L’atto di divisione dei beni e quello di trasferimento della proprietà lo stesso giorno puzzano di frode

Agli effetti dell’azione revocatoria, deve ritenersi lesivo del creditore anteriore anche l’atto oneroso che sia collegato con uno o più atti diversi, cosicché tutti si debbano ritenere convergenti allo stesso risultato lesivo, dato il breve periodo di tempo intercorso tra un atto e l’altro. Di conseguenza, il creditore che agisca in revocatoria non deve necessariamente impugnare l’ultimo o gli ultimi atti con cui sia stata lesa la garanzia del suo credito, ma può indirizzare la propria impugnativa contro quello più rilevante dal punto di vista economico, o contro quello che presenta maggiormente i caratteri della frode.

Così ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 19129/15, depositata il 28 settembre. Il caso. La Corte d’appello di Milano, confermando la sentenza del Tribunale della stessa città, accoglieva la domanda di revoca di un atto con cui i coniugi convenuti in giudizio dal loro creditore avevano sciolto la comunione dei beni tra loro e dell’atto recante stessa data di trasferimento dal marito alla moglie della quota del 50% dell’immobile a lui intestato. Nell’accogliere l’appello, la Corte meneghina aveva ravvisato il collegamento negoziale tra l’atto di scioglimento della comunione e quello di trasferimento dal marito alla moglie della quota di sua proprietà, nonché la sussistenza di tutti i presupposti di cui all’art. 2901 c.c. Condizioni . La donna propone allora ricorso per cassazione, contestando in particolare la decisione del giudice del merito laddove ha ritenuto suscettibile di revoca l’atto di scioglimento della comunione dei beni. Il collegamento negoziale fra i due atti. La S.C. ritiene che correttamente il giudice di seconde cure abbia ravvisato il collegamento negoziale tra i due atti e in particolare che l’atto di divisione fosse prodromico all’atto di trasferimento dal marito alla moglie della proprietà dell’unico bene immobile a lui intestato. Pertanto risulta che la condotta dei coniugi sia stata preordinata alla realizzazione di un evento che ha leso gli interessi del creditore. A tal proposito, la Corte di nomofiliachia ha precisato che, perché possa esercitarsi azione revocatoria, deve intendersi lesivo del credito anteriore anche l’atto oneroso che sia collegato con uno o più atti diversi . Questo porta a ritenere che tali atti consequenziali, dato il breve periodo di tempo in cui sono stati compiuti o in considerazione di altre circostanze, convergano al medesimo risultato pregiudizievole per il creditore. Il creditore può impugnare l’atto più significativo. Di conseguenza, il creditore che agisca in revocatoria, ricordano gli ermellini, non è tenuto ad impugnare l’ultimo o gli ultimi atti con i quali sia stata pregiudicata la garanzia del suo credito , ma può indirizzare la propria impugnativa contro quello più rilevante sul piano economico, o contro quello che meglio riveli i caratteri della frode Cass., n. 13404/08 . Nel caso di specie, gli atti in questione sono stati compiuti il medesimo giorno e lo scioglimento della comunione era fondamentale affinché il marito potesse trasferire alla moglie l’intera quota di sua proprietà dell’immobile. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile -3, sentenza 16 luglio – 28 settembre 2015, n. 19129 Presidente Finocchiaro – Relatore Lanzillo Svolgimento del processo Cesare C., dichiarandosi creditore di A.A.V., ha convenuto davanti al Tribunale di Milano il V. e la moglie, R.P., chiedendo la revoca ai sensi dell'art. 2901 cod. civ. dell'atto 21 luglio 2008 con cui gli stessi hanno sciolto la comunione dei beni in corso fra loro, nonché dell'atto in pari data con cui il V. ha trasferito alla moglie la quota del 50% dell'immobile in Rozzano, unico suo bene immobile. I convenuti hanno resistito alla domanda, sollevando varie eccezioni, fra cui quella dell'inammissibilità della domanda di revoca nei confronti dell'atto di scioglimento della comunione, trattandosi di atto privo di efficacia dispositiva. Il Tribunale