In caso di mancata comparizione delle parti alle udienze il giudice dichiara l’estinzione del processo con sentenza

La forma appropriata del provvedimento che dichiara l’estinzione del processo ai sensi del combinato disposto dagli artt. 181 e 309 c.p.c. non è quella dell’ordinanza, ma quella della sentenza, trattandosi dell’unica forma idonea al raggiungimento dello scopo del provvedimento, giacché esso definisce il processo davanti al giudice che lo emette con una decisione in rito, che deve essere suscettibile di impugnazione, la quale non può essere altra che l’appello, mezzo generale di impugnazione delle sentenze.

E’ quanto affermato dal Tribunale di Termini Imerese con sentenza n. 151/18 depositata il 5 febbraio. Il fatto. Il Tribunale adito afferma che il giudizio intentato dalle parti va dichiarato estinto atteso che nessuna delle parti era comparsa in occasione delle ultime due udienza e che risultava regolarmente comunicata alla parte costituita il provvedimento di differimento pronunciato ai sensi del combinato disposto dagli artt. 181 e 309 c.p.c Disposta con ordinanza la cancellazione della causa dal ruolo, il Giudice di merito ha ritenuto, melius re perpensa , che il provvedimento di estinzione del giudizio, contemplato dalle citate disposizioni codicistiche, andasse adottato con le forme della sentenza. Inoltre, il Giudice prosegue affermando che l’attuale formulazione dell’art. 181 cod. proc. civ., espressamente contempla la previsione della dichiarazione di estinzione del processo, come pronuncia immediatamente conseguente all’ordine di cancellazione della causa dal ruolo, ossia l’adozione di un provvedimento che pone termine al processo e preclude una sua riassunzione. Il Magistrato ritiene che con riguardo al provvedimento da adottare per dichiarare detta estinzione, sia preferibile la forma della sentenza e ciò alla luce del fatto che la novella del 2008 ha del tutto abrogato il riferimento alla forma del provvedimento come ordinanza non impugnabile, abrogazione che è diretta conseguenza del fatto che la nuova prescrizione dell’immediata dichiarazione di estinzione impedisce la riassunzione della causa ex art. 307 c.p.c In particolare, mentre la non impugnabilità dell’ordinanza con cui si ordina la cancellazione della causa si giustificava, nella previgente disciplina, con il fatto che il processo poteva proseguire con la riassunzione, sicché un eventuale errore nel disporre la cancellazione non poteva procurare pregiudizio alle parti, l’introduzione della previsione della immediata dichiarazione di estinzione pone l’esigenza di un controllo del provvedimento dichiarativo dell’estinzione, poiché esso pone fine al processo e non si può escludere che il giudice incorra in errore sull’esistenza dei presupposti di legge per provvedere in tal senso, come nel caso di omessa comunicazione della fissazione della nuova udienza. In conclusione. Alla luce di ciò, conclude il Magistrato, si giustifica la scelta del legislatore di eliminare la previsione della forma di ordinanza non impugnabile del provvedimento di estinzione, giacché nelle altre ipotesi contemplate dal vigente ordinamento processuale il provvedimento che dichiara l’estinzione è suscettibile di controllo mediante un’impugnazione nei procedimenti in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, il provvedimento con cui si dichiara l’estinzione del processo – quale che ne sia la causa – se è emesso dal giudice istruttore è sempre l’ordinanza mentre è sempre la sentenza se è adottato dal collegio . Coerentemente, dunque, la legge prescrive la forma della sentenza, che è la forma tipica del provvedimento decisorio del processo di cognizione ordinario, forma corrispondente alla funzione del provvedimento, ed alla quale si coordina il sistema delle impugnazioni. Le norme citate, precisa infine il Magistrato, trovano applicazione anche nel processo del lavoro e in quelli ad esso assimilati come quello per le controversie in materia di locazione ex art. 447– bis c.p.c. e, per le controversie agrarie ex art. 47, l. n. 203/1982 , essendo questi, non già procedimenti speciali, bensì processi ordinari di cognizione a rito speciale ex art. 40 c.p.c. .

