Occupazione del pianerottolo: violazione del regolamento condominiale e risarcimento del danno

di Ivan Meo

di Ivan Meo * Non si può utilizzare il pianerottolo come proprietà esclusiva. Il condomino, che ammassa davanti alla sua porta di casa, oggetti rischia di dover risarcire gli altri condomini per violazione del regolamento condominiale. Il fatto. Una condomina occupa, con del materiale, il pianerottolo corrispondente alla propria unità abitativa. Il condominio decide di citarla in giudizio, richiedendo la rimozione degli oggetti e il contestuale risarcimento dei danni cagionati all'edificio. Il Giudice di Pace di Genova rigetta la domanda. L'appello proposto dal condominio è dichiarato inammissibile dal Tribunale di Genova, in quanto la sentenza è stata emessa secondo equità, e pertanto non risultano violati i principi informatori della materia né tanto meno sono state violate le norme procedurali. Secondo la Cassazione, invece, il Tribunale non ha tenuto conto che alla condomina è stato contestato un inadempimento derivante da una norma del regolamento condominiale. La Cassazione, quindi, accoglie il ricorso del condominio contro la sentenza con la quale il Giudice di Pace del capoluogo ligure non aveva preso in considerazione la richiesta risarcitoria presentata nei confronti della condomina. Il giudice di pace dovrà rivalutare la richiesta di risarcimento danni dei condomini esasperati e la signora rischia di dover mettere mano al portafoglio. Le funzioni del pianerottolo e la presunzione di proprietà. I pianerottoli sono elementi integranti della scala. Sono, per presunzione di legge, salvo diverso titolo, comuni tra tutti i condomini Cass. Sez. II, 14/3/ 1977, numero 1030 . Allorquando il pianerottolo non faccia parte della scala rientra nel concetto di andito ed è quindi, parte comune dell'edificio. La presunzione di comproprietà di tali aree viene superata sia dalla presenza di un titolo contrario negozio posto in essere da colui o coloro che hanno costituito il condominio Cass. Sez. II, 9/5/1978, numero 2248 , che dalla particolare destinazione della cosa Cass. Sez. II, 22/3/1985, numero 2070 . Al pari dei pianerottoli sono stati considerati parti comuni anche i passaggi pensili Cass. Sez. II, 13/12/1979, numero 6502 I pianerottoli non vengono espressamente ricompresi dall'art. 1117 c.c. tra le parti comuni dell'edificio, tuttavia, per la funzione di disimpegno che essi svolgono, possono sicuramente farsi rientrare tra i vestiboli e anditi richiamati dal suddetto articolo, per cui il regime di proprietà comune sancito per questi ultimi può essere agevolmente esteso anche ad essi. La presunzione di comproprietà deriva anche dal fatto che i pianerottoli costituiscono elementi essenziali delle scale di accesso ai diversi piani espressamente elencate tra le parti comuni nell'art. 1117, al numero 1 , delle quali rendono possibile la funzione Cass. 17/1/1963, numero 38 . Va comunque precisato che i pianerottoli non sono necessariamente condominiali, infatti, l'atto costitutivo può riservare la proprietà degli stessi ad uno o più condomini lasciando il loro uso al dominio esclusivo dei proprietari di questi Cass. numero 1776/94 . Infine, in ordine al regime pertinenziale, il Tribunale di Napoli, sez. III, 08/01/1998 ha affermato che, anche nel caso che esso sia destinato unicamente all'accesso di una o più unità immobiliari di uno stesso condominio, non costituisce pertinenza di dette unità immobiliari, bensì conserva la sua natura di bene condominiale, a meno che diversamente non emerga dai titoli di proprietà. L'utilizzo tipico del pianerottolo la collocazione di oggetti di ornamento. L'uso da parte di ciascun condomino della cosa comune e delle parti comuni dell'edificio è sottoposto, ai limiti espressi dall'art. 1102, Cod. civ. Ciascun condomino ha perciò diritto di usare le parti comuni dell'edificio condominiale per soddisfare un proprio bisogno individuale, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di usarne in ugual misura. Nessun diritto ha il condomino di utilizzare la cosa comune in modo inconsueto, se tale godimento determina pregiudizievoli invadenze nell'ambito del pari diritto di godimento degli altri condomini Cass. civ., 20/6/1977, numero 2589 . In tal senso è perciò riconosciuto il diritto del singolo condomino di usare dei vani delle scale, in genere, e dei pianerottoli, in particolare, collocando davanti alle porte d'ingresso alla sua proprietà esclusiva zerbini, tappeti, piante o altri oggetti ornamentali. Un tale utilizzo si risolve normalmente in un vantaggio igienico-estetico per le stesse parti comuni dell'edificio. Occorre però che tali modalità d'uso non alterino la destinazione della cosa comune le scale e i pianerottoli sono infatti destinate a consentire un agevole passaggio da un piano all'altro dell'edificio. La particolare funzione svolta da dette parti comuni e l'esistenza del rischio generico naturalmente connesso all'uso delle scale comporta la necessità di vietare ogni utilizzazione che impedisca o renda disagevole se non addirittura pericoloso per gli altri condomini tale uso. Allorquando tale rischio risulti intensificato dalla collocazione da parte del singolo condomino delle predette suppellettili nelle parti dei pianerottoli più vicine alle rampe delle scale, dovrà essere negato il diritto del condomino a mantenere tale utilizzo Cass. civ., 6/5/1988, numero 3376 . Si verifica tale alterazione quando il godimento particolare ed inconsueto del singolo condomino determina pregiudizievoli invadenze nell'ambito dei coesistenti diritti altrui, quali asservimenti, immissioni, molestie Cass. civ., 10/11/ 1981, numero 5954 . Quando l'occupazione è legittima. La Cassazione con sentenza del 27.7.2007 numero 16655 ha analizzato un caso analogo, ma che ha portato ad una pronuncia diametralmente opposta. I condomini convenivano in giudizio, i proprietari dell'appartamento su due livelli, al piano quarto e quinto della scala, e ne chiedevano la condanna ad eliminare le opere di tompagnatura ed apposizione di porta, realizzate al quinto piano, con illegittima occupazione del pianerottolo condominiale, nonché al risarcimento dei danni. La Cassazione precisa che il regolamento di condominio, trascritto prima dei titoli di acquisto delle singole unità immobiliari dell'edificio, non vietava né l'esecuzione delle opere controverse, né la proprietà individuale dell'area in oggetto, al contrario di quelle sottostanti, ai piani inferiori. Quindi, secondo la Corte, i pianerottoli, non costituendo all'origine area di accesso ad alcun appartamento, non rientrano tra le in proprietà comune e, quindi, in ragione di diverso titolo nonchè per destinazione particolare della cosa , non risulta applicabile, né la norma del regolamento condominiale sulla proprietà comune dei pianerottoli, né la disposizione dell'art. 1117 c.c., sulle parti comuni dello edificio. Pertanto le opere di tompagnatura sono ritenute legittime in quanto non insistenti su parti comuni. * Consulente giuridico

