Incandidabilità ed ineleggibilità: quel che conta è la ratio

Gli avvocati componenti della Commissione non possono essere eletti quali componenti del Consiglio dell'ordine nelle elezioni immediatamente successive alla data di cessazione dell'incarico ricoperto.

Sul tema la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 27769/20, depositata il 4 dicembre. Due avvocati chiedevano l'annullamento della proclamazione dell'elezione di due colleghi, dei quali affermavano l’ incandidabilità o l’ ineleggibilità , atteso che gli stessi, già componenti delle Commissioni di esame di avvocato, si erano candidati alle elezioni per il rinnovo del Consiglio dell'Ordine degli avvocati competente sebbene si trattasse delle elezioni immediatamente successive alla cessazione dell'incarico di componenti della rispettiva Commissione. Di conseguenza, i due istanti, primo e secondo dei candidati non eletti, avevano chiesto al CNF di dichiarare il loro diritto a subentrare nella carica di componenti del COA in luogo dei due colleghi eletti, ma incandidabili o comunque ineleggibili. Il CNF, dal proprio canto, con la sentenza successivamente impugnata in cassazione, rigettava le istanze dei ricorrenti, osservando, a fondamento della decisione, che la norma applicabile al caso di specie andava interpretata nel senso che l’ineleggibilità ivi prevista vale soltanto per il candidato alle elezioni che abbia svolto l'incarico di commissario di esame nell'ultima sessione precedente la tornata elettorale alla quale si riferisce la candidatura. Il CNF ravvisava la ratio della disposizione nell’esigenza di evitare l'utilizzo improprio dell'incarico di commissario per ottenere il consenso elettorale. Ratio che comunque -sottolineava il CNF va coordinata col principio di matrice costituzionale secondo cui l’ineleggibilità costituisce la regola, sicché le norme che la stabiliscono sono di stretta interpretazione. Contro questa sentenza ricorreva presso la Suprema Corte uno dei due avvocati ricorrenti per ottenerne la cassazione. Con l'unico motivo di ricorso in Cassazione il legale denuncia la violazione e falsa applicazione di legge laddove il CNF ha trascurato che il divieto imposto riguarda le elezioni, sicché gli ex commissari di esame non si possono candidare ed essere eletti nella prima tornata elettorale dopo la cessazione dall'incarico. La Suprema Corte, nell’affrontare preliminarmente le contestazioni dei controricorrenti e, dunque, dopo aver precisato che il ricorso era stato formulato in maniera adeguata -dando conto degli elementi di fatto ed identificando correttamente la questione di diritto lo dichiara ammissibile oltre che fondato . In particolare, gli Ermellini ricordano che la normativa di settore stabilisce che gli avvocati componenti della Commissione non possono essere eletti quali componenti del Consiglio dell'ordine nelle elezioni immediatamente successive alla data di cessazione dell'incarico ricoperto. Tenore della disposizione che -osserva la Corte poco si discosta da quello della norma che l'ha preceduta e secondo cui gli avvocati componenti della Commissione e delle sottocommissioni non possono candidarsi alle elezioni immediatamente successive all'incarico ricoperto. La Suprema Corte evidenzia come scarso rilievo ha il riferimento all’ineleggibilità e non più all'incandidabilità, come avveniva in precedenza. Seppur dogmaticamente giustificabile, difatti, per la Suprema Corte la differenza tra incandidabilità , intesa come impossibilità di essere candidato, ed ineleggibilità , come impossibilità ad essere eletto, diviene nei fatti difficilmente percepibile e finisce con l'essere semplicemente il frutto dell'originaria nascita delle norme che hanno previsto l’incandidabilità, quando l’ineleggibilità era l'unico istituto a valere prima della candidatura. D'altro canto -continuano gli Ermellini la stessa Corte costituzionale ha qualificato l’incandidabilità come una particolarissima causa di ineleggibilità e, inoltre, la fondatezza del ricorso emerge dalla giurisprudenza costituzionale maturata in relazione al tenore della disciplina precedente, che risolve anche il dubbio di legittimità costituzionale avanzato nel corso del giudizio de quo . In particolare, a scongiurare i dubbi di legittimità costituzionale riproposti sia dal CNF sia dai controricorrenti nel giudizio de quo , è la stessa Corte Costituzionale che ha sottolineato che la preclusione posta dal legislatore non ha riguardo ad un periodo né temporalmente indeterminato né eccessivo od irragionevole. Si tratta, cioè, di una scelta discrezionale ma non irrazionale del legislatore di separazione funzionale, intesa ad impedire possibili commissioni di attribuzioni reputate non opportune, secondo una prospettiva di trasparenza amministrativa e di efficienza gestionale in linea con i valori espressi dalla Costituzione. Tutte ragioni che risultano, per la Suprema Corte, attuali con riguardo al testo novellato. Da ultimo, gli Ermellini dichiarano irrilevanti i riferimenti all' allungamento della durata del mandato consiliare da due a quattro anni, giacché il periodo resta temporalmente determinato né eccessivo né irragionevole, e dichiara che l'interpretazione offerta dei controricorrenti, secondo cui con l'avverbio ‘immediatamente’ il legislatore avrebbe inteso riferirsi alle elezioni da espletare nel corso degli esami, nonché alla tornata elettorale che eventualmente si sarebbe svolta l'anno successivo alla data di conclusione, oltre a non avere alcun appiglio letterale, è addirittura smentita dal testo della nuova disposizione che si riferisce alla data di cessazione dell'incarico. Per questi motivi secondo la Suprema Corte i due avvocati eletti, indicati in ricorso, non erano all’epoca eleggibili e la loro elezione è da considerarsi invalida sin dall'origine e quindi tamquam non esset , con la conseguenza che, ad integrare il numero degli eletti, deve essere chiamato il professionista che abbia ricevuto il maggior numero di preferenze dopo l'ultimo degli eletti, il quale nel caso in esame è appunto il ricorrente. Tanto senza necessità di procedere alle elezioni suppletive. Per tale motivo il ricorso è stato accolto, la decisione del CNF cassata e il ricorrente ammesso ad essere chiamato ad integrare il numero degli eletti del COA di riferimento.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 20 ottobre – 4 dicembre 2020, n. 27769 Presidente Spirito – Relatore Perrino Fatti di causa Gli avvocati S.A. e S.S. hanno chiesto l’annullamento della proclamazione dell’elezione dei colleghi D.T.L. e D.R.R. , dei quali hanno affermato l’incandidabilità o l’ineleggibilità a norma della L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 47, comma 6 e il R.D. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 22, comma 6. E ciò perché i suddetti avvocati, già componenti delle Commissioni di esame di avvocato rispettivamente nella sessione 2016/2017 e 2015/2016, si sono candidati alle elezioni per il rinnovo del COA di Pescara, tenutesi il omissis , sebbene si trattasse delle elezioni immediatamente successive alla cessazione dell’incarico di componenti la rispettiva Commissione. Per conseguenza i due istanti, primo e secondo dei candidati non eletti, hanno chiesto al Consiglio nazionale forense di dichiarare il loro diritto di subentrare nella carica di componenti del COA in luogo dei due colleghi eletti, ma incandidabili o comunque ineleggibili. Instauratosi il contraddittorio, hanno presentato deduzioni difensive sia i due avvocati in questione, sia gli altri componenti eletti avvocati D.B.G. , S.C. , T.D. , C.P. , G.M. , S.L. , Z.A. , C.E. e G.G. . Il Consiglio nazionale forense con la sentenza impugnata ha rigettato il reclamo. Ha osservato, a fondamento della decisione, che la norma applicabile, ossia la L. n. 247 del 2012, art. 47, comma 6, va interpretata nel senso che l’ineleggibilità ivi prevista vale soltanto per il candidato alle elezioni che abbia svolto l’incarico di commissario d’esame nell’ultima sessione precedente la tornata elettorale alla quale si riferisce la candidatura e ne ha ravvisato la ratio nell’esigenza di evitare l’utilizzo improprio dell’incarico di commissario per ottenere consenso elettorale. Questa ratio, ha sottolineato il CNF, va comunque coordinata col principio, di matrice costituzionale, secondo il quale l’ineleggibilità costituisce la regola, sicché le norme che la stabiliscono sono di stretta interpretazione. Contro questa sentenza propone ricorso l’avv. S.A. per ottenerne la cassazione, articolato in un unico motivo, cui rispondono con distinti controricorsi gli avvocati D.T.L. e D.R.R. , nonché gli