Tribunale di Termini Imerese, sentenza 5 febbraio 2018, n. 151 Giudice Di Bernardi Motivi della decisione in fatto ed in diritto Il presente giudizio va dichiarato estinto, non essendo comparsa alcuna delle parti in occasione delle ultime due udienze e risultando regolarmente comunicato alla parte costituita il provvedimento di differimento pronunciato ai sensi del combinato disposto degli articolo 181 e 309 c.p.c Disposta con ordinanza la cancellazione della causa dal ruolo, questo Tribunale ritiene, re melius perpensa, che il provvedimento di estinzione del giudizio, contemplato dalle citate disposizione, codicistiche, vada adottato con le forme della sentenza. Ed infatti l'art. 181, primo comma, c.p.c., come modificato nel 2008 dall'art. 50, comma 1, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella legga 6 agosto 2008, n. 133 , stabilisce Se nessuna delle parti compare alla prima udienza, il giudice fissa un'udienza successiva, di cui il cancelliere dà comunicazione alle parti costituite. Se, nessuna delle parti compare alla nuova udienza, il giudice ordina che la causa sia cancellata dal ruolo e dichiara l'estinzione del processo . Il successivo art. 309 c.p.c. stabilisce Se nel corso del processo nessuna delle parti si presenta all'udienza, il giudice provvede a norma del primo comma dell'art. 181 . Le norme citate trovano applicazione anche nel processo del lavoro e nei processi ad esso assimilati come quello per le controversie in materia di locazioni art. 447-bis c.p.c, e per le controversie agrarie art. 47 legge 3-5-1982, n. 203 , essendo questi non già procedimenti speciali , bensì processi originari di cognizione a rito speciale arg. ex art. 40 c.p.c. . La giurisprudenza di legittimità è da tempo consolidata nel senso che la disciplina dell'inattività delle parti dettata dal codice di procedura civile, con riguardo sia al giudizio di primo grado che a quello di appello, si applica anche alle controversie di lavoro, non ostandovi la specialità del rito né i principi cui essa si ispira , cf. Cass. sent. 9.3.2009, n. 5643 Cass. SS.UU. sent 25.5.1993, n. 5839 . Dal tenore letterale dell'art. 181 c.p.c, ed in particolare dall'uso della congiuntiva e emerge che le pronunce da emettere sono due a l'ordine di cancellazione dalla causa dal ruolo b la dichiarazione di estinzione del processo, che devono evidentemente essere emesse d'ufficio, senza alcuna sollecitazione di parte, mentre non viene specificata la forma di tali provvedimenti. Anteriormente alla novella del 2008, l'art. 181 c.p.c. stabiliva, al contrario, l'adozione del solo provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo, in virtù del quale il processo non veniva subito definito, ma rimaneva pendente, sia pure in stato di quiescenza, nell'attesa della riassunzione ad iniziativa di una delle parti ovvero della estinzione, decorso il termine di un anno. La norma stabiliva, altresì, espressamente che il provvedimento di cancellazione fosse adottato con ordinanza non impugnabile, in ogni caso, coerente con la natura del ordinatoria del provvedimento, che non poneva termine al processo. L'attuale formulazione dell'art 181 c.p.c, al contrario, espressamente contempla la previsione della dichiarazione di estinzione del processo, come pronuncia immediatamente conseguente all'ordine di cancellazione dalla causa dal ruolo, ossia l'adozione di un provvedimento che pone termine al processo e preclude una sua riassunzione. Si pone, dunque, il problema della forma del provvedimento di estinzione, ed in particolar modo se esso vada adottato con ordinanza ovvero con sentenza, come appare preferibile a questo giudice. Tale dubbio si giustifica, in particolar modo, alla luce del fatto che la novella del 2008 ha del tutto abrogato il riferimento alla forma del provvedimento come ordinanza non impugnabile , abrogazione che è difetta conseguenza del fatto che la nuova prescrizione dell'immediata dichiarazione di estinzione impedisce la riassunzione della causa ex art. 307 c.p.c., mentre la non impugnabilità dell'ordinanza con cui si ordina la cancellazione della causa si giustificava, nella previgente disciplina, con il fatto che il processo poteva proseguire con la riassunzione, sicché un eventuale errore nel disporre la cancellazione non poteva procurare pregiudizio alle parti. L'introduzione della, previsione della immediata dichiarazione di estinzione pone l'esigenza di un controllo del provvedimento dichiarativo