Credito bancario disciplinato dal contratto di conto corrente? Allora basta così

Per l’apertura di credito bancario non é necessaria un’autonoma pattuizione se il tutto è già previsto e disciplinato dal contratto di conto corrente sottoscritto dal correntista.

La Cassazione, con la sentenza n. 26133/13 depositata il 21 novembre, ribadisce il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, perché vi sia apertura di credito in conto corrente, è sufficiente la pattuizione di un obbligo della banca di eseguire le operazioni di credito bancario passive, nel qual caso la predeterminazione del limite massimo della somma accreditabile non costituisce elemento essenziale della causa del contratto di apertura di credito in conto corrente Cass., n. 3842/1996 . Tale pattuizione trova infatti titolo nello stesso contratto di conto corrente liberamente sottoscritto dal cliente, il quale è da intendere come un solo negozio di tipo complesso, caratterizzato da unicità di causa e assistito da un’apertura di credito di cui postula l’applicazione in via analogica della relativa disciplina, contrassegnata dall’obbligo per l’accreditato , che utilizzi la somma prelevata, di corrispondere gli interessi nella misura fissata dal contratto Cass., n. 9080/2002 . Il caso. Nel caso sottoposto all’attenzione degli Ermellini un correntista proponeva opposizione avverso un decreto ingiuntivo ottenuto dall’istituto di credito per un ingente scoperto di conto corrente. Il debitore sosteneva in particolare l’inefficacia probatoria degli estratti conto prodotti dalla banca, la mancanza della forma scritta nel contratto di apertura di credito, la necessità di stipulare un autonomo contratto di apertura di credito in caso di concessione del fido sul medesimo e l’applicazione di tassi di interesse ultralegali. Il Tribunale e la Corte d’Appello respingevano le domande del debitore e confermavano il decreto ingiuntivo. La questione giungeva così al cospetto della Suprema Corte. Gli estratti conto riportavano pedissequamente tutte le annotazioni eseguite nel periodo. Nel corposo ricorso in Cassazione il debitore riproponeva le numerose questioni sollevate nei precedenti gradi di giudizio, svolgendo ben 7 motivi. Tutti però cassati dai Giudici. In particolare, in ordine all’efficacia degli estratti conto, gli Ermellini confermano le statuizioni dei giudici di merito sottolineando che il valore probatorio dei medesimi non poteva essere messo in discussione dal momento che essi riportavano pedissequamente tutte le annotazioni eseguite nel periodo a cui si riferivano i rapporti e i riassunti scalari. Sul punto inoltre la Cassazione precisa che la sentenza di appello non è discutibile anche se la motivazione ‘ricalca’ quanto affermato dal giudice di primo grado. In pratica, la motivazione per relationem è consentita nella misura in cui il giudice di secondo grado, facendo proprie le argomentazioni di primo grado, esprime in modo sintetico le ragioni della pronuncia di primo grado. In particolare il provvedimento deve permettere un agevole reperimento della sentenza citata mediante riproduzione dei suoi contenuti, comunque oggetto di autonoma valutazione critica, così da consentire la verifica di compatibilità logico-giuridica del richiamo operato Cass. n. 3340/2013 . La decisione di appello aveva simili caratteristiche e quindi non poteva essere censurata in Cassazione. Il punto centrale della sentenza verte però sul rapporto di conto corrente e sull’apertura di credito. Al fine di opporsi al decreto ingiunto per lo scoperto ingente, il ricorrente aveva sostenuto che fosse necessario stipulare un autonomo contratto di apertura di credito in caso di concessione del fido sul conto medesimo. Sia la posizione dei giudici di merito che hanno seguito la vicenda, sia il parere dei giudici di legittimità è però nettamente contrario. Possibilità di usufruire del fido. Nel caso di specie, infatti, il contratto di conto corrente stipulato in origine dal debitore consentiva allo stesso di usufruire del fido, senza bisogno di un ulteriore distinto contratto di apertura di credito. Infatti, precisano gli Ermellini, affinché ci sia un’apertura di credito in conto corrente è sufficiente che la banca si sia impegnata ad eseguire operazioni bancarie passive anche in assenza di una predeterminazione del limite massimo della somma accreditabile. Tale accordo peraltro, pur essendo diverso dal contratto di conto corrente art. 1823 c.c. , si fonda sullo stesso rapporto instaurato tra correntista e istituto di credito, costituendo così un contratto di tipo complesso affiancato da un’apertura di credito con conseguente applicazione della relativa disciplina art. 1842 