Assistenza fornita per l’ammissione al concordato preventivo di società poi fallita: il credito ha natura privilegiata e va soddisfatto in prededuzione

Il credito del professionista, sorto a seguito delle prestazioni rese in favore del fallimento per la redazione del concordato preventivo e per la relativa assistenza, va soddisfatto in prededuzione, ai sensi dell’art. 111, comma 2, l. fall., che ha portata generale, non prevede alcuna restrizione e risponde all’esigenza di favorire il ricorso alle procedure concorsuali diverse dal fallimento.

Con la argomentata pronuncia n. 8958 del 17 aprile 2014, la Corte di Cassazione ribadisce la natura privilegiata del credito relativo all’assistenza professionale prestata in favore di un società, poi fallita, per l’ammissione, in precedenza, al concordato preventivo. Il caso. La vicenda decisa dalla Cassazione in commento ha origine dal ricorso promosso da alcuni legali avverso un decreto del Tribunale di Verona che, pur riconoscendo il credito per l’attività di detti legali, nell’ambito di un concordato preventivo in favore di un società poi fallita, di natura privilegiata, ne escludeva la prededucibilità alla base del decreto impugnato vi è la considerazione che l’ammissione dei suddetti crediti come prededucibili costituirebbe un trattamento di favore rispetto al credito del professionista che redige la relazione di cui all’art. 161 l. fall., sempre in tema di concordato preventivo. Il Supremo Collegio accoglie il ricorso argomentando sulla natura della procedura di concordato preventivo – non più liquidatoria ma di supporto all’impresa – e sulla particolare funzione che tale procedura offre al fine di risanare un’impresa in difficoltà, nel senso di favorire le soluzioni concordate alle crisi di impresa rispetto al fallimento. Prima della riforma della 2006. Alla stregua del dato testuale di cui all’art. 111 l. fall. vigente prima della modifica apportata dal d.lgs. n. 5/2006, la giurisprudenza era unanime nell’affermare che i crediti nascenti da obbligazioni contratte nel corso della procedura di concordato preventivo, cui segua la risoluzione per inadempimento, non possono, nel successivo fallimento, essere soddisfatti in prededuzione e gli atti solutori degli stessi, sia di natura dispositiva che meramente liquidatoria, sono suscettibili, ricorrendone i presupposti, di revocatoria fallimentare, stante la funzione liquidatoria del concordato, rispetto alla quale la continuazione dell’esercizio dell’impresa da parte del debitore è estranea, in quanto meramente eventuale. Crediti non prededucibili e funzione del concordato preventivo. Il fatto che i crediti nascenti da obbligazioni contratte nel corso della procedura di concordato preventivo, in caso di successivo fallimento, non potessero essere soddisfatti in prededuzione derivava, nell’orientamento di cui si è fatto poc’anzi cenno, dalla funzione meramente liquidatoria del concordato, rispetto alla quale è estranea in quanto meramente eventuale la continuazione dell’esercizio dell’impresa da parte del debitore. In tale prospettiva, analogamente, si escludeva la sussistenza della consecutività tra la procedura di amministrazione controllata e quella di concordato preventivo, quando, dopo la procedura di amministrazione controllata vi era stato, ad esempio, stato il ritorno in bonis dell’imprenditore. Dopo la riforma della legge fallimentare. Alla stregua del testo attualmente in vigore dell’art. 111 l. fall., modificato come in precedenza ricordato, si è invece affermato che è prededucibile nel successivo fallimento il credito del professionista che ha redatto la relazione che deve accompagnare la domanda di concordato preventivo pur in seguito non approvata dai creditori, perché, per aversi crediti sorti in funzione di una procedura a norma dell’art. 111 l. fall., è sufficiente che la domanda stessa sia dichiarata ammissibile. La nuova formulazione, infatti, per favorire il ricorso, rispetto al fallimento, a forme di soluzioni concordate per la crisi di imprese, ha introdotto una deroga al principio della par condicio creditorum , estendendo, in caso di fallimento, la prededucibilità di tutti i crediti sorti in funzioni di precedenti procedure concorsuali. Credito prededucibile ed interessi della procedura La Corte di Cassazione, quindi, nel richiamare il mutamento di prospettiva in questione, ha affermato, pertanto, che la qualificazione di un credito come prededucibile non deriva, soltanto, dal riferimento al nesso tra l'insorgere del credito e gli scopi della procedura, ma anche con riguardo alla circostanza che il pagamento del credito, ancorché avente natura concorsuale, rientri negli interessi della massa e, dunque, risponda agli scopi della procedura stessa, in quanto utile alla gestione fallimentare, attuando, così, la prededuzione un meccanismo satisfattorio destinato a regolare non solo le obbligazioni della massa sorte al suo interno, ma anche tutte quelle che interferiscono con l'amministrazione fallimentare ed influiscono sugli interessi dell'intero ceto creditorio.