Anche se vi è stata la consegna della res, l’onere di provarne il possesso spetta al detentore

Nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si realizza un’anticipazione degli effetti traslativi, fondandosi la disponibilità conseguita dal promissario acquirente sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori. Sicché la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile ad usucapionem ove non sia dimostrata una interversio possessionis nei modi previsti dall’art. 1141 c.c.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 20539 depositata il 30 agosto 2017. Il caso. L’attrice adiva con atto di citazione il Tribunale territorialmente competente chiedendo la condanna del convenuto al rilascio di un terreno di proprietà della stessa, e da questi occupato sine titulo . Il convenuto, chiedeva in via riconvenzionale dichiararsi il proprio acquisto per usucapione. Espletate le prove orali il Tribunale rigettava con sentenza la domanda attorea ed accoglieva quella del convenuto formulata in via riconvenzionale. L’attrice impugnava in grado di appello la decisione resa in primo grado. La Corte territoriale, tuttavia rigettava il gravame ritenendo, a sostegno della propria decisione che l’acquisto per usucapione in favore dell’acquirente promissario si fosse comunque perfezionato per possesso ultraventennale decorrente dalla sottoscrizione di un preliminare di vendita che aveva contestualmente trasferito il possesso del terreno in questione in favore del promissario acquirente. In questo caso, infatti, secondo il Collegio, l’attrice sulla quale gravava l’onere di provare un’interruzione del possesso, non aveva dimostrato detta circostanza al fine di escludere l’invocato acquisto a titolo originario intervenuto in favore della controparte. L’attrice proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza resa in grado di appello. Gli Ermellini hanno ritenuto fondati tutti e due i motivi di ricorso proposti dalla ricorrente rappresentando che, nella specie, il contratto preliminare intervenuto tra le parti prevedeva sì una clausola di immissione anticipata nel godimento del bene oggetto del negozio all’atto della stipula, ma che detta clausola tuttavia, non aveva effetti traslativi del possesso in favore del promittente acquirente, ma tutt’al più effetti traslativi della sola detenzione. Concludendo. La detenzione, proseguono i Giudici, si traduce in una relazione tra fruitore e res inidonea a far acquistare la proprietà a titolo originario con il decorso del tempo. La Corte di merito, invece, con la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto trasferito il possesso della res oggetto di controversia, facendo con ciò falsa applicazione della disciplina relativa all’usucapione e offrendo al contempo una motivazione carente a sostegno dell’affermato sussistere di un presunto possesso. La Corte ha concluso per l’accoglimento del ricorso, cassando la sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 27 aprile – 30 agosto 2017, n. 20539 Presidente Migliucci – Relatore Sabato Fatti di causa 1. I.V. ha adito con citazione notificata il 02.06.1993 il tribunale di Roma richiedendo la condanna di C.F. al rilascio di un terreno di proprietà della stessa, e da questi occupato senza titolo, alla località omissis . Il signor C. ha chiesto in via riconvenzionale dichiararsi il proprio acquisto per usucapione. 2. Espletate prove orali, con sentenza depositata il 29.11.2002 il tribunale, in sezione stralcio, ha rigettato la domanda attrice e accolto la riconvenzionale. 3. Avverso la decisione di primo grado ha proposto appello I.V., sulla resistenza di C.L., B.C., C.S. e R.T., in proprio e quale esercente la potestà sul figlio minore C.M. , tutti quali eredi di C.F 4. Con sentenza depositata il 02.11.2012 la corte d’appello di Roma ha rigettato il gravame. A sostegno della decisione, la corte territoriale, per quanto interessa, nell’esaminare il primo motivo d’appello, ha ritenuto che - benché all’epoca del secondo contratto preliminare, oggetto di contestazioni, del 16.01.1980 l’usucapione non si fosse ancora verificata, difformemente da quanto ritenuto dal tribunale - l’acquisto a titolo originario si sia comunque perfezionato in epoca successiva per possesso ultraventennale decorrente dal trasferimento del terreno in base al primo contratto preliminare del 20.02.1968, spettando alla signora I. dare la prova, invece non fornita, di una interruzione. 5. Avverso tale decisione I.V. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Gli eredi di C.F. hanno resistito con controricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione degli artt. 1140, 1141, 1158, 1362 e 1363 cod. civ. e 116 cod. proc. civ., nonché vizio di motivazione sul fatto controverso del trasferimento del possesso ai fini dell’usucapione in base a contratto preliminare con consegna anticipata del bene oggetto del negozio. Denuncia la ricorrente, in particolare, che la clausola di un contratto preliminare che prevede l’immissione anticipata nel godimento del fondo all’atto della stipula - anche in base alla giurisprudenza di questa Corte - non trasferisce il possesso nel promittente acquirente, ma la detenzione, relazione quest’ultima tra fruitore e cosa inidonea a far acquistare la proprietà a titolo originario con il decorso del tempo. La corte d’appello, avendo con la sentenza impugnata ritenuto invece trasferito il possesso, avrebbe ad un tempo fatto falsa applicazione della disciplina in argomento e offerto una motivazione carente a sostegno dell’affermato sussistere di un possesso. 