Chi paga se il sindaco sbaglia a emettere un’ordinanza di chiusura rivolta ad un pub?

Qualora il Sindaco emetta un’ordinanza di chiusura di un pubblico esercizio volto a tutelare l’ordine e la tranquillità pubblica, e non a prevenire o eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini, agisce non come ufficiale del governo ma come organo dell’Ente territoriale. Ne consegue che nell’ipotesi in cui detto provvedimento, dichiarato illegittimo dal TAR, sia fonte di danno per il soggetto destinatario la richiesta di ristoro del nocumento non deve essere rivolta allo Stato ma direttamente all’Ente locale.

Tutti cerchiamo la movida cittadina ma solo a una certa distanza dal luogo ove viviamo e, soprattutto, dormiamo. La vicenda. E’ il caso di un pub che, a seguito di numerosi reclami sporti dai vicini, è stata oggetto di un’ordinanza, che - per motivi di ordine e tranquillità pubblica - imponeva al citato esercizio commerciale la chiusura anticipata alle ore 24.00 in luogo che le 2.00. Il Primo cittadino, forse per quietare gli animi dei propri elettori, aveva ben pensato financo di non limitare temporalmente la propria disposizione tanto che, proprio per questo motivo, il Tribunale Amministrativo Regionale aveva annullato detto provvedimento. La decisione del Giudice amministrativo, poi, è stata posta alla base dell’azione, promossa avanti all’A.G.O. su iniziativa del proprietario della birreria, avente ad oggetto il ristoro del nocumento attinente al mancato guadagno per la chiusura anticipata. Ma chi è il soggetto legittimato a rifondere i danni patiti dall’esercizio commerciale lo Stato o la Civica amministrazione? Se il Tribunale di prime cure non aveva avuto perplessità nel condannare il Ministero, come richiesto dall’attrice, la Corte d’appello diversamente aveva sostenuto che lo Stato era un ente terzo e la domanda risarcitoria avrebbe dovuto essere volta nei confronti del Comune. L’ultima parola spetta al Giudice di legittimità. A tal proposito il Supremo collegio sostiene che è necessario, in via preliminare, valutare se il Primo cittadino abbia agito come ufficiale del governo o come organo dell’Ente locale. Compito reso difficile, nel caso concreto, dalla motivazione del provvedimento, ove il Sindaco precisa di agire ai sensi sia degli artt. 8 e 9, legge 25 agosto 1991 n. 287 e quindi come parte della Civica amministrazione, sia dell’art. 38, legge 8 giugno 1990 n. 142 che attribuisce al Sindaco poteri di competenza statale come ufficiale del governo. La Cassazione, per dirimere la controversia, ha valutato l’attività del Primo cittadino in concreto prescindendo dai richiami normativi essendo il provvedimento volto a garantire la tranquillità pubblica, non a prevenire o eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini, è fuor di dubbio che il Sindaco ha agito come organo dell’Ente locale. Ne consegue che la domanda risarcitoria, come asserito dal Giudice di gravame, avrebbe dovuta essere rivolta nei confronti del Comune e non dello Stato. Si badi bene né il Giudice di gravame né la Corte di legittimità hanno messo in discussione la fondatezza del diritto al ristoro del danno ma questo è stato chiesto al soggetto sbagliato!!!

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 23 febbraio – 22 marzo 2012, n. 4547 Presidente Massera – Relatore Amatucci Svolgimento del processo 1.- Con ordinanza n. 35 del 28.7.1994 il sindaco di Alzano Lombardo ordinò a C C. , titolare di un esercizio di somministrazione di cibi e bevande birreria-paninoteca , la chiusura anticipata dell'esercizio alle ore 24, anziché alle ore 2 della notte, con effetto immediato ed a tempo indeterminato, per motivi di ordine e tranquillità pubblica , in considerazione dei numerosi reclami cui avevano fatto seguito anche diffide pervenuti a causa del disturbo alle persone arrecato dal perdurare di schiamazzi notturni. A seguito dell'annullamento dell'atto da parte del TAR di Brescia, nel 1997, per non essere stato previsto un limite temporale di quindici giorni all'efficacia del provvedimento, la C. convenne in giudizio il Ministero dell'Interno, innanzi al Tribunale di Brescia, per il risarcimento del danno, prospettandone la responsabilità per avere il sindaco provveduto come Ufficiale del Governo. Il Ministero resistette. Con sentenza n. 463/04 il Tribunale accolse la domanda, condannando il Ministero al pagamento di Euro 115.000, per i minori introiti derivati all'attrice per un triennio. 2.- La decisione è stata riformata dalla Corte d'appello di Brescia che, con sentenza n. 986 dell'11.11.2009, in accoglimento dell'appello del Ministero, ha dichiarato il suo difetto di legittimazione passiva in quanto la domanda avrebbe dovuto proporsi nei confronti del Comune. 3.- Avverso la sentenza ricorre per cassazione la C. affidandosi a due motivi. L'intimato Ministero non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione 1.- Sono dedotte, con entrambi i motivi, falsa applicazione dell'art. 38, secondo comma, della legge 8.6.1990, n. 142 e vizio di motivazione nonché errore sul fatto, peraltro non rientrante tra i possibili motivi del ricorso per cassazione di cui all'art. 360 c.p.c. nel sostanziale assunto che, tra l'altro travisando il senso della sentenza del TAR, la corte d'appello ha erroneamente ritenuto che l'ordinanza emessa dal sindaco anche ai sensi della disposizione citata sia da considerarsi riferibile ad un generico potere di ordinanza del Sindaco e non riconducibile alla sua qualifica di ufficiale del governo, traendone supporto erroneamente dalla motivazione resa dal TAR Broscia che correttamente svolge il suo ragionamento in senso opposto . 2.- Quali siano state le considerazioni del TAR la ricorrente non dice. Il provvedimento del sindaco è stato assunto - come riportato a pag. 7 della sentenza impugnata - visti gli artt. 8 e 9 della legge 25.8.1991, n. 287 visto l’art. 38 della legge 8.6.1990, n. 142 dunque ai sensi di disposizioni concernenti, le prime due, l'insediamento e le attività dei pubblici esercizi e, la terza, le attribuzioni del sindaco quale ufficiale del governo nei servizi di competenza statale, come tale abilitato ad adottare con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili e urgenti in materia di sanità ed igiene, edilizia e polizia locale al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano 1 'incolumità dei cittadini . È dunque evidente che l'adozione del provvedimento, dichiaratamente volto a tutelare l'ordine e la tranquillità pubblica e non a prevenire o eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini , non fu adottato dal sindaco quale ufficiale del governo ma come organo dell'ente territoriale, al di là dell'improprio riferimento all'art. 38 della l. n. 142 del 1990, che non può essere in sé riguardato come sufficiente a trasferire in capo ad altra amministrazione quella dello Stato la responsabilità per un provvedimento adottato dal sindaco in virtù dei poteri a lui direttamente conferiti dalla legge n. 287 del 1991, nell'ambito di competenze sue proprie e non già dello Stato. 3.- Il ricorso è respinto. Non v'è luogo a provvedere sulle spese. P.Q.M. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso.