Il clandestino può rimanere in Italia per il bene del figlio piccolo

di Massimo Brazzi

di Massimo Brazzi * La Corte di Cassazione con la sentenza n. 2647, depositata il 3 febbraio, torna ad occuparsi della questione relativa alla possibilità di concedere l'autorizzazione alla permanenza nel territorio nazionale in favore dello straniero clandestino con prole per gravi motivi connessi allo sviluppo psicofisico del minore. Non sono necessari motivi di particolare urgenza. Sul punto era già intervenuto il Supremo Collegio a Sezioni Unite con la sentenza n. 21799, depositata il 25 ottobre 2010, che aveva risolto un acceso contrasto giurisprudenziale sulla corretta interpretazione dell'art. 31, comma 3, D.Lgs. n. 286/1998, stabilendo il seguente principio di diritto La temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, prevista dall'art. 31 d.lgs. n. 286 del 1998 in presenza di gravi motivi connessi al suo sviluppo psico-fisico, non postula necessariamente l'esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, potendo comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obbiettivamente grave che in considerazione dell'età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico deriva o deriverà certamente al minore dall'allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall'ambiente in cui è cresciuto. Trattasi di situazioni di per sé non di lunga o indeterminabile durata, e non aventi tendenziale stabilità che pur non prestandosi ad essere preventivamente catalogate e standardizzate, si concretano in eventi traumatici e non prevedibili nella vita del fanciullo che necessariamente trascendono il normale e comprensibile disagio del rimpatrio suo o del suo familiare. Va premesso al riguardo che la norma in esame prevede una duplice fattispecie, e cioè quella dell'autorizzazione all'ingresso e quella dell'autorizzazione alla permanenza del familiare sul territorio nazionale, anche in deroga alle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione, e nel concorso di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore, tenuto conto della sua età e delle sue condizioni di salute si veda Corte Cass., Sez. Unite, sent. n. 22216/2006 . La recisione del legame personale o l'allontanamento traumatico dall'ambiente in cui è cresciuto possono provocare danni allo sviluppo psico-fisico del minore. Pertanto l'autorizzazione alla permanenza nel territorio italiano dell'extracomunitario può essere disposta nell'ambito di applicabilità dell'art. 31, comma 3, D.Lgs. n. 286/1998, il quale non può essere ristretto ai casi di eventuali patologie del fanciullo, considerato che lo sviluppo psicofisico e la salute del minore che si trova nel territorio italiano dipendono soprattutto dalla sua relazione con le figure primarie di accudimento e dal soddisfacimento del suo bisogno di avere i genitori con sé. Dalla Costituzione italiana alla Convenzione sui Diritti dell'infanzia. Siffatta ricostruzione ermeneutica risulta coerente con il dettato costituzionale, nonché aderente al principio fondamentale del diritto minorile sancito inderogabilmente nelle fonti di diritto internazionale quali la Convenzione sui Diritti dell'infanzia stipulata a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva in Italia con la Legge n. 176/1991, che individua i seguenti principi In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente art. 3 Gli Stati parti vigilano affinché il fanciullo non sia separato dai suoi genitori contro la loro volontà a meno che le autorità competenti non decidano, sotto riserva di revisione giudiziaria e conformemente con le leggi di procedura applicabili, che questa separazione è necessaria nell'interesse preminente del fanciullo art. 9 In conformità con l'obbligo che incombe agli Stati parti in virtù del paragrafo 1 dell'art. 9, ogni domanda presentata da un fanciullo o dai suoi genitori in vista di entrare in uno Stato parte o di lasciarlo ai fini di un ricongiungimento familiare sarà considerata con uno spirito positivo, con umanità e diligenza. art. 10 . Prova di quanto testé esposto può ricercarsi altresì nell'art. 29, 6° comma, D.Lgs. n. 286/1998, così come novellato dal D.Lgs. n. 5/2007, secondo il quale Al familiare autorizzato all'ingresso ovvero alla permanenza sul territorio nazionale ai sensi dell'articolo 31, comma 3, è rilasciato, in deroga a quanto previsto dall'articolo 5, comma 3-bis, un permesso per assistenza minore, rinnovabile, di durata corrispondente a quella stabilita dal Tribunale per i minorenni. Il permesso di soggiorno consente di svolgere attività lavorativa ma non può essere convertito in permesso per motivi di lavoro. In precedenza, invece, l'art. 11, 1° comma, lett. c quinques, del Regolamento di Attuazione del D.Lgs. n. 286/1998 D.P.R. n. 394/1999 prevedeva il rilascio del permesso di soggiorno per cure mediche a favore del genitore di minore che si trovi nelle condizioni di cui all'articolo 31, comma 3, D.Lgs. n. 286/1998. La novella legislativa ha dissipato quindi ogni dubbio in relazione al perimetro di applicazione dell'art. 31, comma 3, D.Lgs. n. 286/1998., aderendo alla nozione di salute coniata dalle organizzazioni internazionali, secondo la quale salute non coincide con l'assenza di malattia, ma si identifica con il benessere psicofisico . Di conseguenza, nel giudizio di ponderazione dei gravi motivi, vengono presi in considerazione anche eventi che incidano in maniera traumatica sulla psiche del minore, dovendosi valorizzare, altresì, l'età del bambino. Può rimanere in Italia il clandestino che chiede di non essere rimpatriato per non compromettere il benessere psico-fisico del proprio figlio piccolo. Pertanto, a seguito del nuovo orientamento dei Giudici di Piazza Cavour, i Tribunali per i Minorenni della Penisola, competenti ad emanare l'autorizzazione alla permanenza nel territorio nazionale dello straniero clandestino con figli, dovranno applicare l'art. 31, comma 3, D.Lgs. n. 286/1998 in maniera più elastica e non limitare i gravi motivi , che consentono la temporanea autorizzazione dell'immigrato con foglio di via, a situazioni di emergenza o circostanze contingenti ed eccezionali , ma invece estendere la sfera di applicazione ad una serie di circostanze molto più ampio che possano creare un trauma al complessivo equilibrio psicofisico del minore. * Avvocato e Tesoriere Camera Penale di Perugia

