La “prospective overruling” non si applica alla abusiva parcellizzazione del credito

Si sottrae alla applicazione del prospecitive overulling”, secondo cui restano salvi gli effetti processuali compiuti dalla parte cha abbia fatto incolpevole affidamento sulla stabilità di una previgente interpretazione giurisprudenziale, atto che quella decisione SU n. 23726/07 non ha comportato il mutamento della interpretazione di una regola del processo” che preveda una preclusione o una decadenza, ma ha sancito l’improponibilità delle domande successive alla prima in ragione del difetto di una situazione giuridica sostanziale tutelabile, per contrasto con il principio costituzionale del giusto processo, che non consente di accordare protezione ad una pretesa caratterizzata dall’uso strumentale del diritto di azione.

La vicenda processuale. Dalla lettura della parte in fatto della sentenza in commento, si evince che dallo scontro tra un trattore ed un autoveicolo il conducente di questo riportava lesioni personali e danni patrimoniali per il ripristino del mezzo. La responsabilità esclusiva dell’occorso era ascritta al convenuto. Il Tribunale di Taranto accoglieva la domanda proposta dal danneggiato avente ad oggetto il risarcimento del danno materiale. Altro giudizio derivante dal medesimo fatto illecito era radicato per il risarcimento del danno per lesioni personali, dinanzi al Giudice di Pace di Manduria competente per valore. La Corte d’Appello di Lecce, adita dalla Compagnia assicurativa, dichiarava improponibile la domanda proposta dal danneggiato in distinti giudizi per ingiustificata disarticolazione dell’unitario rapporto sostanziale. Tanto, motivava, per essere incorso quest’ultimo in un abuso dello strumento processuale in violazione degli obblighi di correttezza e buona fede. Il danneggiato impugnava la sentenza di seconde cure per cassazione. Le ragioni del ricorso. Secondo il ricorrente la Corte d’Appello di Lecce sarebbe incorsa nella violazione degli artt. 111, 112 e 24 Cost., in combinato disposto con l’art. 99 c.p.c Precisava che nel primo atto di citazione aveva fatto esplicita richiesta di richiedere il risarcimento per le altre voci di danno e che la propria condotta processuale era stata conforme alla giurisprudenza di legittimità all’epoca vigente. Lamentava che dal revirement operato dalla Cass. Civ. Sez. Un., sent. 15/11/2007, n. 23726, scaturiva l’operatività dell’istituto del prospective overruling ”, nel senso che non poteva essere pregiudicato il suo ragionevole affidamento per aver riposto incolpevole fiducia sul previgente orientamento giurisprudenziale, postosi poi in contrasto con l’attuale indirizzo in tema di parcellizzazione del credito”. Le motivazioni della Corte di Cassazione. La Suprema Corte bolla come infondato il ricorso. Innanzi tutto gli Ermellini richiamano l’ormai consolidato principio di diritto enunciato dalle citate Sezioni Unite secondo cui è contraria alla regola generale di correttezza e buona fede, in relazione al dovere inderogabile di solidarietà di cui all'art. 2 Cost. e si risolve in abuso del processo ostativo all'esame della domanda , il frazionamento giudiziale contestuale o sequenziale di un credito unitario . Proseguono, nel richiamare altri precedenti conformi, chiarendo che la riserva di agire” in separato giudizio per altre voci di danno non consente de plano il frazionamento della domanda questo perché il tema attiene soltanto alla definizione dei limiti oggettivi della materia in ossequio al principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. D’altra parte questo principio è stato ribadito recentemente anche dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sent. 16/02/2017, n. 4090, secondo cui solo domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi . Quando invece i suddetti diritti di credito, oltre a far capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o comunque fondati” sul medesimo fatto costitutivo - sì da non poter essere accertati separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza di una medesima vicenda sostanziale -, le relative domande possono essere proposte in separati giudizi solo se risulta in capo al creditore agente un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata . Pertanto qualora la necessità di siffatto interesse e la relativa mancanza non siano state dedotte dal convenuto, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovrà indicare la relativa questione ai sensi dell'art. 183 c.p.c. e, se del caso, riservare la decisione assegnando alle parti termine per memorie ai sensi dell'art. 101 comma 2 c.p.c. . In conclusione. Nel caso commentato, però, il ricorrente nel proprio atto introduttivo del giudizio di merito non aveva assolto all’onere di allegare interessi oggettivamente valutabili” tali da giustificare l’opzione di frazionabilità del credito dinanzi ad un diverso giudice competente per valore. Da qui la giusta declaratoria di improponibilità della seconda domanda ravvisata dalla Corte d’Appello il cui ragionamento è stato ritenuto immune da vizi. Né tanto meno la domanda risarcitoria può essere recuperata perché anteriore al richiamato arresto delle Sezioni Unite del 2007. Sul punto infatti non può essere applicato l’istituto del prospective overruling ”, giacché tale pronuncia non ha comportato il mutamento interpretativo di una regola del processo”, ma solo l’improponibilità delle domande successive alla prima in ragione del difetto di una situazione giuridica sostanziale tutelabile, perché concretantesi in una strumentalizzazione anticostituzionale del diritto di azione. Non si può pertanto discutere di salvezza di atti processuali perché l’abusivo frazionamento è contrario ai canoni del giusto processo” ex art. 111 Cost Ove giusto non può essere ciò che sia frutto di abuso, appunto, del processo, per esercizio dell'azione in forme eccedenti, o devianti, rispetto alla tutela dell'interesse sostanziale .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 7 novembre 2017 – 25 maggio 2018, n. 13061 Presidente Chiarini – Relatore Olivieri Fatti di causa Il Tribunale di Taranto, con sentenza non definitiva in data 1.9.2008 e con sentenza definitiva in data 7.2.2011 n. 33, accoglieva la domanda, proposta da L.M.F. , avente ad oggetto il risarcimento dei danni riportati dal proprio autoveicolo nello scontro con il trattore condotto da M.A. ed assicurato per la RCA con omissis s.p.a., avendo accertato nel merito la esclusiva responsabilità del convenuto nella causazione del sinistro e non essendo precluso tale accertamento dal giudicato formatosi nel precedente giudizio instaurato dallo stesso L. avanti il Giudice di Pace di Manduria e relativo al risarcimento dei danni per lesioni personale subite a seguito del medesimo sinistro. La Corte d’appello di Lecce investita dall’appello proposto da omissis s.p.a. avverso tanto la sentenza non definitiva che quella definitiva, ha dichiarato improponibile la domanda del L. , in quanto il frazionamento in distinti giudizi delle richieste risarcitorie relative al medesimo fatto illecito determinava una ingiustificata disarticolazione dell’unitario rapporto sostanziale lesiva del dovere di correttezza e buona fede, venendo ad aggravare la posizione della parte convenuta ed integrante abuso dello strumento processuale. La sentenza di appello, non notificata, è stata impugnata per cassazione dal L. con un unico motivo, con ricorso notificato in data 4.6.2014 ad omissis s.p.a ed a M.A. che non hanno svolto difese. Ragioni della decisione Il Collegio ha raccomandato la redazione della motivazione in forma semplificata. Deduce il ricorrente che il Giudice di appello avrebbe violato gli artt. 111 Cost., 112, 99 c.p.c. nonché l’art. 24 Cost., sostenendo che a nell’atto di citazione in data 22.1.2002 veniva fatta espressa riserva di chiedere il risarcimento per le altre voci danno, condotta processuale che risultava conforme all’orientamento della giurisprudenza di legittimità vigente all’epoca b che la parcellizzazione del credito non risulterebbe in conflitto con il principio del giusto processo ex art. 111 Cost., in quanto il principio di infrazionabilità della domanda deve essere coordinato con il principio dispositivo della domanda ex artt. 99 e 112 