dell'estinzione, poiché esso pone fine al processo e non, si può, escludere che il giudice incorra in errore sull'esistenza dei presupposti di legge per provvedere in tal senso, come nel caso di omessa comunicazione della fissazione della nuova udienza. Alla luce di ciò si giustifica la scelta del legislatore di eliminare la previsione della forma di ordinanza non impugnabile del provvedimento di estinzione, giacché nelle altre ipotesi contemplate dal vigente ordinamento processuale il provvedimento che dichiara l'estinzione è suscettibile di controllo mediante un'impugnazione. Nei procedimenti in cui tribunale giudica in composizione collegiale, il provvedimento con cui si dichiara l'estinzione del processo quale che ne sia la causa è sempre l'ordinanza, se è emesso dal giudice istruttore, mentre è sempre la sentenza, se è adottato dal collegio cf. art. 176, primo comma, c.p.c. art. 178, secondo comma, c.p.c, art. 279, primo comma, c.p.c, art. 279, secondo comma, c.p.c, art. 307, quarto comma, c.p.c, ed art. 308 c.p.c, primo e secondo comma, c.p.c. Quando provvede il giudice istruttore, la tutela delle parti è assicurata dal reclamo ex art. 178 c.p.c, mentre contro la sentenza del collegio, sia che venga pronunciata a seguito del reclamo all'ordinanza del giudice istruttore, ai sensi dell'art. 308 c.p.c, sia che venga pronunciata quando la causa è già stata rimessa dal giudice istruttore e, quindi, nella fase decisoria, è possibile proporre unicamente l'appello. In ogni caso, la sentenza del collegio sia quella resa su reclamo ex articolo 178 e 308 c.p.c, sia quella resa ex articolo 279 e 307 c.p.c è una sentenza definitiva e di merito, non di merito, ed è comunque un provvedimento rio, poiché decide sulla domanda giudiziale, negando, per ragioni processuali, la tutela giurisdizionale chiesta dalla parte. Coerentemente, dunque, la legge prescrive la forma della sentenza, che è la forma tipica del provvedimento decisorio del processo di cognizione ordinario, forma corrispondente alla funzione del provvedimento, ed alla quale si coordina il sistema delle impugnazioni. Nei procedimenti in cui, invece, il tribunale giudica in composizione monocratica, il giudice designato cumula le funzioni del giudice istruttore e quelle del collegio, ex art. 281-quater c.p.c. e, mancando il collegio, non può trovare applicazione l'art. 178 c.p.c, laddove esso prevede la reclamabilità al collegio dell'ordinanza del giudice istruttore che dichiari l'estinzione del processo cf. Cass. 22.6.2007, n. 14592 . L'impraticabilità del rimedio del reclamo comporta che il provvedimento dichiarativo dell'estinzione non debba avere la forma dell'ordinanza, poiché altrimenti esso, da un lato, non sarebbe impugnabile con il reclamo, e, dall'altro, non sarebbe impugnabile nemmeno con l'appello, atteso che le ordinanze non sono appellabili articolo 279, quarto comma, 323 e 339 c.p.c , salvo espresse disposizioni di legge che stabiliscano diversamente. Né, d'altro canto ancora, simile provvedimento sarebbe impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., dal momento che esso, in quanto contiene una decisione di mero rito, sul rapporto processuale e non sul rapporto sostanziale dedotto in giudizio, non è idoneo a produrre cosa giudicata sostanziale art. 2909 c.c. . Si deve, pertanto, concludere che la forma appropriata che il provvedimento in questione deve assumere non è quella della ordinanza, ma quella della sentenza, trattandosi, dell'unica, forma idonea al raggiungimento dello scopo del provvedimento, giacchè esso definisce il processo davanti al giudice che lo emette con una decisione in rito, che deve essere suscettibile di impugnazione, la quale non può essere altra che l'appello, mezzo generale di impugnazione delle sentenze”. Sulla scorta delle considerazioni che precedono va, pertanto, pronunciata sentenza di estinzione del presente giudizio, ricorrendo, nel caso di specie i presupposti previsti dal combinato disposto, degli articolo 181 e 309 c.p.c., e ciò tenuto conto della regolare comunicazione, da parte della cancelleria, del provvedimento di fissazione della nuova udienza, previsto dall'art. 181, c.p.c Non sussiste alcuna situazione di soccombenza che giustifichi, l'adozione di alcuna pronuncia sulle spese. P.Q.M. Il Tribunale, uditi i procuratori delle parti costituite, definitivamente pronunciando - dichiara l'estinzione del giudizio - dichiara non luogo a provvedere sulle spese di lite.