Sospeso l’avvocato che ottenga con l’inganno un prestito ingente dal cliente

Costituisce un illecito deontologico grave la condotta dell’avvocato che induca il cliente, mediante artifizi e raggiri, a farsi consegnare una grossa somma di denaro per scopi truffaldini.

Questo il contenuto della sentenza del Consiglio Nazionale Forense n. 172/19, depositata il 16 dicembre. Una volta ricevuto dal COA di Bergamo un esposto proveniente dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale vertente sull’esercizio dell’azione penale nei confronti dell’avvocato iscritto al relativo Albo nonché attuale ricorrente per il reato di truffa aggravata , il Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense deliberava l’avvio di una fase istruttoria a suo carico. La condotta contestata consisteva nell’avere l’avvocato utilizzato artifizi e raggiri al fine di indurre la cliente ad erogargli una grossa somma di denaro . Nello specifico, il professionista aveva prospettato alla cliente una falsa patologia tumorale maligna agli occhi che richiedeva un urgente intervento chirurgico, non coperto da convenzione del S.S.N., presso una clinica privata, inducendo così la cliente, durante una consulenza su interventi finanziari, a prestargli una somma complessiva di euro 60000 . Nonostante il processo penale a carico del ricorrente si fosse concluso con l’ estinzione del reato per remissione di querela, il CDD deliberava comunque l’apertura di un procedimento disciplinare a suo carico, terminato con l’irrogazione della sanzione della sospensione dall’esercizio della professione forense per 4 mesi. L’avvocato impugna la suddetta decisione dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, lamentando, tra i diversi motivi, la sproporzionalità della sanzione comminatagli. Il Collegio, invece, ritiene del tutto coerente la sanzione con la violazione acclarata, anche a causa della gravità dell’utilizzo di raggiri e artifici finalizzati al conseguimento dell’indebito profitto. Tali raggiri, infatti, hanno inciso sullo stato emozionale della vittima tanto da comprimere la sua libertà di determinazione e approfittando, tra l’altro, della conoscenza solo occasionale in sede di una consulenza prestata in precedenza. Il CNF rileva, peraltro, che la condotta del ricorrente è aggravata dalla falsità delle sue affermazioni circa l’esistenza di una grave patologia da cui sarebbe stato affetto. Per il Consiglio, dunque, il comportamento dell’avvocato costituisce un illecito deontologico grave , in quanto contrario ai principi basilari di etica professionale. Anche per questo motivo, il CNF rigetta il ricorso.

Consiglio Nazionale Forense, sentenza 19 gennaio – 16 dicembre 2019, n. 172 Presidente Losurdo – Segretario Orlando Fatto Il giorno 13/03/2015 perveniva al Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense, di Brescia proveniente dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Bergamo con prot. n. 107/2014, l'esposto presentato in data 21/11/2014 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo in persona del sostituto dott.ssa [TIZIA]. Nel predetto esposto la dr.ssa [TIZIA] informava il COA, per gli adempimenti di competenza, di aver esercitato l'azione penale nei confronti dell'Avv. [RICORRENTE], nato a [ omissis ] il [ omissis ], res. in [ omissis ] per il contestato delitto di truffa aggravata ai sensi degli art. 61 n. 7 e 640 c.p. A seguito di richiesta formulata in data 05/12/2014 dal Segretario del COA di Bergamo, la dr.ssa [TIZIA] autorizzava il rilascio di copia del decreto di citazione a giudizio, dal quale l'Avv. [RICORRENTE] risultava imputato, nell'ambito del procomma pen. N. [ omissis ]/2012 R.G.N.R. Mod. 21., per i reati ex art. 61, n. 7, 640 c.p., avendo mediante artifizi e raggiri, consistiti nel prospettare falsamente una patologia tumorale maligna agli occhi richiedente un urgente intervento chirurgico, non coperto da convenzione del S.S.N., presso una struttura sanitaria privata elvetica aveva indotto [CAIA] nell'occasione di un incontro professionale tra il [RICORRENTE] ed l'[CAIA] consulenza su interventi finanziari ad erogargli somme di denaro. La [CAIA], scossa, a suo dire in sede testimoniale della prospettazione di un evento confluente l'exitus, a titolo di prestito per la copertura dei relativi costi, ospedalieri, versava la somma complessiva di € 60.000,00, al [RICORRENTE] e così il professionista si procurava un ingiusto profitto, con pari danno alla persona offesa di rilevante gravità, in ragione di circostanze successivamente risultanti, anche per ammissione dell'incolpato, false e mendaci. Ricevuto dal COA di Bergamo il fascicolo in data 13/03/2015, il Consiglio Distrettuale di disciplina nella seduta