ha accolto la domanda attrice, con sentenza n. 8904/2012. Proposto appello dai soccombenti, a cui ha resistito l'appellato, con sentenza 26 settembre 2013 n. 3542, emessa ai sensi dell'art. 281sexies cod. proc. civ. e notificata il 29 ottobre 2013, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado, ravvisando il collegamento negoziale fra l'atto di scioglimento della comunione e l'atto di trasferimento dal marito alla moglie della quota di sua proprietà dell'immobile, e la sussistenza di tutti i presupposti di cui all'art. 2901 cod. civ. La P. propone due motivi di ricorso per cassazione. Resiste con controricorso il C Il V. non ha depositato difese. Motivi della decisione 1.- Il primo motivo denuncia violazione dell'art. 2901 cod. civ., nel capo in cui la sentenza di appello ha ritenuto suscettibile di revoca l'atto di scioglimento della comunione dei beni, sul rilievo che non si è trattato di un atto di disposizione, ma di un atto meramente ricognitivo della natura dei beni individuali spettanti ad ognuno dei coniugi, in luogo della quota ideale. Il secondo motivo denuncia nullità della sentenza per carenza di motivazione quanto all'asserita conoscenza, da parte della P., del pregiudizio che gli atti avrebbero potuto arrecare al creditore. 2.- I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati perché connessi, sono manifestamente infondati. 2.1.- La Corte di appello ha ritenuto assogettabile a revoca l'atto di divisione perché prodromico all'atto di trasferimento dal V. alla moglie della proprietà dell'unico bene immobile a lui intestato ha ravvisato, cioè, il collegamento negoziale fra i due atti e la stipulazione del primo quale necessaria premessa perché il C. potesse, con il secondo atto, trasferire alla moglie l'intera proprietà dell'immobile. La condotta dei coniugi è stata quindi preordinata alla realizzazione del risultato in cui si è concretizzata la lesione degli interessi del creditore. In questi casi la giurisprudenza ha specificato che, agli effetti dell'azione revocatoria, deve ritenersi lesivo del credito anteriore anche l'atto oneroso che sia collegato con uno o più atti diversi, sì che tutti si debbano ritenere convergenti al medesimo risultato lesivo, in considerazione del breve periodo di tempo in cui sono stati compiuti, o di altre circostanze. In tal caso il creditore che agisca in revocatoria non è tenuto ad impugnare l'ultimo o gli ultimi atti con i quali sia stata pregiudicata la garanzia del suo credito, ma può rivolgere la propria impugnativa contro quello più significativo dal punto di vista economico, o contro quello che meglio riveli gli elementi della frode Cass. civ. Sez. 2, 23 maggio 2008 n. 13404 . Nella specie, gli atti sono stati compiuti lo stesso giorno e lo scioglimento della comunione era indispensabile affinché il V. potesse trasferire alla moglie l'intera quota di sua proprietà dell'immobile. 2.2.- Neppure è fondato l'addebito di omessa motivazione circa la consapevolezza del pregiudizio da parte dell'acquirente. Ha rilevato la Corte di appello che la P. era socia accomandataria della società le cui quote il marito si era obbligato a trasferire al C., restando inadempiente che da tale inadempimento era derivato il debito del V. verso il C. che pertanto la donna non poteva ritenersi all'oscuro del debito stesso. La Corte ha altresì rilevato che le circostanze addotte dai coniugi per giustificare lo scioglimento della comunione ed il successivo trasferimento immobiliare non hanno trovato alcun riscontro negli atti processuali. A tali argomentazioni - che costituiscono congrua e logica motivazione a supporto della decisione - la ricorrente non ha opposto alcunché. 3.- Il ricorso è respinto. 4.- Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in € 5.200,00, di cui € 200,00 per esborsi ed € 5.000,00 per onorari oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori di legge. Ricorrono gli estremi di cui all'art. 13, 1 ° comma quater, del d.p.r. n. 115 del 2002 per la condanna della ricorrente al pagamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.