La comunicazione di cancelleria a mezzo PEC non fa decorrere il termine per impugnare la sentenza

In tema di notificazioni disposte d’ufficio dalla legge, la comunicazione della sentenza per posta elettronica certificata PEC effettuata dalla cancelleria del giudice, quand’anche sia eseguita con l’invio del testo dell’intero provvedimento, non è idonea a far decorrere il termine dimidiato di 30 giorni per la proposizione dell’impugnazione previsto dall’ultimo comma dell’art. 17 della legge adozioni n. 184/1983.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella pronuncia n. 25662 del 4 dicembre 2014. Il caso. Il giudizio trae origine dalla pronuncia con cui il Tribunale per i minorenni dichiarava lo stato di adottabilità di un minore extracomunitario, disponendo il suo inserimento in una famiglia affidataria e sospendendo ogni tipo di rapporto con i genitori e i parenti del piccolo. Detta pronuncia veniva confermata in sede d’appello, sicché la questione veniva portata dinanzi ai Giudici di legittimità su ricorso della madre del minore oltre che di due zie materne che pretendevano l’affidamento. Termine breve per impugnare la sentenza di adottabilità. Una delle questioni di maggior rilievo esaminate dalla Suprema Corte nella pronuncia in commento riguarda il tema – più che mai attuale – delle comunicazioni di cancelleria effettuate a mezzo PEC e delle sue conseguenze giuridiche. Tale questione nasce dall’eccezione di inammissibilità sollevata dalla tutrice del minore controricorrente in relazione ai ricorsi proposti dalle tre donne, reputati tardivi in quanto notificati oltre il termine di 30 giorni dalla notifica della sentenza di appello come richiesto dall’art. 17 l. n. 184/1983. Secondo la controricorrente, il termine di decorrenza per l’impugnazione andrebbe individuato nella comunicazione a mezzo PEC della sentenza ad opera della cancelleria, intervenuta nel caso specifico ben 6 mesi prima della notifica dei ricorsi in Cassazione. Il contenuto del biglietto di cancelleria. Ed invero, nella ricostruzione proposta dalla controricorrente, la modifica dell’art. 45 disp. att. c.p.c. apportata dall’art. 16 d.l. n. 179/2012, conv. nella l. n. 221/2012 applicabile al caso di specie – in virtù della quale, ad oggi, il biglietto di cancelleria deve contenere anche il testo integrale del provvedimento comunicato – avrebbe trasformato la comunicazione in una vera e propria notificazione. Pertanto, ricevendo una comunicazione, il destinatario conseguirebbe la vera e propria notificazione dello stesso provvedimento, specie quando questa ipotesi è stabilita dalla legge come obbligo del cancelliere, come nel caso in esame, dove è prevista dall’ultimo comma dell’art. 17 l. n. 184/1983. Tale conclusione troverebbe conferma nel comma 4 dell’art. 16 sopra citato, a norma del quale le comunicazioni e le notificazioni di cancelleria devono avvenire solo per via telematica. Pertanto, a giudizio della controricorrente, poiché la sentenza era stata comunicata in forma integrale al difensore, la stessa doveva considerarsi notificata” a mezzo PEC ai fini dall’art. 17 l. n. 184/1983, con conseguente tardività del ricorso in Cassazione. La comunicazione della sentenza ai fini dell’impugnazione. Nell’esaminare la questione, la Suprema Corte reputa opportuno richiamare il nuovo testo dell’art. 133 c.p.c., così come recentemente modificato dal d.l. n. 90/2014 conv. con modificazioni dalla l. n. 114/2014 . Tale disposizione, oltre ad onerare il cancelliere di dare notizia alle parti costituite della sentenza mediante biglietto di cancelleria, chiarisce espressamente che tale comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 c.p.c. Alla luce della novella, è dunque indispensabile coordinare tale nuova regola con la previsione dell’art. 45 disp. att. c.p.c. sopra richiamata. Sul punto, va prima di tutto osservato che, nel caso di specie, al momento in cui è stata effettuata la comunicazione, la previsione introdotta dalla novella del 2014 non era ancora in vigore. Ciò nondimeno, la stessa può essere utilizzata come metro di interpretazione del complesso normativo considerato. Il valore della comunicazione di cancelleria. A giudizio degli Ermellini, vigente la sola previsione del nuovo testo dell’art. 45 richiamato e non anche quella dell’art. 133 c.p.c. , deve escludersi che il nuovo tenore della disposizione di attuazione possa aver stabilito una efficacia così stringente alla comunicazione effettuata a mezzo PEC, da farla risultare – ove è previsto anche l’obbligo di notificazione d’ufficio – come una vera e propria notificazione. Ciò non solo perché il legislatore è intervenuto successivamente, con il nuovo testo dell’art. 133 c.p.c., per chiarire che tale comunicazione non poteva avere l’efficacia della notificazione, almeno rispetto al decorso dei termini di impugnazione, ma anche perché il processo civile telematico PCT , nel cui ambito si inseriscono le comunicazioni mediante PEC, non era, a quella data, neppure generalizzato, rivestendo valore legale solo le attività autorizzate con riferimento a singoli uffici giudiziari. Non si capirebbe, allora, il perché detto valore rafforzato dovrebbe aver addirittura preceduto una minore efficacia giuridica rispetto a quella attuale, quale è stata stabilita dal nuovo testo dell’art. 133 c.p.c., dettato proprio quando il PCT ha ulteriormente progredito nella sua disciplina e nel