plenaria del 29/04/2015 deliberava l'avvio della fase istruttoria preliminare, costituendo la Sezione e dandone comunicazione in data 08/05/2015 all'incolpato affinchè nei 30 giorni successivi potesse fornire i chiarimenti opportuni. L'avv. [RICORRENTE] non faceva pervenire chiarimenti. Venivano richieste informazioni circa lo stato del processo alla Procura della Repubblica che, a seguito di relativa istanza, concedeva autorizzazione ed estrarre copia degli atti processuali. Il C.D.D., ritenuta la necessità di monitorare l'andamento del procedimento penale, ai fini dell'istruttoria e delle conseguenti determinazioni, in data 22/07/2015 sospendeva il procedimento disciplinare per mesi sei, deliberando altresì la contestuale sospensione per la medesima durata del termine di prescrizione. In esito a verifiche presso la Segreteria del Sostituto Procuratore della Repubblica dr. [TIZIA], assegnataria del procedimento penale, si apprendeva che dopo una serie di rinvii dell'udienza, in data 14/03/2016 il processo penale era stato definito con dichiarazione di Pag. 2 estinzione del reato per remissione della querela. Nella seduta del 30/03/16 veniva deliberata l'apertura del procedimento sui seguenti capi di incolpazione. Per aver violato i doveri deontologici derivanti dalle seguenti norme artt. 9 comma 2 CDF art. 5 previgente , 63 comma 1 CDF art. 56 previgente , 64 comma 1 e 2 CDF art. 59 previgente perchè, con condotte esercitate al di fuori della propria attività professionale, nell'ambito di rapporti interpersonali, violava i doveri di probità, dignità e decoro da osservarsi a salvaguardia della propria reputazione, della immagine della professione forense e dell'affidamento dei terzi, nonché quello di adempiere alle obbligazioni assunte nei confronti dei terzi, dando corso ad inadempimento deontologico di particolare gravità, avendo l'Avv. [RICORRENTE], mediante artifizi e raggiri consistiti nel prospettare falsamente una patologia tumorale agli occhi richiedente un urgente intervento chirurgico non coperto da convenzione del S.S.N.” . Tale intervento doveva essere eseguito presso una struttura sanitaria privata elvetica, in totale indisponibilità, a breve, di mezzi economici del professionista, inducendo sul piano emotivo di profilo inescusabile e squallido [CAIA], ad erogargli complessivamente a titolo di prestito, per la copertura di presunti costi della clinica, la somma di € 60.000,00. Il Presidente del CDD, successivamente, rinviava il dibattimento al 01/02/2017, disponendo la citazione come teste della Signora [CAIA], fatta salva ogni ulteriore determinazione in ordine alle eventuali, successive prove testimoniali. Si procedeva quindi all'audizione della teste suindicata, la quale confermava il contenuto della denuncia querela presentata in data 01/08/2012 alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo ed in particolare di aver conosciuto l'Avv. [RICORRENTE], in occasione di una consulenza legale richiesta al professionista. La Sig.ra [CAIA] confermava di aver in un primo tempo consegnato all'Avv. [RICORRENTE] la somma di € 50.000,00 e di essere stata successivamente contattata dalla moglie dell'incolpato, la quale informava che al marito servivano altri € 10.000,00 per far fronte ad alcune problematiche insorte in occasione dell'intervento. Aveva quindi dato alla moglie del professionista un proprio assegno di € 10.000,00, regolarmente incassato a fronte dei quali ricevette 4 assegni a firma della Sig.ra [RICORRENTE] dell'importo di 2.500,00 cad. La teste precisava altresì che a distanza di un anno dal prestito la moglie dell'Avv. [RICORRENTE] le restituì € 10.000,00, ed altresì che in prossimità della pronuncia della sentenza penale che prese atto della remissione della querela, l'avv. [RICORRENTE] le aveva restituito coevamente altri € 45.000,00, in un'unica soluzione con assegni circolari. La teste riconosceva altresì di aver ricevuto dall'Avv. [RICORRENTE] in garanzia, un paio d'anni prima dell'udienza dibattimentale avanti al Tribunale di Bergamo, due orologi Eberhard, che l'Avv. [RICORRENTE] assumeva essere oggetti particolarmente preziosi. Tuttavia precisava di averli prontamente restituiti, dopo che un gioielliere, che li aveva stimati, riferì che il loro valore di mercato era non superiore a € 9.000,00 per entrambi. Conclusa l'istruttoria, ritenuto dalla Sezione il procedimento sufficientemente istruito, dichiarati utilizzabili gli atti ed i documenti acquisiti nel corso della fase istruttoria e del dibattimento da parte del C.D.D., il difensore dell'incolpato illustrava la tesi difensiva e concludeva chiedendo, in via principale, il non luogo a provvedimento disciplinare per insussistenza di