c.c. e seguenti . In tal modo la banca si impegna a tenere a disposizione dell’altra parte una somma liquida per un dato periodo di tempo o a tempo indeterminato. È così consentito all’accreditato non solo utilizzare il credito, ma anche effettuare rimborsi totali o parziali e di riutilizzare le somme reintegrate Cass. 231/1964 . Tale sistema costituisce evidentemente un’efficace fonte di finanziamento, infatti la funzione del fido bancario è fornire a un soggetto una determinata disponibilità liquida quando non può attingere da altre fonti. A renderlo poi particolarmente interessante per le imprese e i correntisti è la capacità di soddisfare l’esigenza di chi non ha bisogno immediato delle somme, ma intenda utilizzarle secondo necessità finanziarie nascenti nel tempo. Inquadrata così brevemente la disciplina e le caratteristiche del rapporto, si comprende come nel caso di specie la banca abbia operato correttamente esigendo a ragione le somme a credito maturate nei confronti del correntista. Di contro le ragioni di quest’ultimo si sono rivelate del tutto infondate anche al cospetto dei giudici di legittimità con conseguente rigetto del ricorso e conferma della sentenza di secondo grado.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 10 ottobre - 21 novembre 2013, n. 26133 Presidente Carnevale – Relatore Lamorgese Svolgimento del processo L'opposizione proposta dal sig. N A. avverso il decreto ingiuntivo ottenuto da Intesa Gestione Crediti per il pagamento di L. 102.967.926, quale scoperto di conto corrente n. 5564887/01/97 al 31 dicembre 1996, è stato rigettata dal Tribunale di Roma, la cui decisione è stata confermata dalla Corte di appello di Roma con sentenza 10 gennaio 2006, fatta eccezione per il capo concernente la illegittima capitalizzazione trimestrale degli interessi, riconosciuti invece su base annuale secondo le modalità pattuite. La corte ha rigettato sette degli otto motivi di appello proposti dall'A. e, in particolare, quelli concernenti la declaratoria di inammissibilità della sua eccezione di inefficacia probatoria dell'estratto conto prodotto dalla banca, giudicata nuova perché tardivamente proposta dall'opponente nella memoria di cui all'art. 183, comma 5, c.p.c. l'inidoneità contenutistica dell'estratto conto perché privo di indicazioni circa le condizioni contrattuali la dedotta mancanza nel contratto di apertura di credito del requisito della forma scritta la necessità, esclusa dal tribunale, di stipulare un autonomo contratto di apertura di credito in caso di concessione del fido esistente sul medesimo, secondo le condizioni del contratto di conto corrente e la prassi bancaria la legittimità, ritenuta dal tribunale, del recesso della banca la esclusione del suo affidamento incolpevole sulla prosecuzione del rapporto l'applicazione del tasso degli interessi debitori ultralegali. Avverso questa sentenza l'A. ricorre per cassazione a mezzo di sette motivi, illustrati da memoria, cui resiste l'Italfondiario, mandataria di Intesa Sanpaolo. Motivi della decisione 1.- I primi due motivi riguardano la efficacia probatoria degli estratti conto nel primo motivo è dedotta la violazione degli artt. 183 c.p.c., 1832 c.c. e 50 d.lgs. n. 385 del 1993, per avere la sentenza impugnata ritenuto inammissibile l'eccezione di inefficacia probatoria dell'estratto conto, in quanto proposta solo con la memoria ex art. 183, comma 5, c.p.c. nel secondo è dedotta la violazione degli artt. 112, 132, 342 c.p.c., nonché degli artt. 1832 e 2697 c.c. e 50 d.lgs. n. 385 del 1993, per avere la sentenza impugnata motivato mediante un mero rinvio recettizio alla sentenza del tribunale che aveva riconosciuto il valore probatorio degli estratti conto e, in tal modo, ritenuto sussistente il credito della banca, così violando l'obbligo di motivazione della sentenza. La sentenza impugnata ha condiviso la valutazione espressa dal tribunale in ordine alla completezza dei due estratti conto prodotti dalla banca in quel giudizio, che riportavano tutte le annotazioni eseguite nel periodo cui si riferiva il rapporto e i riassunti scalari. Contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, è legittima la motivazione per relationem della sentenza pronunciata in sede di gravame, quando il giudice d'appello - come nella specie - facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto Cass. n. 2268/2006 . La infondatezza del secondo motivo, riguardante il merito dell'eccezione di inefficacia probatoria degli estratti conto, determina l'assorbimento del primo, riguardante l'ammissibilità di quella eccezione, giudicata dalla corte di appello inammissibile e in ogni caso infondata nel merito . 2.