suo accrescimento di rilievo giuridico. La comunicazione non equivale a notifica. In conclusione, quindi, l’eccezione di inammissibilità è stata respinta, sulla scorta del principio per cui, con riferimento alla notifica d’ufficio della sentenza della Corte d’Appello Sezione minori, non è idonea a far decorrere – per la proposizione del ricorso per cassazione – il termine dimidiato di 30 giorni, di cui all’ultimo comma dell’art. 17 della l. adozioni n. 184/1983, la comunicazione della sentenza per posta elettronica certificata PEC effettuata dalla cancelleria dal giudice, quand’anche essa sia eseguita anteriormente alla vigenza del nuovo testo dell’art. 133 c.p.c. con l’invio del testo dell’intero provvedimento, ai sensi dell’art. 45 disp. att. c.p.c., atteso che la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 17 l. n. 184 menzionata richiede espressamente l’esecuzione formale della notifica senza che questa possa essere surrogata da una comunicazione non importa se per estratto o per intero della sentenza.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 11 novembre – 4 dicembre 2014, numero 25662 Presidente Forte – Relatore Genovese Svolgimento del processo 1. Il Tribunale per i minorenni d'ora in avanti solo TM di Torino ha dichiarato, con sentenza, lo stato di adottabilità del minore A.A. nato il omissis dal matrimonio fra A.M. e Ha.Fa. ed ha disposto il suo inserimento in una famiglia affidataria, avente i requisiti per l'adozione, sospendendo incontri e rapporti, di ogni tipo, con genitori e parenti del piccolo. 1.1. Avverso tale decisione hanno proposto appello le signore Ha.Fa. , madre del minore, H.N. e H.F. , zie materne, oltre che Ar.Am. , zio paterno di A. . Secondo gli appellanti, il TM avrebbe errato nelle sue decisioni, a cominciare dalla violazione del contraddittorio nell'esperimento della CTU, fino all'esame delle sue risultanze ed al giudizio conclusivo circa lo stato di abbandono del bambino, per essere tutti gli zii disponibili all'affidamento e non potendo costoro essere discriminati per la loro condizione di stranieri. Nel giudizio sono intervenuti il PG presso la Corte d'Appello, il tutore provvisorio e il curatore speciale del minore. 2. La Corte d'Appello d'ora in avanti solo CA di Torino ha respinto il gravame. Per quanto ancora interessa in questa sede, la CA, anche in rapporto al materiale istruttorio raccolto p. 12 sent. , ha condiviso ogni giudizio dato dal TM, ed in particolare che a i genitori del minore A.A. sarebbero stati inadeguati allo svolgimento del loro ruolo b in particolare, la madre, signora Ha.Fa. , pur essendo legata al figlio, avrebbe una personalità rigida ed essenziale, che si manifesterebbe in episodi di violenza o minaccia, e sarebbe priva delle risorse adeguate per assolvere il suo ruolo di madre del minore, incapace di dare sostegno affettivo, psicologico e materiale, al punto da incidere gravemente sulla personalità del minore e comprometterne lo sviluppo c il padre avrebbe riconosciuto la propria inadeguatezza e si sarebbe augurato che il figlio potesse trovare un ambiente più idoneo p. 11 sent. d gli zii paterni, che pure potrebbero costituire una risorsa per il minore, non sarebbero in condizione di esserlo per l'ostilità e le minacce della madre, esplicite e contrarie, in modo drastico e deciso, a tale possibilità e le zie materne, invece, non sarebbero neppure adeguate, per il giudizio acriticamente positivo dato sulla sorella come madre e per l'incapacità di arginarne le interferenze, oltre che mancanti di rapporti significativi con il nipote. La CA ha rilevato che il minore, pur avendo avuto ben cinque inserimenti in diversi ambienti, avrebbe ora trovato, con la nuova famiglia affidataria, una idonea sistemazione, cosi come risulterebbe dalle relazioni di aggiornamento del nucleo adozioni, i quali descriverebbero il bambino come positivamente inserito nel nuovo nucleo familiare. Essa ha respinto le eccezioni di nullità della CTU svolta dal Tribunale in quanto la mancanza del CTP, tardivamente nominato dal nuovo difensore della genitrice, quando già erano in corso le operazioni peritali, era stata surrogata dalla presenza del suo difensore, le cui obiezioni alle risultanze della CTU avrebbero avuto, però, natura marginale essendo pienamente condivisibile la motivazione svolta e la metodologia adottata e non potrebbero sostituirsi a valutazioni di esclusiva competenza tecnica” con la conseguenza che le osservazioni depositate non possono essere equiparate, e prese in considerazione, come note di un consulente di parte” p. 6 sent. . 3. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione la signora Ha.Fa. , madre del minore, affidato a cinque motivi, e le signore N.N. e F. , zie materne, con ricorso forte di due mezzi di impugnazione. 