli artt. 348-bis e 348-ter codice di rito. L’inammissibilità ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. e il ricorso per cassazione proposto ai sensi dell’art. 348 ter codice di rito. Qualora la parte intenda proporre ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., sebbene il ricorso per cassazione debba proporsi contro il provvedimento di primo grado, il ricorrente è tenuto a depositare anche la relata di notificazione dell’ordinanza che ha dichiarato inammissibile l’appello, poiché è da tale data che decorre il termine per l’impugnazione di legittimità. Nel caso in cui il provvedimento sia stato notificato telematicamente l’interessato deve depositare, nella cancelleria della Corte, copia analogica, con attestazione di conformità, del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto, nonché della relazione di notifica e del provvedimento impugnato allegati al messaggio. Omesso deposito della copia analogica della comunicazione telematica inviata dalla cancelleria. L’omesso deposito della copia analogia, con attestazione di conformità, del messaggio di posta elettronica ricevuto dalla cancelleria non determina l’improcedibilità del ricorso qualora l’impugnazione sia stata effettuata nel termine di sessanta giorni dalla pubblicazione del provvedimento con il quale la Corte d’Appello ha dichiarato l’inammissibilità del gravame ai sensi dell’art. 348-bis codice di rito. Ciò in quanto, a prescindere dalla data di comunicazione o notifica dell’ordinanza, il termine di cui all’art. 325, comma 2, codice di rito non è violato. Omessa sottoscrizione dell’atto notificato. La Corte di Cassazione, inoltre, ha avuto modo di affermare che la notifica del ricorso non sottoscritto digitalmente e quindi senza l’estensione pdf7m non ha come conseguenza la nullità della notifica stessa. D’altronde con provvedimento del 16 aprile 2014 sono state adottate le specifiche tecniche previste dall’art. 34 del d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, e tale documento impone unicamente alla parte che intenda notificare telematicamente l’atto di utilizzare il formato pdf senza alcuna obbligo di firma digitale. La sottoscrizione prescritta dall’art. 12 delle specifiche tecniche si riferisce solamente alla copia dell’atto da depositare. L’inammissibilità dell’appello principale e il destino di quello condizionato. A dire della Corte, il Giudice di gravame ben può statuire sulla inammissibilità dell’appello, anche qualora la parte appellata proponga appello incidentale, qualora quest’ultima domanda sia manifestamente sprovvista di ogni interesse nel caso di accoglimento della pronuncia di inammissibilità Nel caso in esame di trattava di domanda di manleva nei confronti dell’assicurazione e, pertanto, è di tutta evidenza che una pronuncia, anche nel rito, a favore del soggetto che avrebbe cagionato il danno fa venire meno l’interesse alla domanda di manleva formulata. Il Giudice è peritus peritorum. La Corte ha altresì ribadito che il Giudice di merito ha l’onere di motivare dettagliatamente la decisione di discostarsi dalle conclusioni rassegnate da c.t.u. indicando, precisamente, le argomentazioni che l’hanno indotto a disattendere quanto asserito dal proprio consulente ciò anche nel caso qualora il Magistrato debba scegliere tra più consulenze, con esiti differenti, disposte nello stesso giudizio sul medesimo oggetto. Tuttavia, qualora decida di aderire alle conclusioni dell’unica c.t.u. disposta nel processo, non ha l’obbligo di motivare la propria scelta ma può limitarsi a richiamare le conclusioni dell’ausiliare nominato.