- Il terzo motivo, formulato per violazione degli artt. 112, 132, 342 c.p.c., 2697 c.c. e 117 d.lgs. n. 385 del 1993, imputa alla sentenza in esame di avere motivato mediante un apodittico rinvio alla sentenza del tribunale, senza valutare l'insussistenza degli elementi costitutivi il limite massimo del fido, la misura del tasso di interesse, ecc. del contratto di apertura di credito, non confondibile con quello di conto corrente. Il motivo è infondato. La sentenza impugnata ha precisato che il contratto di conto corrente consentiva al cliente di usufruire del fido, senza bisogno di un formale ed autonomo contratto di apertura di credito. È un'affermazione coerente con la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha ritenuto che, perché vi sia apertura di credito in conto corrente, è sufficiente la pattuizione di un obbligo della banca di eseguire operazioni di credito bancario passive, nel qual caso la predeterminazione del limite massimo della somma accreditabile non costituisce elemento essenziale della causa del contratto di apertura di credito in conto corrente Cass. n. 3842 del 1996 . Tale pattuizione trova titolo nello stesso contratto di conto corrente liberamente sottoscritto dal cliente, il quale è da intendere come un solo negozio di tipo complesso, caratterizzato da unicità di causa ed assistito da un'apertura di credito di cui postula l'applicazione in via analogica della relativa disciplina, contrassegnata dall'obbligo per l'accreditato, che utilizzi la somma prelevata, di corrispondere gli interessi nella misura fissata dal contratto Cass. n. 9080 del 2002 . 3.- Il quarto motivo, formulato per violazione degli artt. 132, 339, 342 c.p.c., 1469 bis ss. c.c., imputa alla sentenza in esame di avere motivato con un semplice rinvio recettizio alla sentenza del tribunale che aveva riconosciuto la legittimità del recesso della banca. Il motivo è infondato. La sentenza impugnata, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, ha motivato con valutazioni non specificamente censurate la legittimità del recesso della banca, tenuto conto che l'A. aveva sconfinato dal fido e aveva subito l'iscrizione di due ipoteche giudiziarie per importi considerevoli. 4.- Il quinto motivo, per violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., deduce l'erroneità della valutazione della corte di merito che, al fine di escludere l'affidamento incolpevole del correntista, aveva dato rilievo a due lettere dei mesi di ottobre 1995 e marzo 1996 con cui la banca avrebbe manifestato il suo intendimento di non tollerare più i suoi ritardi nel rientro dell'esposizione bancaria, quando invece quelle lettere erano state inviate per altri scopi dall'A. alla banca e non viceversa. Il motivo è infondato. L'errore materiale commesso dalla corte di merito nel riferimento alle suddette lettere non scalfisce l'ordito motivazionale con cui la corte di appello, con valutazione adeguata e non specificamente censurata, ha escluso la volontà implicita della banca di ripristinare il rapporto di fiducia con il cliente, anche tenuto conto che, con lettera del 5 settembre 1995, l'A. fu invitato a ricondurre, entro il 25 settembre, la propria esposizione debitoria nei limiti dell'affidamento concessogli. 5.- Il sesto motivo, per violazione dell'art. 1284 c.c., in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c, contesta l'applicazione del tasso di interessi ultralegali al distinto contratto di apertura di credito. Il motivo è infondato. Esso, da un lato, introduce in questa sede di legittimità una questione di diritto nuova, non compresa nel thema decidendum del giudizio di appello, quale fissato dalle richieste delle parti dall'altro, si basa su un presupposto l'autonomia tra conto corrente e apertura di credito già escluso dalla corte del merito. 6.- Nel settimo motivo, per violazione degli artt. 132 c.p.c. e 1284 c.c, si chiede la correzione del capo della sentenza impugnata nella parte in cui la corte del merito, pur avendo ritenuto illegittima la capitalizzazione trimestrale degli interessi, non aveva disposto la formale revoca del decreto ingiuntivo. Il motivo è infondato. La corte del merito ha accertato l'obbligo della banca di ricalcolare gli interessi su base annuale con le modalità pattuite e ha condannato la banca a restituire le somme corrisposte e non dovute dal ricorrente. Tale statuizione è satisfattiva per il ricorrente, il quale si è limitato a riproporre la infondata doglianza v. p. 2 circa l'applicazione all'apertura di credito del tasso di interessi debitori stabilito per il contratto di conto corrente. 7.- Il ricorso è rigettato. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 4200,00, di cui Euro 4000,00 per compensi.