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 16 dicembre 2010 - 8 marzo 2011, n. 5474 Presidente Petitti Fatto e diritto Ritenuto che, essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all'art. 380 bis cod. proc. civ., ai sensi di tale norma è stata redatta la seguente relazione, depositata il 6 agosto 2010 Il Giudice di pace di Genova, con sentenza in data 18 aprile 2006, ha rigettato la domanda proposta dal Condominio di via OMISSIS , volta ad ottenere la rimozione, da parte della condomina G M. , di tutto il materiale dalla stessa depositato sul pianerottolo in corrispondenza della propria unità immobiliare, nonché il risarcimento del danno cagionato all'edificio. L'appello proposto dal Condominio è stato dichiarato inammissibile dal Tribunale di Genova con sentenza n. 3793 del 2008, depositata il 15 ottobre 2008, sul rilievo che, essendo la sentenza del Giudice di pace stata emessa secondo equità, non risultava nella specie ravvisabile la violazione dei principi informatori della materia, e non era stata dedotta la violazione di norme sul procedimento. Per la cassazione di questa sentenza ricorre il Condominio di via OMISSIS , sulla base di due motivi l'intimata non ha svolto attività difensiva. Il Condominio censura la sentenza impugnata deducendo che il Tribunale avrebbe errato nel non ravvisare la violazione dei principi informatori della materia, posto che ciò che era stato contestato alla condomina era l'inadempimento a quanto stabilito dal regolamento condominiale, sicché il principio violato era quello che le obbligazioni debbono essere adempiute. Il Condominio deduce altresì che il Tribunale avrebbe errato nel non ravvisare violazione di norme sul procedimento e soprattutto a ritenere che la sentenza impugnata fosse stata emessa secondo equità, con la conseguenza che l'appello era proponibile per i soli motivi indicati dall'art. 339, terzo comma, cod. proc. civ. È manifestamente fondata la censura con la quale il Condominio ricorrente deduce che il Tribunale ha errato a ritenere la sentenza del Giudice di pace emessa ai sensi dell'art. 113, secondo comma, cod. proc. civ Invero, la domanda proposta dal Condominio nei confronti della condomina era di rimozione di oggetti dal pianerottolo e di condanna al risarcimento dei danni era quindi una domanda, la prima, attribuita alla competenza del Giudice di pace per materia, con la conseguenza che la sentenza era appellabile senza le limitazioni di cui all'art. 339, terzo comma, cod. proc. civ D'altra parte, la sentenza impugnata non riferisce che il Giudice di pace ha espressamente definito la propria sentenza come emessa secondo equità, ma si limita a dare atto che le parti concordavano sul fatto che la sentenza era di tipo equitativo il che preclude altresì che possa trovare applicazione, nel caso di specie, il principio dell'apparenza sul quale v. Cass., n. 9923 del 2010 . Sussistono pertanto le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio . Considerato che il Collegio condivide la proposta di decisione alla quale non sono state formulate critiche di sorta che appare opportuno soggiungere che ulteriore ragione per escludere che la sentenza del Giudice di pace potesse essere qualificata come di equità, con conseguente sua inappellabilità, si desume dal fatto che l'originaria domanda era volta anche ad ottenere la condanna della convenuta al risarcimento dei danni, senza precisazione che la stessa era proposta nei limiti della giurisdizione equitativa del giudice di pace che la sentenza impugnata deve quindi essere cassata, con rinvio al Tribunale di Genova, in diversa composizione, perché proceda all'esame del gravame proposto dal Condominio che al giudice di rinvio è rimessa altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Genova, in diversa composizione.