4. La curatrice ed il tutore della minore resistono con controricorso. Motivi della decisione 1.1. Con il primo motivo di ricorso principale violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, 8 e 15 della legge numero 184 del 1983 in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. le zie materne premettono che la legge articolo 1 della l. numero 184 del 1983 , assicura ai minori il diritto di vivere nella famiglia di origine e che la dichiarazione di adottabilità, da parte dell'Autorità Giudiziaria, costituisce una extrema ratio, applicabile solo quando egli si trovi in stato di abbandono, ai sensi dell'articolo 8 della legge cit., e cioè privo dell'assistenza morale e materiale da parte dei parenti entro il quarto grado. La Corte territoriale avrebbe confermato la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore considerando ingiustamente non adeguate le ricorrenti e affermando che l'affidamento del bambino ad una di loro equivarrebbe a consegnare A. alla madre” e che le stesse non sarebbero in grado di rispettare le eventuali prescrizioni impartite dal giudice, perché legate da stretti rapporti con la sorella e ciò in base a sole congetture ed ignorando a il loro rapporto significativo con il bambino b l'esistenza di una rete familiare assai efficace frutto della piena collaborazione tra di loro ed i loro coniugi c le differenze culturali esistenti tra la loro cultura di origine e quella italiana. 1.2. Con il secondo motivo di ricorso principale violazione dell'articolo 18 della Convenzione di N. Y. Del 20 novembre 1989, ratificata in Italia con la legge numero 176 del 1991 nonché violazione dell'articolo 30 della Costituzione, in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. le ricorrenti denunciano la violazione della Convenzione di N.Y. e del principio del favor della famiglia biologica principio di non separazione dalla e di educazione nella , nel fatto che la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore sia avvenuto senza che sia stato compiuto un accertamento della loro specifica capacità vicariale. 2.1. Con il primo motivo di ricorso incidentale violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, 8 e 15 della legge numero 184 del 1983 in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. la ricorrente premette che la legge articolo 1 della 1. numero 184 del 1983 , assicura ai minori il diritto di vivere nella famiglia di origine e che la dichiarazione di adottabilità, da parte dell'Autorità Giudiziaria, costituisce una extrema ratio, applicabile solo quando egli si trovi in stato di abbandono, ai sensi dell'articolo 8 della legge cit., e cioè privo dell'assistenza morale e materiale dei parenti entro il quarto grado. La Corte territoriale avrebbe confermato la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore senza che a sia stato provato lo stato di abbandono del bambino b sia stata verificata la capacità genitoriale della madre c sia stato compiuto un accertamento della specifica capacità genitoriale della madre in rapporto a quel figlio minore nonostante i segni di attenzione materna e di cura avuti verso di lui . In particolare, sarebbero mancati accertamenti capaci di tener conto della diversità culturale della famiglia di appartenenza del minore e del mancato adeguamento della madre ai costumi del nostro Paese diversamente dagli altri familiari, e dalle sorelle in particolare e sarebbe stato dato rilievo alle dichiarazioni del coniuge, il sig. A. , a cui il CTU ha rilevato caratteristiche personologiche devianti ed antisociali nonché ad un fatto, ancora sub iudice, quale l'episodio della scomparsa del minore, avvenuta nel OMISSIS , per il quale si sono levati sospetti verso la madre. Ove anche costei avesse mostrato lacune genitoriali, queste non potrebbero essere considerate tali da far superare la soglia critica e per far pervenire il giudice minorile alla dichiarazione dello stato di adottabilità. 2.2. Con il secondo violazione dell'articolo 18 della Convenzione di N. Y. Del 20 novembre 1989, ratificata in Italia con la legge numero 176 del 1991 nonché violazione dell'articolo 30 della Costituzione, in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. la ricorrente denuncia la violazione della Convenzione di N.Y. e del principio del favor della famiglia biologica principio di non separazione dalla e di educazione nella , nel fatto che la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore sia avvenuto senza che a sia stato compiuto un accertamento della specifica capacità genitoriale della madre in rapporto a quel figlio minore nonostante i segni di attenzione materna e di cura avuti verso di lui b sia stata valutata la capacità genitoriale delle zie materne ed il loro rapporto significativo con il nipotino. In particolare, non corrisponderebbe al vero l'affermazione contenuta nella sentenza di appello circa il fatto che nessuno dei parenti avrebbe avuto una relazione stabile ed importante con il minore A. , come dichiarato dalla zia N. il OMISSIS . 2.3. Con il terzo mezzo di ricorso incidentale violazione degli artt. 21 e 22 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea in relazione alla mancata nomina di un mediatore culturale e alla violazione del diritto alle origini la ricorrente denuncia la violazione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e del principio del diritto alle origini, alla diversità culturale, religiosa e linguistica articolo 22 Carta dei diritti UE e al divieto di discriminazione per la lingua, la religione o le convinzioni personali articolo 21 Carta dei diritti UE per il fatto che la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore sia avvenuto senza che sia stato consentito alla madre del minore l'assistenza di un mediatore culturale, capace di spiegare al CTU ed al giudice le ragioni di talune scelte ed atteggiamenti della genitrice. La motivazione adottata dal giudice distrettuale nel negare tale richiesta mostrerebbe sia la violazione dei diritti menzionati sia una costruzione inquisitoria che avrebbe indotto i giudici a ritenere colpevole la genitrice prima ancora di una pronuncia in sede propria penale . 