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 17 gennaio – 28 giugno 2018, n. 17020 Presidente Travaglino – Relatore D’Arrigo Svolgimento del processo Je. Al. convenne in giudizio Pa. Ba., chirurgo estetico, chiedendo il risarcimento del danne non patrimoniale e di quello biologico conseguenti all'esito infausto di un intervento di mastoplastica additiva. Sostenne, in particolare, che, per imperizia del medico chirurgo, all'esito dell'intervento il seno presentava gravi difetti estetici che da ciò le erano derivate difficoltà relazionali di varia specie, fino a provare imbarazzo anche semplicemente nell'indossare un costume da bagno che, peraltro, una per una delle cicatrici si erano verificate complicanze da infezione, sicché infine era stata costretta a ricorrere ad un secondo intervento, parzialmente risolutivo di tali problematiche, effettuato da un altro professionista . Il Ba. si costituì in giudizio, chiamando in garanzia la Reale Mutua Assicurazioni s.p.a., presso la quale era assicurato per responsabilità professionale. Nel merito, il convenuto dedusse che l'intervento era stato eseguito a regola d'arte, che la paziente era stata debitamente informata di tutti i rischi connessi all'uso della tecnica round block e che la Al. aveva espressamente rifiutato una diversa tecnica chirurgica a T invertita che era invece più indicata per il suo caso. Il Tribunale di Torino, con sentenza del 25 novembre 201, rigettò la domanda, condannando l'attrice alle spese del giudizio. La Corte d'appello, con ordinanza pronunciata, in data 31 ottobre 2014, ai sensi degli artt. 348-bis e 348-ter cod. proc. civ., ha dichiarato inammissibile l'appello della Al La Al. ha proposto ricorso. Con i primi due motivi, contenenti plurime censure, ha impugnato la sentenza del Tribunale. Con il terzo motivo ha censurato l'ordinanza della Corte d'appello. Successivamente ha depositato memorie ex art. 378 cod. proc. civ. Il Ba. e la Reale Mutua Assicurazioni s.p.a. hanno resistito con controricorso. Motivi della decisione 1. Deve essere verificata, preliminarmente, la procedibilità del ricorso. 2.1 Si pone, anzitutto, un problema di tempestività dell'impugnazione. Infatti, quando la Corte d'appello dichiara l'inammissibilità del gravame ai sensi dell'art. 348-bis cod. proc. civ., può essere proposto ricorso per cassazione contro il provvedimento di primo grado, ma il relativo termine decorre dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, dell'ordinanza che dichiara l'inammissibilità dell'appello art. 348-ter, terzo comma, cod. proc. civ. . Questa Corte ha già chiarito che il termine cui allude l'art. 348-ter, terzo comma, secondo inciso, cod. proc. civ. è quello previsto dal secondo comma dell'art. 325 cod. proc. civ. cd. termine breve . Solo qualora la cancelleria ometta la comunicazione dell'ordinanza e la controparte non provveda alla sua notificazione, opera il termine lungo di cui all'art. 327 cod. proc. civ. Sez. 6-3, Ordinanza n. 18622 del 22/09/2016, Rv. 642128 . La disciplina speciale di cui all'art. 348-ter, terzo comma, cod. proc. civ. deve essere coordinata con quanto prescritto dall'art. 369, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ. , che fa onere al ricorrente di depositare, a pena di improcedibilità, la relata di notificazione della sentenza impugnata. Infatti, tale deposito è finalizzato a porre la Corte di cassazione nelle condizioni di verificare, anche d'ufficio, la tempestività dell'impugnazione e dunque, in ultima analisi, che la sentenza impugnata non sia già passata in giudicato. Quindi, nell'ipotesi particolare di cui all'art. 348-ter, terzo comma, cod. proc. civ., sebbene il ricorso per cassazione debba proporsi contro il provvedimento impugnato, il ricorrente è tenuto a depositare anche la relata di notificazione dell'ordinanza che ha dichiarato inammissibile l'appello, poiché è da tale data che decorre il termine per l'impugnazione di legittimità. 2.2 Questa Corte, nella particolare composizione prevista dal paragrafo 4.2. delle tabelle dell'ufficio cd. sezioni unite di sesta sezione , intervenendo sulla problematica della prova della notificazione telematica del provvedimento impugnato, ha recentemente affermato, peraltro confermando l'univoco orientamento emerso nei precedenti arresti sul punto a partire da Sez. 3, Sentenza n. 26102 del 19/12/2016, Rv. 642339 e Sez. 3, Sentenza n. 17450 del 14/07/2017, Rv. 644968 , che, ai fini del rispetto di quanto imposto, a pena d'improcedibilità, dall'art. 369, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ., il difensore che propone ricorso per cassazione contro un provvedimento che gli è stato notificato con modalità telematiche, deve depositare nella cancelleria della Corte di cassazione copia analogica, con attestazione di conformità ai sensi dei commi I-bis e I-ter dell'art. 9 della legge 53/1994, del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto, nonché della relazione di notifica e del provvedimento impugnato, allegati al messaggio. 2.3 Combinando tale principio di diritto con quelli affermati in tema di ricorso per cassazione proposto ai sensi dell'art. 348-ter, terzo comma, cod. proc. civ., si ricava che, quando l'ordinanza che dichiara inammissibile l'appello è stata comunicata o notificata a mezzo PEC, il ricorrente ha l'onere di produrre depositare copia analogica del messaggio e degli allegati, debitamente certificata come autentica. Vanno quindi affermati i seguenti principi di diritto Qualora l'appello sia stato dichiarato inammissibile ai sensi dell'art. 348-bis cod. proc. civ., il termine per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, ai sensi dell'art. 348-ter, terzo comma, cod. proc. civ., è quello di sessanta giorni previsto dall'art. 325, secondo comma, cod. proc. civ. a decorrere dalla comunicazione - o dalla notificazione, se precedente dell'ordinanza che ha dichiarato l'inammissibilità dell'appello. Solo nel caso in cui questa non sia stata comunicata né notificata, si applica il termine di decadenza di cui all'art. 327 cod. proc. civ., con decorrenza dalla data di pubblicazione dell'ordinanza del giudice d'appello . Quando il ricorso per cassazione è proposto, ai sensi dell'art. 348-ter cod. proc. civ., avverso la sentenza di primo grado il cui appello sia stato dichiarato inammissibile, l'art. 369, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ - a mente del quale unitamente al ricorso per cassazione deve essere depositata, a copia di improcedibilità, copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione - deve essere inteso nel senso che il deposito deve avere ad oggetto non solo copia autentica della sentenza di primo grado, contro cui si propone il ricorso, ma anche la relata di notificazione o la comunicazione dell'ordinanza di inammissibilità pronunciata dalla corte d'appello, poiché è da quest'ultima data, e non dalla pubblicazione o notificazione della sentenza di primo grado, che decorre il termine per l'impugnazione. Nel caso in cui l'ordinanza sia stata notificata a mezzo di posta elettronica certificata, il ricorrente deve depositare nella cancelleria della Corte di cassazione copia analogica del messaggio ricevuto, nonché della relazione di notifica, previa attestazione di conformità di tali documenti analogici all'originale telematico, ai sensi dei commi I-bis e I-ter dell'art. 9 della legge 53/1994 . Chi propone ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, a norma dell'art. 348-ter, terzo comma, cod. proc. civ., è sollevato dall'onere di allegare la comunicazione - o la notificazione, se antecedente dell'ordinanza che ha dichiarato inammissibile l'appello, qualora il ricorso sia stato proposto entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza, poiché in tal caso non occorre dimostrare la tempestività dell' impugnazione . 2.4 Facendo applicazione di tali principi, si deve rilevare che la produzione documentale della ricorrente è incompleta, poiché il suo difensore ha attestato la conformità della copia cartacea all'originale telematico dell'ordinanza della corte d'appello, ma non anche della relativa comunicazione di cancelleria. Tale omissione, tuttavia, non determina l’improcedibilità del ricorso, ai sensi dell'art. 369, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ. Infatti, il ricorso è stato notificato alle controparti in data 30 dicembre 2014, ossia esattamente il sessantesimo giorno dalla pubblicazione dell'ordinanza della Corte d'appello. Quindi, a prescindere dalla data di comunicazione del provvedimento, il termine di cui all'art 325, secondo comma, cod. proc. civ. non risulta violato. 3.1 Deve essere poi esaminata, sempre in via preliminare l'eccezione di nullità di notificazione del ricorso formulata dal Ba Il controricorrente deduce che la Al. ha notificato, a mezzo di posta elettronica certificata, una copia del ricorso non sottoscritto con firma digitale quindi sprovvisto dell'estensione .p7m , così violando le regole tecniche poste dall'art. 18, comma 1, D.M. 21 febbraio 2011, n. 44. L'eccezione è infondata. 