avvocati D.B.G. , S.C. , T.D. , C.P. , G.M. , S.L. , Z.A. , C.E. e G.G. . Il ricorrente notifica alle controparti atto di correzione dell’errore materiale commesso nell’indicare il numero della sentenza impugnata. Tutte le parti hanno depositato memoria e, in prossimità dell’udienza, la Procura generale, in persona del sostituto procuratore G. Giovanni, ha presentato conclusioni scritte. Ragioni della decisione 1. - Vanno preliminarmente respinte le eccezioni, rispettivamente formulate come di nullità della notificazione del ricorso per cassazione e di violazione del litisconsorzio, con conseguente richiesta d’integrazione del contraddittorio, degli avvocati costituiti in giudizio, i quali hanno evidenziato che le quattro consigliere elette indicate in atti, sebbene evocate in giudizio dinanzi al Consiglio nazionale forense, non hanno ricevuto la notificazione del ricorso per cassazione. La posizione di queste consigliere non è difatti in alcun modo incisa dal ricorso, che non è idoneo, neanche in caso di accoglimento, a minare il loro diritto alla conservazione del risultato elettorale in relazione al quale si veda in particolare Cass. 24 settembre 2014, n. 20137 e ciò perché l’ineleggibilità individuale comporta la sola nullità originaria della candidatura del soggetto ineleggibile e del voto che gli è stato dato, con la conseguente invalidità originaria della sua elezione, senza incidere sul risultato complessivo della tornata elettorale, che resta valido ed efficace, così come i voti validamente espressi agli iscritti eleggibili Cass., sez. un., 24 novembre 2011, n. 24812 conf., Cass. 4 settembre 2019, n. 22090 . Sicché la richiesta integrazione del contraddittorio si tradurrebbe in un’attività processuale ininfluente sull’esito del giudizio, in mancanza, in concreto, di esigenze di tutela del contraddittorio e della necessità di garantire la difesa. 2. - Con l’unico motivo di ricorso l’avv. S.A. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 51 e 97 Cost., della L. n. 247 del 2012, art. 47, comma 6 e del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 22, comma 6, là dove il Consiglio nazionale forense ha trascurato che il divieto ivi posto riguarda le elezioni, sicché gli ex commissari d’esame non si possono candidare ed essere eletti nella prima tornata elettorale dopo la cessazione dell’incarico. 2.1. - Il ricorso, diversamente da quanto eccepito dai controricorrenti, è formulato in maniera adeguata, perché dà conto degli elementi di fatto e identifica correttamente la questione di diritto. Nè si può ritenere formato un giudicato, come pure vorrebbero i controricorrenti, in quanto la statuizione che a loro dire non sarebbe stata impugnata, ossia l’individuazione della ratio posta a sostegno della causa d’ineleggibilità alla luce dei principi costituzionali come ricostruiti in sentenza, in realtà consiste in argomentazioni poste a sostegno della decisione. Decisione che, nel suo nucleo, è stata aggredita col ricorso. 3.- Oltre che ammissibile, il ricorso è anche fondato. Stabilisce della L. n. 247 del 2012, art. 47, comma 6, che 6. Gli avvocati componenti della commissione non possono essere eletti quali componenti del consiglio dell’ordine, di un consiglio distrettuale di disciplina, del consiglio di amministrazione o del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense e del CNF nelle elezioni immediatamente successive alla data di cessazione dell’incarico ricoperto . Il tenore della disposizione poco si discosta da quello della disposizione che l’ha preceduta, ossia del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 22, comma 6, secondo cui 6. Gli avvocati componenti della commissione e delle sottocommissioni non possono candidarsi ai rispettivi consigli dell’ordine e alla carica di rappresentanti della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense alle elezioni immediatamente successive all’incarico ricoperto . 2.2.- In particolare, scarso rilievo ha il riferimento, nella disposizione del 2012, all’ineleggibilità e non più all’incandidabilità, come avveniva con la norma del 1933. Seppur dogmaticamente giustificabile, difatti, la differenza tra incandidabilità, intesa come impossibilità ad essere candidato, e ineleggibilità, come impossibilità ad essere eletto, diviene, nei fatti, difficilmente percepibile e finisce con l’essere semplicemente il frutto dell’originaria nascita delle norme che hanno previsto l’incandidabilità, quando l’ineleggibilità era l’unico istituto a valere prima della candidatura. La stessa Corte costituzionale, d’altronde, ha qualificato l’incandidabilità con riferimento a quella prevista dalla L. 19 marzo 1990, n. 55, art. 15, comma 1, lett. c come particolarissima causa di ineleggibilità Corte Cost. 23 aprile 1996, n. 141 . 2.3.- Nè significativo, se non in termini di maggiore chiarezza, è il riferimento del 2012 alla data di cessazione dell’incarico ricoperto, anziché semplicemente all’incarico ricoperto evocato dalla disposizione del 1933. Anzi il richiamo alla data di cessazione, e non già semplicemente all’incarico, si presta a un ampliamento del periodo d’ineleggibilità, che avanza, nel suo dies a quo, sino alla data di cessazione dell’incarico laddove la disposizione precedente faceva riferimento all’incarico in corso di svolgimento. 3.- E allora, la fondatezza del ricorso emerge dalla giurisprudenza costituzionale maturata in relazione al tenore della disciplina precedente, che risolve anche il dubbio di legittimità costituzionale avanzato nel giudizio odierno. Interpellata giustappunto sulla legittimità costituzionale del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 22, comma 6, la Corte costituzionale ha evidenziato che quel che conta, ai fini della previsione d’incandidabilità, è la tornata elettorale, non già l’immediatezza delle elezioni sicché è nella tornata elettorale immediatamente successiva allo svolgimento dell’incarico di componente delle commissioni e sottocommissioni per gli esami di avvocato e, oggi, nella tornata elettorale immediatamente successiva alla data di cessazione del suddetto incarico che rileva la causa d’incandidabilità, e, oggi d’ineleggibilità Corte Cost. 15 aprile 2011, n. 138 . 3.1.- A scongiurare i dubbi di legittimità costituzionale, riproposti dal CNF con la sentenza impugnata e dai controricorrenti nell’odierno giudizio, quella Corte ha sottolineato che la preclusione posta dal legislatore non riguarda un periodo nè temporalmente indeterminato nè, in sé, eccessivo o irragionevole. Si tratta comunque di una scelta discrezionale, ma non irrazionale, del legislatore, di separazione funzionale, intesa a impedire possibili commistioni di attribuzioni reputate non opportune, secondo una prospettiva di trasparenza amministrativa e di efficienza gestionale in linea coi i valori espressi dalla Costituzione. 3.2.- E queste ragioni sono attuali, con riguardo al testo novellato. Irrilevante è, in particolare, il riferimento all’allungamento della durata del mandato consiliare da due a quattro anni, giacché il periodo resta temporalmente determinato, nè eccessivo, nè irragionevole. L’interpretazione offerta dai controricorrenti, secondo cui con l’avverbio immediatamente il legislatore avrebbe inteso riferirsi alle elezioni da espletare nel corso degli esami, nonché alla tornata elettorale che eventualmente si svolga l’anno successivo alla data di conclusione di essi, oltre a non rinvenire alcun appiglio letterale, è addirittura smentita dal testo della nuova disposizione, che si riferisce, si è visto, alla data di cessazione dell’incarico. 4.- I due avvocati eletti indicati in ricorso, allora, non erano eleggibili e la loro elezione è da considerare invalida sin dall’origine e, quindi, tamquam non esset. Per conseguenza, a integrare il numero degli eletti deve essere chiamato il professionista che abbia ricevuto il maggior numero di preferenze dopo l’ultimo degli eletti Cass., sez. un., n. 24812/11, cit. conf., Cass. n. 22090/19, cit. , che nel caso in esame è appunto il ricorrente, senza necessità di procedere a elezioni suppletive. 5.- Il ricorso va in conseguenza accolto, la decisione del Consiglio nazionale forense cassata e l’avv. S.A. va chiamato a integrare il numero degli eletti del COA di Pescara. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa la decisione del Consiglio nazionale forense e dispone che l’avv. S.A. sia chiamato a integrare il numero degli eletti del COA di Pescara. Condanna i controricorrenti a pagare le spese, che liquida in Euro 5000,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, il 15% a titolo di rimborso forfettario e gli accessori di legge.