2.4. Con il quarto violazione degli artt. 61 e ss. c.p.comma e 191, 194, co. 2, e 195, co. 3, c.p.comma in relazione alla mancata motivazione del giudice , in relazione alla CTU in materia psicologica svolta per la verifica della relazione mamma - bambino, la ricorrente premette che, non essendo stato ammesso a presenziare alle operazioni peritali un CTP, in quanto non ne sarebbe stata ammessa la nomina perché tardiva, era stato consentito al difensore tecnico di prenderne il posto, interloquendo e fruendo dei termini per il deposito di memorie ed osservazioni. Tuttavia, nonostante le osservazioni e le critiche svolte, la Corte territoriale non avrebbe motivato in ordine ad esse, rigettandole senza un loro esame e senza neppure esaminare il filmato che mostrerebbe l'interferenza della Consulente tecnica d'ufficio nel corso dell'osservazione della relazione madre-figlio. In particolare, la Consulenza avrebbe negato ciò che, invece, emergerebbe dall'esame del filmato che a l'ausiliario si sarebbe interposto nei dialoghi madre-figlio in due rilevanti occasioni racconto fantastico del bambino sulla caduta da una moto inizio dell'osservazione riguardo alla possibilità di utilizzare i giocattoli presenti nell'ambiente protetto b il CTU non avrebbe verbalizzato correttamente alcune espressioni chiave usate dal bambino es. la parola mamma” c l'ausiliario avrebbe frainteso e mal interpretato l'episodio dell'offerta del vasetto di yogurt da parte della madre al figlio travisando la sua registrazione in formato cartaceo . Tali rilievi sarebbero stati erroneamente ritenuti marginali da parte del Giudice distrettuale anche in quanto svolti dal difensore, le cui deduzioni non sarebbero state equiparate a quelle di un consulente tecnico di parte. 2.5. Con il quinto violazione del diritto di difesa in relazione alla mancata possibilità di nominare un Consulente di Parte , in relazione alla CTU in materia psicologica svolta per la verifica della relazione mamma-bambino, la ricorrente premette che era stata respinta la propria eccezione di nullità della Consulenza, pure impugnata in precedenza con un procedimento di reclamo, dichiarato inammissibile nonostante il favorevole parere del PM. Secondo la Corte territoriale, infatti, il termine di cui all'articolo 210 c.p.c., pur avendo natura ordinatoria, senza la presentazione di un'apposita istanza di proroga, diverrebbe definitivo ciò che sarebbe accaduto nella specie . Al contrario, secondo la ricorrente, ferma la qualificazione di quel termine, come ordinatorio, la sua inosservanza non produrrebbe alcuna conseguenza definitiva e non impedirebbe una successiva proroga, anche successiva alla scadenza del termine. Ciò specialmente ove si consideri che la CTU è un procedimento che dura nel tempo e consta di una successione di attività in relazione a ciascuna delle quali deve essere assicurato il diritto al contraddittorio. 3. Va, innanzitutto, disposta la riunione dei due ricorsi in quanto aventi ad oggetto la medesima sentenza. 3.1. I due ricorsi, invero, vanno qualificati come principale e incidentale secondo il principio già affermato da questa Corte con la Sentenza numero 3004 del 2004 Il principio dell'unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l'atto contenente il controricorso. Tuttavia quest'ultima modalità non può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale. Nel caso in cui i due ricorsi risultino essere stati notificati nella stessa data, l'individuazione del ricorso principale e di quello incidentale va effettuato con riferimento alle date di deposito dei ricorsi, dovendo conseguentemente considerarsi principale il ricorso depositato per primo ed incidentale quello depositato per secondo”. Infatti, i due ricorsi sono stati notificati nella stessa data 21 novembre 2013 ma hanno avuto un diverso numero di cronologico presso l'Ufficio UNEP numero 81050, quello proposto dalle zie materne numero 81053 quello notificato dalla madre del piccolo A. e, sebbene siano stati depositati in pari data hanno avuto un diverso numero di ruolo numero 27200/13 quello delle zie numero 27204, quello della madre del minore . Ne discende che il ricorso principale è quello proposto dalle signore N.N. e F. , mentre l'altro quello notificato dalla madre di A. , signora Ha.Fa. è l'incidentale. 4. Va, quindi, esaminata l'eccezione preliminare sollevata dalla tutrice del minore, nel suo controricorso. 4.1. Secondo la controricorrente, i ricorsi sarebbero tardivi e andrebbero dichiarati inammissibili in quanto notificati il 21 novembre 2013 oltre il termine di trenta giorni, di cui all'articolo 17 della legge numero 184 del 1983, calcolato dalla notifica della sentenza di appello avvenuta il 21 maggio 2013 . 4.1.1. In particolare, mentre i ricorrenti affermano, nel loro ricorso, che la sentenza di appello sarebbe stata comunicata a mezzo PEC in data 21 maggio 2013 e non ancora notificata”, la resistente sostiene che tale affermazione, vera in punto di fatto, avrebbe ben altro significato sotto il profilo giuridico, atteso che, per effetto della modifica dell'articolo 45 delle disposizioni di attuazione del c.p.c., la comunicazione elettronica del biglietto di cancelleria avrebbe comportato anche la conoscenza del testo integrale della sentenza impugnata, così trasformandosi la comunicazione in una vera e propria notificazione, ai sensi dell'articolo 17 della legge adozioni numero 184 del 1983. 