responsabilità a carico dell'Avv. [RICORRENTE] e, in subordine, la minima sanzione anche in considerazione del lungo tempus di commissione intercorso dall'illecito disciplinare eventuale. Il C.D.D., all'esito dell'istruttoria, valutati gli atti, le difese, le produzioni, la memoria a firma dell'incolpato depositata in data 01/02/2017 nonché la testimonianza della Signora [CAIA], ritenne l'Avv. [RICORRENTE] colpevole per i fatti di cui ai capi di incolpazione ascrittigli e comminava la sanzione della sospensione dell'esercizio professionale per mesi quattro. La decisione emessa il 01/02/17 veniva notificata il 09/03/17 a mezzo pecomma Avverso il provvedimento del C.D.D. in data 07/04/2017 l'Avv. [RICORRENTE] proponeva impugnazione adducendo tre motivi a fondamento dell'atto. 1 Viene contestata la decisione sul profilo che la condotta del ricorrente possa qualificarsi come permanente e non istantanea con effetti permanenti con evidenti e conseguenti riflessi sulla prescrizione della azione disciplinare, eccepita per la prima volta in sede di impugnazione. 2 La sanzione irrogata nasce erroneamente dalla applicazione del disposto dell'art. 64 nuovo codice deontologico forense e non del previgente art. 59 applicabile, a suo dire al fatto. 3 Sanzione sproporzionata alla fattispecie, anche in ragione del comportamento collaborativo e non dilatorio assunto dall'incolpato nel contesto processuale, ed altresì dalla estinzione intervenuta del debito coevamente alla definizione del processo penale. Chiede infine quindi dichiararsi la prescrizione dell'azione disciplinare, in subordine l'applicazione del codice deontologico vigente al momento del fatto in estremo subordine e senza recesso delle preliminari istanze una sanzione meno afflittiva. Motivi della decisione Occorre sul piano metodologico esaminare puntualmente tutti i profili di doglianza del ricorrente secondo lo schema di illustrazione individuato dallo stesso. Preliminarmente osservasi che nella fattispecie i fatti così contestati al ricorrente nei capi di incolpazione hanno il carattere statico della oggettività, non essendo né sotto il profilo spaziale né temporale contestati dall'Avv. [RICORRENTE], anzi assunti dallo stesso come dati inossidabili e veri, seppur giustificati solo dalla affermazione conclamata, a suo dire, della permanenza cronica in suo danno di uno stato di depressione maior”. Tale status, era profondamente limitativo, a suo dire, della sua sfera di volontà e contrastante persino l'autonomia dei suoi atti decisionali, con prevalenza persino della patologia su ogni sua capacità di discernimento, giungendo persino all'annullamento di ogni discrimine comportamentale. Agli atti il ricorrente peraltro produce solo una certificazione sì sulla sussistenza della patologia, ma non evidenzia né la gravità né il grado di incidenza sulla sfera di discrimine volitivo, come lo stesso afferma apoditticamente. Secondo la difesa dell'Avv. [RICORRENTE] la condotta allo stesso contestata sarebbe sussumibile nella sfera degli illeciti disciplinari istantanei sia pure con effetti permanenti e non come affermato nella impugnata decisione, in quella degli illeciti disciplinari permanenti in senso proprio. A giudizio del ricorrente infatti l'inadempimento omessa restituzione di un prestito nella fattispecie è condotta illecita che si concretizza istantaneamente allorquando il debitore non ottemperi nei termini stabiliti, alla propria obbligazione mentre il protrarsi dell'inadempimento costituirebbe mero sviluppo ed aggravamento di un danno, al bene giuridico tutelato, che si è già prodotto. A dire del ricorrente il momento della mancata ottemperanza all'obbligazione momento in cui è stato percepito o comunque divenuto percepibile il danno subito del creditore è temporalmente collocabile nel mese di ottobre 2010, con evidenti riflessi sulla prescrizione della azione disciplinare che viene eccepita in via preliminare. Il costante insegnamento della giurisprudenza domestica di questo Consiglio e di legittimità, cristallizza che la decorrenza del termine prescrizionale ha data dalla commissione del fatto se questo integra una violazione deontologica di carattere istantanea e da quella di cessazione della condotta ove la violazione risulti integrata da una condotta protrattasi e mantenuta nel tempo Cass. Sez. Un. 13379/2016 Cons. Naz. Forense n. 71/18 . Il ricorrente contesta la decisione del CDD ove qualifica la violazione de qua quale illecito permanente, sostenendo al contrario che si tratterebbe di illecito istantaneo seppur con effetti permanenti e che conseguentemente il dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale andrebbe necessariamente collegato al fatto originario. A