Via libera al nuovo ascensore, anche se riduce le dimensioni del pianerottolo

Non basta una semplice diminuzione dell'androne per bloccare l'ascensore le innovazioni possono essere vietate solo se rendono inutilizzabili le parti comuni anche per un solo condomino.

La sentenza n. 15308, depositata il 12 luglio, della Corte di Cassazione ha stabilito il principio in base al quale l'inservibilità della cosa comune, che costituisce il limite alle innovazioni in materia condominiale, non può consistere in un semplice disagio, ma deve comportare la concreta inutilizzabilità del bene, con la conseguenza che è lecita la costruzione di un ascensore, anche se riduce le dimensioni del pianerottolo. La fattispecie. La proprietaria di un appartamento al piano terreno di un condominio impugnava la delibera assembleare che aveva approvato l'installazione di un ascensore, lamentando la mancata unanimità dei consensi. Il Tribunale rigettava la domanda, ritenendo che, malgrado l'impianto di sollevamento avrebbe comportato una sensibile diminuzione dello spazio comune nel pianerottolo antistante l'abitazione dell'attrice, l'innovazione doveva ritenersi lecita in quanto diretta ad un migliore uso della cosa comune. In appello, però, la sentenza veniva riformata e il Condominio proponeva ricorso per cassazione. E' necessario un contemperamento tra miglior uso della cosa e i diritti dei singoli condomini. I giudici di appello, all'esito della valutazione circa il necessario contemperamento tra gli interessi del singolo condomino e quelli dell'ente di gestione, ha ritenuto che i diritti dell'attrice - ad utilizzare lo spazio antistante al proprio appartamento e a fruire liberamente di quest'ultimo nella sua pienezza, in ragione di una eventuale diminuzione di luminosità - sarebbero risultati eccessivamente compressi dalla realizzazione dell'ascensore. Da qui la decisione, in applicazione dell'art. 1120, comma 2, c.c. che vieta le innovazioni che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino. Manca un'indagine concreta dei pregiudizi effettivi che possono derivare al singolo condomino. Secondo il ricorrente, però, la costruzione dell'ascensore non avrebbe affatto comportato tali pregiudizi per la condomina la sentenza impugnata si sarebbe limitata a fare propri alcuni rilievi della Ctu, senza dare un'adeguata motivazione e, soprattutto, esprimendo giudizi di valore non collegati a specifiche situazioni di fatto. Il Condominio, ad esempio, sostiene che i giudici di merito non si sono soffermati sull'analisi degli aspetti dimensionali dell'ingombro derivante dalla gabbia dell'ascensore, rispetto all'area complessiva del pianerottolo, ignorando quale sarebbe stata l'effettiva riduzione della superficie dell'androne. Qual è il limite delle innovazioni consentite alla cosa comune? La S.C. accoglie questi rilievi e afferma che la sentenza impugnata è fondata su una non condivisibile interpretazione del limite alle innovazioni consentite della cosa comune. Tale limite, infatti, risiede nella inservibilità della cosa comune da parte del singolo condomino a seguito dell'innovazione. Non basta un semplice pregiudizio innovazioni vietate solo se rendono inutilizzabile la cosa comune. Secondo il Collegio, quindi, nell'identificazione del limite alle innovazioni della cosa comune, ex art. 1120 c.c., il concetto di inservibilità della stessa non può consistere nel semplice disagio subito rispetto alla sua normale utilizzazione, [ ] ma è costituito dalla concreta inutilizzabilità della res communis secondo la sua naturale fruibilità . Nel caso in esame, la mera riduzione della superficie totale del pianerottolo, antistante il pianerottolo della condomina, non impedisce a quest'ultima di poter fruire del pianerottolo stesso e non costituisce, quindi, un pregiudizio tale da vietare la costruzione dell'ascensore, innovazione che sicuramente comporta un miglior uso per tutti i condomini delle parti condominiali comuni. Il ricorso del Condominio viene, pertanto, accolto e la causa rinviata alla Corte d'Appello per una nuova decisione nel merito.