4.1.2. Del resto, dovendo le comunicazioni e le notificazioni, eseguite a cura della cancelleria, avvenire solo per via telematica, ai sensi dell'articolo 16 del DL numero 179 del 2012, convertito nella legge numero 221 del 2012 applicabile al caso , la sentenza della Corte d'Appello era stata notificata” a mezzo PEC, in quanto la comunicazione sarebbe avvenuta, in forma integrale, al difensore. 4.2. Di conseguenza, la notificazione del ricorso per cassazione, avvenuta solo il 21 novembre 2013, sarebbe tardiva così come sarebbe inammissibile il ricorso . 5. L'eccezione pone al Collegio un problema assai dibattuto nella prassi giudiziario - forense quello della portata delle comunicazioni di cancelleria effettuate a mezzo della Posta elettronica certificata PEC e delle sue conseguenze giuridiche. 5.1. La tesi della resistente è questa le prassi” delle cancellerie le quali comunicano il testo integrale del provvedimento, per ragioni di maggiore comodità e praticità anziché estrarre i dati dal provvedimento, con la comunicazione, preferirebbero trasmettere l'intero testo del provvedimento giudiziale, economizzando i tempi , consacrate anche dalla disposizione normativa nella specie l'articolo 45, secondo comma, disp. att. c.p.c., secondo cui Il biglietto contiene in ogni caso l'indicazione dell'ufficio giudiziario, della sezione alla quale la causa è assegnata, dell'istruttore se è nominato, del numero del ruolo generale sotto il quale l'affare è iscritto e del ruolo dell'istruttore, il nome delle parti ed il testo integrale del provvedimento comunicato” avrebbero eliminato del tutto la differenza tra le comunicazioni e le notificazioni. Ricevendo una comunicazione, infatti, il suo destinatario conseguirebbe - in realtà - la vera e propria notificazione dello stesso provvedimento, specie quando questa ipotesi è stabilita dalla legge come obbligo del cancelliere, come nel caso in esame, dove è prevista dall'ultimo comma dell'articolo 17 della legge adozioni numero 184 del 1983. 5.2. In effetti, secondo tale ultima disposizione, la notifica d'ufficio della sentenza della Corte d'Appello - Sezione minori - è idonea a far decorrere il termine dimidiato di trenta giorni, senza che tale limitazione temporale, quali che siano i motivi del ricorso, arrechi, nel giudizio di legittimità, alcun apprezzabile vulnus al diritto di difesa delle parti interessate, che sono perciò comunque tenute al suo rispetto, sicché il ricorso in cassazione, proposto oltre detto termine, deve essere dichiarato inammissibile da ultimo, Cass. Sez. 6-1, Ordinanza numero 10486 del 2012 . 5.3. Tuttavia, a complicare la soluzione del problema è il rilievo dell'intervento del legislatore, per mezzo del D.L. 24 giugno 2014, numero 90 convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, numero 114 , il quale ha novellato l'articolo 133 c.p.c., che ora recita Il cancelliere da atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma, ed entro cinque giorni, mediante biglietto contenente il testo integrale della sentenza, ne da notizia alle parti che si sono costituite. La comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'articolo 325”. Risulta necessario, perciò, coordinare tale nuova regola con la previsione dell'articolo 45, disp. di attuazione c.p.c., già citato al p.5.1. . 5.4. Va prima di tutto osservato che, nel caso di specie, non è applicabile il ius superveniens, trattandosi di una comunicazione effettuata precisamente, il 21 novembre 2013 prima dell'intervento della nuova disciplina legislativa. Allora, infatti, era in vigore il solo nuovo testo dell'articolo 45 disp. att. c.p.c., il cui tenore è stato sopra richiamato al p.5.1. e che stabiliva le modalità di effettuazione delle comunicazioni telematiche da parte delle cancellerie. Tuttavia la nuova disposizione va presa in considerazione perché offre un importante metro di interpretazione del complesso normativo considerato. 5.4.1. Vigente la sola previsione del nuovo testo dell'articolo 45 richiamato e non anche quella dell'articolo 133 c.p.c. deve escludersi che il nuovo tenore della disposizione di attuazione possa aver stabilito una efficacia così stringente alla comunicazione effettuata a mezzo PEC, da farla risultare - ove è previsto anche l'obbligo di notificazione d'ufficio - come una vera e propria notificazione. E ciò non solo perché il legislatore è intervenuto successivamente, con il nuovo testo dell'articolo 133 c.p.c., per chiarire che tale comunicazione non poteva avere l'efficacia della notificazione, almeno rispetto al decorso dei termini di impugnazione, ma anche perché il processo civile telematico PCT , nel cui ambito si inseriscono le comunicazioni mediante PEC, non era, a quella data, neppure generalizzato, rivestendo valore legale solo le attività autorizzate con riferimento a singoli uffici giudiziari e nella specie non è neppure allegato se la Corte d'Appello di Torino avesse ricevuto tale attribuzione . Non si capirebbe, allora, il perché detto valore rafforzato dovrebbe aver addirittura preceduto una minore efficacia giuridica rispetto a quella attuale, quale è stata stabilita dal nuovo testo dell'articolo 133 c.p.c., dettato proprio quando il PCT ha ulteriormente progredito nella sua disciplina e nel suo accrescimento di rilievo giuridico. 