c.p.c. e la giurisprudenza Corte Cass. 22987/2004 id. 17879/2011 consente nello specifico campo dell’azione extracontrattuale, la scissione del processo tramite lo strumento della riserva, in via eccezionale, rispetto al principio di unitarietà del credito risarcitorio c in ogni caso essendo stato introdotto il giudizio prima del revirement operato da Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 23726 del 15/11/2007, in ordine alla infrazionabilità del credito, doveva operare l’istituto del prospecitve overruling non potendo risolversi in pregiudizio della parte che aveva agito facendo affidamento sul vigente orientamento giurisprudenziale, i successivi mutamenti di indirizzo. Il motivo è infondato. I primi due rilievi sono volti a reiterare gli argomenti posti a sostegno del precedente indirizzo giurisprudenziale di legittimità, stabilizzatosi a seguito di risoluzione di conflitto con la pronuncia Corte Cass. Sez. U, Sentenza n. 108 del 10/04/2000 cui avevano dato seguito, tra le altre, Corte Cass. Sez. U, Sentenza n. 389 del 02/06/2000 Sez. 3, Sentenza n. 15807 del 28/07/2005 id. Sez. 3. Sentenza n. 21689 del 09/11/2005 , secondo cui in assenza di espresse disposizioni, o di principi generali desumibili da una interpretazione sistematica, deve riconoscersi al creditore di una determinata somma, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, la facoltà di chiedere giudizialmente, anche in via monitoria, un adempimento parziale, in correlazione con la facoltà di accettarlo, attribuitagli dall’art. 1181 cod. civ., con riserva di azione per il residuo, trattandosi di un potere che risponde ad un interesse meritevole di tutela del creditore stesso senza sacrificare in alcun modo il diritto del debitore alla difesa delle proprie ragioni , indirizzo che deve intendersi ormai definitivamente superato dalla revisione operata da Corte Cass. Sez. U, Sentenza n. 23726 del 15/11/2007 e che trova fondamento nei seguenti passaggi motivazionali l’art. 111 Cost. modificato dalla allora recentissima legge cost. 23.11.1999 n. 2, e quindi non ancora indagato in tutte le sue potenzialità precettive non è stato affatto valorizzato dalle SS.UU. n. 108/2000 le cui argomentazioni sono tutte interne alla disciplina normativa processuale e rivolte a verificare la tenuta del sistema processuale, senza tenere conto delle ricadute sulla effettività della tutela dei diritti determinate dai valori costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata che richiedono di imprimere non solo alla organizzazione ed all’esercizio della funzione giurisdizionale ma alla stessa attività processuale delle parti ivi incluso l’esercizio del diritto di agire in giudizio, un radicale mutamento volto ad espungere gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione dei risultati cui tali valori tendono la conformità della condotta processuale delle parti, ai parametri indicati, deve quindi essere verificata, sia in base alla evoluzione della centralità assunta dalla clausola generale di buona fede che trova applicazione anche nel processo, e quindi anche nella fase patologica del rapporto obbligatorio , sia alla stregua della duplice previsione del principio di ragionevole durata del processo cui si oppone l’effetto inflattivo della proliferazione di cause attinenti il medesimo rapporto e del principio del giusto processo , dovendo riferirsi l’aggettivo giusto non più o non solo alla meritevolezza dell’interesse del creditore di ottenere l’intero e non il parziale argomento che era stato criticato come falso sillogismo dalle SS.UU. del 2000 , ma al divieto di abuso degli strumenti processuali, tale intendendosi l’uso della vocatio in jus idoneo ad arrecare un maggiore pregiudizio al debitore in termini di apprestamento di difesa e di moltiplicazione delle spese di lite che non trova giustificazione nell’interesse del creditore ad ottenere per via giudiziaria la piena ed integrale soddisfazione del proprio diritto in sostanza non può essere attribuita meritevolezza alla difesa di un diritto o di un interesse compiuta attraverso un abuso del processo ossia ad un uso improprio dell’azione