3.2 Il citato decreto ministeriale concerne le regole tecniche per l'adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. In tema di notificazioni per via telematica eseguite dagli avvocati, l'art. 18 prescrive che l'avvocato che procede alla notificazione con modalità telematica ai sensi dell'articolo 3-bis della legge 21 gennaio 1994, n. 53, allega al messaggio di posta elettronica certificata documenti informatici o copie informatiche, anche per immagine, di documenti analogici nei formati consentiti dalle specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. Con provvedimento del 16 aprile 2014, sono state adottate le specifiche tecniche previste dall'art. 34 del d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, richiamato dal citato art. 18 del medesimo d.m. L'art. 19-bis delle specifiche tecniche dispone, in tema di notificazioni per via telematica eseguite dagli avvocati, che, qualora l'atto da notificarsi sia un documento originale informatico, esso deve essere in formato PDF e ottenuto da una trasformazione di un documento testuale il documento informatico così ottenuto è allegato al messaggio di posta elettronica certificata. Si procede in tal modo pure nei casi in cui l'atto da notificarsi sia l'atto del processo da trasmettere telematicamente all'ufficio giudiziario. Solamente qualora il documento informatico [ .] sia sottoscritto con firma digitale [ .] si applica quanto previsto all' articolo 12, comma 2 , che concerne il formato .p7m indicato dal controricorrente. 3.3 È dunque possibile fissare alcuni punti fermi. Le specifiche tecniche non prevedono che il documento originale informatico oggetto di notificazione telematica debba essere sottoscritto con firma digitale. In particolare, deve considerarsi documento originale informatico l'atto giudiziario redatto al computer con qualsiasi sistema di videoscrittura. L'unico vincolo imposto dalle specifiche tecniche è che il documento sia convertito in formato PDF senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti . Dunque il controricorrente cade in errore quando afferma che il documento allegato alla notificazione telematica deve essere obbligatoriamente sottoscritto con firma digitale. La sottoscrizione digitale è prescritta dall'art. 12 delle specifiche tecniche, ma si riferisce alla copia dell'atto processuale da depositare telematicamente all'ufficio giudiziario. Del resto, che la sottoscrizione digitale dell'atto da notificare costituisca una mera eventualità, risulta chiaro dal tenore testuale dell'art. 19-bis, comma 4, delle specifiche tecniche. La sottoscrizione digitale dell'atto processuale da notificare non è prevista neppure dall'art. 18, comma 1, d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, o dall'art. 3-bis della legge 21 gennaio 1994, n. 53 che costituisce la fonte primaria della disciplina della notificazione con modalità telematica . Deve quindi escludersi che sussista alcun obbligo, per il difensore che proceda alla notificazione telematica di un atto processuale, di sottoscrivere digitalmente il documento che intende allegare al messaggio di posta elettronica certificata. 3.4 Vale la pena aggiungere, per completezza, che una nullità processuale non potrebbe comunque essere comminata da una norma regolamentare o, ancora a maggior ragione , da un provvedimento le specifiche tecniche del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, la cui adozione, a sua volta, non è prevista dalla legge, ma da un decreto ministeriale. Si tratta, infatti, di una fonte normativa di terzo livello sprovvista di copertura legislativa. Inoltre, all'omessa sottoscrizione digitale devono applicarsi i principi affermati da questa Corte in tema di mancata sottoscrizione della copia cartacea del ricorso per cassazione notificato nelle forme ordinarie ovverossia che tale omissione non comporta nullità dell'atto introduttivo, qualora non abbia recato un concreto pregiudizio alla difesa della controparte, purché sia debitamente sottoscritto l'originale depositato presso la cancelleria della Corte di cassazione Sez. 1, Sentenza n. 4548 del 24/02/2011, Rv. 617087 Sez. 3, Sentenza n. 13314 del 30/06/2015, Rv. 635917 Sez. 6-5, Ordinanza n. 8213 del 30/03/2017, Rv. 643640 . 