5.4.2. Del resto, considerati i termini assai ristretti che la notificazione d'ufficio della sentenza della Corte territoriale comporta per gli intimati e potenziali ricorrenti, ai sensi dell'articolo 17 della legge adozioni numero 184 del 1983, in una materia particolarmente delicata qual è quella dell'adozione di minori, si comprende che, in generale, l'accertamento della sua esistenza debba essere compiuto con particolare rigore, non potendosi - in mancanza di specifica prova - considerare una comunicazione di cancelleria come equipollente di una notificazione eseguita d'ufficio. 5.4.2. Infatti, nella specie, la copia conforme della ricevuta di comunicazione telematica, rilasciata in data 6 dicembre 2013, prodotta dal difensore della resistente docomma 4 del fascicolo per il giudizio di Cassazione , contiene solo un estratto dei dati della sentenza di appello e non anche la allegazione di copia del provvedimento nel suo testo integrale. 5.5. In conclusione, l'eccezione deve essere respinta in ossequio al principio di diritto secondo cui, in tema di notificazioni disposte d'ufficio dalla legge, con riferimento alla notifica d'ufficio della sentenza della Corte d'Appello - Sezione minori, non è idonea a far decorrere - per la proposizione del ricorso per cassazione - il termine dimidiato di trenta giorni, di cui all'ultimo comma dell'articolo 17 della legge adozioni numero 184 del 1983, la comunicazione della sentenza per posta elettronica certificata PEC effettuata dalla cancelleria del giudice, quand'anche essa sia eseguita anteriormente alla vigenza del nuovo testo dell'articolo 133 cod. procomma civ. con l'invio del testo dell'intero provvedimento, ai sensi dell'articolo 45 disp. att. cod. procomma civ., atteso che la disposizione dell'ultimo comma dell'articolo 17 della legge numero 184, menzionata, richiede espressamente l'esecuzione formale della notifica senza che questa possa essere surrogata da una comunicazione non importa se per estratto o per intero della sentenza. 6. Passando la merito dei ricorsi, va premesso che tutte e due le censure del ricorso principale nonché le prime tre di quello incidentale, vanno trattate unitariamente, avendo ad oggetto doglianze similari, per struttura e tenore. 6.1. Con esse, infatti, si pone a questa Corte un unico tipo di critica che, sebbene sia rubricata come vizio di violazione di legge, in realtà, compiuta solo attraverso una premessa di ordine giuridico, richiede un riesame del merito delle risultanze processuali, quelle stesse che hanno portato i giudici di merito a considerare integrata la fattispecie dello stato di abbandono del minore sia nella parte in cui si lamenta il fraintendimento o la cattiva considerazione sia nella parte in cui si duole della mancata acquisizione od esame di fatti od elementi pure allegati ma non acquisiti. 6.2. Ma un tale esame è inammissibile in questa sede sia in generale, sia attraverso le apparenti spoglie del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, dovendo, semmai porsi, tenuto conto del suo contenuto materiale, come vizio motivazionale o istruttorio, che invece non sono stati agitati. 6.3. Né migliore considerazione può avere la terza censura posta anche in base all'affermazione secondo cui sarebbe stato utile, se non indispensabile, la nomina di un mediatore culturale, per meglio comprendere alcuni atteggiamenti della madre, facenti parte della sua cultura di origine” p. 19 ricorso . 6.3.1. Infatti, in disparte il carattere ipotetico della censura, essa è infondata perché non viola alcuna disposizione di legge o principio di diritto in quanto nessuna disposizione di legge consente al giudice di far ricorso a tale figura professionale, al di fuori delle forme dell'Interpretariato o della Consulenza tecnica d'ufficio linguistico-culturale, previste dal codice di rito, senza che ciò comporti una menomazione del diritto di difesa del genitore del minore sottoposto ad osservazione ai fini della dichiarazione dello stato di adottabilità. Questa Corte ha, del resto, già avuto modo di affermare Cass. Sez. 1, Sentenza numero 26204 del 2013 che È manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale delle norme che regolano il procedimento per la dichiarazione dello stato di abbandono e di adottabilità del minore ai sensi della legge 4 maggio 1983, numero 184, in relazione agli artt. 2 e 24 Cost., nella parte in cui non prevedono, in caso di genitori stranieri, la partecipazione obbligatoria di un interprete o di un mediatore culturale, in quanto la necessità costituzionale e convenzionale della difesa tecnica in favore dei genitori, prevista dall'articolo 8, ultimo comma, della legge numero 184 del 1983, unita alla prescrizione normativa della nomina di un interprete nell'ipotesi di non comprensione e conoscenza della lingua italiana articolo 122 cod. procomma civ. e alla facoltà del giudice di richiedere un'indagine tecnica per integrare, mediante contributi provenienti da diverse discipline, gli elementi di giudizio necessari, con possibilità di nominare consulenti di parte, escludono qualsiasi vulnus al diritto di difesa” principio di diritto a cui va data continuità in questa sede. 7. Residuano, perciò, le due ultime censure del solo ricorso incidentale, quelle con le quali si lamenta che la sentenza impugnata contenga violazioni di legge e quarto motivo anche per vizi motivazionali riguardanti l'esperita CTU di natura psicologica, svoltasi nel corso del giudizio di primo grado, e rispetto alla quale la ricorrente incidentale ha sollevato numerose contestazioni di cui pure la sentenza di appello da ampio risconto. 