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 17 dicembre 2013 – 17 aprile 2014, n. 8958 Presidente Salmè – Relatore Mercolino Svolgimento del processo 1. - Gli avv. R.M. e B.A.V.G. proposero opposizione allo stato passivo del fallimento della Alberghi del Sole S.r.l., chiedendo la collocazione in prededuzione, e in subordine in via privilegiata ai sensi dell'art. 2751 bis n. 2 cod. civ., dei crediti rispettivamente vantati per l'attività professionale prestata in favore della società fallita in concomitanza con l'ammissione della stessa alla procedura di concordato preventivo che aveva preceduto la dichiarazione di fallimento, ed ammessi al passivo in parte in via privilegiata ed in parte in chirografo. L'avv. R. chiese inoltre il riconoscimento della medesima collocazione in favore di ulteriori crediti per attività professionale da essa prestata unitamente ad altri avvocati, cui era stato conferito mandato per giudizi da promuoversi fuori del suo distretto di assegnazione. 1.1. — Con decreto del 10 febbraio 2012, il Tribunale di Verona ha rigettato l'opposizione. Premesso che l'art. 111, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come modificato dal d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, nel prevedere la prededucibilità dei crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali minori, evoca un concetto rispettivamente di derivazione temporale e di finalizzazione causale, il Tribunale ha ritenuto che, nonostante l'asserita strumentalità all'instaurazione della procedura di concordato preventivo, i crediti fatti valere dagli opponenti non potessero essere ammessi in prededuzione, osservando che il riconoscimento di tale collocazione avrebbe comportato un trattamento più favorevole rispetto a quello previsto dall'art. 182 quater, quarto comma, della legge fall., introdotto dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, per il credito del professionista incaricato della relazione di cui all'art. 161 della legge fall. mentre infatti per tale credito, derivante da un'attività essenziale ed imprescindibile per le esigenze della procedura concorsuale, la prededuzione è subordinata ad un'espressa pronuncia del tribunale, per il credito del legale essa dovrebbe essere riconosciuta per il solo fatto che l'attività professionale è stata svolta, nonostante il carattere meramente ausiliario dell'assistenza prestata ai fini dell'ammissione alla procedura. Quanto al privilegio di cui all'art. 2751-bis cod. civ., il Tribunale ne ha ritenuto corretto il riconoscimento in favore dell'intero credito per onorari maturato alla data di cessazione dell'incarico, dovendosi avere riguardo all'attività svolta nella sua integralità, confermando invece che per i diritti di procuratore la frazionabilità delle singole attività svolte dal professionista giustificava la sua limitazione ai crediti derivanti dalle prestazioni rese nel biennio precedente. 2. - Avverso il predetto decreto gli avv. R. e B. propongono ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, illustrati anche con memoria. Il curatore del fallimento non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione 1. — Con il primo motivo d'impugnazione, i ricorrenti denunciano la violazione e la falsa applicazione dell'art. 111, secondo comma, della legge fall., e dell'art. 12 disp. prel. cod. civ., sostenendo che, nell'escludere la prededucibilità dei crediti derivanti dall'assistenza prestata ai fini dell'ammissione al concordato, il Tribunale ha trascurato la formulazione letterale dell'art. 111, secondo comma, cit. e l'intenzione del legislatore. La norma in esame distingue infatti chiaramente tra i crediti prededucibili per specifica disposizione di legge e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali, estendendo a questi ultimi la prededucibilità, al fine di incentivare l'imprenditore a fare ricorso allo strumento del concordato preventivo. Nel conferire rilievo all'art. 182 quater, quarto comma, della legge fall., il Tribunale ha inoltre omesso di tener conto che tale disposizione, riguardante la prededucibilità dei crediti in sede di concordato, ha natura speciale rispetto a quella generale dettata dall'art. 111 con riferimento all'accertamento dello stato passivo in sede fallimentare. 2. — Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando il decreto impugnato nella parte in cui ha immotivatamente ritenuto che l'attività professionale da loro svolta fosse finalizzata all'instaurazione della procedura di concordato preventivo, mentre si trattava di assistenza prestata per tutto il corso della procedura in virtù d'incarichi riferibili al periodo successivo alla proposizione della domanda di ammissione al concordato, per uno dei quali era intervenuta anche l'autorizzazione del Giudice delegato, e diretta a salvaguardare posizioni di credito della società e a difenderla da pretese insussistenti, nell'interesse non solo della società, ma anche della massa dei creditori. 