3.5 Da queste ipotesi deve tenersi distinto il caso in cui si sia proceduto alla notificazione di una copia informatica dell'atto originariamente formato su supporto analogico cartaceo . Anche in questa ipotesi non è necessaria la sottoscrizione dell'atto con firma digitale. Tuttavia, secondo quanto disposto dall'art. 18, comma 4, d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, l'avvocato che estrae copia informatica per immagine dell'atto formato su supporto analogico, deve apporvi l'asseverazione prevista dall'art. 22, comma 2, del Codice dell'amministrazione digitale, inserendo la dichiarazione di conformità all'originale nella relazione di notificazione, a norma dell'articolo 3-bis, comma 5, della legge 21 gennaio 1994, n. 53 v. Sez. 3, Sentenza n. 26102 del 19/12/2016, Rv. 642339 . 3.6 Deve quindi affermarsi il seguente principio di diritto Qualora l'atto processuale sia originariamente formato su supporto digitale, per la sua notificazione telematica non occorre la sottoscrizione digitale richiesta solo per il deposito telematico dell'atto stesso all'ufficio giudiziario , né un'asseverazione di conformità all'originale necessaria solamente quando la copia informatica sia estratta per immagine da un documento analogico , essendo sufficiente che detto atto sia trasformato in formato PDF . 3.7 In applicazione di tale principio, deve ritenersi la validità della notificazione telematica del ricorso per cassazione effettuata mediante la allegazione al messaggio di posta elettronica certificata del documento testuale originale informatico trasformato in formato PDF. 4.1 Passando all'esame dei motivi di ricorso, va esaminata per prima la censura con la quale si impugna l'ordinanza della corte d'appello, poiché il suo eventuale accoglimento, comportando il rinvio degli atti al giudice che ha emesso il provvedimento cassato, sarebbe ostativo all'esame delle doglianze che riguardano la sentenza di primo grado. 4.2 La ricorrente deduce la violazione dell'art. 348-ter cod. proc. civ., sostenendo che la corte d'appello non avrebbe potuto dichiarare inammissibile l'impugnazione principale, da lei proposta, senza esaminare l'appello incidentale proposto dal Ba 4.3 Il motivo è inammissibile. Va rilevata, anzitutto, la carenza di interesse della Al. a dedurre l'omesso esame dell'impugnazione incidentale proposta dalla controparte. Si trattava, in particolare, della reiterazione della domanda del professionista di essere tenuto manlevato dalla propria compagnia assicurativa, in caso di condanna. Rispetto a tale domanda la Al. è manifestamente sprovvista di ogni interesse dalla medesima, infatti, neppure astrattamente dedotto . In secondo luogo, la stessa ricorrente riconosce che l'appello proposto dal Ba. era stato dallo stesso espressamente dichiarato come condizionato, con la conseguenza che l'inammissibilità dell'impugnazione incidentale ne ha determinato l'automatica caducazione. Infatti, nella misura in cui l'appello incidentale è proposto in via condizionata, l'inammissibilità dell'appello principale determina la non devoluzione al giudice dei capi della sentenza di primo grado impugnati dall'appellante incidentale. 4.4 Questo, dunque, è il principio di diritto da applicare nel caso in esame Il giudice d'appello investito da un'impugnazione principale e da una incidentale condizionata, può pronunciare l'inammissibilità di quella principale con ordinanza ai sensi dell'art. 348-bis cod. proc. civ., dal momento che tale pronuncia è ostativa alla devoluzione in appello del capo della sentenza di primo grado impugnato dall'appellante incidentale condizionato . 4.5 In base a tali ragioni, il motivo deve essere dichiarato inammissibile. 