7.1. I detti due motivi di ricorso, tra loro strettamente connessi e con vari punto di contatto relativi alle doglianze attinenti alla violazione del principio del contraddittorio, sollevato con riferimento alla regolarità della CTU , meritano un esame congiunto. Con essi, infatti, si censura la sentenza della Corte territoriale perché, in violazione della legge processuale e del principio del contraddittorio, da un lato, non sarebbe stata consentita la difesa tecnica nel corso della CTU e, da un altro, non si sarebbe data risposta specifica alle deduzioni del difensore che si sarebbe sostituito nelle osservazioni critiche, al consulente non ammesso. 7.1. La duplice censura è infondata, poiché il dispositivo della sentenza è corretto, anche se come si dirà la motivazione che lo sorregge deve essere corretta, ai sensi dell'articolo 384, quarto comma, c.p.c 7.2. Il provvedimento è stato censurato sotto una pluralità di profili , alcuni di ordine metodologico e giuridico altri di ordine materiale e motivazionale. 7.3. Cominciando con le censure motivazionali, esse vanno respinte in quanto la Corte territoriale le ha compiutamente esaminate e definite irrilevanti, anche per la loro marginalità rispetto al complessivo tessuto motivazionale ed alla consistenza e articolazione della relazione del CTU. A tal proposito, le censure della ricorrente, la quale sostiene che vi sarebbe stato un travisamento di alcuni passaggi registrati nella complessiva osservazione del minore, e che in base ad essi sollecita un loro riesame, non possono essere accolte, sia per la loro perifericità, rispetto a tutto il compendio motivazionale piuttosto ampio ed articolato e forte di una pluralità assai corposa di argomentazioni , sia in quanto sprovviste di una sia pur minima indicazione della loro decisività, ove risultassero - come si afferma - fondate. 7.4. Diverso spessore hanno, invece, le ipotizzate violazioni di legge. Queste si compendiano in due distinte censure a il mancato accoglimento della nomina del CTP, in quanto tardiva quinto motivo b la mancata esplicita considerazione delle osservazioni svolte con la memoria del difensore, prima e dopo il deposito della relazione scritta del CTU quarto motivo . 7.4.1. È necessario, procedendo in ordine logico, cominciare dalla censura relativa al mancato accoglimento della richiesta di nomina del CTP, per quanto essa sia stata formulata oltre il termine di cui all'articolo 201 c.p.c 7.4.1.1. A tal proposito questa Corte deve osservare che, pacifica la natura ordinatoria di quel termine, il precedente di questa Corte, fatto proprio dal giudice di merito, non appare condivisibile, anche in rapporto ai successivi pronunciati, sulla prorogabilità dei termini ordinatori, intervenuti in sede di legittimità. Secondo la menzionata risalente decisione Cass. Sez. 1, Sentenza numero 8976 del 1992 La natura ordinatoria del termine assegnato alle parti dal giudice nella specie, per la nomina di un consulente tecnico di parte, ex articolo 201 cod. procomma civ. non comporta che la sua inosservanza sia priva di effetti giuridici, atteso che il rimedio per ovviare alla scadenza del termine è quello della proroga prima del verificarsi di essa, ai sensi dell'articolo 154 cod. procomma civ Pertanto, il decorso del termine ordinatorio senza la previa presentazione di un'istanza di proroga ha gli stessi effetti preclusivi della scadenza del termine perentorio ed impedisce la concessione di un nuovo termine per svolgere la medesima attività”. 7.4.1.2. Ove si accedesse a tale interpretazione si dovrebbe negare ogni possibilità d'intervento, seppure tardivo, al difensore tecnico che sia stato nominato come nella specie in ritardo anche in procedimenti di così rilevante importanza, senza che sia data alla parte, nel cui interesse quella facoltà è accordata, il potere di chiedere una remissione in termini, motivandone le ragioni in conformità alla previsione dell'articolo 154 c.p.c., e senza pregiudizio dell'attività procedimentale già svoltasi. Infatti, tale disposizione Art. 154 Prorogabilità del termine ordinatorio stabilisce che Il giudice, prima della scadenza, può abbreviare, o prorogare anche d'ufficio, il termine che non sia stabilito a pena di decadenza. La proroga non può avere una durata superiore al termine originario. Non può essere consentita proroga ulteriore, se non per motivi particolarmente gravi e con provvedimento motivato”. Tale possibilità, dunque, sia pure per ragioni di tipo eccezionali può essere richiesta e concessa dal giudice su motivata istanza della parte che sia incorsa nella decadenza. Così si è stabilito che a la non prorogabilità di un termine processuale ordinatorio che sia già stato prorogato o che sia scaduto, non costituisce una qualità che comporti un mutamento di natura del termine medesimo e la sua trasformazione in perentorio ne consegue che lo scadere di un termine ordinatorio prorogato non produce effetti preclusivi, conformemente al disposto di cui all'articolo 152 cod. procomma civ., sempre che non si sia verificata una situazione esterna incompatibile Sez. L, Sentenza numero 9288 del 1995 b i termini ordinatori possono essere