1.1. Il motivo è fondato. In sede di applicazione dell’art. 1158 cod. civ. questa Corte anche a sezioni unite cfr. Cass. Sez. U. n. 7930 del 27/03/2008, nonché Cass. n. 1296 del 25/01/2010, n. 4863 del 01/03/2010, n. 9896 del 26/04/2010, n. 5211 del 16/03/2016 ha affermato che nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si realizza un’anticipazione degli effetti traslativi, fondandosi la disponibilità conseguita dal promissario acquirente sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori, sicché la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile ad usucapionem ove non sia dimostrata una interversio possessionis nei modi previsti dall’art. 1141 cod. civ 1.2. Non contraddicendo quanto innanzi, sostengono i controricorrenti p. 4 e 5 del controricorso che la sentenza impugnata non avrebbe fondato l’individuazione di un possesso utile all’usucapione soltanto nel trasferimento contestuale alla sottoscrizione del preliminare, ma anche in altre circostanze in particolare la recinzione del fondo . 1.3. Tale deduzione non appare condivisibile. Invero, si legge nella sentenza impugnata che è . documentato con l’avvenuta produzione dell’originale del preliminare . che con tale atto è stato trasferito al C. il possesso del controverso terreno ed è rimasto provato, dalle univoche e concludenti risultanze della prova per testi, che da tale data il C. ha esercitato sul fondo un potere di fatto corrispondente a quello del proprietario non solo ponendo in essere le attività contrattualmente previste di esecuzione di lavori agricoli, percezione di frutti e realizzazione di migliorie, ma anche recintando il fondo, così dimostrando l’esercizio di un possesso esclusivo fatto valere erga omnes, proprietario del fondo compreso . Si evince da quanto riportato, da un lato, che la corte territoriale ha comunque ritenuto conseguita la situazione di possesso - senza porsi il problema relativo al se esso fosse in nome proprio o altrui - in base alla consegna anticipata fondata sulla stipula di preliminare dall’altro, che essa ha argomentato in ordine a manifestazioni esteriori della situazione di fatto, tutte astrattamente compatibili anche con la detenzione iniziale, senza valutare se esse costituissero interversione ai sensi e per gli effetti dell’art. 1141 cod. civ., necessaria stante l’inizio della relazione con la cosa quale detenzione da un terzo punto di vista, che essa ha ritenuto in particolare la recinzione di un fondo attività consentita al comodatario quale esercizio di un possesso anche contro il proprietario. Con tale argomentazione, dunque, la corte locale si è posta ad un tempo contro il principio di diritto sopra riportato e ha offerto una motivazione insufficiente e contraddittoria, per cui la sentenza va cassata in accoglimento delle censure svolte. 2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1140, 1141, 1158 e 2697 cod. civ. e 115 e 116 cod. proc. civ. nonché vizi di motivazione, lamentando tra l’altro un erroneo governo dell’onere probatorio avendo l’impugnata sentenza posto a carico della stessa parte l’onere in questione in ordine all’interruzione del possesso, invece che a carico della controparte l’onere di dimostrare l’interversione del possesso in rapporto a una relazione di fatto avviatasi come detenzione. 2.1. L’esame del motivo è assorbito, trattandosi di profilo conseguenziale rispetto al riesame delle questioni già disposto in base alla cassazione della sentenza impugnata in relazione al primo motivo come dianzi accolto. 3. Segue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Roma, che si atterrà al principio di diritto di cui al precedente punto 1.1., valutando in base alle prove acquisite il sussistere degli elementi fattuali idonei v. precedente punto 1.3 offrendo congrua motivazione e tenendo conto, come rettamente rilevato in sede di discussione dal P.G., del quadro degli obblighi internazionali che vincolano l’Italia, con particolare riferimento all’art. 1 protocollo n. 1 alla CEDU, quale interpretato dalla Corte EDU nella sentenza della Grande Camera 30.8.2007, J.A. Pye Oxford Ltd & amp J.A. Pye Oxford Land Ltd c. United Kingdom ricorso n. 44302/02 con detta sentenza la Corte di Strasburgo, nel ritenere a maggioranza semplice conforme al diritto convenzionale l’ adverse possession dell’ordinamento del Regno Unito, ha evidenziato l’esigenza di un attento bilanciamento, nell’applicazione di un istituto non dissimile dall’usucapione, dei valori in conflitto tutelati dall’art. 1 del protocollo ciò che si traduce, quanto meno, nell’esigenza di rigore, da parte del giudice nazionale, nell’apprezzamento - anche sul fronte probatorio - del sussistere dei presupposti per l’acquisto a titolo originario della proprietà, prevalente sul precedente titolo dominicale. Il giudice di rinvio regolerà anche le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, e rinvia ad altra sezione della corte d’appello di Roma anche per le spese del giudizio di legittimità.