Azione esecutiva sui beni del fondo patrimoniale: solo quando l’obbligazione è assunta per esigenze, primarie e secondarie, familiari

In tema di esecuzione sui beni del fondo patrimoniale, non è soggetto ad esecuzione il debito contratto per esigenze estranee ai bisogni familiari. Nella nozione di bisogni familiari sono ricompresi non solo quelli essenziali del nucleo familiare, ma anche quelli il cui soddisfacimento sia funzionale alla vita familiare.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 15886, depositata l’11 luglio 2014. Il caso. Due coniugi si opponevano all’esecuzione promossa nei loro confronti da parte della Banca, poiché ritenevano impignorabile, ai sensi dell’art. 170 c.c. esecuzione sui beni e sui frutti , il bene immobile sottoposto a pignoramento, perché conferito nel fondo patrimoniale costituito con atto notarile anteriore all’iscrizione dell’ipoteca concessa a garanzia di un finanziamento bancario. Il Tribunale rigettava l’opposizione. I soccombenti ricorrevano allora in Cassazione denunciando la violazione dell’art. 2697 c.c. onere della prova , per aver il Giudice di merito fondato la propria decisione sulla presunzione che ogni esercizio di attività d’impresa verrebbe intrapreso e svolto per esigenze della famiglia e per aver posto a carico di colui che opponga l’impignorabilità del bene, costituito in fondo patrimoniale, l’onere di provare che il creditore conosceva che l’obbligazione, da cui il debito scaturisce, era contratta per scopi estranei alla famiglia. Onere della prova. Nel caso di opposizione proposta dal debitore avverso l’esecuzione avente ad oggetto beni costituiti in fondo patrimoniale, per contestare il diritto del creditore di agire esecutivamente ex art. 616 c.p.c., l’onere della prova grava sul debitore opponente. Egli, in particolare, deve provare la regolare costituzione del fondo patrimoniale, la sua opponibilità al creditore pignorante e che il debito per cui si procede fu contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia. Nel caso di specie, la Corte rileva che il Giudice di merito aveva fatto buon uso del suddetto principio. Quindi, la prima censura va rigettata. Esecuzione sui beni in fondo patrimoniale le esigenze famigliari vanno intese in senso lato. La Cassazione affronta, poi, la questione identificativa dei crediti che, essendo stati contratti per far fronte ai bisogni della famiglia, possono essere soddisfatti anche in via esecutiva, ricordando il principio di diritto, secondo il quale in tema di esecuzione sui beni del fondo patrimoniale e i suoi frutti di essi, il disposto dell’art. 170 c.c., nel testo di cui alla L. n. 151/1975, per il quale detta esecuzione non può aver luogo per i debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia, va inteso non in senso restrittivo, vale a dire con riferimento alla necessità di soddisfare l’indispensabile per l’esistenza della famiglia , bensì nel senso di ricomprendere in tali bisogni anche quelle esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, restando escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi Cass., n. 134/1984 . Quali debiti ricondurre ai bisogni della famiglia? L’indagine del giudice deve riguardare il fatto generatore. D’altra parte – aggiunge la Corte – la destinazione ai bisogni della famiglia non può desumersi per il solo fatto che il debito sia sorto nell’esercizio dell’impresa Cass. 31 maggio 2006 , nemmeno però tale circostanza può escludere che il debito possa dirsi contratto per soddisfare tali bisogni Cass., n. 15862/2009 . Occorre, infatti, che l’indagine del giudice si rivolga al fatto generatore dell’obbligazione, a prescindere dalla sua natura. I beni costituiti in fondo patrimoniale non potranno essere sottratti all’azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell’obbligarsi sia quello di soddisfare i bisogni della famiglia, intesi in senso da farvi ricomprendere bisogni oggettivi e soggettivi. I coniugi si erano obbligati per far fronte al sostentamento della famiglia. Nel caso in esame il Giudice di merito aveva fatto un uso corretto dei principi consolidati in sede di legittimità. Difatti, il bene vincolato in fondo patrimoniale, concesso in ipoteca a garanzia del mutuo, non poteva ritenersi escluso dall’esecuzione poiché entrambi i coniugi erano soci ed amministratori della società debitrice, l’unica fonte di sostentamento della famiglia era l’impresa e la concessione stessa in garanzia presupponeva che il debito fosse destinato al mantenimento di esigenze famigliari. Il Giudice di merito aveva svolto un accertamento di fatto, congruentemente motivato, incensurabile perciò in sede di legittimità. La Cassazione rigetta così il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 26 marzo – 11 luglio 2014, numero 15886 Presidente Salmè – Relatore Vivaldi Svolgimento del processo M.F. e N.N.T. proposero opposizione all'esecuzione promossa nei loro confronti da Monte Paschi Siena Gestione Crediti Banca spa assumendo che il bene immobile sottoposto a pignoramento fosse da ritenere impignorabile ai sensi dell'art. 170 c.c. perché conferito nel fondo patrimoniale costituito con atto notarile trascritto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Firenze in data 19.10.1994 in epoca, quindi, anteriore, sia all'iscrizione dell'ipoteca dagli stessi concessa a garanzia del mutuo da parte di Monte Paschi Siena Gestione Crediti Banca spa alla G.I.E.P. srl, sia al pignoramento trascritto nell'anno 2003. La convenuta Monte Paschi Siena Gestione Crediti Banca spa, costituitasi, contestò il fondamento dell'opposizione chiedendo, in ogni caso, di essere tenuta indenne da ogni danno dal notaio stipulante il rogito, Ma.Gi. , del quale chiese ed ottenne la chiamata in causa. Quest'ultimo, costituitosi, chiamò in causa la compagnia di assicurazioni Unipol. Con sentenza del 21.11.2007, il tribunale rigettò l'opposizione. M.F. e N.N.T. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Resiste con controricorso illustrato da memoria Monte Paschi Siena Gestione Crediti Banca spa. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. per avere il Giudice fondato la propria decisione sulla base di presunzioni, in particolare sulla presunzione che ogni esercizio di attività d'impresa verrebbe per ciò stesso intrapreso e svolto per esigenze della famiglia, e per aver posto a carico di colui che opponga l'impignorabilità del bene costituito in fondo patrimoniale l'onere di provare che il creditore conosceva che l'obbligazione da cui il debito scaturisce era contratta per scopi estranei alla famiglia. Il tutto in palese violazione sia dei principi che regolano la distribuzione dell'onere della prova, in primis quello dettato dall'art. 2697 c.c., sia dei principi affermati dalla sentenza della Cassazione Civ., sez. III, 31/05/06 numero 12998 in relazione all'art. 360 numero 3 c.p.c. Omesso esame di un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 numero 5 c.p.c. . 2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione di norma di diritto per avere il Giudice di primo grado errato nell'interpretazione della norma di cui all'art. 170 c.c., applicandola in modo da giungere a conseguenze diverse da quelle previste dalla norma stessa, così violando altresì la norma dell'art. 12 disp. prel. c.c. in relazione all'art. 360 numero 3 e 5 c.p.c. . 3. I motivi, che attengono, sotto diversi profili al tema della impignorabilità del bene costituito in fondo patrimoniale e degli oneri probatori relativi, sono esaminati congiuntamente. Essi non sono fondati. Queste le ragioni. 3.1. In primo luogo, va ribadito il principio affermato da questa Corte, e correttamente applicato dal giudice di merito, per il quale l'onere della prova dei presupposti di applicabilità dell'art. 170 c.c., grava sulla parte che intende avvalersi del regime di Impignorabilità dei beni costituiti in I fondo patrimoniale. Nel caso dell'opposizione proposta dal debitore avverso l'esecuzione avente ad oggetto tali beni, al fine di contestare il diritto del creditore di agire esecutivamente ex art. 615 c.p.c., l'onere della prova grava sul debitore opponente questi non deve provare soltanto la regolare costituzione del fondo patrimoniale e la sua opponibilità nei confronti del creditore pignorante, ma anche che il debito per cui si procede fu contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia. Si tratta di prova che, sulla base dei principi generali, può essere fornita anche avvalendosi di presunzioni ai sensi dell'art. 2729 c.c., gravando, comunque, sull'opponente l'onere di allegare e dimostrare i fatti noti, da cui desumere, in via presuntiva, i fatti oggetto di prova. 3.2. Quanto al criterio identificativo dei crediti che, essendo stati contratti per fare fronte ai bisogni della famiglia, possono essere soddisfatti anche in via esecutiva, va ribadito il principio di diritto per il quale in tema di esecuzione sui beni del fondo patrimoniale e sui frutti di essi, il disposto dell'art. 170 c.c., nel testo di cui alla L. 19 maggio 1975, numero 151 - per il quale detta esecuzione non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia, va inteso non in senso restrittivo, vale a dire con riferimento alla necessità di soddisfare l'indispensabile per l'esistenza della famiglia, bensì - analogamente a quanto, prima della riforma di cui alla richiamata L. numero 151 del 1975, avveniva per i frutti dei