Condizioni generali e clausole prestampate: se c'è ambiguità il consumatore può invocare l'interpretazione più favorevole

di Alessandro Villa

di Alessandro Villa * Chi predispone le condizioni generali di contratto o le clausole contenute in moduli o formulari o propone per iscritto una clausola al consumatore, ha l'onere di definire con chiarezza il contenuto di quanto redige. L'ambiguità è carico del predisponente, mentre l'altra parte può ben invocare l'interpretazione che le è più favorevole. L'incertezza dei mercati e la crisi internazionale finanziaria hanno cagionato una incertezza nel risparmiatore che, spesso, non ha piena contezza del rischio insito nel titolo oggetto d'acquisto. In tale contesto l'Istituto di credito dovrebbe svolgere la funzione di guida esperta affinché l'interessato possa ottenere tutte le informazioni utili e necessarie per un acquisto ponderato e consapevole. La fattispecie. Purtroppo, spesso, è lo stesso istituto che confonde le idee, già confuse, del consumatore proprio come nel caso in esame ove l'istituto bancario aveva fatto sottoscrivere al povero investitore una polizza linked con capitale garantito a scadenza. Spirato il termine la Banca si era rifiutata di versare il capitale stante il default dell'ente che aveva immesso sul mercato il titolo costringendo, in tal modo, il risparmiatore a rivolgersi all'Autorità di giustizia onde ottenere la rifusione dei propri sudati risparmi. Se da un lato l'investitore sosteneva l'incertezza del contratto nella parte in cui non indicava chi garantisse, realmente, il rimborso del capitale se la società emittente o l'Istituto collocante la Banca, da parte sua, non ometteva di precisare che nella nota informativa era si contenuta la locuzione con capitale minimo garantito a scadenza ma tale garanzia era da riferirsi alla società che aveva emesso il titolo obbligazionario ovverosia la Lehman Brothers Treasury. Chi predispone condizioni generali di contratto ha l'obbligo di definirne con chiarezza il contenuto. In primo luogo si evidenzia che il Magistrato ha individuato la materia del contendere non tanto nell'obbligo di informazione circa l'andamento del titolo spinosa questione dei tango bond ma, diversamente, nella corretta interpretazione del contratto sottoscritto che deve, comunque, ispirarsi al principio di buona fede di cui all'art. 1366 c. c. A tal proposito si sottolinea che dal combinato disposto dell'art. 1370 c.c. e 35 cod. cons. chi predispone le condizioni generali di contratto o propone per iscritto una clausola al consumatore ha l'onere di definire con chiarezza il contenuto di quanto redige. In caso di ambiguità si tutela il consumatore. Da ciò ne consegue che qualora sussistano pattuizioni ambigue la parte che non ha predisposto il contratto può invocare l'interpretazione che le è più favorevole. Applicando tale principio il Giudice ha condannato l'Istituto collocante in quanto, avendo predisposto il contratto, in sede di esecuzione dello stesso non può avvalersi di interpretazioni che non fossero ragionevolmente evidenti alla controparte al momento della conclusione dell'accordo. La decisione è un ulteriore monito agli Istituti di credito che, molto spesso, ignorano la propria funzione sociale di intermediario e guida all'individuo che decide di far fruttare i propri risparmi. * Avvocato del Foro di Monza