Revocatoria: i presupposti vanno accertati alla stipula del contratto definitivo e non del preliminare di vendita

di Vincenzo Papagni

di Vincenzo Papagni * La pronuncia n. 17995 del 1° settembre ribadisce, conformemente alla giurisprudenza dominante, che, nel caso in cui sia stipulato prima un contratto preliminare di compravendita e poi il contratto definitivo, l'accertamento dei presupposti dell'azione revocatoria fallimentare deve essere compiuto con riguardo al secondo, quale negozio in virtù del quale si verifica il trasferimento definitivo del diritto di proprietà, non anche al contratto preliminare di vendita. Solo con il contratto definitivo, difatti, il bene, uscendo dal patrimonio del debitore, viene sottratto alla garanzia della massa dei creditori. Il caso. La controversia che ha dato luogo al decisum trae origine dalla conclusione di un contratto preliminare avente ad oggetto la compravendita di un opificio industriale con annessi terreni agricoli, sottoscritto tra un imprenditore, in seguito fallito, e una società immobiliare, in data anteriore al periodo sospetto, con il quale avevano regolato gli assetti sostanziali degli interessi in gioco, non più modificati nel contratto definitivo. Tuttavia, in seguito all'esercizio dell'azione revocatoria fallimentare da parte della Curatela, il Tribunale aveva ritenuto tale preliminare assoggettabile a revocatoria. Avverso questa decisione, la società acquirente proponeva ricorso alla Corte territoriale, chiedendo alla stessa di interpretare il compromesso , proprio al fine di stabilire se potesse essergli attribuita la natura di vero e proprio contratto di vendita, non revocabile in quanto stipulato anteriormente al cosiddetto periodo sospetto. La Corte d'appello di Firenze, invero, respingeva in toto il gravame precisando che nel caso di revocatoria fallimentare di una compravendita stipulata in adempimento di un contratto preliminare, l'accertamento dei presupposti dell'azione va compiuto con riferimento alla data del contratto definitivo, con il quale il bene, uscendo dal patrimonio del fallito, è sottratto alla garanzia dei creditori . Proposto ricorso per cassazione dalla società soccombente, la sentenza di appello è stata confermata dalla Suprema Corte. Compravendita immobiliare valenza del preliminare e del definitivo. La prassi negoziale in materia di compravendita immobiliare prevede, in genere, la preventiva stipulazione dei cosiddetti compromessi , nella prevalente forma del contratto preliminare ovvero, in via residuale, del contratto definitivo in forma di scrittura privata. Solo in un momento successivo le parti pervengono alla redazione del rituale atto pubblico ed alla relativa trascrizione, ai fini della prevista opponibilità. Seppur collocati nella stessa fase negoziale, si tratta, all'evidenza, di due modelli contrattuali di natura ed effetti diversi. Il contratto preliminare ha come oggetto l'obbligo di concludere un futuro contratto, del quale predetermina il contenuto essenziale. Lo stesso produce solo effetti obbligatori e non reali, comportando l'impegno di prestare, in un tempo successivo, il consenso al trasferimento della proprietà dell'immobile. Il contratto definitivo, al contrario, produce immediatamente l'effetto traslativo della proprietà o di altro diritto reale , senza necessità di ulteriori manifestazioni di volontà. Ciò che distingue i due tipi di contratto è, quindi, la diversa qualificazione della volontà dei contraenti, da accertarsi attraverso l'esame delle clausole contrattuali nel loro senso letterale e logico e nel loro complesso. Periodo sospetto nel caso di contratto con prestazioni notevolmente sproporzionate. Ai fini della revocatoria fallimentare il curatore deve prendere in considerazione solo quella parte dell'attività del debitore pagamenti, contratti, atti e costituzione di garanzie compiuta in un periodo che la legge considera sospetto e che corrisponde ad un lasso di tempo che precede la data della sentenza dichiarativa di fallimento. La prima riforma della legge fallimentare ha introdotto una rilevante modifica del periodo sospetto, dimezzando la durata prevista originariamente dalla legge per tutte le ipotesi di revocatoria, fatta eccezione per gli atti a titolo gratuito ed i pagamenti anticipati DL 35/2005 conv. in L. 80/2005 . La nuova durata è però applicabile ai soli fallimenti aperti dal 17 marzo 2005. Nel caso de quo, trattandosi di un contratto con prestazioni notevolmente sproporzionato, ex art. 67, 1 comma, l. fall., stipulato anteriormente al fallimento risalente al 1977, il periodo sospetto è pari a due anni, cosiddetto biennio sospetto. Effetti della pronuncia revocatoria tra le parti e nei confronti della massa dei creditori. La revocatoria fallimentare determina esclusivamente la declaratoria di inefficacia dell'atto revocato nei confronti della massa dei creditori, mentre non incide sulla validità dell'atto stesso tra le parti originarie. Ossia, la revocatoria fallimentare non comporta una reale restituzione alle attività fallimentari del bene oggetto del negozio revocato, ma, senza determinare variazioni nella titolarità dei diritti, afferma il potere del curatore fallimentare di disporre dei diritti stessi, appartengano essi al fallito, che ne sia rimasto titolare, o ad altri che ne abbiano assunto la titolarità tale istituto, difatti, al pari della revocatoria ordinaria, costituisce un mezzo straordinario di reintegrazione della responsabilità patrimoniale di un imprenditore commerciale fallito a favore dei creditori concorrenti, basato sulla dichiarazione di inefficacia che investe l'oggetto dell'atto nei confronti di tutti i creditori anteriori o posteriori. Sicché il proprietario del bene acquistato rimane colui che ha fatto l'acquisto il fallito nel caso che oggetto della revoca sia un contratto di acquisto o il terzo, nel caso che oggetto sia il contratto di vendita e la disponibilità dello stesso è passato alla curatela. * Praticante abilitato del foro di Milano