beni dotali - nel senso di ricomprendere in tali bisogni anche quelle esigenze volte al pieno mantenimento ed all'armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, restando escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi così già Cass. 7.1.1984 numero 134, seguita da Cass. 18.9.2001 numero 11683 Cass. 30.5.2007 numero 12730 Cass. 7.7.2009 numero 15862 Cass. 19.2.2013 numero 4011 . Si è, quindi, preferita una nozione di bisogni della famiglia piuttosto ampia, per la quale si esclude che bisogni rilevanti siano soltanto quelli essenziali del nucleo familiare, ma vi si comprendono anche altre esigenze, purché il loro soddisfacimento sia funzionale alla vita della famiglia. Inoltre, sì è attribuita rilevanza, non solo ai bisogni oggettivi, ma anche a quelli soggettivamente ritenuti tali dai coniugi, adottandosi peraltro un parametro di valutazione negativo, secondo quanto sopra. Come è noto, controversa è la possibilità di ricondurre ai bisogni della famiglia i debiti derivanti dall'attività professionale o di impresa di uno dei coniugi anche in considerazione del fatto che i redditi relativi sono di norma, ma non necessariamente, destinati al mantenimento della famiglia Cass. 18.9.2001 numero 11683 . Sotto questo profilo, se è vero che la destinazione ai bisogni della famiglia non può dirsi sussistere per il solo fatto che il debito sia sorto nell'esercizio dell'impresa Cass. 31.5.2006 , tuttavia tale circostanza non è neppure idonea ad escludere, in via di principio, che il debito possa dirsi contratto per soddisfare tali bisogni Cass. 7.7.2009 numero 15862 . Piuttosto, occorre che l'indagine del giudice si rivolga specificamente al fatto generatore dell'obbligazione, a prescindere dalla natura di questa i beni costituiti in fondo patrimoniale non potranno essere sottratti all'azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell'obbligarsi sia quello di soddisfare i bisogni della famiglia, da intendersi non in senso meramente oggettivo, ma nel senso ampio indicato, nel quale sono ricompresi anche i bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell'indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari v. anche Cass. 19.2.2013 numero 4011 . 3.3. Il Tribunale di Firenze non si è discostato dai principi appena richiamati. Ed invero, dopo aver ribadito l’interpretazione estensiva della norma quanto all'individuazione dei bisogni della famiglia rilevanti ex art. 170 c.c., ha affermato che gli attuali ricorrenti non avevano adempiuto all'onere probatorio sugli stessi gravante limitandosi invece ad insistere sulla qualità del debito, come ictu oculi estraneo ai bisogni della famiglia in quanto assunto dalla G.I.E.P. s.r.l. per esigenze di impresa concludendo per il rigetto dell'opposizione. La statuizione è basata su di un accertamento in fatto accertamento che, per essere relativo alla riconducibilità dei debiti alle esigenze della famiglia, è istituzionalmente riservato al giudice del merito e non è censurabile in cassazione, se congruamente motivato, come nella specie da ultimo Cass. 24.1.2012 numero 933 . Il giudice del merito ha, infatti, ritenuto non adeguatamente provato detto presupposto perché a il debito era stato contratto dalla società G.I.E.P. s.r.l. della quale gli attuali ricorrenti erano, entrambi, soci, il M. anche Presidente del consiglio di amministrazione e la N. consigliere dello stesso b la garanzia ipotecaria era stata concessa per conseguire un finanziamento in favore della società gestita dagli stessi soci M. e N. c in difetto di qualsiasi prova od allegazione su di una qualche diversa fonte di sostentamento della famiglia, doveva presumersi che proprio e soltanto dall'attività d'impresa derivassero i mezzi di sostentamento del nucleo familiare d gli opponenti avevano previsto nell'atto di costituzione del fondo patrimoniale la possibilità di concedere il bene in garanzia senza necessità di autorizzazione ex art. 169 c.p.c Sotto quest'ultimo profilo, l'esercizio della detta facoltà, con la concessione in garanzia sui beni costituiti in fondo patrimoniale al fine di conseguire un finanziamento in favore della società dagli stessi gestita, costituiva ulteriore elemento della destinazione del finanziamento alle esigenze familiari. L'esame dei profili relativi all'istanza di manleva resta, quindi, assorbito dalle conclusioni raggiunte. 4. Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, sono poste a carico solidale dei ricorrenti. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese in favore di Monte Paschi Siena Gestione Crediti Banca spa che liquida in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 8.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.