giudiziaria, in quanto mezzo eccedente o sproporzionato rispetto alla attività processuale in essa dovendo essere ricompresa non solo la iniziativa giudiziaria del creditore ma anche l’impiego dell’apparato organizzativo predisposto per l’esercizio della funzione giurisdizionale ed i tempi occorrenti per lo svolgimento del processo effettivamente necessaria per raggiungere lo scopo in quanto si verrebbe in tal modo ad ammettere un processo ingiusto , e dunque non conforme al valore espresso nell’art. 111 Cost da tali premesse segue la enunciazione del principio di diritto per cui è contraria alla regola generale di correttezza e buona fede, in relazione al dovere inderogabile di solidarietà di cui all’art. 2 Cost., e si risolve in abuso del processo ostativo all’esame della domanda , il frazionamento giudiziale contestuale o sequenziale di un credito unitario il carattere abusivo del frazionamento del credito, deve quindi ricercarsi, a latere creditoria , nella assenza di un giustificato interesse alla proliferazione di giudizi aventi ad oggetto lo stesso rapporto e contro la stessa parte a latere debitoria . nel pregiudizio cui questo rimane esposto sia per il profilo del prolungamento del vincolo coattivo cui egli dovrebbe sottostare per liberarsi della obbligazione nella sua interezza, ove il credito sia nei suoi confronti azionato inizialmente solo pro quota con riserva di azione per il residuo sia per il profilo dell’aggravio di spese e dell’onere di molteplici opposizioni per evitare la formazione di un giudicato pregiudizievole cui il debitore dovrebbe sottostare, a fronte della moltiplicazione di contestuali iniziative giudiziarie così SS.UU. n. 23726/2007, in motivazione . A tali principi si sono uniformate le successive sentenze della Sezioni semplici ininterrottamente fino ad oggi, dovendo richiamarsi, tra gli altri, in quanto direttamente riferiti alla fattispecie in esame, i precedenti di Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 28286 del 22/12/2011 e Sez. 6 3, Sentenza n. 21318 del 21/10/2015, che hanno ribadito come in tema di risarcimento dei danni da responsabilità civile, il danneggiato, a fronte di un unitario fatto illecito, lesivo di cose e persone, non può frazionare la tutela giudiziaria, agendo separatamente innanzi al giudice di pace e al tribunale in ragione delle rispettive competenze per valore, neppure mediante riserva di far valere ulteriori e diverse voci di danno in altro procedimento, trattandosi di condotta che aggrava la posizione del danneggiante-debitore, ponendosi in contrasto al generale dovere di correttezza e buona fede e risolvendosi in un abuso dello strumento processuale Vedi anche Corte cass. Sez. 6 3, Ordinanza n. 22503 del 04/11/2016 . Diversamente da quanto opinato dalla difesa del ricorrente i precedenti richiamati nel ricorso Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22987 del 07/12/2004 Sez. 3, Sentenza n. 17879 del 31/08/2011, cui si aggiunge anche Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22514 del 23/10/2014 non affermano affatto -in contrasto con le SS.UU. del 2007 che la riserva di agire in separato giudizio per altre voci danno consente al danneggiato di frazionare la domanda risarcitoria, statuendo piuttosto il principio secondo cui l’azione risarcitoria fondata sul medesimo fatto costitutivo del diritto estende l’ambito oggettivo della cognizione del Giudice adito a tutte indistintamente le voci di danno risarcibile, salvo il caso in cui, dalla interpretazione della domanda, non risulti inequivocamente che il danneggiato abbia inteso richiedere il risarcimento esclusivamente per determinate e specifiche singole voci di danno i precedenti in questione concernono, pertanto, soltanto la definizione dei limiti oggettivi della materia devoluta alla cognizione del Giudice in relazione al principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Sul tema della infrazionabilità del credito sono nuovamente intervenute le Sezioni Unite -investite della questione della separata proponibilità di domande attinenti a crediti distinti maturati nel corso di un medesimo rapporto di