Ricorso in Cassazione: la procura che forma deve avere?

Il mandato apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione è per sua natura mandato speciale, senza che occorra per la sua validità alcuno specifico riferimento al giudizio in corso ed alla sentenza contro la quale l’impugnazione si rivolge. La specialità del mandato è deducibile quando dal testo sia possibile evincere una positiva volontà del conferente di adire il giudice di legittimità. Ciò accade nell’ipotesi in cui la procura al difensore forma materialmente corpo con il ricorso o il controricorso al quale essa inerisce, risultando irrilevante l’uso di formule normalmente adottate per il giudizio di merito e per il conferimento al difensore di poteri per tutti i gradi del procedimento.

E’ stato così deciso nella sentenza numero 26290, della Corte di Cassazione, depositata il 15 dicembre 2014. Il caso. La Corte d’appello, confermando la sentenza di prime cure, inibiva una donna dall’uso del titolo e dall’esercizio delle funzioni di presidente di una associazione sportiva, ma respingeva la domanda di risarcimento del danno proposta dall’associazione stessa. La società sportiva allora proponeva ricorso in Cassazione, eccependo l’invalidità della procura speciale rilasciata in calce al controricorso, al difensore della donna. Mandato speciale. La Cassazione, nell’affrontare la questione in esame, riguardante l’eccezione della procura, ricorda il principio consolidatosi in sede di legittimità, secondo cui il mandato apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione è per sua natura mandato speciale, senza che occorra per la sua validità alcuno specifico riferimento al giudizio in corso ed alla sentenza contro la quale l’impugnazione si rivolge infatti, la specialità del mandato è con certezza deducibile, quando dal relativo testo sia dato evincere una positiva volontà del conferente di adire il giudice di legittimità il che accade nell’ipotesi in cui la procura al difensore forma materialmente corpo con il ricorso o il controricorso al quale essa inerisce, risultando, in tal caso, irrilevante l’uso di formule normalmente adottate per il giudizio di merito e per il conferimento al difensore di poteri per tutti i gradi del procedimento fattispecie in cui la Suprema Corte ha ritenuto ammissibile il ricorso a margine del quale era apposta una procura rilasciata con cui il ricorrente conferiva ogni facoltà di legge, comprese quelle di proporre motivi aggiunti, domande riconvenzionali e chiamata causa di terzi, transigere e conciliare, incassare e quietanzare somme e farsi sostituire da altri procuratori Cass., numero 8060/2007 . L’eccezione è pertanto infondata, dal momento che, nella fattispecie, dalla procura si evinceva la delega a rappresentare e difendere la parte nella presente procedura, in ogni suo grado e fase, anche di opposizione . La Cassazione dichiara infondata l’eccezione e rigetta il ricorso, in quanto inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 20 novembre – 15 dicembre 2014, n. 26290 Presidente Forte – Relatore Nazzicone Svolgimento del processo Con sentenza del 13 giugno 2006, il Tribunale di Pisa ha accolto la domanda proposta dalla Società Sportiva Pisa Nuoto e da G.G. , affermando di fare proprie le statuizioni contenute nell'ordinanza resa dal Pretore di Pisa il 18 novembre 1991 con la quale, ad istanza dei predetti, era stato inibito con provvedimento d'urgenza ad M.E. l'uso del titolo e l'esercizio delle funzioni di presidente dell'associazione ed ordinata la consegna di tutto il materiale di proprietà di questa il Tribunale, inoltre, ha condannato la M. al risarcimento del danno, liquidato in via equitativa in Euro 20.000,00 in favore dell'ente per la perdita di sponsors, ed in Euro 3.000,00 in favore del G. per danni all'immagine, oltre interessi, rivalutazione dalla domanda e spese infine, ha accolto la domanda di cancellazione ex art. 89 c.p.c. di frasi sconvenienti dalla comparsa conclusionale depositata dagli attori, condannandoli al risarcimento del danno in parola per Euro 5.000,00. Gli attori lamentavano, nel loro atto di citazione, che M.E. , trascorsa una settimana dalla legittima elezione di un nuovo consiglio direttivo e del presidente G. , avesse indetto abusivamente una seconda riunione, che aveva eletto un diverso consiglio ed essa stessa come nuova presidente. Impugnata la sentenza di primo grado in via principale dalla M. ed in via incidentale dalle controparti, la Corte d'appello di Firenze con sentenza del 1 luglio 2009 ha respinto la domanda risarcitoria proposta dall'associazione e da G.G. e quella di risarcimento del danno ex art. 89 c.p.c., proposta dalla M. , confermando per il resto l'impugnata sentenza ha, quindi, compensato per la metà le spese di lite, condannando la M. a pagarne la restante metà, nonché quelle di c.t.u. e di amministrazione giudiziaria, per tale ultimo aspetto dichiarando di confermare la sentenza di primo grado. La corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha ritenuto che la liquidazione equitativa del danno, operata dal tribunale, presuppone il positivo accertamento della sua esistenza, mentre condivisibilmente il giudice di primo grado aveva ritenuto pur facendone poi contraddittoriamente seguire la liquidazione ex art. 1226 c.c. mancante la prova, in particolare non avendo i testi saputo riferire circa le ragioni per le quali non erano andate a buon fine le trattative per la conclusione di un contratto di sponsorizzazione. Avverso questa sentenza propongono ricorso per cassazione G.G. e la S.S. Pisa Nuoto, sulla base di cinque motivi, illustrati anche da memoria. Si difende M.E. con controricorso. Motivi della decisione 1. - In via pregiudiziale, va esaminata la questione, sollevata dalla ricorrente, di invalidità della procura speciale rilasciata in calce al controricorso al difensore della M. . L'eccezione è infondata, posto che da tale procura si evince la delega a rappresentarla e difenderla nella presente procedura, in ogni suo grado e fase, anche di opposizione dizione che, sebbene imprecisa, non è tale tuttavia da ritenere detta procura mancante, posto che, come da questa Corte ripetutamente affermato Cass. 31 marzo 2007, n. 8060, 9 maggio 2007, n. 10539, 3 luglio 2009, n. 15692, 13 dicembre 2010, n. 25137, 31 gennaio 2014, n. 2186, 12 settembre 2014, n. 19294 , con principio cui si intende dare continuità, il mandato apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione è per sua natura mandato speciale, senza che occorra per la sua validità alcuno specifico riferimento al giudizio in corso ed alla sentenza contro la quale l'impugnazione si rivolge infatti, la specialità del mandato è con certezza deducibile, quando dal relativo testo sia dato evincere una positiva volontà del conferente di adire il giudice di legittimità il che accade nell'ipotesi in cui la procura al difensore forma materialmente corpo con il ricorso o il controricorso al quale essa inerisce, risultando, in tal caso, irrilevante l'uso di formule normalmente adottate per il giudizio di merito e per il conferimento al difensore di poteri per tutti i gradi del procedimento fattispecie in cui la suprema corte ha ritenuto ammissibile il ricorso a margine del quale era apposta una procura rilasciata con cui il ricorrente conferiva ogni facoltà di legge, comprese quelle di proporre motivi aggiunti, domande riconvenzionali e chiamata causa di terzi, transigere e conciliare, incassare e quietanzare somme e farsi sostituire da altri procuratori ”. 