prorogati sia prima che dopo la loro scadenza senza che, nella seconda ipotesi, possano derivare effetti preclusivi analoghi a quelli che conseguono all'inosservanza di un termine perentorio pertanto, il termine per la notifica del ricorso per la riassunzione del processo interrotto e del decreto di fissazione dell'udienza apposto ai sensi dell'articolo 303 cod. procomma civ. può essere prorogato dopo la scadenza, salvo che non sia già decorso il semestre dalla dichiarazione di interruzione Sez. 1, Sentenza numero 1364 del 2000 c ai sensi dell'articolo 154 cod. procomma civ., i termini ordinatori possono essere prorogati dal giudice che li ha emessi solo a condizione ch'essi non siano ancora scaduti e che la proroga non superi la durata del termine originario, mentre una eventuale ulteriore proroga è subordinata, in conformità a quanto disposto dall'articolo 12, primo comma, disp. prel. cod. civ., a che ricorrano motivi particolarmente gravi adeguatamente evidenziati nel provvedimento con il quale venga concessa Sez. 2, Ordinanza numero 6895 del 2003 . 7.4.1.3. Quindi anche il termine per la nomina del CTP può essere prorogato dopo la sua scadenza, beninteso per motivi particolarmente gravi e con provvedimento motivato”. Sennonché, la ricorrente non ha indicato i fatti in base ai quali tale facoltà doveva esserle concessa, ragione per la quale la decisione di merito - al di là del formalistico e non condivisibile principio di diritto richiamato - non avrebbe potuto essere diversa da quella data non potendosi ritenere la gravità della richiesta insita nella stessa e sola natura del procedimento di apertura dello stato di adottabilità di un minore, pur essendo questo un procedimento particolarmente delicato e suscettivo di particolare considerazione per gli interessi primari coinvolti . 7.4.2. Ma anche la seconda delle due censure, per quanto anch'essa astrattamente condivisibile, non può essere accolta in concreto, per essere corretto il dispositivo anche se modificabile la motivazione che lo sorregge. 7.4.2.1. Infatti, proprio per la delicatezza della materia e per la particolare qualificazione dei difensori che di essa si occupano, non è sicuramente applicabile alla CTU psicologica, esaminata da un collegio misto, particolarmente qualificato nella materia de qua nel quale, assieme ai componenti togati, siedono anche esperti nelle materie psicologiche minorili , il principio di diritto - enunciato per talune alcune materie particolarmente specialistiche - a cui si è, invece, attenuto il giudice distrettuale. Secondo tale non condivisibile regula iuris a non è affetta dal vizio di motivazione la sentenza del giudice di appello che, seguendo le conclusioni del consulente tecnico di ufficio nominato nel secondo grado del giudizio, ometta una specifica risposta alle note critiche alla relazione peritale, redatte dal difensore della parte e quindi non da un organo tecnico in grado di muovere censure con crisma di attendibilità fattispecie relativa a consulenza volta a ricostruire la gestione economica di un'azienda agricola Sez. L, Sentenza numero 8297 del 2005 b non è affetta dal vizio di motivazione la sentenza del giudice di appello che, seguendo le conclusioni del consulente tecnico di ufficio nominato nel secondo grado del giudizio, ometta una specifica risposta alle note critiche alla relazione peritale, redatte dal difensore della parte e quindi non da un organo tecnico in grado di muovere censure d'ordine medicolegale con crisma di attendibilità Sez. L, Sentenza numero 9921 del 1994 . 7.4.2.2. Infatti, il giudice distrettuale avrebbe potuto in special modo per la presenza di componenti qualificati nello stesso collegio giudicante e dovuto attenersi al diverso principio di diritto secondo cui, in tema valutazione delle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, il giudice non può ricusare di rispondere alle note critiche dirette contro la relazione peritale, quand'anche redatte dal difensore della parte, specie quando manchino le osservazioni del CTP nella specie non ammesso perché tardivamente nominato ed esse abbiano carattere decisivo ai fini dell'esito della lite. 7.4.2.3. Nel caso di specie, tuttavia, il giudice distrettuale non avrebbe potuto decidere diversamente da come ha fatto, mancando allegazioni o dimostrazione della decisività di quelle osservazioni critiche, avendo il giudice, di fatto, risposto ad ogni osservazione formulata nella sua ampia motivazione e non avendo la ricorrente mostrato quale parte delle dette critiche di carattere decisivo sarebbe rimasta nella motivazione del giudice distrettuale. 8. In conclusione, il ricorso è complessivamente infondato e va, pertanto, respinto, sia pure correggendo la motivazione della sentenza impugnata, nei sensi espressi nei pp. 7.4.1.2. - 7.4.2.3. della motivazione ciò che comporta la necessità di compensare tra le parti anche in relazione alla particolarità del caso esaminato ed alla estrema delicatezza della materia trattata , le spese del giudizio, dando atto dell'esenzione dal pagamento del contributo unificato. P.Q.M. Riunisce i ricorsi e li respinge. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione, dando atto che non si applica l'articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. numero 115 del 2002. Dispone che, ai sensi dell'articolo 52 D. Lgs. numero 198 del 2003, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.