durata, nella specie di lavoro subordinato con la recente pronuncia Corte Cass. Sez. U -, Sentenza n. 4090 del 16/02/2017 che ha ribadito i principi del precedente arresto del 2007 in ordine all’abusivo frazionamento del credito in molteplici domande giudiziali, precisando che, nel caso di rapporto unitario dal quale derivano crediti distinti, non sussistono ostacoli ad agire separatamente per ciascun diritto salvo il caso in cui le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale ricorrendo tale ipotesi, le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata tale interesse è stato ravvisato, ad esempio, in relazione alla attivazione del procedimento monitorio per quella sola parte del credito assistita da prova scritta con successiva azione in via ordinaria, per il residuo Corte Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10177 del 18/05/2015 id. Sez. 2, Sentenza n. 22574 del 07/11/2016 . In difetto, la domanda proposta successivamente non può trovare ingresso per carenza della condizione di ammissibilità dell’azione costituita dall’interesse ad agire, che deve essere riferita non soltanto al diritto sostanziale ma anche allo speculare diritto di azione cfr., SU n. 4090/2017, in motivazione l’interesse ad agire esprime il rapporto di utilità tra la lesione lamentata e la specifica tutela richiesta, è da ritenersi, nell’ottica di un esercizio responsabile del diritto di azione, che tale rapporto abbia ad oggetto anche le caratteristiche della suddetta tutela ivi comprese la relativa estensione e le connesse modalità di intervento rispetto ad una più ampia vicenda sostanziale , con la conseguenza che l’interesse di cui all’art. 100 c.p.c. investe non solo la domanda ma anche, ove rilevante, la scelta delle relative modalità di proposizione . Orbene nel caso di specie il ricorrente non ha evidenziato e neppure allegato interessi oggettivamente valutabili che giustificassero la scelta di frazionare avanti a Giudici di diversa competenza per valore la domanda risarcitoria fondata sul medesimo fatto costitutivo, e dunque la seconda domanda non si sottrae alla pronuncia di improponibilità della Corte d’appello, che deve pertanto ritenersi esente dai contestati vizi di legittimità. Né è possibile recuperare la domanda risarcitoria proposta successivamente avanti il Tribunale in base al principio della tutela dell’affidamento riposto dall’attore in relazione ad intervenuto mutamento dell’orientamento giurisprudenziale in materia sopravvenuto nel periodo trascorso tra l’introduzione del primo giudizio avanti il Giudice di Pace ed il secondo giudizio -, dovendo al riguardo confermarsi il principio enunciato da questa Corte secondo cui la proposizione di separate azioni risarcitorie per danni diversi nascenti dallo stesso fatto illecito avvenuta anteriormente all’arresto delle Sezioni Unite che ha affermato il principio dell’infrazionabilità della domanda giudiziale per crediti derivanti da un unico rapporto si sottrae all’applicazione del prospective overruling , secondo cui restano salvi gli effetti degli atti processuali compiuti dalla parte che abbia fatto incolpevole affidamento sulla stabilità di una previgente interpretazione giurisprudenziale, atteso che quella decisione SU n. 23726/2007 non ha comportato il mutamento dell’interpretazione di una regola del processo che preveda una preclusione o una decadenza, ma ha sancito l’improponibilità delle domande successive alla prima in ragione del difetto di una situazione giuridica sostanziale tutelabile, per contrasto con il principio costituzionale del giusto processo, che non consente di accordare protezione ad una pretesa caratterizzata dall’uso strumentale del diritto di azione cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 28286 del 22/12/2011 id. Sez. 3 -, Sentenza n. 929 del 17/01/2017 . In conclusione il ricorso deve essere rigettato, non occorrendo provvedere sulle spese di lite in difetto di difese svolte dagli intimati. P.Q.M. rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del Dpr 30 maggio 2002 n. 115, inserito dall’art. 1 comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.