5.1 Venendo alle censure rivolte contro la decisione di primo grado, con il primo motivo la Al. deduce la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e degli artt. 1176, 1218, 2236 e 2697 cod. civ. In sostanza, la ricorrente sostiene che la decisione del Tribunale si sarebbe appiattita sulla valutazione del c.t.u., senza illustrare i motivi per il quale non vi sarebbe stata ragione di discostarsene tanto più ove si consideri che il consulente d'ufficio, sul punto saliente dell'impiego o meno del bisturi circolare, si era limitato a recepire passivamente quanto affermato dallo stesso Ba., il quale veniva così indebitamente sollevato dall'onere di fornire la relativa prova. 5.2 Il motivo è inammissibile. Risulta, infatti, priva di riscontro l'asserzione secondo cui l'impiego o meno del bisturi circolare sarebbe stato decisivo per ritenere o escludere la perizia e la diligenza del Ba. nell'esecuzione dell'intervento chirurgico. Al contrario, tale circostanza è totalmente sottaciuta nella sentenza impugnata, che basa le proprie conclusioni su considerazioni del tutto diverse le fotografie postoperatorie del seno la genericità delle contestazioni mosse dal consulente di parte attrice la corretta simmetria delle mammelle che costituiscono altrettante rationes decidendi non impugnate dalla ricorrente. Qualora la decisione impugnata si fondi su una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013, Rv. 625631 da ultimo Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016, Rv. 639158 . L'omessa impugnazione di uno dei percorsi argomentativi, infatti, rende il ricorso astrattamente inidoneo a condurre alla cassazione della sentenza impugnata e quindi determina la carenza di interesse dell'impugnante. 5.3 Sebbene la superiore considerazione sia assorbente, deve aggiungersi che il problema della correlazione fra la decisione di merito e le conclusioni del c.t.u. non costituisce, come invece ipotizzato dalla ricorrente, un problema di valutazione della prova, bensì di motivazione. Infatti, questa Corte ha ripetutamente affermato che il giudice di merito deve motivare le ragioni per le quali si discosta dalle conclusioni del c.t.u. o quelle per le quali, in presenza di due o più consulenze d'ufficio con esiti diversi, sceglie una delle possibili soluzioni alternative, ma non ha il dovere di motivare la decisione in modo altrettanto circostanziato quando invece aderisce alle conclusioni del proprio consulente, bastando in tal caso il rinvio alle motivazioni esposte da quest'ultimo nella perizia ex plurimis Sez. L, Sentenza n. 19572 del 26/08/2013, Rv. 628271 Sez. 1, Sentenza n. 25955 del 05/12/2011, Rv. 620813 . Ciò posto, anche a tacere dell'erronea indicazione della norma violata e del vizio dedotto, il motivo risulta inammissibile anche in considerazione del fatto che la nuova formulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., applicabile alle sentenze pubblicate dopo l'11 settembre 2012, non prevede più il vizio di motivazione fra i motivi di ricorso per cassazione. 5.4 Infine, quand'anche si ammettesse che trattasi di un problema di valutazione della prova, occorre considerare che il c.t.u. non si è limitato a recepire passivamente quanto dichiaratogli dal Ba., ma ha formulato un giudizio di verosimiglianza sulla base della normale dotazione di ferri chirurgici della sala operatoria. La censura dell'Al., pertanto, dovrebbe essere intesa come volta a sollecitare la rilettura del materiale probatorio al fine di pervenire ad una ricostruzione alternativa in punto di fatto, chiaramente inammissibile in questa sede. 5.5 In conclusione, comunque lo si voglia intendere, interpretare o riqualificare, il motivo in esame è inammissibile. 6.1 Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione dell'art. 116 cod. proc. civ. e degli artt. 1175, 1337 e 2697 cod. civ., in relazione alla prova dell'avvenuta prestazione del consenso informato. Il motivo deve essere rigettato. 6.2 Anzitutto, deduce che il Tribunale avrebbe sottovalutato una circostanza l'intestazione del consenso informato era stata corretta a mano da Mastoplastica additiva sottoghiandolare a Mastoplastica additiva sotto muscolo indice di un'informativa, finalizzata al consenso informato della paziente, del tutto generica e imprecisa. Il motivo non soddisfa il requisito della specificità richiesto dall'art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. , poiché non risulta che le controindicazioni e i rischi di un tipo di intervento fossero diversi da quelli dell'altro. Non vi è quindi alcuna evidenza che le informazioni fossero incomplete o imprecise. 