3. — I due motivi devono essere esaminati congiuntamente, avendo entrambi ad oggetto la questione riguardante la prededucibilità dei crediti derivanti dallo svolgimento di attività professionale collegata alla procedura di concordato preventivo svoltasi anteriormente alla dichiarazione di fallimento. La questione in esame è stata già affrontata da questa Corte in riferimento al i S credito derivante dall'attività svolta ai fini della redazione della domanda di ammissione al concordato preventivo ed alla relativa assistenza, ed è stata risolta nel senso che anche questi crediti rientrano tra quelli da soddisfarsi in prededuzione ai sensi dell'art. 111, secondo comma, della legge fall., come modificato dall'art. 99 del d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 si è infatti affermato che tale disposizione, nell'in-dicare come prededucibili i crediti così qualificati da una specifica disposizione di legge e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge ”, detta un precetto di carattere generale che, per favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d'impresa, introduce un'eccezione al principio della par condicio creditorum, estendendo, in caso di fallimento, la prededucibilità a tutti i crediti sorti in funzione di precedenti procedure concorsuali cfr. Cass., Sez. 1,18 aprile 2013, n. 9489 8 aprile 2013, n. 8533 . Tale conclusione trova conforto nelle innovazioni apportate dall'art. 99 cit., le quali hanno indotto questa Corte a modificare il proprio orientamento, formatosi sulla base della precedente formulazione dell'art. 111, per effetto del quale, in caso di fallimento, i crediti nascenti da obbligazioni contratte nel corso di una precedente procedura di concordato preventivo non potevano essere soddisfatti in prededuzione, e ciò in considerazione della funzione meramente liquidatoria del concordato, alla quale doveva ritenersi estranea la continuazione dell'esercizio dell'impresa da parte del debitore, salvo che tale continuazione non avesse costituito elemento essenziale della proposta di concordato cfr. Cass., Sez. I, 14 febbraio 2011, n. 3581 14 luglio 1997, n. 6352 27 ottobre 1995, n. 11216 . Il collegamento dei crediti prededucibili con le procedure concorsuali, espressamente previsto dal nuovo testo della norma in esame, ha consentito di affermare che la prededuzione attua un meccanismo satisfattorio destinato a regolare non solo le obbligazioni della massa sorte all'interno della procedura, ma tutte quelle che interferiscono con l'amministrazione fallimentare ed influiscono per l'effetto sugli interessi dell'intero ceto creditorio in tal senso depone il duplice criterio cui è subordinato il riconoscimento della prededucibilità al di fuori dei casi in cui essa costituisca il risultato di un'espressa qualificazione di legge, dovendosi ritenere che, attraverso la limitazione del beneficio ai crediti sorti in occasione o in funzione ” di procedure concorsuali, il legislatore abbia inteso riferirsi in via alternativa ad obbligazioni derivanti da attività svolte nell'ambito della procedura o comunque strumentali alle finalità della stessa. È stato infatti precisato che, al di fuori dell'ipotesi in cui il credito si riferisca ad obbligazioni contratte direttamente dagli organi della procedura per gli scopi della procedura stessa, il collegamento occasionale ovvero funzionale posto dal dettato normativo deve intendersi riferito al nesso, non tanto cronologico né solo teleologico, tra l'insorgere del credito e gli scopi della procedura, strumentale in quanto tale a garantire la sola stabilità del rapporto tra il terzo e l'organo fallimentare, ma altresì nel senso che il pagamento di quel credito, ancorché avente natura concorsuale, rientra negli interessi della massa, e dunque risponde allo scopo della procedura, in quanto inerisce alla gestione fallimentare cfr. Cass., Sez. I, 7 marzo 2013, n. 5705 5 marzo 2012, n. 3402 . In tal senso depone anche l'art. 67, terzo comma, lett. g , della legge fall., il quale, sottraendo alla revocatoria fallimentare i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti dall'imprenditore alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso alla procedura di concordato preventivo, conferma ulteriormente il regime di favore introdotto al fine d'incentivare il ricorso a procedure concorsuali diverse da quella liquidatoria del fallimento. Non meritano dunque consenso le conclusioni cui è pervenuto il decreto impugnato, il quale, pur avendo affermato la riconducibilità dei crediti fatti valere dai ricorrenti all'attività dagli stessi prestata ai fini dell'instaurazione della procedura di concordato preventivo, ne ha negato l'ammissione in prededuzione, in virtù del carattere non essenziale della predetta attività, posta a confronto con quella svolta dal professionista incaricato di predisporre la relazione di cui agli artt. 161, terzo comma, e 182-bis, primo comma, della legge fall. Inappropriato, al riguardo, deve ritenersi il richiamo dell'art. 182 quater, quarto comma, della legge fall., introdotto dall'art. 48, comma primo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 , che, nel riconoscere la prededucibilità del compenso spettante al predetto professionista, la subordinava ad un'espressa disposizione del provvedimento di ammissione al concordato preventivo tale disposizione, infatti, oltre ad essere stata abrogata dall'art. 33, comma primo, lett. e-bis , n. 4 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, non era comunque applicabile alla fattispecie in esame, riferendosi esclusivamente alla prededucibilità dei crediti nell'ambito della procedura di concordato preventivo. 