suo dire la condotta illecita si è esaurita in un fatto unico e compiuta in un contesto temporale unico con effetti destinati successivamente a perdurare o ad ampliarsi autonomamente nel tempo. In questo caso l'elemento genetico del fatto si esaurisce e coincide con il suo verificarsi, onde la prescrizione comincia a decorrere dal momento stesso del compimento della condotta illecita dell'agente, la quale inizia ed esaurisce in un momento relativamente determinato, producendo conseguenze, la cui permanenza o protrazione nel tempo non assume rilevanza ai fini dell'inizio della prescrizione, dovendosi l'istantaneità o la permanenza dello illecito accertare con riferimento non già alla protrazione temporale degli effetti della condotta, quanto al rapporto eziologico tra gli effetti medesimi ed il comportamento contra ius. Il discrimine invero tra atto illecito istantaneo quantunque con effetti permanenti ed atto illecito permanente risiede nel rapporto causale tra evento e condotta contra ius del soggetto agente con la conseguenza che mentre nell'illecito istantaneo tale comportamento si esaurisce con il verificarsi del fatto, pur se l'esistenza di questo si protragga poi autonomamente fatto illecito ad effetti permanenti di contro nell'illecito permanente applicabile alla fattispecie, la condotta oltre a produrre l'evento dannoso, lo alimenta continuamente per tutto il tempo in cui questo perdura, avendosi così coesistenza dell'uno e dell'altro. In particolare, la indagine logico-giuridica debba cristallizzarsi su una osservazione puntuale se il carattere permanente dello illecito va ricongiunto, con sicurezza ad una condotta dell'agente che pone in essere comportamenti successivi attivi od omissivi, conducenti ad una dilazione temporanea delle conseguenze del fatto antigiuridico diversamente, la perduranza degli effetti dell'illecito, nel caso in cui il relativo fatto originativo abbia consistenza istantanea, si atteggia quale conseguenza automaticamente indotta dal comportamento contro ius, sì che il relativo verificarsi sfugge alla sfera di volontà dell'agente si atteggia, piuttosto quale ricaduta necessariamente indotta dal fatto avente il divisato carattere di istantaneità. Sul punto appare esaustiva e non degna” di rivisitazione su una fattispecie analoga mancata restituzione di somme la decisione del C.N.F. del 23/09/17 n. 125 la quale enuncia il principio la mancata restituzione di somme sono comportamenti pregiudizievoli che si protraggono nel tempo fintanto chè non venga a cessare la stessa condotta indebitamente appropriativa ed è solo da tale eventuale cessazione che inizia a decorrere la prescrizione della azione disciplinare”. Il ricorrente assume che la sanzione irrogata sia preliminarmente sproporzionata al fatto e che nella fattispecie il Consiglio debba valutare alcune circostanze a la somma è stata restituita seppur in sede di declaratoria di estinzione del reato per intervenuta remissione della querela ed altresì b il comportamento processuale in tutta la vicenda deontologica sia stato sempre collaborativo in ragione della spontaneità del riconoscimento delle proprie responsabilità e anche dell'aver proposto una linea difensiva non improntata a dilazione temporale del processo finalizzata al maturare della prescrizione. Il Collegio ritiene la sanzione coerente con la violazione acclarata per tabulas anche in ragione della gravità dell'uso di artifici e raggiri profitto indebito fondato sullo stato emozionale gravemente compressivo della libera determinazione del terzo, profittando di una conoscenza occasionale in sede di pregressa consulenza prestata. Tale dato è aggravato dalla falsità delle affermazioni patologia tumorale maligna inesistente . La valutazione della sanzione operata dal C.D.D. non merita censura, stante che oltre ad essere pienamente e logicamente motivata evidenzia una linea comportamentale complessiva dell'iscritto non nell'alveo dell'etica professionale, anche in ragione dell’accertamento di pregresse violazioni deontologiche con sanzioni res iudicata” trattasi nella fattispecie di un’ipotesi di illecito non espressamente tipizzate dal C.D. fatti appropriativi e truffaldini che devono essere valutati dall’art. 22 del C.D. La sanzione inflitta è sicuramente conforme come comprovato anche dal fatto che in ipotesi meno gravi molto vagamente assimilabili al trasferimento di somme oltre il tempo strettamente necessario art. 30 comma 2 la sanzione edittale è la sospensione fino ad un anno. P.Q.M. visti gli artt. 36 e 37 L. n. 247/2012 e gli artt. 59 e segg. del R.D. 22.1.1934, n. 37 il Consiglio Nazionale Forense rigetta il ricorso. Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella sentenza.