6.3 La ricorrente censura, inoltre, la sentenza impugnata nella parte in cui afferma che ella rifiutò l'intervento da effettuarsi con la tecnica a T invertita , nonostante nel suo caso fosse più indicato. Sostiene, in proposito, che il suo rifiuto riguardò solamente il secondo intervento eseguito da altro medico chirurgo per ridurre gli effetti negativi del primo e non quello originario, eseguito dal Ba La doglianza è carente di autosufficienza, in quanto la circostanza affermata è priva di qualsiasi riscontro. 6.4 La ricorrente afferma che le sarebbe sottoposto e fatto sottoscrivere il modulo contenente il consenso informato mentre versava in condizioni di ridotta capacita di discernimento, ovverosia dopo che le era stata già praticata una preanestesia. Quest'ultima circostanza è stata esclusa dal Tribunale, sulla base della testimonianza resa dalla dottoressa Be., anestesista. In proposito, la Al. osserva che la Be. non aveva deposto su una circostanza di cui aveva ricordo diretto, ma si era limitata a consultare la cartella clinica. La doglianza è inammissibile in quanto volta a sollecitare la rilettura delle risultanze istruttorie. Dalla deposizione della Be., testualmente riportata in ricorso pag. 30 , si ricava che la stessa ha escluso di aver praticato alla paziente una preanestesia, in quanto nella cartella clinica la relativa casella non riportava alcuna indicazione o prescrizione. Atteso il tempo trascorso e dovendosi escludere che la Be. potesse avere un ricordo preciso di un intervento chirurgico che, dal suo punto di vista, non presentava alcuna peculiarità, è del tutto ragionevole che il teste, per aiutarsi con la memoria, abbia fatto riferimento a quanto risultante dalla cartella clinica. Si tratta di una prova liberamente valutabile dal giudice di merito. Poco conta se l'elemento saliente è la deposizione testimoniale in sé considerata o il contenuto della cartella clinica peraltro, presuntivamente compilata dalla stessa Be. del cui contenuto riferisce la teste. Nell'un caso o nell'altro, resta fermo che la decisione di merito è basata su una evidenza processuale ritualmente assunta e si sottrae a censure di legittimità. 6.5 Infine, la ricorrente si duole della circostanza di aver preso visione del modulo contenente la dichiarazione di consenso informato solamente quando era già in sala operatoria, quindi ormai psicologicamente condizionata. Si tratta di censura inammissibile per carenza di autosufficienza. Tale circostanza, anzitutto, non può essere considerata come non contestata, non essendo stato indicato l'atto nel quale essa sarebbe stata affermata nel corso del giudizio di merito. Né può ritenersi decisivo il fatto che il modulo riporti la stessa data del giorno dell'intervento, in quanto ciò non vale ad escludere che l'informativa possa essere stata resa comunque prima dell'ingresso nella sala operatoria . 6.6 In conclusione, con il secondo motivo di ricorso si sollecita questa Corte al compimento di una serie di accertamenti di merito che, ovviamente, le sono preclusi. Le censure sono sostanzialmente riconducibili, più che a violazioni di legge, al vizio di motivazione che, come si è già detto, non è più annoverato fra i motivi di ricorso per cassazione. Non risultano esplicitate, infine, quali sarebbero le implicazioni di un eventuale diverso accertamento fattuale su profili della vicenda comunque non ritenuti decisivi dal giudice di merito. Il motivo, pertanto, è in parte inammissibile e in parte infondato, sicché deve essere rigettato. 7. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. Ricorrono altresì i presupposti per l'applicazione dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, sicché va disposto il versamento, da parte dell'impugnante soccombente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550 . P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei ciascuno dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma I-bis dello stesso art. 13. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.