3.1. — Non può d'altronde non rilevarsi l'insufficienza della motivazione del decreto impugnato nella parte in cui, procedendo all'accertamento della causa dei crediti, ha individuato l'oggetto dell'attività professionale nella redazione della domanda di ammissione al concordato preventivo e nella relativa assistenza, senza fare alcun cenno alle diverse indicazioni fornite dai ricorrenti questi ultimi hanno infatti riportato testualmente nel ricorso il contenuto delle deduzioni da loro svolte a verbale, dal quale si evince che si trattava in realtà di prestazioni difensive rese in favore della società fallita in giudizi aventi ad oggetto l'accertamento di crediti fatti valere nei confronti della stessa. È pur vero che la negazione del carattere es-senziale delle prestazioni professionali rese ai fini dell'ammissione al concordato preventivo comportava, a fortiori, l'esclusione del nesso funzionale tra la procedura e le attività difensive svolte al di fuori del suo ambito tale conclusione dev'essere tuttavia rimeditata alla luce della diversa ricostruzione della ratio dell'art. 111 della legge fall., risultante dalla riferita giurisprudenza di questa Corte. Il rilievo conferito al rapporto di strumentalità tra l'attività da cui sorge l'obbligazione e la realizzazione delle finalità proprie della procedura concorsuale, svincolando la prededucibilità dal mero dato cronologico della contestualità tra la prestazione da cui trae origine il credito e la pendenza della procedura concorsuale, consente infatti di estenderne il riconoscimento oltre l'ambito specifico dell'attività professionale prestata ai fini della redazione della domanda di concordato e della correlata assistenza in giudizio non può quindi escludersi l'ammissione al beneficio dei crediti derivanti da attività svolte in giudizi già pendenti alla data apertura della procedura, in virtù d'incarichi precedentemente conferiti dall'imprenditore, a condizione ovviamente che dalla relativa verifica ne emerga l'adeguatezza funzionale agl'interessi della massa. Non può d'altronde contestarsi, in linea di principio, il beneficio che quest'ultima può trarre da azioni giudiziarie e-ventualmente intraprese per il recupero di beni o di crediti dell'imprenditore o dalla difesa in giudizio nei confronti di azioni intentate da terzi, i cui vantaggi, in termini di accrescimento dell'attivo o di salvaguardia della sua integrità, possono ben costituire oggetto di valutazione, nell'ambito dell'accertamento previsto dall'art. 111 bis della legge fall., indipendentemente dalla mancanza di una preventiva autorizzazione degli organi della procedura. Tale conclusione trova indirettamente conferma nell'art. 161, settimo comma, della legge fall., introdotto dall'art. 33, comma primo, lett. b , n. 4 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 e non riferibile alla fattispecie in esame, in quanto applicabile ai soli procedimenti di concordato preventivo e per l'omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti introdotti dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione 7 agosto 2012, n. 134 , il quale, nel consentire al debitore il compimento di atti di amministrazione del proprio patrimonio a decorrere dalla proposizione della domanda di concordato e fino all'emissione del decreto di ammissione alla procedura, subordina all'autorizzazione del tribunale soltanto quelli di straordinaria amministrazione, riconoscendo in ogni caso la prededucibilità dei crediti sorti in favore di terzi per effetto degli atti legalmente compiuti. 4. — Il ricorso va pertanto accolto, restando assorbito il terzo motivo, con cui i ricorrenti hanno lamentato, in via subordinata, la violazione o la falsa applicazione dell'art. 2751-bis n. 2 cod. civ., nonché l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando il decreto impugnato nella parte in cui ha limitato l'applicabilità del privilegio ai crediti per diritti e spese relativi ad attività svolte nel biennio anteriore alla cessazione del rapporto. 5. — Il decreto impugnato va conseguentemente cassato, con il rinvio della causa al Tribunale di Verona, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato, e rinvia al Tribunale di Verona, anche per la liquidazione delle spese processuali.