Auto usata appena comprata e primi guasti, niente risarcimento dal venditore

Vettura ferma e da riparare per la rottura della cinghia di trasmissione. La nuova proprietaria però non può rivalersi sui coniugi che gliela hanno venduta. La vetustà del veicolo faceva presumere la possibilità di dovere affrontare dei problemi tecnici.

Acquisto pessimo. Poche settimane su strada e l’automobile – usata – dà i primi problemi alla nuova proprietaria. Ella, però, non può rivalersi nei confronti del venditore. Soprattutto perché il guasto, cioè la rottura della cinghia di distribuzione, va considerato come rischio ordinario connesso alla vetustà del veicolo Cassazione, ordinanza n. 8285, sezione VI Civile, depositata il 30 marzo 2017 . Controllo. Solo il Giudice di Pace ha accolto la richiesta di risarcimento presentata dalla donna nei confronti della coppia di coniugi che le hanno venduto la loro vecchia automobile. Di parere opposto, invece, sono stati i giudici del Tribunale, che hanno escluso ogni responsabilità dei venditori per il guasto alla vettura da poco ceduta alla nuova proprietaria. In sostanza, la rottura della cinghia di trasmissione rientra, secondo i giudici, nei rischi connessi allo stato di vetustà del veicolo, immatricolato otto anni prima dell’acquisto e con oltre 150.000 chilometri percorsi . Peraltro, poco prima della consegna, i venditori hanno fatto eseguire il ‘tagliando’ di controllo sull’automobile , e ciò significa, sempre secondo i giudici, che essa era stata venduta in condizioni di efficienza . Uso. E questa visione, nonostante le obiezioni mosse dal legale della donna, è condivisa dai magistrati della Cassazione, che, di conseguenza, respingono definitivamente la richiesta di risarcimento nei confronti dei due coniugi. Per i giudici del Palazzaccio” va ricordato, sul fronte della applicabilità delle norme sulla garanzia per vizi nella vendita di cose usate , che il riferimento al bene come non nuovo comporta che la promessa del venditore è determinata dallo stato del bene stesso conseguente al suo uso e che le relative qualità si intendono ridotte in ragione dell’usura, che va considerata come quella concreta che scaturisce dalle reali vicende cui il bene stesso è stato sottoposto nel periodo precedente la vendita .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, sentenza 3 – 30 marzo 2017, n. 8285 Presidente Petitti – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione C.A. convenne innanzi al Giudice di pace di Roma Giampaolo e An.Mo.Gi. e, premesso che costoro le avevano venduto un’autovettura usata, lamentò che si era verificato un guasto riconducibile ad un vizio del veicolo - la mancata sostituzione della cinghia di distribuzione nei termini prescritti dalla casa costruttrice -, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni. I convenuti si costituirono imputando l’accaduto al normale deterioramento d’uso del veicolo. Il Giudice di pace accolse la domanda. A.M.G. e Gi. appellarono la sentenza ed il Tribunale di Roma accolse il gravame il Tribunale osservò, in proposito, che l’acquirente non aveva dato prova convincente del vizio, in quanto la rottura della cinghia rientrava nei rischi connessi allo stato di vetustà del veicolo, immatricolato otto anni prima dell’acquisto e con oltre 150.000 km percorsi rilevò inoltre che poco prima della consegna i venditori avevano fatto eseguire il tagliando di controllo sull’auto, dal che doveva desumersi che quest’ultima era stata venduta in condizioni di efficienza. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione C.A. sulla base di un unico motivo e gli intimati non hanno svolto difese. Ritenuto che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5 , c.p.c., su proposta del relatore, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. La ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’art. 380-bis, comma 2, c.p.c Con l’unica censura la ricorrente denunzia violazione degli artt. 1490 c.c. e 115 c.p.c., assumendo che il Tribunale avrebbe ritenuto insussistente l’usura della cinghia, ancorché fosse pacifico il contrario, ed affermato contraddittoriamente che l’autovettura era in condizioni di efficienza ed al contempo vetusta, facendo erroneamente rientrare fra i rischi legati all’acquisto la mancata manutenzione del mezzo. Nei termini proposti la censura appare manifestamente infondata, poiché si risolve nella richiesta di rivalutazione di elementi fattuali già presi in esame dal giudice di merito, non consentita in questa sede, deducendo, sub specie della violazione dell’art. 1490 c.c., non un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata dall’invocata norma di legge, quanto un’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, questione inerente alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, soltanto nei limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c Né, del resto, il ricorso si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che fa buon governo del principio secondo cui spetta sempre al compratore l’onere della prova dei vizi, delle conseguenze dannose e del nesso causale fra gli uni e le altre Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18125 del 26/07/2013 , e rileva in fatto come detta prova non sia stata compiutamente fornita. Per di più, in ordine all’applicabilità delle norme sulla garanzia per vizi nella vendita di cose usate, il riferimento al bene come non nuovo comporta che la promessa del venditore è determinata dallo stato del bene stesso conseguente al suo uso, e che le relative qualità si intendono ridotte in ragione dell’usura, che va considerata come quella concreta che scaturisce dalla reali vicende cui il bene stesso sia stato sottoposto nel periodo precedente la vendita Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5251 del 15/03/2004 Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23346 del 04/11/2009 . Il ricorso va quindi rigettato. Non occorre provvedere in ordine alle spese del giudizio di cassazione, in quanto gli intimati non hanno svolto attività difensive. Sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione di cui al ricorso R.G. 411/2015, integralmente rigettato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.