Insinuazione al passivo: solo i crediti dell'impresa artigiana sono privilegiati

Ai fini del riconoscimento del privilegio deve escludersi la qualifica di impresa artigiana alle attività nelle quali il volume dei ricavi è determinato principalmente da fattori di produzione esterni al lavoro personale del titolare o dei soci.

Per valutare il carattere artigiano di un'impresa, ai fini del riconoscimento del privilegio ex art. 2751 bis, n. 5 c.c., ove difetti la particolare professionalità dell'imprenditore occorre tener conto dell'organizzazione dell'attività si può ravvisare la qualifica artigiana solo se nel processo produttivo e nell'impresa il lavoro ha funzione preminente sul capitale, incidendo come fattore determinante sul volume dei ricavi. È il principio ribadito dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 12013/11, del 31 maggio. La fattispecie. Una società di impianti elettrici veniva ammessa, con decreto del Tribunale di Pordenone, al passivo di un'impresa fallita con un credito chirografario. Proponeva ricorso per cassazione, chiedendo che venisse riconosciuto il privilegio artigiano per il proprio credito. La Corte esamina in primo luogo motivi di ricorso con i quali si deduce la nullità del procedimento, giudicando entrambi infondati. La CTU non è prova. La società ricorrente aveva richiesto l'ammissione della CTU e una prova testimoniale, ma il Tribunale non si sarebbe espresso in merito. Il Collegio, in proposito, ribadisce che la consulenza tecnica d'ufficio è un mezzo istruttorio, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso al prudenze apprezzamento del giudice la motivazione del diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio effettuata dal giudice. Impresa artigiana se il lavoro ha funzione preminente sul capitale. Nel merito, la società ricorrente lamenta che il Tribunale non ha riconosciuto la sua qualifica di impresa artigiana, come tale titolare di credito privilegiato ai sensi dell'art. 2751 bis, n. 5 c.c. La S.C. richiama un precedente orientamento in base al quale ai fini del riconoscimento non è indispensabile la qualificazione personale dell'imprenditore, ma se essa manca, affinché l'impresa rimanga nell'area delle attività artigiane è necessario che si tratti di attività svolte prevalentemente con il lavoro proprio o dei familiari, oppure, trattandosi di impresa collettiva, che i soci svolgano in prevalenza lavoro personale anche manuale, nel processo produttivo e nell'impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale . È richiesto, in altre parole, che il volume dei ricavi sia riconducibile per la maggior parte all'attività personale dell'imprenditore o dei soci e non all'incidenza di altri fattori di produzione. L'apporto lavorativo dei soci incide poco sui ricavi non è impresa artigiana. Tanto premesso in linea di principio, la Corte procede ad esaminare il caso concreto ed esclude che la società ricorrente possa essere qualificata come artigiana. In primo luogo, infatti, non è individuabile una speciale qualificazione professionale dell'imprenditore inoltre è stato accertato che il costo dei materiali impiegati e l'apporto di terzi estranei all'impresa costituiva l'aspetto prevalente del volume dei ricavi, così dimostrando che l'apporto dell'attività dei soci incidesse in modo limitato e non fosse prevalente. Di conseguenza, la S.C. ritiene condivisibile la scelta operata dal Tribunale di negare il riconoscimento del privilegio richiesto.