Una mensola cade dal balcone e un bimbo si fa male. Pagano i proprietari dell'appartamento

I proprietari dell'abitazione sono responsabili dei danni riportati da un bambino colpito alla testa da una mensola caduta dal balcone, lì collocata senza le dovute precauzioni.

I proprietari dell'abitazione sono responsabili dei danni riportati da un bambino colpito alla testa da una mensola caduta e sistemata senza le dovute precauzioni sul balcone di casa. È quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13177 dello scorso 16 giugno. La fattispecie. Nel transitare a piedi lungo il marciapiedi, un bambino veniva colpito alla testa da una mensola di legno caduta da un appartamento e sistemata senza le dovute precauzioni sul balcone di casa, riportando gravissime lesioni. La madre, quale legale rappresentante del figlio minore, conveniva in giudizio i proprietari dell'abitazione. Il giudice di primo grado, ritenuti i coniugi proprietari responsabili, li condannava in solido al pagamento della somma di circa 500mila euro. Tale decisione veniva confermata sia dalla Corte d'appello che dalla Corte di Cassazione. La responsabilità dei proprietari dell'appartamento è indiscutibile. Al riguardo, la S.C. osserva come che la corte napoletana abbia accertato, con ragionamento del tutto immune da vizi logico-giuridici, l'indiscutibile responsabilità dei danneggianti sia sotto il profilo causale dell'evento di danno sia sotto quello della mancata prova liberatoria elementi, questi, necessari e sufficienti ad integrare l'ipotesi normativa disciplinata, a titolo di responsabilità oggettiva, dall'art. 2051 c.c. La Cassazione può solo controllare le valutazioni compiute dal giudice dell'appello. Infatti, i giudici di legittimità ribadiscono che solo alla Corte territoriale spetta l'individuazione delle fonti del proprio convincimento valutando le prove e la relativa significazione , controllandone la logica attendibilità e la giuridica concludenza, scegliendo quelle funzionali alla dimostrazione dei fatti in discussione salvo i casi di prove c.d. legali tassativamente previste dal sottosistema ordinamentale civile . Il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Il ricorrente non può chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione di risultanze di fatto emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, così mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto, ormai cristallizzato, di fatti storici e vicende processuali, quanto l'attendibilità maggiore o minore di questa o di quella ricostruzione procedimentale, quanto ancora le opzioni espresse dal giudice di appello - non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone ai propri desiderata - quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora legittimamente proponibili dinanzi al giudice di legittimità .