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 18 gennaio - 3 febbraio 2011, n. 2647 Presidente Macioce Svolgimento del processo Il cittadino del Marocco E.H.A. , padre del piccolo El.Hi.Ab. , nato a OMISSIS da F.L. regolarmente soggiornante in Italia per ragioni di lavoro , ebbe a chiedere al Tribunale per i Minorenni di Milano di essere autorizzato a permanere in Italia ai sensi dell'art. 31 comma 3 del d.lgs. 286/98 rappresentando il grave pregiudizio che al minore sarebbe derivato dal suo allontanamento in ragione della tenera età del figlio e della consistenza del legame genitoriale creatosi. Il T.M. adito, sul rilievo della rilevanza del legame creatosi e della regolarità di condotta sociale e lavorativa del padre, con decreto 21,5.2009 ha autorizzato il richiedente a permanere in Italia per anni due. Adita su reclamo del P.M. minorile, la Corte di Appello di Milano -sezione delle persone e della famiglia - con decreto 13.11.2009 in riforma del decreto reclamato e sul rilievo della insussistenza delle necessarie situazioni emergenziali od eccezionali a carico del minore, quali imposte dall'art. 31 comma 3 del T.U. ha negato l'autorizzazione. Per la cassazione di tale decreto E.H.A. ha proposto ricorso il 5.3.2010 notificandolo al P.M. circondariale e distrettuale, che non hanno opposto difese. In tale impugnazione il ricorrente, invocato l'orientamento più recente della Corte di legittimità, alla stregua del quale dovevasi ritenere che la disposizione invocata non aveva applicazione limitata alla sussistenza di contingenti ed eccezionali patologie del minore ma estesa a tutte le situazioni di grave disagio indotte dall'allontanamento del minore, e quindi della recisione di un rapporto indispensabile alla crescita del medesimo, ha chiesto la cassazione del decreto. Il ricorrente ha anche depositato memoria, richiamante il più recente pronunziato delle Sezioni Unite della Corte. Motivi della decisione Ritiene il Collegio del tutto condivisibili le censure proposte da E.H. avverso la singolarmente sommaria pronunzia della Corte di Milano, la quale, pur al seguito del prevalente indirizzo di questa Corte, ha nondimeno mancato di esaminare le ragioni specifiche proposte dalla difesa dello straniero a sostegno della sussistenza nel concreto della situazione delineata dall'art. 31 comma 3 del d.lgs. 286/98 ed ha fatto ricorso, in una materia di particolare delicatezza, ad un modello di decreto predisposto e la cui specificazione per la specie è costituita dalla sola indicazione del tempo previsto dal decreto del T.M. per la permanenza del richiedente. Di contro, ed alla stregua del principio posto dalla pronunzia n. 21799 del 2010 delle Sezioni Unite di questa Corte, dovevasi escludere che il campo di applicazione della norma sia limitato alle sole situazioni emergenziali od eccezionali attingenti il minore, di contro venendo in rilievo tutte le situazioni di danno effettivo, concreto, percepibile e grave che, correlato alla età, alle condizioni di salute ed all'equilibrio psico fisico, sia assai probabile che possano derivare per effetto della recisione del legame personale in atto o dall'allontanamento traumatico dall'ambiente nel quale il minore è cresciuto. La decisione va pertanto cassata con rinvio alla stessa Corte di appello di Milano che in diversa composizione provvederà al riesame dei motivi di appello del ricorrente compiendo i necessari accertamenti ed attenendosi al principio di diritto già formulato dalle S.U. e qui trascritto La temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31 in presenza di gravi motivi connessi al suo sviluppo psico - fisico, non postula necessariamente l'esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, potendo comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obbiettivamente grave che in considerazione dell'età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico - fisico deriva o deriverà certamente al minore dall'allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall'ambiente in cui è cresciuto. Trattasi di situazioni di per sé non di lunga o indeterminabile durata, e non aventi tendenziale stabilità che pur non prestandosi ad essere preventivamente catalogate e standardizzate, si concretano in eventi traumatici e non prevedibili nella vita del fanciullo che necessariamente trascendono il normale e comprensibile disagio del rimpatrio suo o del suo familiare . Competerà alla Corte di rinvio anche regolare le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia per nuovo esame, ed anche per le spese, alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione.