Senza scientia decoctionis da parte del terzo, nessuna revocatoria dei pagamenti corrisposti dal fallito

di Vincenzo Papagni

di Vincenzo Papagni * La pronuncia in commento offre lo spunto per alcune riflessioni sul requisito soggettivo della revocatoria fallimentare la conoscenza dello stato di insolvenza, cosiddetta scientia decoctionis. Come emerge dal decisum, difatti, il presupposto cui occorre avere riguardo ai fini dell'eventuale revoca è proprio suddetta conoscenza, e comunque la percezione dello stato di insolvenza del fallito da parte del terzo, non già la qualificazione degli elementi offerti dalla Curatela in termini di insolvenza anziché come temporanea illiquidità . La sentenza n. 15687 del 15 luglio della prima Sezione della Corte precisa, infatti, che nel periodo sospetto anteriore alla dichiarazione di fallimento o, nel caso di consecuzione di procedure concorsuali, all'ammissione alla prima delle procedure così Cass. 28445/08 e 2437/2006 , non si pone la questione della prova dello stato di insolvenza, che è oggetto di presunzione iuris et de iure, spiegando rilievo solo la conoscenza o meno di detto stato così Cass. 5953/1985 e 2936/1978 . Il caso. Il Tribunale aveva accolto la domanda di revocatoria dei versamenti proposta dalla Curatela, giudicando provata la conoscenza in capo al terzo dello stato di insolvenza. La Corte d'appello, in riforma della sentenza di primo grado, aveva invece respinto la domanda di revocatoria, negando che vi fosse la prova della scientia decoctionis in capo al terzo, puntualizzando, inoltre, che gli elementi di prova offerti dalla Curatela potevano suffragare solo l'ipotesi che l'appellante fosse a conoscenza che la debitrice attraversasse un periodo di temporanea illiquidità e non che fosse già decotta . Per la cassazione della sentenza d'appello proponeva ricorso il fallimento, adducendo, con il primo motivo, che la corte di merito sarebbe incorsa in violazione dell'art. 67, 2° comma, l. fall., in relazione all'art. 5 della medesima legge, per avere la Corte territoriale erroneamente ricondotto gli elementi di prova offerti dalla Curatela nell'ambito della temporanea illiquidità mentre, con il secondo motivo, il ricorrente denunciava il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Gli Ermellini rigettano il ricorso, evidenziando come il profilo proprio della revocatoria che qui interessa è la conoscenza e comunque la percezione dello stato di insolvenza del terzo, e non già la qualificazione degli elementi probatori offerti dalla Curatela in termini di insolvenza anziché come temporanea illiquidità . Per quanto concerne il secondo motivo, la S. C. ribadisce, invece, il principio secondo il quale non è sindacabile per vizio di motivazione la sentenza di merito che abbia adeguatamente e logicamente valorizzato le circostanze ritenute decisive e gli elementi necessari per chiarire e sorreggere la ratio decidendi . Il presupposto soggettivo della revocatoria fallimentare la conoscenza dello stato d'insolvenza. Tra i requisiti richiesti per l'esercizio dell'azione revocatoria fallimentare una rilevanza centrale deve essere attribuita all'elemento soggettivo, ossia alla conoscenza, da parte del convenuto in revocatoria, dello stato d'insolvenza del debitore poi fallito. Scientia decoctionis presunta e non. Tale conoscenza è presunta nelle ipotesi disciplinate al primo comma dell'art. 67 l. fall. caratterizzate da elementi di anormalità, mentre per le ipotesi previste al secondo comma, trattandosi di atti fisiologici per lo svolgimento dell'attività imprenditoriale privi del carattere dell'anormalità graverà sulla Curatela, che agisce in revocatoria, l'onere di fornire la prova della conoscenza, da parte del convenuto, dello stato d'insolvenza. Servono presunzioni gravi, precise e concordanti ai fini della prova della scientia decotionis. La prova della cosiddetta scientia decoctionis può essere fornita dal curatore anche mediante una serie di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, tali da dimostrare che il terzo, adoperando la normale diligenza, non avrebbe potuto non avvedersi dello stato di dissesto economico del debitore. Per costante giurisprudenza, la prova della conoscenza dello stato d'insolvenza può essere raggiunta anche attraverso presunzioni, purché, come richiede l'art. 2729 c.c., esse siano gravi, precise e concordanti. E' altrettanto consolidato il principio che per il raggiungimento della prova della scientia decoctionis con il mezzo delle presunzioni, per un verso, non è necessaria la conoscenza effettiva, da parte di quello specifico creditore, dello stato di decozione dell'impresa prova inesigibile perché diretta a provare uno stato soggettivo interiore e, per altro verso, non basta un'astratta conoscibilità oggettiva accompagnata da un presunto dovere di conoscere prova inutilizzabile perché correlata ad un parametro, del tutto teorico, di creditore avveduto è necessario e sufficiente, invece, che le presunzioni consentano di ritenere che la conoscenza di certi fatti non poteva non consentire la percezione dell'insolvenza. La prova a mezzo presunzioni, pertanto, può dirsi raggiunta, quando la probabilità della scientia decoctionis trovi il suo fondamento nei presupposti e nelle condizioni - economiche, sociali, organizzative, topografiche, culturali - nelle quali si sia concretamente trovato ad operare il creditore del fallito, ossia, quando la presenza di queste condizioni possano far ritenere che il terzo non avrebbe non potuto avere conoscenza dello stato di decozione se avesse usato la ordinaria diligenza. * Dottore abilitato del foro di Milano