2. - Con il primo motivo, i ricorrenti deducono la violazione o la falsa applicazione dell'art. 342 c.p.c., in quanto la corte territoriale ha esaminato il motivo di appello relativo all'accoglimento della domanda risarcitoria, pur carente di specificità perché non collegato alle motivazioni della sentenza di primo grado, la quale non aveva affatto escluso la prova del danno per poi liquidarlo nel quantum , ma aveva, al contrario, ritenuto provato il pregiudizio causato all'associazione per le difficoltà organizzative indotte dal comportamento della convenuta. Nel quesito di diritto, si chiede di accertare l'ammissibilità di un motivo di appello qualora esso non sia posto in relazione alla sentenza impugnata perché vi attribuisce un significato diverso dal reale. Con il secondo motivo, deducono la violazione o la falsa applicazione dell'art. 342 c.p.c., in quanto, sempre riguardo al predetto motivo di appello, la corte territoriale non si è avveduta della sua inammissibilità, posto che esso non contrapponeva le argomentazioni dell'appellante a quelle della sentenza invece, la condotta della M. aveva portato tensione e disgregamento delle relazioni interpersonali nell'ambito dell'associazione, e ciò sicuramente aveva inciso sulle possibilità economiche di questa. Anche il G. ha ricevuto un danno all'immagine, essendo stato trattato come usurpatore. Chiede alla Corte di accertare se possa dirsi ammissibile un motivo di appello che non contrapponga alle motivazioni della sentenza impugnata quelle diverse dell'appellante. Con il terzo motivo, censurano la violazione o la falsa applicazione dell'art. 342 c.p.c., in relazione all'art. 112 c.p.c., in quanto, sempre riguardo al predetto motivo di appello, la corte territoriale vi ha attribuito un significato più ampio del dovuto. L'appellante, infatti, si era limitata a censurare il fatto che il tribunale, dopo aver affermato che non potesse essere accolta la ricostruzione economica fatta dall'attore , aveva poi incomprensibilmente affermato che a seguito della condotta della M. sarebbero stati allontanati anche sponsor, laddove ci fossero . Al contrario, il tribunale aveva ritenuto sussistere il danno per la destabilizzazione dell'associazione. Il quesito di diritto chiede alla Corte di accertare se viola il disposto dell'art. 112 c.p.c. l'attribuzione ad un motivo di appello di significati ulteriori e diversi da quelli enunciati. Con il quarto motivo, deducono la violazione o falsa applicazione degli art. 112, 329 e 342 c.p.c., per avere la sentenza impugnata riformato la sentenza di primo grado nel capo relativo alla condanna della controparte al pagamento delle spese, senza motivo avverso ed anzi senza alcuna menzione al riguardo infatti, mentre il tribunale l'aveva condannata a corrispondere agli attori le spese di c.t.u., c.t.p. ed amministrazione giudiziale, oltre interessi legali e rivalutazione dalla domanda, la corte d'appello ha condannato la M. soltanto a corrispondere a controparte le spese di c.t.u. ed amministrazione giudiziale. Chiedono alla Corte di accertare se violi l'art. 112 c.p.c. la riforma di un capo della sentenza non oggetto di contestazione. Con il quinto motivo, lamentano la violazione degli art. 101, 112 e 342 c.p.c., 3, 24 e 111 cost., per avere tutto quanto esposto pregiudicato il diritto di difesa degli appellati. Chiedono alla Corte di accertare se violi il diritto di difesa l'attribuzione al motivi di appello di significati diversi dalla loro lettura. 3. - Il ricorso è inammissibile, in quanto tutti i quesiti proposti sono astratti e generici, in violazione del principio da tempo enunciato ex multis , Cass., sez. un., 11 marzo 2008, n. 6420 , secondo cui a norma dell'art. 366 bis c.p.c. è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un'enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo. Dunque, è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione, ponendosi in violazione di quanto prescritto dal cit. art. 366 bis, si risolve sostanzialmente in una omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua inidoneità a chiarire l'errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie cfr. Cass., sez. un., 30 ottobre 2008, n. 26020, la quale ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso che si concludeva con l'esposizione di taluni quesiti di diritto, rispetto ai quali sarebbe dovuta seguire una risposta affermativa risolventesi in un'ovvia asserzione . 4. - Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie ed agli accessori, come per legge.